Marina Militare (Italia)
La Marina Militare Italiana, insieme ad Esercito, Aeronautica ed ai Carabinieri, costituisce una delle Forze Armate italiane: ad essa sono infatti affidati il controllo e la condotta delle operazioni navali nelle acque territoriali ed internazionali. Nel 2003 contava un organico di 34mila persone.
La Marina Militare Italiana nacque nel 1946 dalla Regia Marina, in seguito alla proclamazione della Repubblica Italiana
Storia
Le origini
La Marina italiana nacque come "Regia Marina" il 17 marzo 1861, a seguito della proclamazione del Regno d'Italia da parte del parlamento di Torino; l'unificazione delle Marine che la costituivano - sarda, borbonica, toscana e pontificia - risaliva, invece, al 17 novembre 1860. La flotta navale, che aveva inglobato anche uomini e navi della Marina garibaldina ed ereditato la tradizione marinara delle due maggiori marine che avevano concorso a comporla, quella del Regno di Sardegna e quella del Regno di Napoli, disponeva di un buon numero di navi sia a vela che a vapore, ma l'eterogeneità delle componenti che la costituirono, ne limitò inizialmente le capacità operative.
Il dopoguerra
Alla fine della seconda guerra mondiale, l'Italia si presentava come una Nazione devastata da 5 anni di guerra, ma la svolta che si ebbe con l'armistizio dell'8 settembre 1943 e l'accordo di cooperazione siglato a Taranto il 23 settembre 1943, permisero alla Marina di avviare un lungo e complesso processo di ricostruzione. Nonostante l'importante contributo delle forze navali italiane durante il periodo di cobelligeranza, la Marina versava in condizioni drammatiche, con le infrastrutture e le installazioni in gran parte inutilizzabili, e con i porti minati o ingombri di relitti affondati. Le unità navali disponibili erano comunque in numero sufficiente, ma in uno stato di efficienza che risentiva del conflitto bellico e dell'anzianità di servizio:
- 5 corazzate: Andrea Doria, Caio Duilio, Giulio Cesare, Italia (già Littorio) e Vittorio Veneto;
- 9 incrociatori leggeri, tra le quali 3 moderne unità della classe Capitani Romani: Attilio Regolo, Scipione Africano e Pompeo Magno;
- 11 cacciatorpediniere, tra le quali 7 unità della classe Soldati;
- 22 unità di scorta;
- 19 corvette;
- 44 unità veloci costiere suddivise tra motosiluranti e vedette antisommergibili;
- 50 dragamine, tra le quali molte unità di provenienza inglese;
- 16 motozattere da sbarco;
- 2 navi scuola: Amerigo Vespucci e Cristoforo Colombo;
- 1 nave appoggio e trasporto aerei: Giuseppe Miraglia;
- Sommergibili: vari battelli;
- Piattaforme.
In un periodo di notevoli difficoltà finanziarie, l'ammiraglio Raffaele De Courten, primo Capo di Stato Maggiore del dopoguerra, si adoperò per la riorganizzazione generale della futura struttura dello strumento navale, nonché per la ripresa delle attività di addestramento dell'Accademia Navale e delle Scuole Sottufficiali.
Il Trattato di pace
Il Trattato di pace firmato il 10 febbraio 1947 a Parigi, si rivelò tuttavia particolarmente gravoso per la Marina. Oltre alle cessioni territoriali e materiali, furono imposte anche restrizioni di carattere militare:
- Divieto di possedere, costruire o sperimentare armi atomiche, proiettili ad autopropulsione con i relativi dispositivi di lancio, cannoni con gittate superiori ai 30 km, mine e siluri provvisti di congegni di attivazione ad influenza.
- Divieto di costruire, acquistare o sostituire navi da guerra, sperimentare unità portaerei, naviglio subacqueo, motosiluranti e mezzi d'assalto di qualsiasi tipo.
- Divieto di mettere in opera installazioni militari nelle isole di Pantelleria, di Pianosa e nell'arcipelago delle Pelagie.
Il trattato impegnava inoltre l'Italia a mettere a disposizione delle nazioni vincitrici Stati Uniti, Unione Sovietica, Gran Bretagna, Francia, Jugoslavia, Albania e Grecia le seguenti unità navali in conto riparazioni:
- 3 corazzate: Giulio Cesare, Italia (già Littorio) e Vittorio Veneto;
- 5 incrociatori ed esploratori: Emanuele Filiberto Duca d'Aosta, Attilio Regolo, Scipione Africano, Eugenio di Savoia ed Eritrea;
- 7 cacciatorpediniere, di cui 5 unità classe Soldati, più l'Augusto Riboty e l'Alfredo Oriani;
- 6 torpediniere appartenenti a varie classi, tra le quali Aliseo e Fortunale;
- Sommergibili: 8 battelli, di cui 3 appartenenti alla Classe Serie 600 - Acciaio;
- 1 nave scuola: Cristoforo Colombo.
Infine il totale del naviglio militare dislocato, fatta eccezione per le navi da guerra, non doveva superare le 67.500 tonnellate, mentre il personale effettivo non poteva superare le 25.000 unità.
La firma del Trattato di pace, costituì un duro colpo per la appena costituita Marina Militare Italiana, non tanto per la cessione di naviglio in condizioni di efficienza precarie, quanto per i significati morali negativi che essa racchiudeva, tanto che l'ammiraglio Raffaele De Courten rassegnò le dimissioni prima della ratifica dello stesso.
L'adesione alla NATO
Fortunatamente, i grossi mutamenti in atto nella situazione politica internazionale, convinsero Gran Bretagna e Stati Uniti a rinunciare alla consegna delle unità maggiori, che saranno però definitivamente smantellate alla Spezia fra il 1948 ed il 1955. Anche la Francia fu parzialmente animata dagli stessi buoni propositi, mentre l'Unione Sovietica pretese la consegna della corazzata Giulio Cesare e di gran parte delle unità ad essa attribuite. Gli incrociatori Attilio Regolo e Scipione Africano diventarono le francesi Chateaurenault e Guichen, mentre l'Eugenio di Savoia diventò la greca Helli. Solo quindi una piccola parte del naviglio non trasferito e non demolito, poté essere reincorporato nell'Arma.
La crescente attenzione rivolta dai Sovietici verso i paesi del Mar Mediterraneo, ed i conseguenti tentativi da parte degli Americani di contrastare queste mire espansionistiche, trasformò i mari italiani nel luogo di confronto principale tra le grandi potenze internazionali, contribuendo alla riaffermazione dell'importanza dell'Italia e dei suoi porti, grazie alla naturale posizione geografica strategica.
Con il nuovo governo eletto nel 1948, il Ministero della Difesa fu affidato a Randolfo Pacciardi, esponente politico la cui esperienza militare mise al servizio del processo di ammodernamento delle Forze Armate. In pieno Piano Marshall, e in un contesto in cui l'Europa si accingeva alla divisione secondo due schieramenti contrapposti, l'Italia cominciò ad intavolare colloqui con gli Stati Uniti, mirati all'ottenimento di adeguate garanzie di sicurezza. D'altro canto il governo di Washington, fortemente interessato a mantenere le proprie basi nella penisola, allentò i vincoli del Trattato di pace, inserendo la nazione italiana nel programma di aiuti militari MDAP (Mutual Defense Assistance Programme).
Il 4 aprile 1949, l'Italia sottoscrisse il Trattato del Nord Atlantico, ribadendo la sua impossibilità a contribuire attivamente all'interno dell'organizzazione: ciò condusse diplomaticamente alla revoca definitiva dei vincoli del Trattato di pace sul finire del 1951, con il consenso di tutte le nazioni occidentali.
Il potenziamento della flotta
Con l'adesione alla Nato, alla Marina fu assegnato il controllo del mare Adriatico e del canale d'Otranto, nonché la difesa delle linee di comunicazione marittime nel mar Tirreno. Per assolvere a questi compiti, fu realizzato già nel novembre del 1949 uno "Studio sul potenziamento della Marina italiana in relazione al Patto Atlantico", con il quale si individuavano le strutture e le modalità di potenziamento della Marina stessa.
La soluzione prospettata, richiese uno sforzo economico non indifferente, mirato alla ricostruzione e trasformazione del naviglio sopravissuto al conflitto; venne decisa inoltre la fornitura da parte degli Stati Uniti del rimanente naviglio per il raggiungimento del complesso di forze necessario. Il programma tuttavia procedette con estrema lentezza, sia per i problemi economici dell'Italia determinati dalla ricostruzione del dopoguerra, sia per gli ostacoli posti da alcuni governi europei, titubanti di fronte alla prospettiva di vedere risorgere una Marina in grado di contrastare le altre forze navali occidentali.
Gli arsenali della Marina Militare
Gradi della Marina Militare Italiana
Organigramma e struttura
Comandante della Marina Militare italiana è il Capo di Stato Maggiore della Marina, attualmente l'Ammiraglio di Squadra Paolo La Rosa.
Comandante in capo della Squadra Navale: Ammiraglio di Squadra Giuseppe Lertora, succeduto all'Ammiraglio Bruno Branciforte.
Tradizioni della Marina
Lo Stemma della Marina Italiana
Lo stemma della Marina Militare è composto da uno scudo diviso in quattro quarti, ognuno dei quali occupato dal blasone di una delle Repubbliche marinare (Amalfi, Genova, Pisa e Venezia): nel primo quarto, su sfondo rosso, il leone alato simbolo di san Marco che brandisce una spada, nel secondo quarto la croce rossa su fondo bianco di Genova, nel terzo quarto la croce bianca su fondo blu di Amalfi e, nell'ultimo quarto, la croce bianca su fondo rosso simbolo di Pisa, il tutto sormontato da una corona turrita e rostrata (ovvero dall'emblema che il senato romano conferiva ai comandanti vincitori di battaglie navali).
Lo stemma venne istituito, nell'aprile del 1941, con Regio Decreto: era stato proposto due anni prima dall'allora Sottosegretario di Stato per la Marina e comprendeva anche lo scudo sabaudo e due fasci littori. Nel 1947 il Presidente della Repubblica Enrico De Nicola approvò le modifiche allo stemma, portandolo alla forma attuale.
Lo stemma viene utilizzato nella bandiera della Marina Militare Italiana ed è inoltre posto sulla prua delle navi della stessa.
La Preghiera del marinaio
Il testo della preghiera fu steso nel 1901 dallo scrittore Antonio Fogazzaro sollecitato dal vescovo di Cremona cui stava a cuore lo spirito religioso dei marinai; la consuetidine di recitare la preghiera a bordo delle navi al momento dell'ammaina bandiera si diffuse rapidamente, tanto che dal 1909 la lettura della preghiera fu resa obbligatoria.
Al giorno d'oggi la Preghiera del marinaio viene letta a bordo delle navi in navigazione (per tradizione dall'ufficiale più giovane presente a bordo) sia al momento dell'ammaina bandiera che al termine delle messe ed anche al termine delle funzioni religiose in suffragio dei marinai che si celebrano a terra:
Signore del cielo e dell'abisso,
cui obbediscono i venti e le onde, noi,
uomini di mare e di guerra,Ufficiali e Marinai d'Italia,
da questa sacra nave armata della Patria leviamo i cuori.
Salva ed esalta, nella Tua fede, o gran Dio, la nostra Nazione.
Dà giusta gloria e potenza alla nostra bandiera,
comanda che la tempesta ed i flutti servano a lei;
poni sul nemico il terrore di lei;
fa che per sempre la cingano in difesa petti di ferro,
più forti del ferro che cinge questa nave,
a lei per sempre dona vittoria.
Benedici , o Signore, le nostre case lontane, le care genti.
Benedici nella cadente notte il riposo del popolo,
benedici noi che, per esso, vegliamo in armi sul mare.
Benedici!»
Festa della Marina Militare
La "Festa della Marina Militare" è stata formalmente istituita il 13 marzo 1939: il giorno in cui celebrare tale ricorrenza, il 10 giugno, fu scelto in tale occasione in ricordo dell'"impresa di Premuda"; prima di tale data (ed anche fra il 1950 ed il 1963) la festa della Marina era celebrata il 4 dicembre, nel giorno dedicato alla patrona della Marina Militare, Barbara di Nicomedia.
Banda della Marina Militare
Voci correlate
Collegamenti esterni
- Sito istituzionale della Marina Militare
- Plancia di Comando La Regia Marina e la Marina Militare Italiana attraverso la storia