Gian Giorgio Trissino

Gian Giorgio Trissino dal Vello d'Oro (pronuncia Trìssino, /ˈtrissino/) (Vicenza, 8 luglio 1478 – Roma, 8 dicembre 1550) è stato un umanista, poeta e drammaturgo italiano.
Personaggio di spicco della cultura rinascimentale, notissimo al tempo, il Trissino si interessò di linguistica e di grammatica, di architettura e di filosofia, di filologia e di traduzioni, di poesia e di metrica, di numismatica e di poliorcetica, e di molte altre discipline: nota era, anche presso i contemporanei, la sua erudizione sterminata, specie per quel che riguarda la cultura e la lingua greche, sull'esempio delle quali voleva rimodellare la poesia italiana.
Egli progetto', infatti, negli stessi anni di Pietro Bembo (delle cui proposte letterarie e linguistiche fu un oppositore) una imponente riforma della lingua e della poesia italiane sui modelli classici, cioè la Poetica di Aristotele (da poco riscoperta), su Omero, e sulle teorie linguistiche esposte da Dante Alighieri nel De vulgari eloquentia (riscoperto dal Trissino stesso a Padova e pubblicato in traduzione nel 1529). Le proposte linguistiche del Trissino e la riscoperta del trattato dantesco faranno esplodere, come noto, il secolare dibattito sulla lingua in Italia, idealmente chiuso nel 1840 da I promessi sposi di Alessandro Manzoni.
Il programma di riforma letteraria del Trissino si articola attraverso opere diverse: alcune di ortografia e di ortofonetica (Epistola sulle nuove lettere, 1524 e 1529), di linguistica (Il Castellano, 1529) e di grammatica (Dubbii grammaticali e la Grammatichetta, 1529), di poesia d'amore (Rime 1529) e di teoria dei generi letterari (Poetica, 1529). Queste teorie avranno il loro sbocco fattuale in tre opere: la Sofonisba (1524) la prima tragedia regolare della letteratura moderna (regolare si definisce un'opera costruita secondo le norme derivate dalla Poetica di Aristotele e in genere dall'Ars poetica di Orazio), il primo poema regolare (Italia liberata dai Goti, 1548-8) e la prima commedia regolare (I simillimi, 1548).
Anche tutte queste opere, come la traduzione di Dante, sollevarono un grande 'scandalo' ma saranno destinate, comunque, ad avere un ruolo centrale nello sviluppo della poesia italiana ed europea, se si considera l'importanza che la tragedia e l'epica, ad esempio, hanno avuto nella cultura occidentale. A lui si deve anche l'invenzione dell'endecasillabo sciolto (cioè senza rima) che imiterebbe l'andamento dell'esametro classico, anche questa un'invenzione destinata a fama europea.
Fu anche un grande diplomatico in contatto con tutti i grandi intellettuali della sua epoca ()
ed a ambasciatore per conto delle tre grandi potenze di allora cioè del papato, della Repubblica di Venezia e dell'imperatore Carlo V d'Asburgo, di cui fu un fedelissimo, come tutta la sua famiglia da generazioni.
Scopri' e protesse l'architetto Andrea Palladio, da lui iniziato al culto della bellezza greca e di Marco Vitruvio Pollione appena adolescente nella sua villa di Crucoli, vicino Vicenza, e portato spesso nei suoi viaggi.
Biografia
Giovanni Giorgio Trissino nacque a Vicenza l'8 luglio 1478 da antica e nobile famiglia. Suo nonno Giangiorgio combatté nella prima metà del XV secolo il condottiero Niccolò Piccinino, che al servizio dei Visconti di Milano e di Carlo V d'Asburgo invase alcuni territori vicentini, e riconquistò la valle di Trissino, feudo avito[1]. Suo padre Gaspare (1448-1487) era anch'esso uomo d'armi e colonnello al servizio della Repubblica di Venezia e sposò Cecilia Bevilacqua, di nobile famiglia veronese, nel 1468. Ebbe un fratello, Girolamo, scomparso prematuramente, e tre sorelle: Antonia († 1516), Maddalena († 1512), andata in sposa al padovano Antonio degli Obizzi, ed Elisabetta, poi suor Febronia in San Pietro nel 1495 e dal 1518 rifondatrice insieme a Domicilla Thiene di San Silvestro[2][3][4].
Trissino studiò greco a Milano sotto la guida del dotto bizantino Demetrio Calcondila[5][6] e poi filosofia a Ferrara sotto Niccolò Leoniceno. Da questi maestri imparò l'amore per i classici e la lingua greca, che tanta parte ebbero nella sua cultura e produzione letteraria. Alla morte di Calcondila nel 1511, Trissino fece murare una targa[7] nella chiesa di S.Maria della Passione a Milano, dove fu sepolto il suo maestro[8]. Il 19 novembre 1494 sposò Giovanna, figlia del giudice Francesco Trissino, lontana cugina[9], da cui ebbe cinque figli: Cecilia (nata nel 1495, visse 20 giorni), Gaspare (nato nel 1497, visse 10 giorni), Francesco (1500-1514), Vincenzo (nato nel 1502, visse 10 giorni) e Giulio (1504-1576). Giovanna morì il 12 aprile 1505.
Tra la fine del XV secolo e i primi decenni del XVI secolo Trissino intraprese diversi viaggi tra Venezia, Bologna, Mantova, Milano (dove conobbe Cesare Trivulzio, comandante francese cui sarà dedicato Il Castellano) e Padova (dove riscopri' il De vulgari eloquentia di Dante Alighieri). Poi si reco' a Firenze ed entro' nel circolo degli Orti Oricellari (i giardini di Palazzo Rucellai) in cui si riunivano, in un clima di marca neoplatonica e di classicismo erudito, anche Niccolò Machiavelli, e i poeti Luigi Alamanni, Giovanni di Bernardo Rucellai ed altri. Qui il Trissino discusse del De vulgari eloquentia e compose la tragedia Sofonisba (1513-14), la prima tragedia regolare della letteratura (vedi sotto).
Poi si reco' a Roma, dove stampo' nel 1524 la Sofonisba (dedicandola papa Leone X) e la famosa Epistola de le lettere nuovamente aggiunte nella lingua italiana (dedicata a Clemente VII), un arditissimo libello in cui si suggeriva l'inserimento nell'alfabeto latino di alcune lettere greche per segnalare alcune differenze di lettura. Intanto il figlio Giulio, di salute cagionevole, venne avviato dal padre alla carriera ecclesiastica e, dopo il suo soggiorno a Roma sempre presso papa Clemente VII, divenne arciprete della cattedrale di Vicenza.
Sempre a a Roma, nel 1529 Trissino diede alle stampe dei testi fondamentali: la versione riveduta della Epistola, la traduzione del De vulgari eloquentia, Il Castellano (dialogo sulla lingua), le Rime e La Poetica (trattato ispirato alla Poetica di Aristotele), con le quali il programma di riforma letteraria classicheggiante avviato dal poeta con la Sofonisba puo' dirsi quasi concluso. Per i prossimi 20 anni il poeta non stamperà piu nulla.
Queste opere sollevarono un grande clamore per la loro arditezza e disorientarono (o meglio orientarono diversamente) la nascente letteratura italiana: nessuno aveva osato finora riformare addirittura l'alfabeto, né aveva avuto ardire di cancellare l'intero sistema dei generi in uso dal medioevo (le sacre rappresentazioni e il poema cavalleresco, in primis) per farne sorgere dal nulla dei nuovi, cioè poi quelli antichi (la tragedia, la commedia e il poema epico). Da questi libelli prese avvio, come accennato, la secolare 'questione della lingua italiana'.
I vari pontefici lo inviarono come ambasciatore presso il Doge di Venezia, la corte dei Gonzaga e soprattutto l'imperatore, dapprima Massimiliano I e successivamente Carlo V. Spesso quindi viaggiò tra la Germania e Roma, recando le rispettive ambascerie ai diversi potenti. Trissino sosteneva l'Impero come istituzione, ma ciò venne interpretato in spirito antiveneziano e, per questo, egli fu temporaneamente esiliato dalla Repubblica. Fu quello il periodo peggiore della sua vita, in cui vennero a mancare molti dei suoi cari (la moglie Giovanna nel 1505, il suo maestro Calcondila nel 1511, il primogenito Francesco nel 1514 e due delle sue sorelle – 1512 e 1516).
Nel 1515, durante uno dei suoi viaggi in Germania, l'Imperatore Massimiliano I d'Asburgo lo autorizzò all'aggiunta del predicato "dal Vello d'Oro" al proprio cognome e alla relativa modifica dello stemma gentilizio (aurei velleris insigna quae gestare possis et valeas[10]), che nella parte destra riporta su fondo azzurro un albero al naturale con fusto biforcato sul quale è posto un vello in oro, il tronco accollato da un serpente d'argento e con un nastro d'argento tra le foglie, caricato del motto "PAN TO ZHTOYMENON AΛΩTON" in lettere maiuscole greche nere, preso dai versi 110 e 111 dell'Edipo re di Sofocle[11] che significa "Chi cerca trova"[12], privilegi trasmissibili ai propri discendenti[13].
Nel febbraio 1530 a Bologna, nel corso dell'incoronazione di Carlo V a Re d'Italia e Sacro Romano Imperatore, egli ebbe il privilegio di reggere il manto pontificale a Clemente VII[14][15][16] e nel 1532 Carlo lo nominò conte palatino e cavaliere dell'Ordine Equestre della Milizia Aurata[17].
Secondo quanto riportato dallo storico Castellini[18], Trissino rifiutò posizioni di potere offertegli dai pontefici a seguito dei successi riportati come diplomatico (Nunzio e Legato), ad esempio l'arcivescovado di Napoli, il vescovado di Ferrara o la porpora cardinalizia, in quanto desideroso di una propria discendenza ed essendo il figlio Giulio avviato nella gerarchia ecclesiastica. Rientrato a Vicenza Trissino sposò il 26 marzo 1523 Bianca[19][20], figlia del giudice Nicolò Trissino e di Caterina Verlati, già vedova di Alvise di Bartolomeo Trissino (morto a 45 anni nel 1522)[21]. Da Bianca ebbe due figli: Ciro (1524-1576) e Cecilia (1526-1542). Alla nomina di Ciro come erede universale, si scatenarono le ire di Giulio che per lungo tempo lottò in tribunale contro il padre e il fratellastro. Anche a seguito delle divergenze causate dai cattivi rapporti con Giulio, la coppia si divise nel 1535 quando Bianca si trasferì a Venezia, dove morì il 21 settembre 1540[22].
Trissino manifestò il proprio fervente sostegno all'Impero dedicando, qualche anno prima della morte, a Carlo V il suo poema in 27 canti L'Italia liberata dai Goti, iniziato forse nel 1527 e pubblicato nel 1547-1548, il primo poema regolare della letteratura moderna e destinato, come di vede fin dal titolo, ad essere importante per la Gerusalemme liberata di Torquato Tasso. Nel 1548 stampo' anche la commedia I Simillimi, prima commedia regolare.
Intanto nella villa di Cricoli alle porte di Vicenza, già dei Valmarana e dei Badoer e acquistata nel 1482 dal padre Gaspare[23], si radunava una delle più prestigiose Accademie vicentine[24]. Qui Trissino scoprì uno dei più grandi talenti della storia dell'architettura, Andrea Palladio, di cui fu mentore e mecenate, che porto' nei suoi viaggi con sé ed educo' alla cultura greca e alle regole di Marco Vitruvio Pollione.
Morì a Roma l'8 dicembre 1550 e fu sepolto nella Chiesa di Sant'Agata alla Suburra.
Le opere letterarie
La produzione letteraria del poeta comprende opere di diversi genere, non solo poetiche: innanzitutto un Architectura, in italiano, incompleto, ricerche sulla numismatica, traduzioni (vedi sotto), Orazioni varie, opere di linguistica (vedi sotto) e opere in latino. Se ci si concentra solo sugli studi di teoria letteraria e sulle opere poetiche, si ha a che fare con pochi testi ma tutti rilevantissimi, attraverso i quali il poeta crea un programma coerente di riforma della poesia italiana sui modelli classici e sulla lingua dantesca ispirato alla Poetica di Aristotele, ad Omero, e al De vulgari eloquentia di Dante Alighieri. Un sistema da opporre chiaramente alle Prose della volgar lingua del Bembo di qualche anno prima (1525), che aveva dato come modelli solo Petrarca e Boccaccio, riducendo la letteratura a solo due generi, quello lirico e la novella.
In questo modo il poeta verrà a creare una tradizione letteraria di gusto classico parallela al Bembo e al petrarchismo, in sintesi, del tutto nuova nella letteratura italiana. Né il Trissino era l'unico impegnato contro il bembismo, come si dirà ancora oltre, ma era affiancato da Sperone Speroni, Bernardo Tasso (padre di Torquato), Antonio Brocardo, Antonio Colocci, Mario Equicola ed altri ancora. I quali, come lui, volevano proseguire la docta varietas di tradizione quattrocentesca, cioè poter imitare modelli diversi secondo il proprio gusto, anche quelli classici e il Petrarca.
Tutto sommato, le opere letterarie si raccolgono intorno a tre date:
1) Il 1524, in cui dà alle stampe a Roma la tragedia Sofonisba, dedicata a Leone X, la prima tragedia regolare, composta un decennio prima agli Orti Oricellari, e la scandalosa Epistola sulle nuove lettere greche da aggiungere all'alfabeto latino, dedicata a Clemente VII Tutte le opere del Trissino stampate in vita sono scritte secondo l'alfabeto da lui congegnato e non secondo l'alfabeto normale.
2) Il 1529, vero anno campale, vengono alle stampe sei opere cioè la traduzione del De vulgari eloquentia, il dialogo Il castellano (dedicato al Trivulzio), le Rime, i Dubbi grammaticali e la Grammatichetta.
3) Il 1548, in cui dà alla luce il poema L'Italia liberata dai Goti, dedicato a Carlo V, e la commedia I Simillini, il primo poema e la prima commedia regolari.
Passeremo sotto in rassegna le principali opere poetiche, tranne gli Scritti linguistici (che hanno un paragrafo apposito).
Sofonisba
La Sofonisba (1524), è in assoluto la prima tragedia regolare della letteratura europea e destinata a vasta fortuna, specie in Francia. Secondo il loro modello, Trissino compone una tragedia di argomento storico (preso da Tito Livio, non fantastico, mitico o biblico), in endecasillabi sciolti (che imitano i trimetri giambici, il verso a questa data fa la sua prima apparizione), divisa in quadri da cori, alcuni composti secondo il modello delle canzoni petrarchesche ed altri, invece, inventati ex novo sul modello della strofe pindarica (anche essa fa qui la sua prima apparizione ma che in quegli anni usata anche da Luigi Alamanni, sodale degli Orti Oricellari). L'azione, come poi canonico nel teatro regolare, si svolge nello stesso posto (unità di luogo) e nello stesso giorno (unità di tempo) e prevede in scena un numero limitato di persone. Venne recitata per la prima volta nel 1562, durante il carnevale di Vicenza, messa in scena dall'amico Andrea Palladio. La proposta piacque, tutto sommato, e riscosse successo: l'endecasillabo sciolto, metro nuovo, fu approvata anche dal Bembo (come ricorda Giraldi Cinthio) e divenne da ora in poi il metro quasi canonico del teatro italiano (vedi sotto).
Rime
Anche nelle Rime (1529) il poeta si mostra uno sperimentatore, e il Petrarca, modello obbligatorio a prescindere dal Bembo, si fonde con immagini derivanti da altre epoche e da altri autori. In special modo la poesia occitana, o quella siciliana, gli stilnovisti e Dante, o i poeti quattrocenteschi. Nel sistema del Trissino è possibile, alla fine, anche introdurre particolari nuovi come gli occhi neri di guaiaco della donna amata, immagine inventata dal poeta su un referente quotidiano della cultura cinquecentesca e non in linea con le immagini tipiche del Petrarca (occhi di stelle).
Il Castellano
Il Castellano (1529) è un dialogo sulla lingua dedicato a Cesare Trivulzio, comandante francese a Milano conosciuto nel 1605-6. Si ambienta a Castel Sant'Angelo e ha per protagonisti Giovanni di Bernardo Rucellai (il castellano, appunto) e Filippo Strozzi, due fiorentini conosciuti agli Orti Oricellari. Il Trissino espone per bocca del Rucellai il suo ideale linguistico, preso dal De vulgari eloquentia, cioè quello di un volgare illustre o cortigiano, mobile ed aperto, fondato in parte sull'uso moderno e concreto, e in parte su molti autori della tradizione letteraria. Questi autori sono soprattutto Dante e Omero.
Le idee linguistiche del Trissino sollevarono grande clamore (fondate come erano su un testo la cui paternità dantesca non era ancora assicurata) e fecero scoppiare il secolare 'dibattito sulla lingua italiana'. Fra i molti che parteciparono al dibattito si ricordi il fiorentino Niccolò Machiavellial quale il Trissino aveva letto il De vulgari agli Orti Oricellari (vedi prima).
Poetica
Le teorie che soggiacciono a questo vasto programma vengono esposte nella Poetica (1529), libro fondamentale non solo per il Trissino, essendo in assoluto il primo libro di poetica modellato sulla Poetica di Aristotele. Né banale né senza rischi era, come potrebbe apparire, l'idea di resuscitare dei generi letterari di fatto morti da millenni e lontani a volte per gusto e ispirazione. Nella Poetica, con un'operazione chirurgica il Trissino riporta in auge dopo duemila anni la tragedia in stile greco, la commedia, l'ecloga teocritea e il poema omerico. Ad ogni genere vengono date ovviamente le regole tratte da Aristotele e da Omero. Per questi tre generi classici inventa appositamente l'endecasillabo sciolto, corrispettivo moderno dell'esametro e dl trimetro giambico classici (vedi paragrafi sottostanti).
Nella poesia lirica, invece, si appoggia nella metrica e nelle immagini, e a volte nel lessico, alla tradizione siciliana, stilnovista e dantesca o ancora quella quattrocentesca di Antonio da Tempo (da cui il poeta trae molti esempi), che ancora contemplano ballate e madrigali, ad esempio, cassate in gran parte al Bembo etc....
Sul piano linguistico immagina una lingua di ispirazione dantesca ed omerica, che contempli l'innovazione e la tradizione e che sia aperta a una collaborazione ideale su varie regioni italiane, non sul predominio esclusivo del toscano. Il poeta abbina, ovviamente, come di prassi, a ogni genere poetico anche il proprio registro stilistico ma non si basa sulla medievale (e ormai affermata) rota Vergilii (secondo la quale esistono 3 registri stilistici soltanto: quello basso, esemplificato dalle Bucoliche, quello medio dalle Georgiche, e quello alto o tragico, che è quello dell'Eneide) ma sulle teorie dei greci Demetrio Falereo e di Dionigi di Alicarnasso, venendo a reimpostare daccapo i rapporti fra genere e registro consolidati da millenni (novità, questa, che avrebbe causato non poco all'insuccesso di un poeta il cui punto debole è proprio lo stile).
L'Italia liberata dai Goti
Dopo venti anni di silenzio dal 1529, il Trissino torna in scena con L'Italia liberata dai Goti, un vastissimo poema di endecasillabi sciolti in 27 canti, stampato nel 1547 (primi 9 canti) e nel 1548 (restanti 18), ma iniziato intorno ai primi del secolo, nell'età di Leone X. Esso è di fatto il primo poema epico moderno e sarà destinato, come la Sofonisba, ad inaugurare un genere del tutto nuovo e fortunato nella poesia moderna in dichiarata antitesi alla tradizione medievale del romanzo cavallleresco di Ludovico Ariosto.
L'idea che soggiace alla composizione dell'opera è illustrata nella famosa Dedica a Carlo V. Il Trissino si è ispirato ovviamente ad Aristotele e all'Iliade di Omero, e ha ideato una trama storica (non fantastica, come il romanzo cavalleresco) ed unitaria, che ruota attorno a u numero ristretto di personaggi e che narra dall'inizio alla fine la guerra gotica (535-553) tra l'imperatore bizantino Giustiniano I e gli Ostrogoti che occuparono l'Italia. La fonte è lo storico bizantino Procopio di Cesarea. Nella lingua, con l'appoggio di Omero e di Demetrio Falereo, reclama l'uso di un volgare illustre che contempli l'inserimento di voci dialettali o arcaiche o anche latine e greche, come infatti nel poema avviene. Come detto piu volte, inoltre, lo scopo del poema è ammaestrare l'imperatore, non solo attraverso dei modelli cavallereschi che narrino una storia di formazione morale, ma anche attraverso conoscenze tecniche. In questo modo il poeta ha modo di dare fondo a tutta la propria erudizione classica e filosofica, intervallando il racconto con lunghe descrizioni di accampamenti, dei monumenti della Roma medievale, di città, architetture, armature, eserciti, giardini, mappe geografiche dell'Italia, precetti morali, massime e apologhi eruditi e via di seguito, che soffocano la narrazione epica (nella prima edizione il poema è corredato anche da tre cartine geografiche).
Il poema, atteso da vent'anni dai dotti italiani, fu uno dei piu clamorosi fiaschi della storia letteraria italiana anche se ebbe un impatto profondissimo (vedi sotto).
Critiche violente anzi causo' l'uscita del poema, innanzitutto quella di Giambattista Giraldi Cinzio e di Francesco Bolognetti ma non solo. I quali derisero il poema per la sua imitazione pedissequa dei valori dell'eroismo classico (grandezza e generosità d'animo, nobiltà e gloria), per l'attenzione estrema alla corretta applicazione delle regole aristoteliche più che alla fluidità della narrazione o alla tornitura del verso senza rima o al dare un rilievo psicologico ai personaggi, assolutamente frontali. Nonché la solennità dell'argomento epico si veniva a scontrare con la prosaicità dello stile, del metro senza rima costruito in maniera formulare (come Omero ovviamente) che rende il dettato fiacco e stereotipato.
Cio' non toglie, tuttavia, come si vedrà sotto, che l'Italia liberata abbia un posto di rilievo nella letteratura come l'invenzione del verso sciolto: la visione di un mondo superiore di eroi solenni e composti nella dignità del loro ideale e della loro missione, tipicamente aristocratico, anticipava le preoccupazioni morali della Controriforma[25]. DI fatto creava un genere nuovo e con esso bisognava misurarsi.
I simillimi
Sono l'ultima opera stampata dal poeta (1548), in versi sciolti ovviamente, ispirata ai Menecmi di Tito Maccio Plauto piu che Aristofane (Menandro è stato riscoperto nel Novecento).
Le ricerche linguistiche
I testi linguistici del Trissino sono essenzialmente quattro: l'Epistola, Castellano, Dubbi, Grammatichetta, oltre, ovviamente la Poetica.
Accese discussioni suscito' il suo esordio letterario, cioè la proposte di riformare l'alfabeto italiano contenute nell'Ɛpistola del Trissinω de le lettere nuωvamente aggiunte ne la lingua Italiana, dove Trissino suggerisce l'adozione di alcune vocali e consonanti dell'alfabeto greco al fine di disambiguare suoni diversi resi allora (e ancor oggi) con la medesima grafia: e e o aperte (ε e ω) e chiuse, z sorda e sonora (ζ), nonché la distinzione delle i e u con valore di vocale o di consonante (j, v).
In seguito avrebbe riproposto questa idea (sebbene ricorrendo a grafie diverse) anche l'accademico della Crusca Anton Maria Salvini, sempre senza successo. Accolta fu, nei secoli a venire invece, la proposta del Trissino di utilizzare la z al posto della t nelle parole latine che finiscono in -tione (oratione > orazione) e di distinguere sistematicamente nella scrittura la u da v (uita > vita)[26].
L'Epistola fu stampata per la prima volta nel 1524, e poi riapparve, corretta e rivista, nel 1529. I punti principali dell'alfabeto riformato sono i seguenti:
Nuovo carattere | Pronunziazione | Distinto da | Pronunziazione |
---|---|---|---|
Ɛ ε | E aperta [ɛ] | E e | E chiusa [e] |
Ω ω | O aperta [ɔ] | O o | O chiusa [o] |
V v | V con valore di consonante [v] | U u | U con valore di vocale [u] |
J j | con valore di consonante J [j] | I i | I con valore di vocale [i] |
Ӡ ç | Z sonora [dz] | Z z | Z sorda [ts] |
Tali idee vengono confermate nei testi del 1529: nel Castellano, il Trissino propone il modello di una lingua "cortigiana-italianista" formata dagli elementi comuni a tutte le parlate dei letterati della Penisola, questo sotto l'aspetto anche lessicale e fonetico (visibile ormai grazie all'alfabeto riformato). Questa teoria si appoggia ad Omero e soprattutto alla sua traduzione del De vulgari eloquentia di Dante Alighieri. Questa tesi verrà amplificata, come già visto, nella Poetica in riferimento a tutti i generi letterari e verrà illustrata materialmente nelle due grammatiche messe a disposizione dal Trissino (la Grammatichetta e i Dubbi grammaticali).
Alla sua tesi si dimostrarono particolarmente sensibili (e ostili) i letterati toscani, ovviamente, visto che Dante stesso asserisce nel trattato che il toscano non è il volgare illustre. Tra di essi spicca il Machiavelli, come accennato, che compose un Dialogo sulla lingua in quegli anni. Nel quale reclama la specificità del fiorentino cinquecentesco, in opposizione al Bembo (che voleva il fiorentino trecentesco) e anche al Trissino, che nella grammatica di base parte sempre dalla lingua letteraria (anche perché l'unica di assicurare a livelli profondi una similarità fra i vari parlari italiani). Un esempio: se nel toscano quattrocentesco del Poliziano è normale usare lui in funzione di soggetto, il Bembo invece rispolvera egli e lo stesso fa il Trissino. Machiavelli, invece, difende l'uso del lui.
La riforma trissiniana dell'alfabeto, applicata sistematicamente dal poeta in tutti i suoi scritti (anche negli appunti!), è un prezioso documento delle differenze di pronuncia tra toscano e lingua cortigiana, fra lingua letteraria e pronunce nordiche (il poeta era vicentino) perché l'autore applicò i propri criteri fonetici nel pubblicare i suoi testi o nell'interpretare alcuni suoni del toscano. La conseguente maggior difficoltà di lettura non favorì la diffusione dei suoi scritti e portò diverse critiche da parte degli autori suoi contemporanei.
Il rapporto con Palladio
Di Andrea Palladio, Trissino curò soprattutto la formazione di architetto inteso come "umanista". Questa concezione risulta alquanto insolita in quell'epoca, nella quale all'architetto era demandato un compito preminentemente di tecnico specializzato. Non si può capire la formazione umanistica e di tecnico specializzato della costruzione dell'architetto Andrea della Gondola, senza l'intuito, l'aiuto e la protezione di Giangiorgio Trissino. È lui a credere nel giovane lapicida che lavora in modo diverso e che aspira a una innovazione totale nel realizzare le tante opere. Trissino gli cambierà il nome in "Palladio", come l'angelo liberatore e vittorioso presente nel suo poema L'Italia liberata dai Goti.[27]
Secondo la tradizione, l'incontro tra il Trissino e il futuro Palladio avvenne nel cantiere della villa di Cricoli, nella zona nord fuori della città di Vicenza, che in quegli anni (1538 circa) sta per essere ristrutturata secondo i canoni dell'architettura classica. La passione per l'arte e la cultura in senso totale sono alla base di questo scambio di idee ed esperienze che si rivelerà fondamentale per la preziosa collaborazione tra i due "grandi". Da lì avrà inizio la grande trasformazione dell'allievo di Girolamo Pittoni e Giacomo da Porlezza nel celebrato Andrea Palladio. Sarà proprio Giangiorgio Trissino a condurlo a Roma nei suoi viaggi di formazione a contatto con il mondo classico e ad avviare il futuro genio dell'architettura a raggiungere le vette più ardite di un'innovazione a livello mondiale, riconosciuta ed apprezzata ancora oggi[28].
Fortuna e sfortuna del Trissino
Il 'sistema' letterario inventato dal Trissino non fu il solo tentativo di preservare un rapporto diretto con la cultura classica (in special modo greca) e con Dante, che il sistema bembiano escludeva. Molti altri condividevano le sue idee, infatti, come Antonio Brocardo, Bernardo Tasso, anche loro intenti a inventare nuovi metri su imitazione dei classici. Tuttavia, se si eccettua Sperone Speroni, il Trissino fu uno dei pochi che strutturo' nella sua Poetica un sistema letterario totale, onnicomprensivo, aristotelico in senso pieno, dove ogni genere è regolato in maniera specifica; e questo gli permetterà di essere un punto di riferimento privilegiato nei secoli a venire.
Bisognerà fare a questo punto una distinzione essenziale fra le opere del Trissino e le teorie letterarie del Trissino. Le opere poetiche, forse con la sola eccezione della Sofonisba e delle Rime, sono, notoriamente brutte, lo stile è fiacco e prosaico, la narrazione dispersa in mille meandri eruditi e via di seguito, ragione per cui furono conosciute da tutti, e lette, ammirate ma non apprezzate né imitate dal punto di vista stilistico: l'invenzione del verso sciolto, che sarà centrale nella storia letteraria, infatti, non era destinata a fiorire con lui ma solo alla fine del secolo perché venisse accettata entro un poema di genere alto. Le sue teorie invece, trovarono un successo secolare, non solo in Italia ma in molti paesi europei specie nel Settecento, con la nuova moda del classicismo. Questo specie per quel che riguarda i due generi principali del mondo antico cioè la tragedia e l'epica, e con essi anche il verso sciolto.
In Italia si puo' dire che il Trissino ebbe fortuna col verso sciolto, destinato a diventare centrale nella nostra storia letteraria, sia col poema epico classico, ma minore col teatro tragico. La Sofonisba, quando usci', non era in Italia l'unica tragedia di imitazione greca, anche se era la prima: vi erano, infatti, anche quelle di Giovanni di Bernardo Rucellai, composte agli Orti Oricellari, o quelle di Pomponio Torelli a Parma. Tuttavia, la tragedia ispirata ai modelli greci fu soppiantata presto, già a metà del secolo, da quella 'alla latina', senecana cioè, piena di fantasmi, conflitti, colpi di scena e sangue, riportata in auge a Ferrara dalle Orbecche di Giambattista Giraldi Cinzio. Una linea poetica che, alla fine del Cinquecento e nel Seicento, si sposerà in pieno col teatro gesuita, di ispirazione anche esso stoica e senecana.
Non cosi' nell'epica e nel verso sciolto. Il poema del Trissino è nominato da tutti i principali autori epici dell'epoca, spesso in mala fede, da Bernardo Tasso (intento anche lui alla realizzazione del poema Amadigi, che nella prima stesura era in versi sciolti) e Giambattista Giraldi Cinzio (che compose contro l'Italia liberata il volume Dei romanzi), Francesco Bolognetti, e via via fino a Torquato Tasso. Il quale parla spesso dell'Italia liberata nei Discorsi del poema eroico e, sebbene ne rilevi i limiti, la tiene presente chiaramente come modello teorico e anche in molti passaggi della Gerusalemme liberata (fra cui la famosa morte di Clorinda, ripresa da quella dell'amazzone Nicandra, ad esempio). Varrà qui la pena di fare una specificazione: il titolo del poema del Tasso infatti non fu deciso dal poeta (che nei Discorsi chiama sempre il suo poema Goffredo) ma dallo stampatore Angelo Ingegneri, che doveva aver notato la somiglianza fa i due poemi.
Mentre i critici iniziavano a discutere dei rapporti fra poesia epica e romanzo e a cercare di costruire un poema regolare, si assiste a un lento processo di 'acclimatazione' del verso sciolto nei poemi narrativi. Dapprima viene usato nei generi minori, come le ecloghe pastorali, i poemetti georgici, gli idilli o le traduzioni, ma alla fine del secolo sarà impiegato in opere imponenti come l'Eneide di Annibale Caro, col tema sacro nel Mondo creato del Tasso, o con lo stile fastoso dello Stato rustico di Giovanni Vincenzo Imperiale o quello classico di Gabriello Chiabrera nel pieno Barocco.
Anzi, proprio il Chiabrera (non a caso allievo di Sperone Speroni) si puo' dire che sia il grande erede del Trissino, la cui Poetica è citata in punti importanti della sua riforma 'grecizzante' della poesia italiana, sia in difesa del verso sciolto, sia dei generi metrici non bembeschi o nuovi (cfr. il paragrafo apposito in Gabriello Chiabrera) sia nella ripresa esplicita di Dante ed Omero. E considerando che la riforma poetica dell'Accademia dell'Arcadia si ispira alla poesia e alla metrica del Chiabrera, possiamo dire che il Trissino sia stato uno dei fondatori della poesia italiana settecentesca. Non a caso è uno degli autori piu presenti negli Scritti di Gian Vincenzo Gravina, maestro del giovane Pietro Metastasio (la cui prima tragedia non è che una riproposizione quasi parola per parola del III canto dell'Italia liberata dove si narrano gli amori di Giustino e di Sofia).
Grande fu la fortuna del Trissino (anche) nel XVIII secolo, con l'edizione in due volumi a cura di Scipione Maffei di Tutte le opere (Verona, Vallarsi, 1729, ancora oggi punto di riferimento indispensabile, vedi Bibliografia), e con nove Sofonisba, una delle quali di Vittorio Alfieri (1787). Ancora piu' grande fu l'influenza nel melodramma: se ne contano quattordici fra il 1708 e il 1843, fra cui uno di Christoph Willibald Gluck e uno di Antonio Caldara. Si puo' dire, quindi, che non solo nell'epica ma anche nel teatro italiano il Trissino abbia avuto, grazie alla mediazione del Chiabrera come chiaro, fortuna nel Settecento, sebbene non nel teatro tragico ma nel melodramma, sia per quel che riguarda la teoria che la pratica.
Si ricordino ancora l'Iliade di Vincenzo Monti (1810) e dell'Odissea di Ippolito Pindemonte (1822), che proseguono la grande storia del verso sciolto nella storia della traduzione italiana.
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In Francia, invece, si assiste in un certo senso alla situazione opposta e le teorie del Trissino trovarono vasta eco piu nel teatro che nel poema epico, questo anche perché in generale il teatro classico francese ha sempre prediletto i modelli greci ai latini. Nel teatro francese l'influenza della Sofonisba sarà forte: la prima rappresentazione documentata in francese è del 1554 nel castello di Blois, davanti alla corte reale di Caterina de' Medici, non a caso una fiorentina [29] . La corte di Francia era già abituata d'altronde alla poesia italiana di stile classico da almeno trent'anni, dopo il soggiorno presso Francesco I di Francia di Luigi Alamanni, sodale del Trissino agli Orti Oricellari di Firenze. Da qui in poi si conteranno otto Sofonisba fino alla fine del Settecento, una delle quali di Pierre Corneille.
Non cosi' invece nell'epica, genere che in Francia trovo' poco seguito, e nel verso sciolto, che non si acclimato' mai nella poesia francese, poco adatta per il suo ritmo naturale a un verso senza rima. Il Voltaire, che amava l'Ariosto, ricorda l'Italia liberata nel suo Saggio sulla poesia epica per rilevare le pecche, piu che altro, del poema.
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In Inghilterra si ricordi la fortuna del verso sciolto (blank verse) a partire dal XVII secolo, che avrà la sua consacrazione nel Paradiso perduto di John Milton, e le lodi tributate da Alexander Pope nel prologo alla Sofonisba di James Thomson (1730).
.In Germania si ricordino, nel XVII e nel XVIII secolo tre Sofonisba, e che anche Goethe possedeva una copia delle sue Rime.
Opere principali
- Sofonisba, 1524, tragedia: Riproduzione fotografica[collegamento interrotto]
- Ɛpistola del Trissino de le lettere nuωvamente aggiunte ne la lingua Italiana, 1524: Riproduzione fotografica
- De vulgari eloquentia di Dante Alighieri, 1529
- Il castellano, 1529, dialogo: Riproduzione fotografica dell'edizione Daelli 1864
- Poetica, 1529, ed. integrale del 1562 in sei parti: Riproduzione fotografica
- Dubbi grammaticali, 1529
- Grammatichetta, 1529
- L'Italia liberata dai Goti, 1547-1548, poema epico
- I Simillimi, 1548, commedia
Galleria d'immagini
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Gian Giorgio Trissino - incisione da Tutte le opere non più pubblicate di Giovan Giorgio Trissino, 1729.
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Miniatura di Gian Giorgio Trissino.
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Gian Giorgio Trissino - incisione da Pier Filippo Castelli La vita di Giovangiorgio Trissino, 1753.
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Targa a Trissino, 1950, in piazza Gian Giorgio Trissino.
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Targa posta sulla casa natale di Gian Giorgio Trissino, in corso Fogazzaro 15 a Vicenza, opera di Bartolomeo Bongiovanni.
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Medaglione posto nel salone di Palazzo Venturi Ginori, a Firenze, raffigurante Giovan Giorgio Trissino, membro dell'Accademia Neoplatonica che lì ebbe sede.
Note
- ^ Bernardo Morsolin Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pagg 3-4.
- ^ Pierfilippo Castelli, La Vita di Giovan Giorgio Trissino, 1753, pagg 2-3.
- ^ Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pagg 4-7.
- ^ Margaret Binotto, La chiesa e il convento dei santi Filippo e Giacomo a Vicenza, 1981, nota 49.
- ^ Pierfilippo Castelli, La Vita di Giovan Giorgio Trissino, 1753, pag 4.
- ^ Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pagg 26 e seguenti.
- ^ L'incisione recita: DEMETRIO CHALCONDYLÆ ATHENIENSI - IN STUDIIS LITERARUM GRÆCARUM - EMINENTISSIMO - QUI VIXIT ANNOS LXXVII MENS. V - ET OBIIT ANNO CHRISTI MDXI - JOANNES GEORGIUS TRISSINUS GASP. FILIUS - PRÆCEPTORI OPTIMO ET SANCTISSIMO - POSUIT. Pierfilippo Castelli, La Vita di Giovan Giorgio Trissino, 1753, pag 5.
- ^ Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pagg 54-55.
- ^ Bernardo Morsolin Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pagg 13-14.
- ^ Giambattista Nicolini, Vita di Giangiorgio Trissino, 1864, pag 41.
- ^ Nell'originale sofocleo "τὸ δὲ ζητούμενον ἁλωτόν", letteralmente "ciò che si cerca, si può cogliere".
- ^ Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pag 198.
- ^ Pierfilippo Castelli, La vita di Giovan Giorgio Trissino, 1753, pagg 16-17
- ^ Pierfilippo Castelli, La vita di Giovan Giorgio Trissino, 1753, pag 43.
- ^ Antonio Magrini, Reminiscenze Vicentine della Casa di Savoia, 1869, pagg 17-18.
- ^ Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pag 190.
- ^ Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pag 196.
- ^ Silvestro Castellini, Storia della città di Vicenza...sino all'anno 1650, 1821, Libro XVIII, pag 73.
- ^ Pierfilippo Castelli, La vita di Giovan Giorgio Trissino, 1753, nota a pag 48
- ^ Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pagg 131-133.
- ^ Come i saggi di Lucien Faggion ricordano, per preservare il patrimonio famigliare non era inusuale sposare cugini di altri rami della medesima famiglia.
- ^ La decisione di scegliere Ciro come proprio erede ebbe ripercussioni drammatiche per diverso tempo. Oltre al trascinarsi della causa civile intentata da Giulio al padre e a Ciro, nacque una vera e propria faida tra i discendenti Trissino dal Vello d'Oro e i parenti del ramo dei Trissino più prossimo alla prima moglie, Giovanna. Le voci che fecero risalire a Ciro la denuncia anonima alla Santa Inquisizione delle simpatie protestanti di Giulio nel 1573, spinsero Giulio Cesare, nipote di Giovanna, a uccidere Ciro a Cornedo nel 1576, davanti a Marcantonio, uno dei suoi figli. Quest'ultimo decise di vendicare il padre, accoltellando a morte Giulio Cesare che usciva dalla cattedrale di Vicenza il venerdì santo del 1583. Nel 1588 Ranuccio Trissino, altro avversario dei Trissino dal Vello d'Oro, s'introdusse nella casa di Pompeo, primogenito di Ciro, e ne uccise la moglie, Isabella Bissari, e il figlioletto Marcantonio, nato da poco. Si vedano al proposito vari saggi sull'argomento di Lucien Faggion, tra cui Les femmes, la famille et le devoir de mémoire: les Trissino aux XVIe et XVIIe siècles, 2006, pag 4.
- ^ Nel 1537 il Trissino dovette affrontare una causa civile intentatagli dai Valmarana: negli ultimi decenni del XV secolo Alvise di Paolo Valmarana perse villa e tenuta, giocandosele col patrizio Orso Badoer, che rivendette la proprietà a Gaspare Trissino il 25 maggio 1482. Gli eredi Valmarana tentarono di riprendersela ipotizzando un vizio all'origine, ma il tribunale diede ragione ai diritti del Trissino. Si veda Lucien Faggion, Justice civile, témoins et mémoire aristocratique: les Trissino, les Valmarana et Cricoli au XVIe siècle, 2010.
- ^ Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pag 222.
- ^ voce Trissino nel sito Treccani.it L'Enciclopedia Italiana.
- ^ Paolo D'Achille, Trissino, Giangiorgio, in L'Enciclopedia dell'Italiano.
- ^ "Palladio" è anche un riferimento indiretto alla mitologia greca: Pallade Atena era la dea della sapienza, particolarmente della saggezza, della tessitura, delle arti e, presumibilmente, degli aspetti più nobili della guerra; Pallade, a sua volta, è un'ambigua figura mitologica, talvolta maschio talvolta femmina che, al di fuori della sua relazione con la dea, è citata soltanto nell'Eneide di Virgilio. Ma è stata avanzata anche l'ipotesi che il nome possa avere un'origine numerologica che rimanda al nome di Vitruvio, vedi Paolo Portoghesi (a cura di), La mano di Palladio, Torino, Allemandi, 2008, p. 177.
- ^ Dal volantino della mostra (18 aprile - 10 maggio 2009) dedicata a Giangiorgio Trissino a Trissino, in occasione del 600º anniversario della promulgazione dello Statuto del Comune del 1409, organizzata dalla Provincia di Vicenza, Comune di Trissino e Pro Loco di Trissino.
- ^ Leopoldo Cicognara, Storia della scultura dal suo risorgimento in Italia fino al secolo di Canova, Giachetti, Losanna, 1824.
Bibliografia
- Sull'autore in generale si veda almeno tre testi fondamentali:
- Pierfilippo Castelli, La vita di Giovangiorgio Trissino, oratore e poeta, ed. Giovanni Radici, Venezia 1753.
- Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o monografia di un letterato del secolo XVI, Firenze, Le Monnier, 1894.
- Atti del Convegno di Studi su Giangiorgio Trissino, Vicenza, 31 marzo-1 aprile 1979, a cura di N. Pozza, Vicenza, Neri Pozza, 1980.
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- Si vedano poi i contributi di:
- Amedeo Quondam, La poesia duplicata. Imitazione e scrittura nell'esperienza del Trissino, in Atti del Convegno di Studi su G. Trissino, a cura di N. Pozza, Vicenza, Accademia Olimpica, 1980, pp. 67–109.
- Sergio Zatti, L'imperialismo epico del Trissino, in Id., L'ombra del Tasso, Milano, Bruno Mondadori, 1996, pp. 59–110, alle pp. 59–63.
- Renato Barilli, Modernità del Trissino, in «Studi Italiani», vol. IX 1997, fasc. 2, pp. 27–59.
- Claudio Gigante, «Azioni formidabili e misericordiose». L'esperimento epico del Trissino, in «Filologia e Critica», XXIII 1998, fasc. 1, pp. 44–71.
- Marco De Masi, L'errore di Belisario, Corsamonte, Achille, in «Studi italiani», a. 2003, n. 1, pp. 5–28.
- Enrico Musacchio, Il poema epico ad una svolta: Trissino tra modello omerico e virgiliano, in «Italica», vol. 80 2003, n. 3, pp. 334–52.
- Claudio Gigante, Un'interpretazione dell'«Italia liberata dai Goti», in Id., Esperienze di filologia cinquecentesca. Salviati, Mazzoni, Trissino, Costo, il Bargeo, Tasso, Roma, Salerno Editrice, 2003, pp. 46–95.
- Valentina Gallo, Paradigmi etici dell'eroico e riuso mitologico nel V libro dell'‘Italia' di Trissino, in «Giornale Storico della Letteratura Italiana», a. CXXI 2004, vol. CLXXXI, fasc. 595, pp. 373–414.
- Claudio Gigante, Epica e romanzo in Trissino, in La tradizione epica e cavalleresca in Italia (XII-XVI sec.), a cura di C. Gigante e G. Palumbo, Bruxelles, P.I.E. Peter Lang, 2010, pp. 291–320.
- M. Vitale, L'omerida italico: Gian Giorgio Trissino. Appunti sulla lingua dell'«Italia liberata da' Gotthi», Istituto Veneto de Scienze ed Arti, 2010.
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- Tutti i testi del Trissino si rileggono nei due volumi intitolati Tutte le opere a cura di Scipione Maffei (Verona, Vallarsi, 1729), che non riproduce pero' l'alfabeto inventato dal Trissino.
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- Alcuni testi hanno avuto delle edizioni moderne:
- Scritti linguistici, a cura di A. Castelvecchi, Roma, Salerno, 1986 (che contiene la Epistola delle lettere nuovamente aggiunte, Il Castellano, i Dubbii grammaticali e la Grammatichetta). I testi sono riprodotti con l'alfabeto inventato dal Trissino.
- La Sofonisba è stata curata da Cremante, nel Teatro del Cinquecento, Napoli, Ricciardi, 1988. I testo è riprodotto con l'alfabeto inventato dal Trissino.
- La Poetica si rilegge nei Trattati di poetica e di retorica del Cinquecento a cura di B. Weinberg, Bari, Laterza, 1970. Il testo è riprodotto con l'alfabeto inventato dal Trissino.
- Per l'Italia liberata dai Goti e per I simillimi si deve ricorrere o alle prime edizioni, o all'edizione del Maffei o alle ristampe sette-ottocentesche.
Voci correlate
Altri progetti
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Collegamenti esterni
- Camillo Guerrieri Crocetti, Gian Giorgio Trissino, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1937. URL consultato il 26 giugno 2018.
- Gian Giorgio Trissino, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- Italica - Rinascimento: Giovan Giorgio Trissino, L'Italia liberata dai Gotthi di Paola Cosentino.
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