Cogitare et agere, sed non perficere
Cogitare et agere, sed non perficere è una espressione latina usualmente tradotta "Pensare e porre in essere atti idonei a commettere un delitto, ma non portarli a termine".[1]
Storia
Nella maggior parte degli ordinamenti giuridici si segue l'antico brocardo che terminava con un non est puniendum. "La Scuola Positiva di diritto penale (...) vorrebbe punire l’atto in quanto questo accerti e manifesti la pericolosità del delinquente. […] A tutto ciò si è sempre costantemente ribellato il nostro legislatore, che richiede, per la punibilità, atti che inizino l’esecuzione del delitto"[2].
Il Codice penale italiano regola la materia nell'art. 56 delitto tentato in cui stabilisce una pena, sia pure ridotta, in tutti i casi in cui ci sia la figura del delitto tentato.[3]
Note
- ^ Mantovani, 2007, p. 220.
- ^ Promemoria dell’arringa di Bruno Cassinelli al processo contro Tito Zaniboni, marzo 1927, in Acs, Segreteria particolare del Duce (Spd), Carteggio riservato (CR) (1922-1943), b. 99, che prosegue: "l’On. Cassinelli prospetta il profilo giuridico della sua arringa, volendo sostenere che Zaniboni deve essere impunito, perché nell’atto in cui fu sorpreso la mattina del 4 novembre all’Hotel Dragoni, Zaniboni non aveva ancora iniziato atti di esecuzione incriminabili, ma soltanto aveva unicamente disposto e preparato i mezzi del delitto; il che non è punibile dalla legge".
- ^ Mantovani, 2007, p. 224.
Bibliografia
- Ferrando Mantovani, Principi di diritto penale, 2ª ed., CEDAM, 2007, ISBN 9788813273347.