Alfredo Di Cocco (Popoli, 1º giugno 1885Monfenera, 18 novembre 1917) è stato un militare italiano, decorato di Medaglia d'oro al valor militare alla memoria durante il corso della prima guerra mondiale.

Lapide commemorativa ad Alfredo Di Cocco lungo la strada degli Artiglieri di Rovereto.
Lapide commemorativa ad Alfredo Di Cocco a Burano dove abitó.
Giovanni Piovesana
Soprannomescoiattolo del Castelletto
NascitaPopoli, 1 giugno 1885
MorteMonfenera, 18 novembre 1917
Cause della mortecaduto in combattimento
Dati militari
Paese servitoItalia (bandiera) Italia
Forza armataRegio Esercito
ArmaArtiglieria
CorpoAlpini
GradoCapitano
GuerreGuerra di Libia
Prima guerra mondiale
CampagneCampagna di Grecia
Campagna di Russia
BattaglieBattaglia di Ettangi
Battaglia dell'Ortigara
Battaglia di Caporetto
Comandante diIX gruppo "Oneglia" del 3º reggimento artiglieria da montagna
Decorazionivedi qui
Studi militariRegia Accademia Militare di Artiglieria e Genio di Torino
dati tratti da I quaderni dell'Associazione Nazionale Alpini. Il Labaro[1]
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Biografia

Nacque a Popoli, provincia di Pescara il 1 giugno 1885, e trascorse l'adolescenza ad Ancona dove il padre era funzionario delle ferrovie. Terminati gli studi classici,[2] abbracciò la carriera militare contro il parere dei genitori: pur di essere ammesso alla Regia Accademia Militare di Artiglieria e Genio di Torino si sottopose a Bologna a una dolorosa operazione, senza anestesia,[2] per correggere il suo strabismo[3][4]

Iniziò la vita militare presso l'8° Reggimento artiglieria da fortezza,[2] ma poco dopo chiese, ed ottenne, il trasferimento presso le batterie da montagna che con le quali partì per la guerra di Libia[2] distinguendosi nel corso della battaglia di Ettangi[3]. Rientrato in Patria fu nominato capitano nel 5° Reggimento artiglieria da fortezza.[2] Dopo l'entrata in guerra del Regno d'Italia, prese parte alle fasi iniziali del conflitto. Nell'aprile del 1916 fu inviato in Valsugana con la 140ª batteria d'assedio da lui costituita.[2] Desideroso di combattere nelle batterie più prossime al nemico, dall'agosto successivo fu trasferito alla 26ª Batteria da montagna della 1ª Armata. Nel 1917 assunse il comando di un gruppo di artiglieria sommeggiatasi guadagnò due medaglie di bronzo per le sue azioni nella battaglia del monte Ortigara, quando sul Monte Forno guidò un attacco di fanteria in mezzo alla nebbia, e a Sober, sul fronte isontino[4] quando sotto il fuoco nemico,[2] continuò a guidare il tiro della propria batteria[3].

Al momento della rotta di Caporetto comandava il IX gruppo "Oneglia" del 3º reggimento artiglieria da montagna. Riuscì a mettere in salvo il suo contingente al di là del fronte del Piave, attestandosi presso i contrafforti settentrionali del monte Grappa (Tomba e Monfenera)[5].

Dopo giorni di strenua resistenza, il 18 novembre 1917, alla testa dei suoi soldati superstiti, mosse un estremo tentativo di assalto e venne colpito a morte dalle artiglierie nemiche[5][3]. Fu il primo combattente del Grappa ad essere insignito della Medaglia d'oro al valor militare[6].

I suoi resti riposano a Venezia, nel cimitero di San Michele[7]. Prima di partire per il fronte, infatti, aveva sposato la maestra Ines Vio di Burano; non è un caso, quindi, se al capitano è stata intitolata la scuola elementare dell'isola[8].

Onorificenze

«Comandante di un gruppo da montagna, in posizione avanzatissima, con le sue batterie già duramente provate da intenso fuoco tambureggiante, seppe, con rara e pronta perizia, con fuoco serrato, efficacissimo, decimare e disperdere dense masse di fanteria lanciate all'assalto. Violentemente controbattuto dall'artiglieria avversaria, fiero e tenace rispose col suo fuoco finché, perduti uno ad uno tutti i suoi pezzi, distrutti o seppelliti sotto le piazzuole franate, caduti morti o feriti quasi tutti i suoi ufficiali, in piedi tra i suoi cannoni smontati, chiamati a raccolta i pochi artiglieri superstiti, faceva loro innestare le baionette ed alla loro testa si slanciava contro le folte, incalzanti ondate nemiche, cadendo fulminato da mitragliatrici. Fulgidamente eroico nel suo sublime sacrificio. Monfenera, 18 novembre 1917.[9]
«Comandante di un gruppo da montagna, someggiato, assunse la direzione della batteria che si trovava sulla linea della fanteria, e venuta meno la possibilità di far fuoco, in causa della nebbia, con alto senso di cooperazione, esempio di coraggio calmo e sereno, percorse a più riprese la linea di fuoco per indirizzare alla lotta reparti di fanteria disorientati, pure per la nebbia, fornendo ad ufficiali e gregari utili informazioni. Monte Forno, 10 giugno 1917
«Comandante di un gruppo da montagna, con energia ed ardimento dirigeva il fuoco ottenendo efficaci risultati. Sotto il violento cannoneggiamento rimaneva lungamente sulle prime linee allo scoperto per coordinare il tiro dei suoi pezzi, dando costante esempio di attività, calma e sprezzo del pericolo. Sober (Gorizia), 19-21 agosto 1917

Note

  1. ^ Bianchi, Cattaneo 2011, p. 143
  2. ^ a b c d e f g Bianchi, Cattaneo 2011, p. 144
  3. ^ a b c d Stradario di Ancona - da Piazza D'Acquisto a Via Duranti [collegamento interrotto], su comune.ancona.it, Comune di Ancona. URL consultato il 12 giugno 2013.
  4. ^ a b Rasero 2005, p. 85-86
  5. ^ a b Rasero 2005, p. 576
  6. ^ Cadeddu, Grando, Gambarotto 2008, p. 62
  7. ^ Sandro Vescovi, Capitano Alfredo Di Cocco (PDF), in Il Mulo, dicembre 2008, p. 24. URL consultato il 12 giugno 2013.
  8. ^ Scuola elementare "Alfredo Di Cocco" di Venezia - Burano, su www2.comune.venezia.it, Comune di Venezia. URL consultato il 12 giugno 2013.
  9. ^ Medaglia d'oro al valor militare Alfredo Di Cocco, su quirinale.it, Quirinale. URL consultato il 12 giugno 2013.

Bibliografia

  • Andrea Bianchi, Mariolina Cattaneo, I quaderni dell'Associazione Nazionale Alpini. Il Labaro, Associazione Nazionale Alpini, 2011, ISBN 978-88-902153-1-5.
  • Aldo Rasero, Alpini della Julia. Storia della «divisione miracolo, Milano, Mursia, 2005, pp. 85-86, 576.

<ref> Lorenzo Cadeddu, Elisa Grando; Stefano Gambarotto (a cura di), Baluardo Grappa. Il massiccio del Grappa prima e durante la Grande Guerra, ISTRIT, 2008, p. 62.

Periodici

  • Sandro Vescovi, Capitano Alfredo Di Cocco, in Il Mulo, dicembre 2008, p. 24.