Crisi del III secolo
La crisi del terzo secolo (nota anche come periodo dell'"Anarchia militare") è il nome comunemente usato per un epoca della storia dell'impero romano tra il 235 ed il 284, durante il quale si ebbero simultaneamente situazioni estremamente problematiche in diversi campi e che si possono riassumere nell'aumentata pressione militare sui confini, spesso accompagnata da secessioni e disordini interni, e nella crisi del tradizionale sistema economico.
I cambiamenti nelle istituzioni, nella società, nella vita economica e, di conseguenza anche nel modo di pensare e nella religione furono così profondi e fondamentali, che la "crisi del terzo secolo" è sempre più vista come lo spartiacque che contrassegna la differenza fra il mondo classico e quello della tarda antichità, che già porta in sé i germi del Medioevo.
Durante i circa 50 anni della crisi più di una ventina di imperatori si succedettero sul trono, regnando a volte contemporaneamente su parti diverse del territorio. Si trattava in genere di comandanti militari che venivano proclamati imperatori dalle proprie legioni e riuscivano a mantenere il potere per una media di due o tre anni, prima di essere a loro volta assassinati dal loro successore.
La crisi si arrestò solo con una serie di imperatori militari che riunificarono l'impero e ne difesero efficacemente i confini, e con le drastiche misure imposte da Diocleziano nel 284, che permisero la prosecuzione dell'impero per quasi altri due secoli, come "tardo impero romano".
La crisi militare
Il periodo si considera iniziare nel 235, quando l'imperatore Alessandro Severo fu assassinato dai soldati durante una campagna contro i Sassanidi in Persia. La pressione dei barbari alle frontiere e dei Sassanidi in Oriente, si era intensificata e molti degli imperatori che venivano via via proclamati dalle legioni, non riuscirono neanche a mettere piede a Roma, né tanto meno a mettere mano a riforme interne durante i loro brevissimi regni, perché permanentemente occupati nelle lotte contro altri pretendenti al trono imperiale o a difesa del territorio contro i nemici esterni
Il punto più basso si raggiunse nel 260, quando l'imperatore Valeriano, sconfitto in battaglia, fu preso prigioniero dai Sassanidi e morì in cattività senza che fosse possibile intraprendere una spedizione per liberarlo.
La vittoria di Claudio il Gotico contro i Goti nella battaglia di Naisso del 268, fu una significativa svolta nella crisi. Con lui e il suo successore Aureliano (270-275) furono ripresi l'impero delle Gallie e il regno di Palmira: l'impero romano era nuovamente riunito e le truppe di frontiera di nuovo al loro posto.
La crisi delle istituzioni tradizionali
A causa della sempre maggiore importanza assunta dalle legioni che dovevano difendere l'impero, il Senato di Roma aveva progressivamente perso il proprio potere ed aveva finito con l'essere escluso dal comando militare: gli imperatori non provenivano più dai suoi ranghi ma erano i generali che avevano fatto carriera nell'esercito ed erano stati proclamati dai soldati, ottenendo il potere dopo aver combattuto contro altri comandanti.
La crisi economica
L'economia dell'impero romano nei primi due secoli si era basata sulla conquista militare di nuovi territori e sullo sfruttamento schiavistico delle campagne: in mancanza di nuove conquiste e dei bottini di guerra le spese dello stato, sempre più impellenti per poter far fronte alle pressioni esterne, furono coperte con un progressivo aumento delle tassazioni, proprio quando la diminuzione del numero di schiavi minava le possibilità economiche dei cittadini. La pressione fiscale divenne insostenibile per molti piccoli proprietari, costretti a indebitarsi e quindi a vendere le proprie terre, per andare a lavorare in condizioni di semischiavitù sotto i grandi proprietari (colonato). Per questo fenomeno e per il calo demografico determinato dalle perdite umane nei numerosi conflitti, molte terre furono abbandonate e cessarono di essere produttive. Le difficoltà di comunicazione in seguito ai numerosi conflitti avevano in diversi casi reso indispensabile la riscossione diretta delle tasse da parte dello stesso esercito, causando abusi e trasformandosi a volte in un vero e proprio diritto di saccheggio.
La crisi era aggravata dall'iperinflazione causata da anni di svalutazione della moneta. Questa si era resa necessaria già sotto gli imperatori della dinastia dei Severi, che per far fronte alle necessità militari avevano ampliato l'esercito di un quarto e raddoppiata la paga base. Gli imperatori successivi, il cui potere dipendeva interamente dall'esercito, erano costretti a continue nuove emissioni per pagare i soldati ed effettuare i tradizionali donativi: il metallo effettivamente presente nelle monete si ridusse progressivamente, pur conservando queste lo stesso valore teorico. Ciò ebbe l'effetto prevedibile di causare un'inflazione galoppante e quando Diocleziano arrivò al potere il sistema monetario a era quasi al collasso: persino lo stato pretendeva il pagamento delle tasse in natura invece che in moneta e il denario, la tradizionale moneta d'argento, usata per più di 300 anni era poco apprezzata.
La crisi commerciale
Lo storico Henry Moss descrive la situazione dei trasporti e della rete commerciale dell'impero come si presentava prima della crisi:
Con la crisi del terzo secolo, tuttavia, questa ampia rete commerciale fu rotta. L'agitazione civile e i conflitti la resero non più sufficientemente sicura per permettere ai commercianti di viaggiare come prima e la crisi monetaria rese gli scambi molto difficili. Ciò produsse profondi cambiamenti che proseguirono quindi fino alla situazione medioevale. I grandi latifondisti, non più in grado di esportare con successo i loro raccolti sulle lunghe distanze, cominciarono a produrre cibi per la sussistenza e per il baratto locale. Piuttosto che importare i prodotti, cominciarono a produrre molti beni localmente, spesso sulle loro stesse proprietà di campagna, dove tendevano a rifugiarsi per sfuggire alle imposizioni dello stato a carico dei cittadini. Nacque in tal modo una "economia domestica" autosufficiente che sarebbe diventata ordinaria nei secoli successivi, raggiungendo la sua forma finale in età medioevale.
La crisi sociale
La crisi economica aveva comportato una diversa suddivisione della società: dalle tre classi tradizionali dei senatori, dei cavalieri e dei plebei: senatori e cavalieri (grandi proprietari terrieri e militari, che disponevano della proprietà terriera e delle riserve di monete d'oro) erano confluiti nella classe privilegiata degli honestiores, mentre artigiani e piccoli commercianti, toccati dalle difficoltà economiche e dalla svalutazione della moneta d'argento, erano confluiti nella classe degli humiliores che andava man mano perdendo i propri diritti. Benché anche nei secoli precedenti erano presenti profonde diseguaglianze economiche tra la popolazione dell'Impero, la peculiarità della crisi sociale del III secolo risiede nella legittimazione giuridica di questa situazione: pene diverse erano previste per honestiores e humiliores, e le possibilità di scalata sociale erano fortemente ridotte rispetto a prima.
Sempre più spesso gli humiliores rinunciavano volontariamente per affidarsi alla protezione dei grandi proprietari terrieri ed evitare inoltre l'arruolamento forzoso nell'esercito. I piccoli artigiani e i commercianti liberi delle città, cominciarono a spostarsi verso le grandi proprietà della campagna, alla ricerca di cibo e di protezione. Molti di questi ex abitanti della città, così come molti piccoli coltivatori, furono costretti a rinunciare ai diritti basilari per ricevere la protezione dai grandi proprietari terrieri. Diventarono così una classe di cittadini semi-liberi noti come coloni , legati alla terra e, grazie alle successive riforme imperiali, la loro posizione divenne ereditaria. Ciò fornì un primo modello per la servitù della gleba, che avrebbe costituito la base della società feudale medioevale.
La crisi urbana
L'insicurezza del territorio comportò anche un cambiamento nel carattere delle città: queste si erano ovunque sviluppate nei primi due secoli dell'impero e non avevano particolari esigenze difensive, mentre a partire dal III secolo si iniziò il cambiamento graduale e discontinuo che avrebbe portato dalle grandi città aperte dell'antichità alle più piccole città cinte da mura, comuni nel medioevo. Particolarmente significativa fu la nuova cinta muraria che l'imperatore Aureliano fece costruire intorno alla stessa Roma, che dopo molti secoli era nuovamente minacciata dalle incursioni dei barbari. La stessa diminuzione del commercio indirizzava inoltre le città verso un sempre crescente isolamento.
I grandi centri videro diminuire la propria popolazione: molti grandi proprietari si erano spostati nei loro possedimenti in campagna, diventati in larga misura autosufficienti e che tendevano a sfuggire al controllo dell'autorità centrale, e come si è visto, la crisi aveva attratto verso questi nuovi centri economici anche coloro che precedentemente trovavano la propria sussistenza nell'economia cittadina. La pressione fiscale aveva inoltre quasi del tutto cancellato quel ceto di funzionari cittadini, i decurioni, che ne garantivano l'amministrazione ed il legame a Roma.
Riforme di Diocleziano
Le riforme volute da Diocleziano e i successi militari ottenuti, consentirono di ridare pace e sicurezza all'impero, che continuò in Occidente per altri due secoli e ancora per un millennio in Oriente. La tetrarchia tentò di introdurre un sistema di successione al trono imperiale che evitasse le lotte per la successione: vennero creati quattro imperatori, due augusti e due cesari, destinati a succedere ai primi come augusti e a scegliere quindi a loro volta i propri successori nominando dei nuovi cesari. La suddivisione dell'impero e lo spostamento delle sedi imperiali, trasferite da Roma in centri più vicini ai confini da difendere, e la riorganizzazione dell'esercito resero più efficaci le difese.
I provvedimenti adottati in campo economico presero atto delle trasformazioni avvenute e permisero di arrestare la crisi: il sistema fiscale fu razionalizzato eliminando antiche esenzioni e privilegi, l'amministrazione civile, a cui venne affidata la riscossione delle imposte, venne riorganizzata, con nuove suddivisioni amministrative, e nettamente separata da quella militare.