L'edificio religioso si eleva nella frazione Borgo e rientra nella proprietà del complesso dell'omonimo convento.
Antonio Salvi ricorda che il tempo di erezione di questa casa dei religiosi dell'Ordine francescano si colloca verso la metà del XIII secolo. [1] Gli Annales Minorum la citano con le parole: «Exordium accepit hoc anno 1251 die XVI Maii conventus Arquatae, quod in Piceno nobile oppidum est, in Appennino, ad dextram fluminis Trunti, elargientibus fundum devotis personis.» Il Libro delle sotomissioni nomina il posto, la residenza dei frati minori («ad locum fratrum Minorum») presso l'illustre Arquata, a proposito di un'adunanza documentata nel maggio dello stesso anno.[1]
Papa Niccolò IV accordò, nell'anno 1291, alla chiesa del convento 40 giorni di indulgenza. In seguito, in questa chiesa, l'8 settembre del 1328, Giovannuccio Sapiicci da Monteleone lesse la dichiarazione di scomunica che colpiva tre frati minori francescani:





Di stile romanico conserva un portale del Cinquecento, la cantoria, il pulpito e altari lignei del XVI e XVII secolo. Al suo interno si trova custodita anche la cosiddetta "Sindone di Arquata". L'ambiente della chiesa è adorno di un ricco corredo sacro costituito da opere lignee. Si mostra suddiviso in due navate scandite da colonne, a base quadrata, elevate con conci di pietra. Il soffitto, la cui esecuzione è attribuita alla scuola di Norcia, è realizzato interamente in legno lavorato a cassettoni modellati con forma quadrangolare recanti una decorazione circolare centrale a rilievo. Meritevole di interesse è anche la cantoria lignea, collocata all'ingresso, sostenuta da una colonna in pietra arenaria, a base ottagonale liscia, sormontata da un capitello quadrangolare scolpito con motivi fogliari. Vi è anche un pulpito ligneo poggiato su colonne tortili. Sulla parete di fondo si trova il coro ligneo, del Quattrocento, arricchito, in alto, dalla presenza di un crocifisso. Nella parete di sinistra sono presenti un altare realizzato in stucco dedicato alla Madonna del Rosario circondata dalla rappresentazione di quindici misteri, seguito dalla nicchia scavata in cui si scorge l'affresco, del 1527, di contesa attribuzione fra la scuola di Cola dell'Amatrice e la scuola di Norcia, raffigurante la Madonna col Bambino tra due santi. A questo si trova affiancato un altro altare ligneo che ospita il reliquiario di legno dorato. La tradizione attribuisce a questa raccolta, come ad altre affini, la provenienza dalla terra della Palestina. Diametralmente opposto, sulla parete di destra, vi è ancora un altare ligneo del Seicento dedicato a san Carlo Borromeo. Al centro, tra le colonne, si trova il dipinto dell'olio su tela che ritrae la figura del santo, adoratore della Sacra Sindone, la cui copia estratta è collocata a fianco. Alle opere ricordate si aggiungono le statue di san Francesco, realizzata in terracotta e legno, del XV secolo e sant'Antonio di Padova, posta all'interno di un'edicola votiva del XVI secolo. Durante i lavori di restauro, del 1980, sono stati scoperti sotto allo strato d'intonaco esterno della facciata due bassorilievi, di pietra arenaria, del X secolo. Il primo mezzo tondo è un lavoro piuttosto ricercato, finemente scolpito e particolareggiato, che raffigura la Madre di Dio e il Sacrificio del Cristo per la redenzione dell'umanità. L'umanità è rappresentata da piccole figure antropomorfe in basso. Il secondo bassorilievo reca scolpito un angelo che stringe nelle sue mani una bilancia. Il significato allegorico di questa rappresentazione è il riferimento al Giudizio universale e alla pesatura delle anime. Questi due rinvenimenti sono stati posti all'interno della parete della facciata della chiesa, mantenendo le stesse caratteristiche di altezza della primaria sistemazione sulla parete esterna d'ingresso.

  1. ^ a b c A. Salvi, Iscrizioni medievali in territorio ascolano, op. cit., pag. 46.