Lingua cinese media

varietà storica della lingua cinese

Template:Avvisounicode

Lingua cinese media
中古漢語
Parlato inCina medievale
PeriodoDinastie del Nord e del Sud, Dinastia Sui, Dinastia Tang, Dinastia Song
Parlanti
Classificaestinta
Altre informazioni
ScritturaScrittura dei sigilli, scrittura del bronzo, scrittura dei cancellieri, scrittura regolare, scrittura semi-corsiva, scrittura dell'erba, scrittura Phagspa, scrittura Hangul
Tassonomia
FilogenesiLingue sino-tibetane
 Lingue sinitiche
  Cinese
Codici di classificazione
ISO 639-3ltc (EN)
Linguist Listltc (EN)
Glottologmidd1344 (EN)

Il cinese medio (中古漢語T, zhōnggǔ HànyǔP), o anche cinese antico nell'accezione utilizzata dal linguista Bernhard Karlgren o Middle Chinese in inglese o "lingua cinese media", si riferisce alla lingua cinese parlata durante le Dinastie del Nord e del Sud e le Dinastie Sui 隋朝, Tang 唐朝 e Song 宋朝 (VI-X secolo). Il termine "cinese medio", in contrapposizione al cinese antico e al cinese moderno, si usa di solito nel contesto della fonologia storica cinese, che cerca di ricostruire la pronuncia del cinese utilizzato in quei tempi.

Il medio cinese può essere diviso in un periodo iniziale, generalmente chiamato "primo cinese medio" o "cinese medio degli albori" (Early Middle Chinese), ed un periodo successivo, il "tardo cinese medio" (Late Middle Chinese). Si pensa che il punto di transizione fra il primo ed il tardo medio cinese sia collocato durante la metà della Dinastia Tang ed è indicato da sviluppi fonologici. Ad esempio, nel libro di rima Qieyun, sono mostrati i caratteri delle iniziali bilabiali [p pʰ b m], ma non vi sono iniziali labiodentali come /f/ e /v/, che si possono trovare nel Jiyun. Questo indica che nei quattro secoli dopo la comparsa del Qieyun nella pronuncia del cinese avvenne un cambiamento di suoni.

Ricostruzione

La ricostruzione del medio cinese da parte di diversi linguisti moderni varia leggermente, ma le differenze sono di poco conto e non danno adito a grandi controversie, indicando che la fonologia di questa lingua è ormai alquanto ben compresa e accettata. Il cinese medio non si scrive utilizzando caratteri di tipo alfabetico, pertanto i suoni non possono essere derivati direttamente dalla scrittura, ma devono essere dedotti da una pluralità di fonti.

  • Lingue moderne. Proprio come il proto-indo-europeo può essere ricostruito dalle moderne lingue indo-europee, così il medio cinese può essere ricostruito (approssimativamente) dalle moderne lingue sinitiche (ad es. il beifanghua 北方话 (mandarino), il Wu 吴语, il Min 闽南语 o il cantonese 广东话 di famiglia Gan 赣语).
  • La pronuncia di caratteri cinesi preservata in vocaboli cinesi prestati, che sopravvive in lingue non cinesi come il giapponese, il coreano ed il vietnamita.
  • La poesia cinese classica del periodo del medio cinese, costruita su un impianto solido di rime e rimandi tonali.
  • Le traslitterazioni di parole straniere in caratteri cinesi. Ad esempio, "Dravida" fu tradotto dagli scribi religiosi in una serie di caratteri 達羅毗荼 che ora in putonghua (普通话) (mandarino) si leggono come /ta35 luo35 phi35 thu35/ (pinyin: Dáluópítú). Ciò suggerisce che il mandarino /uo/ (pinyin -uo) sia il riflesso moderno di un antico suono simile ad /a/, e che il tono /35/ sia a sua volta un riflesso di antiche consonanti articolate. Entrambe queste ipotesi possono in effetti essere confermate attraverso il confronto tra i moderni dialetti cinesi.
  • Libri di rima (o dizionari di rima). Gli antichi filologi cinesi dedicarono moltissimi sforzi a riassumere il sistema poetico cinese attraverso i libri di rima. Vi fu una profusione di opere di poesia cinese durante l'era Tang, con una rigida struttura del verso che si basava sulla rima e sul tono dei caratteri finali nei versi poetici. Il medio cinese incorporato nei libri di rima era un aiuto fondamentale per gli autori nella composizione poetica. Il dizionario di rima Qieyun del 601 d.C. è la nostra più antica registrazione fissa della fonologia della pronuncia cinese, sebbene senza l'aiuto di lettere fonetiche, ma di voci che sono indicizzate in base ad una rigorosa gerarchia di tono, rima e attacco. Fino alla fortuita scoperta di una versione della Dinastia Tang nelle caverne di Dunhuang, si conoscevano solo frammenti o copie incomplete. I successivi dizionari di rima ampliati, come il Guangyun ed il Jiyun della Dinastia Song dell'XI secolo, sopravvivono ai giorni nostri. Si tratta essenzialmente di versioni estese del Qieyun, e fino alla scoperta di Dunhuang, il Guangyun fu la base da cui venne ricostruito il cinese medio.

Introduzione ai suoni del cinese medio degli albori

Questo paragrafo serve per capire molto in generale come erano pronunciate le consonanti moderne nel periodo dell’Early Middle Chinese/primo cinese medio/cinese medio degli albori, nato prima della dinastia Sui. Come punto di partenza, sono stati presi i suoni moderni, indicati con il pinyin. Questa ricostruzione è utile, tra i vari motivi, anche per cercare di capire la pronuncia dei sinogrammi nelle altre lingue, siccome sono stati importati in tempi arcaici.

Quando i sinogrammi sono stati importati in Corea e Giappone, l’Old Chinese stava per volgere al termine. Siccome la pronuncia non e ufficialmente attestata e il pinyin è stato inventato nella seconda metà del Novecento, è stata ricostruita col metodo comparativo applicato alle tavole di rime e ai prestiti cinesi in altre lingue: siccome i prestiti talvolta ritengono una pronuncia arcaica, si possono usare per ricostruire il cinese medio. La ricostruzione e la trascrizione usata sono quelle del linguista William Baxter. La fonte è il Guangyun (广韵), l'espansione e correzione compilata tra 1007 e 1008 del Qieyun (切韵), un celebre dizionario di rime pubblicato nel 601 durante la dinastia Sui. La specifica varietà del dizionario sarebbe un compromesso tra le varietà del nord e del sud ed è specifica per la lettura e composizione di poesie con una precisa struttura, che include rime e toni. Chiaramente, un dizionario del 601 conterrà sinogrammi inventati fino a quella data. Per esempio, manca il carattere 呢, assente pure nello Shuowen jiezi 说文解字 di Xu Shen 许慎 (dinastia Han 汉朝, molto anteriore) e attestato nel Dizionario Kangxi 康熙字典 (dinastia Qing 清朝, l'ultima) compilato a partire dal 1710 e pubblicato nel 1716. Si dà qui una rapida introduzione ai suoni dell'Early Middle Chinese.

  • C'era distinzione tra *b, p, ph sorda aspirata. La prima della tripletta è sonora perché, se si mette il palmo della mano intorno alla gola, si sentono le vibrazioni delle corde vocali durante la pronuncia. Si provi a pronunciare in questo modo "vvvvv" e "fffff". Nel suono aspirato, si aggiunge uno sbuffo d'aria alla consonante. Distinzioni di questo tipo (sonora-sorda-sorda aspirata), nelle lingue sinitiche, restano in dialetti come lo Shangainese (famiglia Wu). Nel tardo cinese medio, si erano formate altre consonanti ancora, come ad esempio "bh" */bʱ/ sonora aspirata, mentre la distinzione in forma di tripletta (già presente nel cinese arcaico) era sparita con la scomparsa della consonante sonora dalla tripletta.
  • La seconda distinzione era presente tra *d, t, th sorda aspirata.
  • La terza distinzione era presente tra *g, k, kh sorda aspirata
  • La quarta distinzione era presente tra *dz, ts, tsh sorda aspirata.
  • I suoni retroflessi (e cioè effettuati con la punta della lingua piegata indietro, nell'incavo del palato) vengono trascritti con una -“r” che non ha valore fonetico e, qualora ci sia aspirazione, la -“h” si scrive dopo la “r”. Nel contesto dei suoni retroflessi, c'è *dzr (come ZH in pinyin ma sonoro), tsr e tsrh sorda aspirata.
  • La seconda tripletta di suoni retroflessi è basilarmente costituita da una retroflessione di d e t, da cui si ottiene *dr, tr, trh sorda aspirata.
  • Un altro nuovo suono retroflesso, oggi sparito, è la "n" retroflessa, scritta come *“nr”. Suoni simili sono ancora presenti in lingue come il sanscrito, l’hindi e il nepali, pure se non sono di ceppo sinitico. In più, la "n" retroflessa anche presente nella pronuncia arcaica di parole in thailandese e bengali.
  • Sono presenti le palatali, rese riconoscibili con una “y” senza valore fonetico e che si comporta come la “r”. In cinese medio esiste la tripletta dzy, tsy, tsyh sorda aspirata. Nel pronunciare queste tre consonanti, la lingua è già in posizione di "gn" di gnomo.
  • Esiste anche la versione palatale di N, che è *“ny” ("gn" di gnomo), da cui è nata la sillaba ER e la R- in pinyin.
  • La R- del pinyin esisteva già come suono in dei contesti ed è trascritto *zr e la sua controparte sorda è *sr.
  • Esisteva poi una versione sonora dei moderni S (*s) e X (*sy), trascritta come *z e *zy.
  • L’aspirazione H (/x/, /h/), trascritta “x” aveva la controparte in cui vibrano le corde vocali “h” (*/ɣ/, / ɦ/).
  • Non esisteva il suono F /f/, comparso nel tardo cinese medio e derivato forse dal suono affricato */pf/ e */pfʰ/.
  • Il cinese medio ha perso la consonante vibrante sonora */r/, che se intervocalica o dopo una nasale si riduce nella monovibrante /ɾ/ (si pensi al cluster arcaico */ŋɾ/-, poi sparito nel cinese medio). Il cinese medio ha anche perso il suono */l̥/ , che si pronuncia come una L ma senza vibrazione delle corde vocali, tali per cui esce solo aria. Un simile suono esiste nel cluster "tl" /tl̥/ in islandese. Di contro, nel cinese medio sono nate le consonanti retroflesse, nate dai cluster del cinese arcaico che avevano la consontante "-l-" (o, secondo Baxter, "-r-") al secondo membro. Un simile processo si ha anche in vietnamita.
  • Laddove in cinese arcaico c'era una sillaba che terminava in *-r, in cinese medio si è trasformata in *-j oppure è sparita.
  • Esisteva uno stacco glottale/glottal stop/colpo di glottide, una consonante laringale/glottidale che equivale ad un colpetto di tosse che si accompagna all attacco di una vocale. Quest’ultimo si trascrive come un apostrofo di fronte alla vocale. Nel tardo cinese medio era ancora presente, mentre nel cinese arcaico poteva trovarsi anche a fine sillaba. Una volta sparito, nel cinese medio (non quello contemporaneo) aveva creato il tono crescente.
  • Esistevano già i toni (Baxter registra il tono piatto/level 平 senza segni, crescente/rising 上 con una X maiuscola a fine sillaba e discendente/departing 去 con una H maiuscola a fine sillaba, tre in totale). Tutte le sillabe che terminavano in stop senza rilascio di suono (vedi avanti), atonali, venivano poi indicate come "tono entrante/entering" (入) e quindi si preferiva considerarle separate da tutte le altre. Il tono crescente del cinese medio si è formato dalla caduta dello stacco glottale a fine sillaba nel cinese arcaico, mentre il tono decrescente nel cinese medio deriverebbe dalla caduta di una "-s" in un cluster consonantico a fine sillaba nel cinese arcaico. Tutte le sillabe che non avevano né il tono crescente, né il tono discendente (e quindi non avevano stacchi glottali o "-s" in fondo ma tutt'altro), né uno stop senza rilascio di suono (vedi avanti) avevano assunto il tono acuto. Non esisteva il terzo tono del cinese contemporaneo.
  • A fine sillaba si poteva avere, come suoni sonori, una –*n o una –*ng ma anche una –*m.
  • Esistevano pure tre consonanti occlusive senza rilascio di suono, oggi ancora presenti in lingue come il coreano e il dialetto cantonese (famiglia Gan). Sono la –*p (la vocale si interrompe serrando le labbra ma senza una “p” di rilascio), la –*t (interruzione in zona dentale) e la –*k (interruzione in zona velare).
  • In conclusione, a inizio sillaba poteva esserci il suono *“ng-” nasale. Oggi è sparito nel cinese mandarino, ma ancora presente in dialetti come il cantonese.
  • Riguardo invece al quadro vocalico, presenta anche lui delle differenze, ma la più plateale consiste nell’evoluzione della vocale alta centrale (quella presente in ZHI, CHI, SHI, RI), della nella vocale alta posteriore non arrontondata (quella presente in ZHE, CHE, SHE, RE) e della sillaba “ER”.
  • Riguardo alla trascrizione di tre particolari vocali, il cluster "ae" */æ/ è una /e/ molto aperta, "ea" */ɛ/ è leggermente meno aperta e il simbolo "+" sta a indicare la vocale alta centrale */ɨ/.
  • Se la ricostruzione di Baxter-Sagart (2014) è corretta, il cinese arcaico aveva per ogni consonante (sorde, sonore, aspirate...) la sua versione faringalizzata, poi perduta. La faringalizzazione è presente in lingue semitiche come l'ebraico antico e l'arabo ed era anche presente nel persiano antico. Consiste nel pronunciare una consonante con la radice della lingua contemporaneamente posizionata vicino alla parete della faringe/cavo orale. I due studiosi hanno anche aggiunto i suoni /q/ (K di koala pronunciata con la radice della lingua e non col dorso) e /ɢ/ (lo stesso identico suono ma reso sonoro, non più sordo), che si sarebbero persi nel cinese medio. Molte altre consonanti poi sparite in cinese medio sono state proposte per il cinese arcaico da altri studiosi, per esempio la /ð/ interdentale sonora e /θ/ interdentale sorda nella ricostruzione di Pulleyblank, ma il cinese arcaico ha in generale svariati punti controversi e oggetto di dibattito.
  • le sillabe che oggi iniziano in pinyin con W- in cinese medio talvolta erano introdotte da un’aspirazione sonora *h-, da una *m- o da *ng-.
  • Anche la sillaba YI /i/ era talvolta preceduta da *ng- /ŋ/. Ciò accade ancora più sporadicamente pure nei casi in cui ci sono altre sillabe introdotte dalla semivocale /j/.
  • La sillaba WU /u/ era *mju, *ngu ed era invece *'u (con lo stacco glottale) nelle sillabe che oggi hanno il primo tono.
  • Non esisteva la schwa/vocale neutra */ə/, che invece esisteva in cinese arcaico e nel cinese contemporaneo (Baxter invece la interpreta come una */ɨ/). In cinese arcaico inoltre esisteva solo la */e/ chiusa, senza controparti più aperte.
  • La sillaba "AI" diventa spesso */ʔoj/ (anche il nucleo della sillaba "DAI" si pronunciava così), mentre "AO" è */ŋaw/ (anche se nucleo di sillaba, eccetto QIAO che diventa /jew/) e più sporadicamente /ʔaw/. La sillaba "YAN" /jɛn/, che curiosamente in pinyin non rispecchia a fondo la pronuncia, ha una pronuncia simile (perlopiù */jen; jem/ anche con la vocale più aperta)
  • La finale -NG non ha subito mutazioni, mentre laddove oggi c'è -N nel cinese medio degli albori ci poteva essere *-n oppure *-m (la seconda oggi è sparita nel cinese standard). Addirittura, le sillabe "CAN" finiva quasi sempre in -m. Le sillabe CHUN, CUN, DUAN, DUN, FEN, GUAN, HUN, JUAN, JUN, KUN, LUAN, LUN MAN, MEN, MIAN, MIN, PAN, PIAN, QUAN, QUN, RUAN, SHUN, SUAN, SUN, TUAN, TUN, WAN, WEN, XUAN, YUAN, YUN, ZHUAN, ZHUN, ZUAN, ZUN e pressoché in ogni caso TIAN e XUN hanno sempre conservato come coda la "-n". Le altre sillabe invece sono variabili.
    • Il terzo tono attuale deriva in gran parte dei casi dal tono crescente del cinese medio, a sua volta derivato dalla caduta del colpo di glottide a fine sillaba. Un fenomeno simile è avvenuto anche in vietnamita, come dimostrato nella metà Novecento da Haudricourt.
    • Il secondo tono attuale deriva spesso da presenza di uno stop consonantico (-t, -p, -k, presenti comunque anche altrove) del cinese medio (a meno che non ci sia una coda nasale -ng o -n/-m, che invece si sono conservate oggi in -ng e -n) e dalla caduta degli stop finali è nato il tono crescente, presente per; anche in quelle con finale nasale. Siccome era breve di durata, si usava per trascrivere le parole con vocali brevi dal sanscrito.
    • Il primo tono dal cinese medio a oggi resta perlopiù invariato. Oggi la resa del primo tono varia in altezza da dialetto a dialetto: nello standard attuale di Pechino, su cui tutti i toni si modellano, ha un'altezza acuta, mentre per esempio nel dialetto Wu di Shanghai (shanghainese) e Wenzhou (wenzhounese) è meno acuto, mentre nel dialetto Xiang di Changsha l'intonazione è nel registro medio. Semplicemente, se in Cina si vuole parlare il cinese comune per capirsi (molti dialetti di stessa famiglia sono non intelligibili tra loro), si parla il cinese standard, il putonghua, che ha le sue precise regole di intonazione.
    • Un discorso analogo si può fare con gli altri toni, che ovviamente hanno molte varietà dialettali oltre allo standard. Per esempio, il terzo tono in putonghua parte nel registro grave, cala e risale (di colpo o in modo lento e scandito) al registro alto. Nel dialetto Gan di Nanchang, scende e risale fermandosi nel registro medio. Il secondo tono attuale dal registro medio sale a quello acuto, mentre nel dialetto di Nanjing parte dal registro grave e risale al registro medio. In altri dialetti ancora c'è una convergenza di toni: nel dialetto Jin di Taiyuan ad esempio il primo e il secondo tono attuali convergono in una specie di primo tono nel registro grave. Per finire, il quarto tono attuale dal registro acuto scende in picchiata nel registro grave, ma nel dialetto Xiang di Changsha parte dal registro medio e scende in picchiata nel registro grave. Quando si parla dei quattro toni "acuto, crescente, calante-crescente e decrescente" ci si riferisce al putonghua, che si affianca a numerosi dialetti. In altri dialetti ci possono essere più di quattro toni: ad esempio, nel dialetto Pinghua di Nanning, dal punto di vista fonetico ce ne sono sei. Infine, nel dialetto di Yinchuan ce ne sono soltanto tre.
    • Anche il quarto tono attuale in parecchi casi resta perlopiù invariato dal tono decrescente del cinese medio, nato dalla caduta di -*S nei cluster a fine sillaba del cinese arcaico. Un simile fenomeno avviene anche in vietnamita, come dimostrò nuovamente Haudricourt. Comunque in cinese c'erano e ci sono anche sillabe col quarto tono che terminano con suoni nasali.
    • In tutte quante le regole dette finora, come più volte ribadito, valgono in parecchi casi ma si possono trovare delle eccezioni.
    • Se si usa il cinese medio o arcaico per cercare le corrispondenze di suono nei sinogrammi usati in altre lingue, bisogna sempre tenere conto anche dell'evoluzione di queste lingue: la pronuncia odierna potrebbe essere diversa da quella di un periodo anteriore, oppure conoscere la pronuncia arcaica nella lingua di approdo aiuta nel fare analisi e collegamenti. Sotto la tabella, sono presenti delle introduzioni sommarie al giapponese, coreano e vietnamita antichi.

Conversione pinyin-cinese medio degli albori (Baxter)

La tabella indica a grandi linee la conversione delle consonanti dal pinyin a inizio sillaba al suono ricostruito, in trascrizione Baxter e basandosi sul Qieyun. Viene pure indicata l'origine del suono moderno Yu e suoi derivati e della -E senza code nasali, entrambi in isolamento. Infine, viene anche trattata la vocale alta centrale. Queste tre vocali sono assenti in italiano e le prime due non appartengono al cinese medio degli albori, quindi creano curiosità riguardo alla loro origine insieme anche alla sillaba "ER", pure presente. Molti altri suoni vocalici sono stati spiegati in precedenza. Nelle due colonne in mezzo viene fornita la trascrizione scientifica in alfabeto fonetico internazionale (IPA) e, nell'ultima, una spiegazione dei suoni prima in putonghua e poi in Early Middle Chinese.

Un lavoro estremamente più approfondito deve comunque procedere oltre la sintesi qui operata, che è soltanto un buon punto di partenza, e può fare uso delle tavole di sinogrammi con la pronuncia ricostruita per una consultazione più a fondo o per la ricerca della pronuncia di una singola sillaba. Si ricorda che la pronuncia è ricostruita, quindi accanto a ogni slash in IPA e a ogni suono trascritto andrebbe un asterisco per indicare questa caratteristica.

Pinyin

(Putonghua)

IPA

(Putonghua)

IPA

(Early Middle Chinese)

Trascrizione Baxter e spiegazione (Putonghua e Early Middle Chinese)
B /b~p/ */b; p/ B di birra / P di palla. Può sentirsi sia sorda che sonora.

L'odierna B, stando alla ricostruzione di Baxter, in nel cinese medio degli albori era una b o,

in altri casi, una *p.

P /pʰ/ */b; pʰ/;

raramente */p/;

*-/p̚/

P di palla, sorda e con aspirazione.

La P a volte era *b, altre volte era *ph, sporadicamente era *p.

In cinese medio, a fine sillaba, era uno stop bilabiale senza rilascio di suono.

D /d~t/ */d; t/D di dente / T di tavolo.

La D in cinese medio era una *d o, in altri casi, una *t.

T /tʰ/ */tʰ; d/

*-/t̚/

T di tavolo, sorda e con aspirazione sorda.

La T era una *th e una *d.

In cinese medio, a fine sillaba, era uno stop dentale senza rilascio di suono.

J /d͡ʑ~t͡ɕ/ */g; k; d͡z; t͡s/

seguita da vocale

anteriore

G di gelato / C di ciao, molto palatalizzata.

La J in cinese medio era, in parecchi casi, una *g/k/dz/ts seguita da una -*/i/ vocalica/semivocalica o

da una -*/e/.

Q /t͡ɕʰ/ */g; k; kʰ; d͡z; t͡sʰ/ C di ciao palatalizzata, sorda con aspirazione sorda.

La Q era *g/k/kh/dz/tsh seguita da una *-/i/ vocalica/semivocalica o da una *-/e/.

X /ɕ/ */s; ɦ; h; z/

seguita da vocale

anteriore

SC di scienza palatalizzata, sorda. Idem.

Nella pronuncia di molte donne, bambini e più in generale in quella meridionale,

si pronuncia /s/.

La X è una *s oppure in altri casi una *x/h/z, seguita spesso da *-/i/ vocalica/semivocalica

o dalla *-/e/.

G /g~k/ */k/ G di galera / C di cane / K di koala.

La G in cinese medio era una *k sorda.

K /kʰ/ */kʰ/

*-/k̚/

C di cane / K di koala, sorda e con aspirazione sorda.

La K era in quasi ogni caso una *kh, quindi non ha subito modifiche.

In cinese medio, a fine sillaba, era uno stop velare senza rilascio di suono.

H /h~x/

oppure /ʁ/

*/h; ɦ/ assimilabile H dell'inglese have, sorda. Si plasma poi in base alla vocale successiva.

In alcuni parlanti in tutti i casi la realizzano come /ʁ-/,

cioè una vibrazione sorda dell'ugola eseguita con la radice della lingua sollevata.

La H in cinese medio era una aspirazione a volte sorda *h- e a volte sonora *x-. Può inoltre plasmarsi

e rimodellarsi in base alla vocale successiva. Per esempio, con la /u/ chiusa può diventare la fricativa

velare /x/- e, se sonora, /ɣ/-, mentre prima del suono /i/ può palatalizzarsi in /ç/- e /ʝ/-.

Z /d͡z~t͡s/ */d͡z; t͡s/ Z di zero, sorda o sonora.

La Z  era ts e dz, quindi non è cambiata.

C /t͡sʰ/ */d͡z; t͡s/

"CE"= */ʈʂʰ/-

Z di zero, sorda e con aspirazione sorda.

La C in cinese medio era *ts o, in altri casi, *dz e, nella sillaba CE, era *tsrh retroflesso aspirato.

S /s/ */s; ʂ/;

raramente /z/

S di sera, sorda.

La S era una *s o talvolta una *sr retroflessa, sporadicamente *z fricativa.

M /m/ */m/;

-/m/

M di mano, sonora.

La M era già una */m/, quindi è rimasta invariata. In cinese medio poteva trovarsi a fine sillaba nelle

sillabe che oggi terminano (solo e unicamente) in -N.

N /n/ */n; ɳ/;

raramente /ŋ/;

-/n/ assimilabile

N di nave, sonora.

La N era quasi sempre */n/, invariata, in altri casi era *nr retroflessa e sporadicamente era *ng-.

In cinese si può trovare tuttora a fine sillaba e rappresenta un suono nasale, basilarmente -/n/, che

può assimilarsi alla consonante successiva.

L /l/ */l/ L di leva, sonora.

La L era già una */l/, invariata.

F /f/ */b; p; pʰ/

seguite da -/j/...

F di ferro, sorda.

La F nel cinese medio era una *b o, in altri casi, una *p e una *ph, sempre seguite dalla

semivocale -*/j/. Il suono F non esisteva, come già detto.

ZH /ɖʐ~ʈʂ/ */ʈʂ; ɖʐ; t͡ɕ; ʈ; ɖ/ G di gelato / C di ciao cacuminale/retroflessa. Nella pronuncia meridionale,

manca la retroflessione a tutte le retroflesse.

La ZH e una *tsr e dzr e tsy, mentre in altri casi ancora è *tr e *dr.

CH /ʈʂʰ/ */t͡sʰ; ɖʐ; ʈʰ; ɖ;

d͡ʑ; t͡ɕʰ; ʈʂʰ/

C di ciao, sorda, retroflessa.

La CH in cinese medio era un suono estremamente variabile in base ai casi,

era infatti *tsh, dzr, trh, dr, dzy, tsyh, tsrh (ricorda che la h si scrive dopo la r, se presente).

SH /ʂ/ */ʂ; d͡ʑ; ɕ/;

raramente */ʑ/

SC di scienza, sorda e retroflessa.

La SH era sr, dzy, sy, sporadicamente zy.

R- /ʐ/ */ɲ/ SC di scienza, sonora e retroflessa. Si può immaginare come "SH" sonorizzato.

La R- era una *ny, cioè un suono nasale palatale, come GN di gnomo.

YU /y/ */ju; jo; ŋju; ŋjo/ I di infedele, chiusa e procheila (cioè le labbra si tengono arrotondate, tali che formano un cerchiolino).

YU in gran parte dei casi era *yu, *yo, *ngju, *ngjo.

YUE /ɥe/ */ŋjwot̚; jak̚/ IE di ieratico, con la "i-" arrotondata.

Yue era in gran parte dei casi *ngjwot e *yak.

YUAN /ɥæn/ */hjwon; ŋjwon/ IEN di iena, con la "i-" arrotondata e la "e" poco più aperta rispetto a /ɛ/.

Yuan in gran parte dei casi era *hjwon e *ngjwon.

YUN /yn/ */hjun/ In di indicare, con la "i-" arrotondata.

Yun era in svariati casi *hjun.

-E. /ɤ/ */ʔɛk̚; ŋak̚/;

*-/ap̚; at̚; ak̚; ok̚/;

RE era */ɲet̚/

in ZHE, anche *-/jep̚; jet̚ /

Il suono di questa vocale posteriore chiusa è una "o" con le labbra non arrotondate,

molto enfatica e con il dorso della lingua in posizione elevatissima, molto vicina al palato.

Dopo questa vocale, non sono presenti codine nasali.

In isolamento, nelle sillabe che oggi hanno il secondo tono era pressoché sempre *nga, in quelle

col quarto tono *'eak o *ngak.

Quando è nucleo di sillaba, è *-eak aperta, *-aek ancora più aperta oppure *-ik

(quest'ultimo soprattutto nella sillaba SE);

era quasi sempre *-ap, *-at, *-ak nelle sillabe GE, KE, HE.

in DE, TE, LE era quasi sempre *-ok;

NE era molto variabile e RE, presente nel Guangyun ricostruito nella sola sillaba 热, era *nyet.

in ZHE in svariati casi si trova anche come *-jep, *-jet.

ER /ʌɻ~aɻ~ɑɻ~əɻ/ */ɲi/ la vocale iniziale di questa particolare sillaba isolata è una "o" aperta, il dorso della lingua

distante dal palato e le labbra distese oppure una schwa oppure, in casi più rari, una /a/ centrale

o posteriore. La pronuncia varia moltissimo ma la sillaba resta inconfondibile.

Questo suono forma una sillaba a sé e unica nel suo genere. Il suono consonantico finale

è come la "r" inglese, che non vibra e non ha contatto tra organi. Inoltre è leggermente retroflessa.

In cinese medio era quasi sempre *nyi.

-I -/ɨ/ */ij/;

*/i; je; e/ e eventuale stop

Dopo i quattro suoni retroflessi ZH, CH, SH, R- e la loro versione non retroflessa "Z, C, S",

la "-i" è un falso amico che non esiste come sillaba a sé e ha una pronuncia pressoché

identica alla schwa. La pronuncia precisa si ricostruisce nel seguente modo:

si pronunci alla massima velocità "ke-ki-ke-ki-ke-ki".

Il dorso della lingua andrà a toccare il palato sporgendosi in avanti. In questa posizione,

si intoni la schwa tendendo le labbra non arrotondate.

Si può immaginare in modo semplificato come una schwa con la lingua più sollevata verso il palato.

In cinese medio era -*ij, -*i (specialmente nella sillaba SI), -*je. La sillaba RI era sempre *nyit

e nella sillaba SHI e ZHI poteva essere anche -*e oppure -*i con eventuale stop senza rilascio.

Un lavoro ancora più approfondito va anche a comprendere la resa delle vocali dei vari nuclei di sillaba, per esempio l'odierno -AI /ai/ in tutte le sue sillabe (ex. LAI, MAI, NAI, GAI, KAI, HAI, ZHAI, CHAI, SHAI, ZAI, CAI, SAI, BAI, PAI, DAI, TAI) e anche in isolamento, caso in cui, per esempio, si pronuncia spesso *'oj laddove c'è il primo tono odierno e *'ea col colpo di glottide oppure *ngoj.

Introduzione alle varietà passate di giapponese, coreano e vietnamita

Varietà di giapponese

  • Siccome i caratteri cinesi sono arrivati in Giappone attraverso i coreani del regno di Baekje (百濟, Corea meridionale) mentre in Cina stava finendo il periodo dell'Old Chinese e stava nascendo il Middle Chinese, in quel periodo in Giappone si parlava il giapponese arcaico (Old Japanese, finito nel 794 con la fine del periodo Nara, quando la capitale era a Nara 奈良, e l'inizio del periodo Heian 平安 , in cui si inventano il カタカナ katakana e ひらがな l'hiragana e la capitale era a Kyoto 京都, anticamente chiamata "Heian").
  • Un altro aspetto del giapponese arcaico consiste nell'assenza totale di consonanti a fine sillaba. Esso è però limitato solo a questa fase estremamente arcaica. Oggi è possibile solo inserire un suono nasale traslitterato con "n" (ン) che si assimile in base alla consonante successiva; questo suono nasale, insieme alla distinzione tra vocali lunghe e brevi e consonanti geminate/raddoppiate/tensificate e non, è stato inserito nel periodo Heian (794-1185), cioè durante il cosiddetto “giapponese medio degli albori” (Early Middle Japanese), proprio per adattare un enorme numero di prestiti cinesi al giapponese.
  • Nel giapponese arcaico era poi presente la consonante vibrante */r/ e non esisteva né il suono /d͡z/ occlusivo (esisteva una */ⁿz/ fricativa) né il suono /d͡ʑ/, che per esempio si ritrova oggi nella parola "kanji" (sarebbe una palatalizzazione di /d͡z/, aggiunto più avanti).
  • Nel tardo giapponese medio (iniziato con lo shogunato di Minamoto no Yoritomo 源 頼朝, detto "periodo Kamakura", in cui la capitale era Kamakura 鎌倉), periodo in cui abbiamo testimonianze occidentali della lingua giapponese come l’”Arte da Lingoa de Iapam” di João Rodriguez (1561/62-1633/34) del 1604, il cluster vocalico /ou/, che tuttora conserva questa grafia, ha assunto la pronuncia /o:/, e la palatalizzazione di /si/ in シ /ɕi/ è attestata (e tuttora si conserva) mentre tutte le sillabe */kwe, kwi, gwe, gwi/ esistenti sono mutate in /ke, ki, ge, gi/. Un esempio di quest'ultima mutazione si può trovare nel kanji 鬼 che in cinese moderno è "gui" /kwei/ con il terzo tono, in coreano moderno è 귀 (dall’alfabeto hangeul 한글 si legge /kwi/), in vietnamita moderno è quỷ /kwi/ (se il suono /k/ è seguito da “u(…)”, non si scrive *cu, bensì “qu(…)”) e in cinese medio era, secondo Baxter, */kjwɨj/. In giapponese moderno, con la lettura on'yomi, si pronuncia キ (dal katakana, usato per traslitterare sia i prestiti sia la pronuncia on’yomi 音読み, si pronuncia /ki/). Dopo queste considerazioni, è facile immaginare come in tardo giapponese medio, prima della convergenza, fosse */kwi/.
  • Nel tardo giapponese medio (Late Middle Japanese) inoltre le sillabe ヂ /di/ e チ /ti/ si palatalizzano in /d͡ʑi/ e /tɕi/ (la prima converge in pronuncia con l’odierna ジ /d͡ʑi/, in passato /dzi/).
  • Nel giapponese moderno degli albori, che copre tutto il periodo Edo (ovvero tutto il periodo dello shogunato Tokugawa, durante la quale la capitale venne spostata a Edo 江戸 , poi rinominata Tokyo 東京 durante la Restaurazione Meiji 明治), anche /kwa/ e /gwa/ diventano /ka/ e /ga/, un esempio sembra rintracciabile in 瓜, l’anguria, che in cinese moderno è gua /kwa/ con il primo tono, in coreano moderno è과 goa (oggi /kwa/), in vietnamita moderno è “qua” /kwa/ e in cinese medio era *kwae. In giapponese moderno è カ (/ka/), quindi durante il giapponese moderno degli albori /kwa/ e diventato /ka/. Questo è pure il periodo in cui /u/, vocale arrotondata, diventa /ɯ/: non è più procheila. In altre parole, si toglie l'arrotondamento delle labbra.
  • Sebbene sia vero che il giapponese ha inventato durante il periodo medio degli albori il suono nasale finale assimilabile (e quindi al 100% flessibile) per adattare i prestiti cinesi, la distinzione netta del cinese medio tra *–n e *–m in giapponese non esiste, inoltre il suono nasale finale si usava più per riprodurre questi due suoni che per /ŋ/ finale, che spesso si può trovare approssimato come /i/ o /u/, per esempio in 生, che in cinese moderno è sheng (primo tono) e in giapponese è セイ /sei/. In questi contesti sono nati /au/ (oggi (o:/), /eu/ (oggi /yo:/) e /ou/ (oggi /o:/).
  • /au/, in giapponese moderno /o:/, deriva non solo dall’esigenza di accomodare “vocale+ŋ” del cinese medio ma, in sillabe completamente diverse, ma anche dal bisogno di accomodare il nucleo di sillaba cinese “ao” (/au-ao/ in mandarino; in cinese medio era *aw). Ad esempio, 毛 mao (tono crescente) in cinese medio era *maw e in giapponese moderno è モウ /mo:/, da cui si ricava un antico /mau/.
  • Il giapponese a inizio sillaba non ha mai avuto /ŋ/ (ma in giapponese si può trovare sostituito con g-, abbastanza simile) e /ɲ/ (si approssima con /n/, se si prende in considerazione il cinese medio; nel cinese arcaico al posto di /ɲ/ iniziale c’era comunque sempre /n/ nella ricostruzione di Baxter-Sagart). Un esempio si vede in 二  èr /ʌɻ/, che in cinese medio era *nyi /ɲi/ e in giapponese moderno è ニ (/ni/). Un esempio invece di sostituzione di /ŋ/ con /g/ è nel carattere 语, che in cinese medio era *ngjoX (tono crescente) e in giapponese è ゴ /go/.
  • Di contro, in parecchi kanji si può notare come non sia avvenuta la palatalizzazione in cinese laddove la pronuncia in cinese medio era *gi, ki, khi (con “i” anche semivocalica per formare dittonghi o il suono moderno /y/) e oggi, in pinyin, forma le sillabe JI e QI. Per esempio, 气 (versione tradizionale氣), che in mandarino è qì (/tɕʰi/, quarto tono, in cinese medio era *khj+jH, ovvero */kʰjɨi/ con tono discendente), in giapponese si pronuncia キ (/ki/): non c’è palatalizzazione e il resto della sillaba è andato semplificandosi.
  • La vocale centrale alta /ɨ/, reperibile nelle sillabe cinesi ZHI, CHI, SHI, RI, ZI, CI, SI non esiste in giapponese e non esisteva nemmeno in cinese medio in questi precisi contesti appena elencati. In giapponese al suo posto si trova /i/. Ad esempio, 時 ovvero 时 in cinese moderno è shì (quarto tono), in cinese medio *dzyi e in giapponese moderno シ (/ɕi/) palatalizzato.
  • Vocali anteriori aperte in cinese medio come ad esempio */æ/ presente in cinese medio, siccome nel giapponese arcaico non sono probabilmente mai esistite, sono state quindi approssimate in /a/ oppure /e/.  In giapponese poi c’è spesso molta confusione nel distinguere le occlusive sorde da quelle sonore /b; p/, /d; t/, /g; k/: anche in cinese OGGI non c’è una distinzione netta, appartenente invece al cinese medio e a dialetti come lo shangainese.
  • Nel giapponese non esistono cluster consonantici a parte quelli formati da finale nasale e successiva consonante (si pensi alla stessa parola “kanji”). Tutti gli altri, derivati dagli stop senza rilascio di suono presenti nel cinese medio, o si perdono perché cade lo stop oppure, come nel caso di “studente”, in giapponese moderno  学生 (ガクセイ, gakusei), c’è una vocale che permette di preservare lo stop, anche se la lettura on’yomi del kanji si allunga. Di solito si vede proprio la “u” oggi non più arrotondata, sporadicamente “i” se la vocale appena precedente è anteriore.
  • Il suono “r” in giapponese oggi si pronuncia /ɹ/, senza contatto tra organi come in inglese, ma fino al giapponese moderno degli albori era /r/ e, intervocalico, era monovibrante /ɾ/ esattamente come in italiano.
  • In giapponese, non è mai esistita la /l/, che nei prestiti cinesi e anche stranieri viene sostituita con la “r” giapponese. Si pensi al kanji  来 (ライ, rai) e al prestito エレバット (erebatto, dall’inglese “elevator”, “ascensore”).
  • In questo periodo inoltre la sillaba ツ /tu/ giapponese si pronuncia /t͡sɯ/ non più arrotondato.
  • La /h/- in cinese moderno, nel cinese medio distinta in aspirazione sorda e sonora, diventa /k/ e /g/ in giapponese moderno molto probabilmente per approssimare i suoni */x/ e */ɣ/ del cinese medio, alternativi a /h/ e /ɦ/ o reperibili almeno nel caso di assimilazione data dal suono /u/ e /w/ appena successivo. La parola “kanji” è un esempio di questo fenomeno.
  • Infine, le sillabe che giapponese moderno iniziano per /h/- in giapponese medio avevano /ɸ/, che deriva a sua volta da un’antica /p/ divenuta fricativa o /b/ defonologizzata e poi diventata pure lei fricativa. Un esempio è la parola 日本 (ニホン nihon), che straordinariamente conserva la variante ニッポン (nippon), da cui deriva l’aggettivo “nipponico”: In cinese medio era *pwonX /pwon/, con intonazione crescente indicata da X (oggi terzo tono).

Questa lunga introduzione è un punto di partenza per chi desidera approfondire anche il giapponese nel corso della sua evoluzione fonetica, per meglio capire da dove deriva la pronuncia on’yomi dei kanji.

Varietà di coreano

  • Per fare un lavoro simile in coreano, bisogna partire da presupposti simili: se si desidera fare un lavoro molto approfondito che si estende a come è evoluta la pronuncia nella lingua di approdo, bisogna considerare la varietà storica e le sue trasformazioni. Ad esempio, nel coreano antico, quando nel 1443 fu inventato l’hangeul dal re Sejong della dinastia Joseon, c’erano altre lettere oggi obsolete che trascrivevano suoni oggi scomparsi. Quindi c’erano altri suoni e alcuni di quelli rimasti oggi potevano avere una pronuncia leggermente diversa. Ad esempio, ㆆ raffigura lo stacco glottale, oggi assente, e ㅿ ossia il suono /ʝ̃/ nasalizzato. Per capire come si pronuncia, bisogna dire alla massima velocità “ghe-ghi-ghe-ghi-ghe-ghi-ghe-ghi” lasciando la lingua libera di muoversi. Una volta che il dorso della lingua tende a flettersi in avanti, bisogna pronunciare una G di galera senza però contatto tra organi. Contemporaneamente, il suono è anche nasalizzato.
  • C’erano poi dei cluster consonantici oggi scomparsi ma reperibili nelle opere antiche e addirittura dei cluster preconfezionati con tre membri (oggi al massimo hanno due membri). C’erano poi altre combinazioni vocaliche oggi sparite. Quindi, se si vuole lavorare col coreano medio (dal X° al XVI° secolo, ovvero dalla dinastia Goreyo 高麗 fino ai primi tempi della dinastia Joseon 朝鮮 deposta dai giapponesi) e con il coreano arcaico, bisogna conoscere le basi della lingua arcaica a livello fonetico.
  • Ci sono sempre stati gli stop consonanti –p, -t, -k/kk e anche altre consonanti a fine sillaba, come le nasali –n, -m, -ng, il suono laterale -l e il suono –s (oggi si pronuncia come stop senza rilascio di suono in zona dentale -t).
  • C’erano, tra i vari suoni consonantici oggi obsoleti, anche ㅸ */ɸ/ (traslitterata con una ingannevole “β”), ㆄ , traslitterata “f” e più enfatica, che si può immaginare come */ɸh/, ㅹ */v/ oppure */β/ (romanizzata come “ff”) e ㅱ /w̃/, ossia la semivocale /w/ con nasalizzazione. Queste consonanti in passato erano usate solo nelle trascrizioni dei rimari coi sinogrammi.
  • Le grafie di ㅈ  e ㅅ potevano essere leggermente diverse perché si scrivevano anche ᅎe ᄼ .
  • La vocale ㅓ probabilmente si pronunciava */ɤ/ , mentre oggi, pur tenendo ancora le labbra non arrotondate, è aperta /ʌ/. Poi alcuni suoni vocalici in origine erano dittonghi o altri avevano una pronuncia letterale (ciò è riconoscibile anche dalla grafia): ㅚ oi */oj/, ㅐay */aj/, ㅔeoy */ɤj/, ㅙ  oay, */oaj/, ㅞ  ueoy */wɤj/, ㅒ yay */jaj/, ㅖyeoy */jɤj/. Quindi, nella lettura di questi gruppi vocalici, l’hangeul va visto pezzo per pezzo e letto con la pronuncia letterale.
  • Esisteva una vocale presente anche nell’inglese moderno e rappresentata da un punto, , oggi pronunciata /ɒ/ (è la versione arrotondata/procheila di /ʌ/ aperta). Questa vocale è ancora presente nel Jeju, la lingua dell’omonima provincia sudcoreana, Jeju 濟州 (è un’isola a sud della Sudcorea). La pronuncia arcaica tuttavia era */ʌ/ e romanizzazione, ingannevole, è “ə”.
  • Esistevano le consonanti retroflesseᄾ */ʂ/,  ᅐ */tʂ/ e la versione aspirata ᅕ */tʂʰ/ e la ㅆ era sonora */z̥ /.
  • Non ha mai avuto /ŋ/ a inizio sillaba (ad esempio, il sinogramma 语, cinese medio *ngjoX, in coreano si pronuncia 어 /ʌ/) e non è mai esistita una lettera per il suono /ɲ/. Siccome in sudcoreano un prestito cinese non può mai iniziare con /n/, il suono che assomiglia di più a /ɲ/, tutte le sillabe che in cinese moderno sono "ER" o iniziano per "R-" non hanno alcuna consonante in sudcoreano. Si pensi a 二 (cinese medio *nyijH, oggi 이 /i/) o 日 (cinese medio *nyit, oggi 일 /il/ o, se intervocalica, /iɾ/).
  • I suoni ㅈ */t͡s/ e ㅊ*/t͡sh/ non avevano la palatalizzazione. In Nordcorea, siccome si pronunciano ancora così, la pronuncia è conservativa. Ad esempio, il sinogramma 字, in cinese moderno zi /t͡sɨ/ (terzo tono), in coreano si pronuncia 자 /t͡ɕa/ in Sudcorea, /t͡sa/ in Nordcorea.
  • Il suono ㄹ /l/, che oggi si pronuncia /ɾ/ se intervocalico, si pronunciava sempre */l/. Tutte le sillabe in cui si trova /l/ all’inizio (che in coreano moderno non si modifica se la sillaba non e a inizio parola) avevano sempre */l/ in cinese medio e tuttora in cinese mandarino /l/, come 路: si pronuncia 로 /lo/ (cinese medio */lu/ con tono già discendente), ma se a inizio parola si muta in grafia e pronuncia in노 /no/, regola che vale con tutti gli altri casi in Sudcorea. Un esempio è 道路 도로 /doɾo/, “strada”, che in cinese mandarino è dàolù.
  • In conclusione, nei testi arcaici e rimari si può trovare un punto nero accanto alla sillaba per indicare il tono crescente e due punti neri in colonna per indicare il tono decrescente (se non c’è nulla, il tono è piatto, ma se la sillaba finisce in stop senza rilascio di suono, si considera “tono entrante”). Oggi il coreano standard, basato sulla parlata di Seul 서울, non ha toni ed è soltanto presente un contrasto tra vocale breve e lunga non mandatorio. Ad esempio, lo hanja 具 /ku:/ ha la vocale lunga.

Se si lavora sul coreano antico attraverso l’IPA e non leggendo l’alfabeto hangeul, questo lavoro si può evitare.

Varietà di vietnamita

  • Riguardo al vietnamita, l’alfabeto latino è stato introdotto nel 1651 da Alexandre de Rodhes (1591-1660), un missionario gesuita francese che ha anche scritto un dizionario di vietnamita. In quel periodo, c’era il vietnamita medio (Middle Vietnamese), di cui è stata ricostruita la pronuncia.
  • Alcune lettere hanno una diversa pronuncia da quella standard (lo standard sarebbe Hanoi, ma nel sud, a Saigon/Ho Chi Minh City ce n’è un altro): S era */ʂ/ (resta così nella pronuncia meridionale; i suoni retroflessi sono stati inseriti per l’influsso del cinese);
  • X era */ɕ/, come se fosse pinyin;
  • TR era */ʈ/ (resta simile nel sud, perché è /ʈ͡ʂ/);
  • D era */ð/ fricativa interdentale sonora, oggi approssimata a /z/ nel nord;
  • “GI” /zi/ era /ʝi/;
  • PH era /pʰ/ così come scritta e oggi è /f/ (una simile mutazione in /f/ è avvenuta anche in bengali);
  • R non in cluster era /ɹ/ (nel sud è /ʐ/, abbastanza simile; questo suono è identico alla R- in pinyin).
  • Esisteva poi una “b” in stampatello con uno svolazzo in basso, pronunciata /β/ e che oggi converge con la lettera V /v/, che però in passato era /w/: il suono /v/ in coreano medio non esisteva. Quindi, c’erano due lettere e due suoni distinti, oggi diventati un solo suono rappresentato da un’unica lettera (quindi da V si può ricostruire un’antica /w/ oppure /β/, che in vietnamita arcaico, non attestato perché senza alfabeto e dizionari in cui si spiega la pronuncia, era non fricativa ma occlusiva */p/ o */b/). La pronuncia di /w/ come /v/ dovrebbe ricordare la lingua tedesca moderna o la pronuncia del putonghua di Dalian.
  • Nelle finali, c’erano anche il colpo di glottide, la –s e la -h, poi spariti. La loro sparizione ha condizionato il sistema tonale.
  • I sinogrammi sono stati adottati molto tempo prima del vietnamita medio (vietnamita antico/Ancient Vietnamese, in cui sono nati tutti e sei i toni e, ancora prima, vietnamita arcaico/Archaic Vietnamese, iniziato nel X° secolo e finito nel XV°). Queste varietà tuttavia non si riescono a ricostruire, mentre invece si riesce a ricostruire il vietnamita medio, il proto-vietnamita (dal VII° al IX° secolo, senza i sinogrammi) e il pre-vietnamita, una lingua detta “Viet-Muong” che ha originato sia il proto-vietnamita sia la lingua Muong.
  • Il vietnamita medio poteva anche avere tre cluster a inizio sillaba, mentre oggi non ne ha più perché si sono semplificati in un unico suono, convergendo con quelli già esistenti. Per la precisione, */tl/ converge oggi in TR, */ɓl/ converge in pronuncia meridionale in TR e */ml/, poi /mɲ/, si è oggi semplificata in /ɲ/.
  • Esisteva già in vietnamita medio /ɲ/ e anche il suono /ŋ/ a inizio parola e come coda e inoltre /ɲ/ poteva essere anche a fine parola (oggi, converge in /ŋ/ oppure, al sud, in /nʲ/).

Un’utile fonte da cui partire per conoscere e approfondire il vietnamita moderno è proprio il già citato dizionario pubblicato nel 1651 dal gesuita francese Alexandre de Rhodes, detto “Dictionarium Annamiticvm, Lusitanvm et Latinvm”. Come spiega il titolo, è in vietnamita, portoghese lusitano (europeo, non brasiliano o mozambicano) e latino. Il dizionario contiene anche le parole aventi i tre cluster indicati sopra.

Bibliografia supplementare

  • Chen, C.-Y. (2001). Tonal evolution from pre-Middle Chinese to modern Pekinese: three tiers of changes and their intricacies. Berkeley, CA: Project on Linguistic Analysis, University of California.
  • Newman, J., & Raman, A. V. (1999). Chinese historical phonology: a compendium of Beijing and Cantonese pronunciations of characters and their derivations from Middle Chinese. LINCOM studies in Asian linguistics, 27. Muenchen: LINCOM Europa. ISBN 3895865435
  • Ulving, T., & Karlgren, B. (1997). Dictionary of old and middle Chinese: Bernhard Karlgren's Grammata serica recensa alphabetically arranged. Orientalia Gothoburgensia, 11. Göteborg: Acta Universitatis Gothoburgensis. ISBN 9173462942
  • Pulleyblank, E. G. (1991). Lexicon of reconstructed pronunciation in early Middle Chinese, late Middle Chinese, and early Mandarin. Vancouver: UBC Press. ISBN 0774803665
  • Pulleyblank, E. G. (1984). Middle Chinese: a study in historical phonology. Vancouver: University of British Columbia Press. ISBN 0774801921

Voci correlate

Collegamenti esterni