Presidenza di James Monroe

5ª presidenza degli Stati Uniti d'America (1817-1825)

La presidenza di James Monroe ebbe inizio il 4 marzo del 1817 con la cerimonia d'inaugurazione e relativo insediamento del presidente degli Stati Uniti d'America e terminò il 4 marzo del 1825. Monroe assumerà l'ufficio come 5º presidente degli Stati Uniti d'America dopo aver vinto le elezioni presidenziali del 1816 ottenendo un margine di vittoria schiacciante sull'esponente del Partito Federalista Rufus King.

Presidenza James Monroe
Il presidente Monroe in un ritratto di John Vanderlyn
StatoStati Uniti (bandiera) Stati Uniti
Capo del governoJames Monroe
(Partito Democratico-Repubblicano)
Giuramento4 marzo 1817
Governo successivo4 marzo 1825
Firma autografa del presidente Monroe.

Elezioni presidenziali del 1816

 
L'edificio dell'"Old Brick Capitol".

Prima inaugurazione

  Lo stesso argomento in dettaglio: Insediamento del presidente degli Stati Uniti d'America.

La prima cerimonia inaugurale della presidenza Monroe si tenne martedì 4 marzo del 1817 davanti all'"Old Brick Capitol" (edificio in seguito riconvertito in prigione), sede temporanea del "Campidoglio", a Washington. Il Presidente della Corte suprema degli Stati Uniti d'America John Marshall presenziò al solenne giuramento.

Monroe fu il primo presidente a prestare giuramento e a pronunziare un discorso inaugurale all'aperto (Testo completo su Wikisource)[1]; poiché la Casa Bianca non si trovava ancora pronta per essere occupata a causa dei danni subiti durante la guerra anglo-americana del 1812 il neo-eletto all'alta carica e sua moglie continuarono ad abitare nella loro residenza privata fino al settembre successivo[2].

Partiti politici

  Democratico-Repubblicano   Indipendente

Dipartimento /
Funzione
Foto Nome Data
Presidente   James Monroe 1817 - 1825
Vicepresidente   Daniel D. Tompkins 1817 - 1825
Segretario di Stato   Richard Rush 1817
  John Quincy Adams 1817 - 1825
Segretario al Tesoro   William Harris Crawford 1817 - 1825
Segretario alla Guerra   John Calhoun 1817 - 1825
Procuratore generale   Richard Rush 1817
  William Wirt 1817 - 1825
Direttore generale delle poste   Return Jonathan Meigs 1817 - 1823
  John McLean 1823 - 1825
Segretario alla Marina   Benjamin Williams Crowninshield 1817 - 1818
  Smith Thompson 1819 - 1823
  Samuel Lewis Southard 1823 - 1825

Amministrazione

Gli avvenimenti salienti della presidenza Monroe saranno i seguenti:

1817
1818
1819
1820
1821
1822
1823
1824
1825

Gabinetto ministeriale

Nomine giuridiche

Fonti:[3][4]

 
Il presidente James Monroe scelse Smith Thompson come uno dei giudici associati della Corte Suprema.
# Nome Seggio Stato Succeduto a Nomina Conferma Inizio
servizio attivo
Termine
servizio attivo
1 Smith Thompson   New York Henry Brockholst Livingston 5 dicembre 1823 9 dicembre 1823 1º settembre 1823[5] 18 dicembre 1843
 
Willard Hall fu nominato da Monroe nel "Distretto del Delaware" e continuò a prestare servizio in tribunale ancora per quarant'anni dopo la morte del presidente.
# Nome Corte Nomina Conferma Inizio servizio
attivo
Termine servizio
attico
1 Benjamin Parke   Indiana 5 marzo 1817 5 marzo 1817 6 marzo 1817 12 luglio 1835
2 Albion Keith Parris   Maine 27 gennaio 1818 28 gennaio 1818 28 gennaio 1818 1º gennaio 1822
3 William Bayard Shields   Mississippi 20 aprile 1818 20 aprile 1818 20 aprile 1818 18 aprile 1823
4 Jonathan Hoge Walker   Pennsylvania Occidentale 20 aprile 1818 20 aprile 1818 20 aprile 1818 23 marzo 1824
5 William Davies   Georgia 11 gennaio 1819 11 gennaio 1819 14 gennaio 1819 9 marzo 1821
6 John George Jackson   Virginia Occidentale 20 febbraio 1819 24 febbraio 1819 24 febbraio 1819 28 marzo 1825
7 Nathaniel W. Pope   Illinois 3 marzo 1819 3 marzo 1819 3 marzo 1819 23 gennaio 1850
8 Theodorick Bland   Maryland 3 gennaio 1820 5 gennaio 1820 23 novembre 1819[6] 16 agosto 1824
9 Roger Skinner   New York Settentrionale 3 gennaio 1820 5 gennaio 1820 24 novembre 1819[6] 19 agosto 1825
10 Charles Tait   Alabama 10 maggio 1820 13 maggio 1820 13 maggio 1820 10 marzo 1824[7]
11 John Dick   Louisiana 1º marzo 1821 2 marzo 1821 2 marzo 1821 3 marzo 1823[8]
12 Jeremiah La Touche Cuyler   Georgia 19 dicembre 1821 10 gennaio 1822 12 giugno 1821[9] 7 maggio 1839
13 Ashur Ware   Maine 15 febbraio 1822 15 febbraio 1822 15 febbraio 1822 31 maggio 1866
14 James Hawkins Peck   Missouri 26 marzo 1822 5 aprile 1822 5 aprile 1822 29 aprile 1836
15 Thomas Lee   Carolina del Sud 7 febbraio 1823 17 febbraio 1823 17 febbraio 1823 24 ottobre 1839
16 Willard Hall   Delaware 5 dicembre 1823 9 dicembre 1823 6 maggio 1823[10] 6 dicembre 1871
17 Peter Randolph   Mississippi 5 dicembre 1823 9 dicembre 1823 25 giugno 1823[10] 30 gennaio 1832
18 William Wilkins   Pennsylvania Occidentale 10 maggio 1824 12 maggio 1824 12 maggio 1824 14 aprile 1831
19 Thomas Bolling Robertson   Louisiana Orientale
Louisiana Occidentale
24 maggio 1824 26 maggio 1824 26 maggio 1824 5 ottobre 1828
20 John Pitman   Rhode Island 16 dicembre 1824 3 gennaio 1825 4 agosto 1824[11] 17 novembre 1864
21 Elias Glenn   Maryland 16 dicembre 1824 3 gennaio 1825 31 agosto 1824[11] 1º aprile 1836

Nuovi stati ammessi nell'Unione

  Lo stesso argomento in dettaglio: Stati per data di entrata negli Stati Uniti d'America.

Affari interni

Predominio Democratico-Repubblicano

Come già tutti e 4 i suoi predecessori anche Monroe ritenne che l'esistenza dei partiti politici fortemente organizzati risultasse alla fine prevalentemente dannosa per il buon funzionamento della giovane nazione; fece pertanto proprio del'eliminazione delle forze politiche uno degli obiettivi maggiormente importanti della sua presidenza[12].

 
La coccarda tricolore del Partito Democratico-Repubblicano.

Il presidente proverà quindi ad istituire un sistema "non-partitico", ma credette che il modo migliore per poterlo realizzare fosse quello d'impedire la rinascita del moribondo Partito Federalista; cercò quindi di rafforzare il contrapposto Partito Democratico-Repubblicano, evitando politiche di divisione e accogliendo a braccia aperte "nell'ovile" gli ex federalisti. Il tutto con l'obiettivo finale di portare allo scioglimento e dissoluzione definitiva del vecchio partito di John Adams[13].

Monroe compirà anche due lunghi tour nazionali con il proposito esplicito di costruire tutt'attorno alla propria persona un clima di fiducia e partecipazione da parte della classe dirigente (di "costruzione del consenso"); a Boston la sua visita del 1817 venne salutata come l'inizio di una rinnovata "Era of Good Feelings" (l'Era dei buoni sentimenti e delle migliori intenzioni). Le frequenti tappe di questi viaggi presidenziali permisero l'allestimento d'innumerevoli cerimonie di caloroso benvenuto e larghe espressioni di buona volontà amministrativa[14].

Egli venne veduto di persona da un maggior numero di cittadini rispetto a qualsiasi altro presidente prima di lui ed i suoi viaggi furono riportati con ricchezza di dettagli dalla stampa sia locale che nazionale. I rimanenti federalisti non riuscirono ad elaborare un programma unificato ad ampio respiro e i loro candidati molto spesso intrapresero la campagna elettorale fondandosi su questioni prettamente localistiche piuttosto che di più ampia portata[15].

Venne in tal maniera accelerata la loro definitiva estinzione, che entro il corso dell'Amministrazione presidenziale fu condotta a termine con pieno successo; riusciranno comunque a mantenere una qualche vitalità ed integrità organizzativa nel Delaware e in alcune altre sparute località, ma mancarono altresì sempre più d'influenza in ambito nazionale[16].

In assenza pertanto di una seria opposizione - venuta sempre pi velocemente a mancare - il caucus congressuale dei Democratici-Repubblicani smise così di riunirsi e, a fini pratici. anche il partito in quanto organismo direttivo ed operativo rallentò le proprie funzioni fino ad interromperle del tutto.[14].

 
Un assegno firmato del presidente.

Panico del 1819

A partire dal secondo anno del suo primo mandato il presidente dovrà affrontare una grave crisi economica la quale diverrà nota col nome di panico del 1819, la prima grande recessione che colpì la giovane nazione dal periodo della ratifica della Costituzione degli Stati Uniti d'America nel 1788[17].

L'ondata di panico derivò principalmente dall'improvviso declino delle importazioni e delle esportazioni oltre che dal crollo dei prezzi associati all'ambito dell'agricoltura[18], quando il mercato internazionale cominciò a riadattarsi al commercio e alla produzione in tempo di pace all'indomani della guerra anglo-americana (1812 - 1814) e delle guerre napoleoniche (fino al 1815) europee[19][20].

Le dimensioni della depressione economica negli Stati Uniti vennero aggravate da un'operazione di eccessiva speculazione sulle terre pubbliche[21], alimentata dalla questione altamente oggetto di controversia inerente l'emissione di carta moneta da parte degli istituti bancari e dalle preoccupazioni interconnesse al mondo degli affari[22][23].

La Seconda banca degli Stati Uniti non riuscì a limitare l'impennata dell'inflazione almeno fino alla fine del 1818, quando i direttori responsabili iniziarono a prendere - in ritardo - delle misure atte a ridurre il credito. Alle varie filiali venne così ordinato di non accettare alcuna cambialepolizza se non le proprie, di presentare tutte le banconote di Stato per il pagamento in un'unica soluzione e di non rinnovare prestiti o mutui personali[24].

Tali politiche fiscali di contrazione e contenimento si ritorsero presto contro i loro stessi esecutori, in quanto contribuirono a minare seriamente la fiducia dell'opinione pubblica nei riguardi della solidità delle banche facendo sostanzialmente da cassa di risonanza all'insorgenza del panico[25].

Monroe mantenne un ben scarso controllo sull'intera politica economica; nei primi decenni del XIX secolo un tale potere si fondò principalmente sui singoli Stati e sulla Seconda banca[18]. Col il rapido diffondersi della crisi il presidente si rifiuterà di convocare una sessione speciale del Congresso volta a affrontare il tema economico e a prevenire ulteriori dissesti.

Quando alla fine l'Assemblea generale parlamentare riuscì a riunirsi in seduta congiunta nel dicembre del 1819 il presidente richiese immediatamente un aumento della tariffa daziaria, mentre si rifiutò di raccomandare della tariffe indirizzate verso settori specifici[26]. Il Congresso non prenderà provvedimenti fino alla promulgazione della Tariffa del 1824[27].

Il panico provocherà un riacutizzarsi della spinta dell'inflazione accompagnandolo con un alto tasso di disoccupazione, una crescita costante del numero dei fallimenti e dei pignoramenti[18][28], producendo un forte risentimento popolare nei confronti sia delle banche che delle imprese in genere[29][30].

La situazione di forte tensione venutasi a creare spinse lo Stati federati degli Stati Uniti d'America del Maryland ad implementare l'attuazione di una tassa sulla filiale della banca nazionale presente sul proprio territorio[31]. Di lì a poco la Corte Suprema emise il suo verdetto decidendo sul caso McCulloch contro Maryland; il risultato si rivelerà una grossa sconfitta per i difensori dei diritti degli Stati in quanto la Suprema Corte proibì ai singoli Stati di tassare di tassare le filiali della banca.[32]

Il Presidente della Corte Suprema John Marshall articolò un'ampia rilettura della clausola relativa corretta ("Necessary and Proper Clause"), ritenendo che la Carta costituzionale nazionale concedesse all'Assemblea congressuale tutti quei poteri impliciti che non vi fossero stati definiti espressamente in senso contrario[33].

La decisione giudiziaria non farà in ultima analisi altro che alimentare il disprezzo popolare nei riguardi della "Seconda banca" e suscitando al contempo vasti timori sulla portata crescente attribuito al potere federale[34].

 
Henry Clay nel 1818 in un dipinto di Matthew Harris Jouett.

Compromesso del Missouri

Già a partire dal 1818 Henry Clay e il delegato territoriale John Scott si mossero attivamente per cercare di far ottenere l'ammissione del Territorio del Missouri in qualità di nuovo Stato federato; la Camera dei Rappresentanti non darà però alcun seguito al disegno di legge fino a quando il Congresso non venne aggiornato ad aprile, riprendendo pertanto in mano la questione solo alla riconvocazione dell'Assemblea a dicembre[35].

 
Ritratto di James Tallmadge.

Nel corso del tempo in cui si svolsero tali procedimenti il parlamentare James Tallmadge dello Stato di New York "lanciò una vera e propria bomba nell'Era dei buoni sentimenti"[36] proponendo una serie di due emendamenti, noti collettivamente come l'Emendamento Tallmadge.

In essi si chiedeva di proibire qualsiasi ulteriore introduzione di schiavi nell'oramai prossimo Missouri e pretendendo inoltre formalmente che tutti i bambini che successivamente vi fossero nati da genitori schiavi avrebbero dovuto essere considerati liberi a partire dall'età di 25 anni[37].

Queste proposte legislative scatenarono il primo grande dibattito nazionale sulla questione della schiavitù negli Stati Uniti d'America dopo la ratifica della Costituzione americana[38] facendo esplodere istantaneamente la "contrapposizione muro contro muro" tra gli ideali del Nord (tradotti soprattutto nel "lavoro libero" dei coloni nei territori del West) e l'aristocratico sistema agrario dei grandi piantatori del Sud[39].

«La frattura evidenziatasi nelle divisioni settarie e regionalistiche tra i Repubblicani fautori della Democrazia jeffersoniana... offrono alcuni notevoli paradossi storici e spunti per il futuro... in cui gli schiavisti Sudisti respingevano gli ideali egualitari dello schiavista Thomas Jefferson; mentre gli anti-schiavisti Repubblicani del Nord li sostenevano - anche se lo stesso Jefferson supportava l'espansione della schiavitù basandosi su presunte motivazioni anti-schiaviste[40]

Gli esponenti del Partito Democratico-Repubblicano settentrionali formarono rapidamente una coalizione attraverso linee partigiane (d'interessi comuni) con i residui del Partito Federalista a sostegno dell'esclusione costituzionale della pratica schiavista nel Missouri; mentre dal canto loro i leader meridionali espressero quasi all'unanimità la propria decisa contrarietà ad una tale eventuale restrizione (la quale avrbbe di fatto impedito l'insediamento nei territori ai coloni proprietari di schiavi)[41].

I nordisti poterono pertanto cominciare a focalizzare i loro argomenti schierandosi nell'alveo dell'opinione la quale considerava lo schiavismo un lampante esempio di immoralità; i sudisti incentrarono invece i loro attacchi sulla presunta incostituzionalità del bando diretto contro la propria "peculiare istituzione" all'interno di un qualsiasi Stato dell'Unione[42].

 
Il Compromesso del Missouri giungerà a proibire la schiavitù nel territorio delle Grandi Pianure non ancora organizzato (superiore in verde scuro), mentre lo permetteva nel Missouri (in giallo) e nel Territorio dell'Arkansas (l'area blu inferiore).

Il progetto legislativo, arricchito dagli emendamenti di Tallmadge, sospinse l'Aula parlamentare in una votazione per lo più settoriale ed ancorata ai rispettivi localismi, sebbene 10 membri degli Stati liberi della Nuova Inghilterra si unissero ai rappresentanti schiavisti del profondo Sud opponendosi ad almeno una delle disposizioni contenute nel pacchetto delle proposte[43].

Le misure passarono quindi al Senato - controllato per la gran parte dai filo-sudisti - ove entrambi gli emendamenti vennero rigettati[44]; a questo punto venne istituito un Comitato congiunto consultivo di Camera e Senato il quale non sarà però in grado di risolvere i disaccordi emersi tanto che l'intera misura per favorire l'ingresso del Missouri decadde[45].

All'Assemblea congressuale fu dato il compito di riprendere la question quando si riunì nuovamente nel dicembre del 1819[46]. Il presidente, egli stesso un facoltoso proprietario di schiavi originario del Sud, minacciò - senza frapporre alcun tempo di riflessione in mezzo - di non esitare a ricorrere al suo diritto di veto contro qualsiasi proposta di legge la quale limitasse il "sacrosanto diritto alla proprietà privata costituita dagli schiavi"[47].

Monroe non venne coinvolto pubblicamente nel dibattito specifico inerente il Missouri, ma svolse in ogni caso un ruolo surrettizio grazie ai suoi ampi collegamenti con numerosi membri del Congresso e con i maggiori ed influenti giornalisti del tempo[48]. Appoggiò quindi gli sforzi intrapresi dal senatore James Barbour e di altri congressisti allineati alle posizioni sudiste per far ottenere al nuovo Stato l'ammissione in qualità di "terra schiavista"; ammettendo contemporaneamente - come forma di bilanciamento - il nuovo Stato libero del Maine (all'epoca facente ancora parte integrante de Massachusetts)[49].

 
Ritratto di Jesse Burgess Thomas.

Nel febbraio del 1820 il deputato Jesse Burgess Thomas dell'Illinois propose l'idea di un "compromesso" nel quale si accettava che il Missouri potesse venir ammesso come Stato schiavista, ma che la schiavitù sarebbe stata invece esclusa in tutti i rimanenti territori posti a settentrione del 36° 30' parallelo di latitudine Nord[50].

 
La "linea rossa" data dal 36° 30' parallelo di latitudine Nord la quale, secondo le intenzioni espresse nel Compromesso del Missouri avrebbe dovuto separare gli Stati liberi (blu) da quelli schiavisti (rosso).

Come molti altri leader meridionali anche il presidente arrivò a considerare la proposta di Thomas come un ragionevole compromesso che avrebbe contribuito sostanzialmente a disinnescare i nascenti turbamenti di disunione venuti in superficie in una maniera tanto eclatante[51].

L'Aula senatoriale approvò pertanto un progetto di legislazione includente la restrizione territoriale sulla schiavitù ed assieme prevedendo anche l'ammissione contemporanea sia del Missouri che del Maine[52].

L'Assemblea diede il via libera al disegno di legge del Senato con un margine di voto alquanto risicato; lo stesso Monroe, dopo aver deliberato la situazione con il proprio Gabinetto, controfirmerà l'intero provvedimento convertendolo in legge a partire dall'aprile del 1820[53].

La questione concernente l'ammissione finale del Missouri risalirà a galla verso novembre con un rinnovato strascico di vigorose polemiche; la Carta costituzionale statale difatti previde l'inclusione di una disposizione la quale avrebbe impedito agli afroamericani liberi del Nord di pote entrare nel territorio del neo-Stato, una cosa questa che offese profondamente gli ideali libertari nordisti i cui sentimenti ne parvero seriamente lesi[54].

 
Gli Stati Uniti d'America nel 1821.

Solamente grazie all'influenza politica conciliatoria posseduta da Clay venne finalmente approvato l'"Atto di ammissione", ma a condizione che la clausola di esclusione della Costituzione del Missouri "non dovesse mai venire interpretata per autorizzare il passaggio di una qualsiasi legge che potesse compromettere i privilegi e le immunità garantiti a qualsiasi cittadino statunitense" (la Privileges and Immunities Clause). Una tale disposizione, rimasta volutamente entro i confini della massima ambiguità è talvolta nota come Secondo compromesso del Missouri[55].

Per molti si trattò di una pillola amara da ingoiare e la successiva ammissione di nuovi Stati come liberi o schiavisti diventerà via via che il tempo scorreva sempre più una questione importante; i decenni a seguire non faranno altro che rimarcare il solco d'incomprensione reciproca che si stava scavando tra "Radical e abolizionisti fanatici" del Nord ed estremisti filo-schiavisti del Sud: solo il conflitto armato fratricida della guerra di secessione americana porrà una volta per tutte la parola fine al problema[56].

Dovranno trascorrere ancora 40 anni prima di poter assegnare la vittoria all'abolizionismo negli Stati Uniti d'America, supportato prima dal Proclama di emancipazione] del 1862-63 voluto dalla presidenza di Abraham Lincoln e poco dopo dall'approvazione delle modifiche costituzionale postbelliche rappresentate dal XIII emendamento prima e dal XIV emendamento poi.

Miglioramenti strutturali

Mentre gli Stati Uniti continuarono a crescere molti americani cominciarono a sostenere la costruzione di un sistema di miglioramenti interni, provvedimenti intesi ad aiutare lo sviluppo generale del paese. L'assistenza federale per mettere in atto tali progetti evolvette però assai lentamente e a caso - senza alcun retroterra di obiettivi comuni - e ciò fu il prodotto di fazioni parlamentari contrapposte su base regionalistica; il ramo esecutivo si preoccupò quindi della costituzionalità del coinvolgimento federale: la controversia sui diritti degli Stati prese in tal modo il via[57].

Il presidente ritenne che la nazione avesse bisogno di migliorare le proprie infrastrutture se voleva crescere e prosperare economicamente, ma si preoccupò anche della costituzionalità del ruolo federale nelle relative costruzioni, manutenzioni e gestioni di un sistema di trasporti a livello nazionale[18].

Monroe esortò ripetutamente il Congresso a far approvare un emendamento che lo autorizzasse a finanziare i miglioramenti infrastrutturali, ma esso non darà seguito alla proposta, in parte perché molti membri dell'Assemblea legislativa considerarono che la Carta costituzionale autorizzasse già di fatto il finanziamento federale per i miglioramenti interni[58].

 
Mappa della rotta della National Road.

Gli Stati Uniti avevano già iniziato a costruire la National Road a partire dal 1811 ed entro la fine del 1818 questa venne a collegare il fiume Ohio con il fiume Potomac[59]. Nel 1822 venne fatta approvare una legge che autorizzava la riscossione del pedaggio lungo la grande via, con le entrate relative utilizzate per finanziare le più opportune riparazioni della stessa[60].

Aderendo alla sua dichiarata posizione per quanto concerneva i miglioramenti interni il presidente pose il veto al disegno di legge[61]. In una relazione elaborata "ad hoc" Monroe espose le proprie opinioni costituzionali sull'argomento; il Congresso avrebbe ben potuto incamerarne il gettito, ammise, ma non avrebbe però potuto intraprendere l'effettiva costruzione di opere nazionali né tanto meno assumere la giurisdizione su di esse[62].

 
Il percorso della "Chesapeake & Delaware Canal Company".

Ancora nel 1823 l'Amministrazione propose che l'Assemblea congressuale lavorasse in sintonia con i singoli Stati per costruire un vasto sistema di canali artificiali atti a collegare i fiumi che conducono all'Oceano Atlantico con il Territorio del nord-ovest in tutta la sua estensione ed alla fine firmò un progetto di legge il quale previde investimenti sulla "Chesapeake & Delaware Canal Company"[63].

 
Mappa della rotta odierna del Canale Erie.

La richiesta di Monroe nei riguardi della canalizzazione fu sostanzialmente ispirata dall'imminente completamento del Canale Erie il quale avrebbe finalmente collegato per via diretta New York con i Grandi Laghi[64].

Nel 1824 la Corte Suprema ebbe ad occuparsi del caso Gibbons contro Ogden, giungendo con il sentenziare che la clausola commerciale inserita nella Carta costituzionale conferiva al Governo federale un'ampia autorità nell'ambito del commercio inter-statale[57].

 
Il logo dell'United States Army Corps of Engineers.

Poco dopo l'Assemblea congressuale promulgò due importanti leggi che, insieme, segnarono l'inizio del continuativo coinvolgimento federale nelle grandi opere civili; il General Survey Act autorizzò quindi il presidente a ricevere a scadenza continuativa i rilevamenti e i sondaggi fatti su strade e canali di importanza nazionale. Monroe ne affidò la responsabilità all'United States Army Corps of Engineers[57].

Il secondo atto, approvato in via definitiva il mese seguente, portò all'incamerare una somma di 75.000 dollari per migliorare la navigazione sul fiume Ohio e sul fiume Mississippi rimuovendo banchi di sabbia, spuntoni di roccia ed altri ostacoli. Successivamente l'atto subirà alcune modifiche per potervi includere ulteriori corsi d'acqua, come ad esempio il fiume Missouri[57].

American Colonization Society

Negli anni prima che Monroe entrasse in carica un movimento che sosteneva la colonizzazione di una parte del Continente africano da parte degli afroamericani liberi divenne sempre più popolare; il membro della Camera dei Rappresentanti Charles Fenton Mercer per la Virginia e il reverendo Robert Finley del New Jersey fondarono l'American Colonization Society (ACS) per promuovere l'obiettivo della colonizzazione africana[69].

La maggior parte dei seguaci della società sostenne la colonizzazione come un modo per provvedere alla graduale emancipazione degli schiavi e così diversificare l'economia del profondo Sud ancorata alla monocoltura di piantagione dedicata al cotone; ma essa fece appello anche ai sudisti filoschiavisti il cui obiettivo principale rimaneva quello della rimozione dei neri liberi dal paese[70].

L'ACS attirò numerosi sostenitori di spicco tra cui l'ex presidente James Madison, l'"Associate Justice Bushrod Washington" e il politico del Kentucky Henry Clay. Nel 1819 l'Amministrazione federale accettò di rifornirla di finanziamenti e, proprio come la Seconda banca degli Stati Uniti, la società operò come un partenariato misto pubblico-privato[71].

 
La colonia statunitense della Liberia negli anni 1830.

La United States Navy aiutò l'ACS a stabilire una colonia nell'Africa occidentale, che sarebbe stata immediatamente adiacente all'odierna Sierra Leone: un'insediamento fondato espressamente per i neri liberi[72].

La nuova colonia venne pertanto battezzata Liberia e la sua capitale prese il nome di Monrovia in onore del presidente. Intorno al 1860 oltre 10.000 afroamericani si erano trasferiti emigrando in Liberia[73].

 
I colori della bandiera della Liberia ispirati da quelli della bandiera degli Stati Uniti d'America.

Sebbene almeno inizialmente intendesse essere una colonia permanente statunitense il paese avrebbe dichiarato ufficialmente la propria indipendenza nel 1847[74].

Frontiera occidentale

 
Mappa del bacino idrografico del fiume Yellostone.

Monroe ebbe uno stretto interesse nei riguardi della frontiera americana occidentale (quello che sarà il West), costantemente supervisionata dal Segretario alla Guerra John Calhoun; questi organizzò una spedizione esplorativa in direzione del fiume Yellostone con l'intento di estendervi l'influenza statunitense e la conoscenza della regione dell'Acquisto della Louisiana (parte degli odierni Stati Uniti nord-occidentali[75].

La spedizione subirà alterne vicende con varie battute d'arresto, ma grazie soprattutto alla volontà e agli sforzi intrapresi da scienziati come lo studioso di geologia e botanica Edwin James portò avanti la conoscenza della flora e della fauna di quell'immenso Territorio rimasto fino a quel momento ancora del tutto sconosciuto[76].

 
Mappa delle terre Yazoo soggette a disputa con la Georgia.

Questione indiana

Il Governo federale assunse il controllo delle terre Yazoo dalla Georgia attraverso il "Patto del 1802"; come parte integrante di tale accordo la Presidenza di Thomas Jefferson promise di rimuovere i Nativi americani degli Stati Uniti d'America da sempre ivi presenti[77].

I georgiani quindi pressarono Monroe per fargli attuare il piano di rimozione degli "indiani" rimasti nelle regioni ad Ovest del fiume Mississippi; ma questi respinsero tutte le offerte d'acquisto della loro terra rivoltegli dall'Amministrazione. Poiché il presidente non si dimostrò mai disposto a deportare forzatamente le tribù native, scelse di non intraprendere alcuna azione sostanziale in tal senso[78].

Politica estera

 
Il Vicereame della Nuova Spagna nel 1800.
  Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della politica estera statunitense.

Florida spagnola

L'impero spagnolo si ritrovò ad affrontare una preoccupante situazione interna all'indomani delle grandi guerre napoleoniche; rimasto praticamente esaurito sia in termini di mezzi che di uomini disponibili dalla guerra d'indipendenza spagnola contro la Grande Armata di Napoleone Bonaparte e il primo Impero francese, i primi rivoluzionari originari dell'America Latina cominciarono a reclamare a gran voce l'indipendenza[79].

 
La Florida occidentale nelle mani dell'impero britannico (1763- 1810).

Gli Stati Uniti già a partire dal 1810 avevano preso il controllo diretto di buona parte dell'ex Florida occidentale abitata in prevalenza da britannici e di lì a poco un numero sempre maggiore di coloni americani iniziarono a invadere il territorio confinante della Florida orientale ancora appartenente in via ufficiale al Vicereame della Nuova Spagna[80].

Con una presenza militare decisamente inferiore alle aspettative a ai bisogni della regione i funzionari spagnoli non sembrarono quindi più in grado di riuscire a trattenere i gruppi della guerriglia Seminole i quali presero a condurre periodicamente veloci ma assai pericolosi raid transfrontalieri sui villaggi e le fattorie statunitensi di nuova formazione, proteggendo al contempo i rifugiati sudamericani[81].

L'acquisizione della Florida fu perciò fin dal principio uno degli obiettivi a lunga scadenza del presidente, di John Quincy Adams e degli altri principali leader del gruppo dirigente del Partito Democratico-Repubblicano, poiché l'autorità sulla regione non avrebbe fatto altro che consolidare ancor più il controllo nazionale sulle sue terre Sud-orientali sottraendole definitivamente all'influenza congiunta britannico-spagnola[82].

 
Il Vicereame della Nuova Spagna nel 1819.

Prima guerra Seminole

Per fermare i nativi americani siti in loco i quali spesso e volentieri razziavano gli insediamenti della Georgia offrendo una via di fuga agli schiavi negri l'United States Army condusse incursioni sempre più frequenti ed in profondità nel territorio rimasto ancora formalmente sotto il governo spagnolo[83].

 
Il generale Andrew Jackson nel 1819 in un ritratto di Charles Willson Peale.

All'inizio del 1818 Monroe ordinò al generale Andrew Jackson distaccato al confine tra Florida e Georgia di approntare un valido sistema difensivo da opporre agli attacchi e alle scorrerie messe in atto dai Seminole.

Il presidente autorizzò inoltre il militare ad assalire gli accampamenti indiani situati nella Florida spagnola, ma assicurandosi altresì accuratamente di non aggredire gli stessi insediamenti europei[84].

In quella che divenne nota come prima guerra seminole Jackson attraversò il territorio spagnolo e attaccò il Forte di San Marco (l'odierno San Marcos de Apalache Historic State Park)[85]; fece giustiziare anche due britannici accusati di aver incitato gli indiani nativi a razziare le colonie americane[86]. In seguito avrà l'occasione di dichiarare che l'assalto alla Fortezza si era di fatto reso necessario in quanto i residenti europei stavano fornendo aiuti preziosi ai ribelli Seminole[87].

Subito dopo averlo conquistato si trasferirà con le proprie truppe in direzione di Pensacola, all'estremo Ovest della penisola, riuscendo a catturare anche il suo forte entro il mese di maggio[88]. In una lettera personale diretta al proprio comandante Monroe non esitò a rimproverarlo aspramente per aver di molto oltrepassato gli ordini che gli erano stati imposti per la missione affidatagli; ma riconobbe anche che poteva esser stato ben giustificato dalle circostanze venutesi a creare nello scontro armato contro i Seminole[89].

Sotto la direzione di Jackson l'azione militare si trasformò quindi rapidamente in un'autentica campagna d'invasione. Sebbene il presidente non avesse in alcun modo autorizzato gli attacchi alle postazioni spagnole, riconobbe che l'operato del generale aveva consegnato agli Stati Uniti una posizione molto più forte nelle trattative in corso per l'acquisto della Florida in quanto dimostrava con una chiarezza lampante che gli spagnoli non si trovavano più in grado di saper difenderla adeguatamente[90].

Con la conclusione del conflitto l'amministrazione Monroe restaurò il governo europeo, ma al contempo richiese anche che gli spagnoli aumentassero gli sforzi e l'impegno per prevenire le aggressioni portate in essere dai Seminole a partire dal loro territorio[91]. Alcuni membri del Gabinetto ministeriale tra cui il Segretario alla Guerra John Calhoun vollero portare l'aggressivo generale davanti al tribunale militare della corte marziale - o almeno sottoporlo ad un aspro rimprovero - e tentarono di muoversi in tal senso.

 
Il Segretario di Stato John Quincy Adams sostenne a spada tratta le misure adottate da Andrew Jackson nel corso della prima guerra seminole.

Solamente il Segretario di Stato Adams sostenne che gli atti di Jackson fossero pienamente giustificati dal fatto di essersi trovato di fronte ad una completa incompetenza delle autorità spagnole preposte al compito/dovere di controllare il territorio di propria competenza[92]; sostenendo infine che l'amministrazione europea aveva permesso alla Florida orientale di diventare "un luogo derelitto lasciato aperto all'invasione di ogni nemico - fosse questo sia civilizzato o selvaggio - degli Stati Uniti e non servendo nessun altro scopo terreno se non quello di creare azioni di disturbo favorevoli agli avversari"[93].

Gli argomenti addotti con una vasta verve retorica del ministro, assieme alla restaurazione della Florida sotto il governo considerato legittimo convinsero alfine sia gli spagnoli che gli inglesi a non cercare di vendicarsi contro gli Stati Uniti per la condotta ampiamente aggressiva svolta anche nei loro confronti realizzata da Jackson[94].

Le notizie inerenti le "grandi gesta" compiute dal generale finiranno con il causare un'estrema costernazione negli ambienti più addentro la politica nazionale, fino al punto che venne avviata un'indagine sui fatti promossa dall'Assemblea congressuale. Il potente senatore Henry Clay - passato temporaneamente all'opposizione - attaccò con ferocia le azioni di Jackson tanto da proporre ai suoi colleghi di condannarle pubblicamente[95].

Anche tra i molti che lo sostennero ebbero a preoccuparsi delle conseguenze implicite sottese; l'aver permesso cioè ad un generale di scatenare una guerra senza aver prima ottenuto il previo consenso dell'Aula parlamentare: non solo, ma di non averlo neppure in alcun modo richiesto[96].

Dominato dagli esponenti Democratico-Repubblicani il 15º Congresso fu nella generalità dei casi simpatizzante nei riguardi dell'idea di espansionismo e si espresse di conseguenza favorevolmente a sostegno dell'assai popolare Jackson. Gli ultimi ordini del giorno politici di molti membri del Congresso giunsero a smantellare le varie coalizioni partigiane e settarie; gli oppositori del generale si trovarono così a discutere in toni decisamente deboli e tiepidi, venendo alla fine facilmente screditati[97].

Dopo un lungo dibattito sul caso la Camera dei Rappresentanti votò contro tutte le risoluzioni che pretendevano una condanna netta e severa delle operazioni militari svolte nella Florida (tramite azioni d'aggressione all'interno di un paese che rimaneva pur sempre straniero), sostenendo in tal maniera implicitamente l'intervento[98].

Gli atti decisi da Jackson nella prima guerra seminole sarebbero stati oggetto di continue polemiche esplose ad intermittenza anche negli anni successivi in quanto il generale affermerà ripetutamente che il presidente gli aveva in realtà segretamente ordinato di attaccare gli insediamenti spagnoli con il sottinteso intento di cacciarli; un'interpretazione dei fatti questa che Monroe negò sempre con un'estrema fermezza[99].

 
Il futuro territorio della Florida.

Acquisto della Florida

I negoziati per l'acquisizione della Florida ebbero inizio nei primi mesi del 1818[100]. L'ambasciatore Don Luis de Onís inviato a Washington li fece però sospendere bruscamente subito dopo essere venuto a conoscenza del fatto che Jackson aveva cominciato ad attaccare gli insediamenti spagnoli[101], per riprendere però i colloqui con il segretario Adams quando il Governo federale ebbe fatto restaurare i suoi territori[102].

Il 22 febbraio del 1819 verrà infine firmato il Trattato Adams-Onís attraverso il quale si ottenne la cessione della Florida in cambio della presa in carico da parte dell'amministrazione statunitense delle rivendicazioni di vari cittadini americani contro gli spagnoli per un importo non superiore ai 5 milioni di dollari statunitensi[103].

 
Mappa dei risultati conseguiti tramite il Trattato Adams-Onís.

Il trattato internazionale contenne inoltre anche una ridefinizione del confine tra i possedimenti spagnoli e quelli statunitensi in tutto il continente dell'America settentrionale:

  1. a partire dalla foce del fiume Sabine la linea corse lungo quel corso d'acqua fino a toccare il 3º parallelo di latitudine Nord;
  2. quindi volse a settentrione verso il Red River e seguendolo fino al 100º meridiano Ovest;
  3. poi ancora a Nord fino al fiume Arkansas e lungo quest'ultimo sino alla sua sorgente;
  4. poi di nuovo verso il 42º parallelo Nord il quale venne seguito fino alle rive dell'Oceano Pacifico[104].

Gli Stati Uniti rinunziarono quindi a tutte le rivendicazioni ad Ovest e a Sud di questo confine, mentre dal canto loro gli spagnoli cedettero sulle loro pretese rivolte all'Oregon Country[105] (questione quest'ultima trascinatasi sino agli anni della presidenza di James Knox Polk).

I ritardi dovuti in larga parte alle esitazioni ancora rimanenti nei riguardi di questa sistemazione territoriale condusse alcuni congressisti a minacciare una dichiarazione di guerra; ma entro il febbraio del 1821 il controllo della Florida venne pacificamente trasferito all'amministrazione Monroe[106].

L'anno successivo verrà organizzato il neonato territorio della Florida.

Relazioni con l'impero britannico

America latina

Assunzione d'impegni

Dottrina Monroe

Trattato russo-americano

Appuntamenti elettorali

Elezioni presidenziali del 1820

Elezioni presidenziali del 1824

Valutazioni storiche

 
La tomba del presidente all'"Hollywood Cemetery" di Richmond (Virginia).
 
La banconota da 100 dollari col volto del presidente.
 
Il dollaro presidenziale con l'effigie di James Monroe.
 
Statua del presidente nella Contea di Albemarle.

Note

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  7. ^ Il 10 marzo del 1824 il Distretto dell'Alabama fu suddiviso in "Tribunale distrettuale Settentrionale e Meridionale. Tait venne riassegnato ad entrambi ed ha continuato a servire come unico giudice federale per lo Stato dell'Alabama fino alle sue dimissioni.
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  9. ^ Formalmente nominato il 19 dicembre del 1821, confermato dell'Aula senatoriale il 10 gennaio del 1822.
  10. ^ a b Formalmente nominato il 5 dicembre del 1823, confermato dall'Aula senatoriale il 9 seguente.
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Voci correlate

Collegamenti esterni