Enrico Galassi (Ravenna, 14 novembre 1907Pisa, 1º settembre 1980) è stato un pittore, architetto e poeta italiano.

Considerato da Alberto Savinio, suo fraterno amico, "uno degli adulti più geniali che avesse conosciuto"[1], nonché "pittore fra i più intelligentemente moderni, architetto genialissimo che crea la casa dell'uomo dalle sue necessità interne, costruttore di macchine, inventore, uomo leonardesco"[2].

Galassi frequenta l'Accademia di Belle Arti della sua città, pur non diplomandosi[3]. In particolare segue il corso di mosaico, da poco istituito, anche se, in alcuni articoli a stampa della fine degli anni venti, criticherà l'impostazione tradizionale dell'insegnamento di Giuseppe Zampiga[4]. Interessato fin da giovane a diverse tecniche artistiche, studia la ceramica a Faenza e nello studio di Luigi Varoli[5]. L'adesione, giovanissimo, alle camicie nere sarà motivo della successiva damnatio memoriae che lo colpirà nella sua città dopo la sua morte. Nel 1927 partecipa al “Primo raduno degli artisti di ogni parte” a Ravenna e, a seguito di un evento tragico dovuto a un rapporto sentimentale finito male, sarà costretto a lasciare la sua città d'origine[6].
Trasferitosi in Versilia, luogo per lui d'"elezione", conosce Luigi Viani, cui si legherà in amicizia[7], si dedica alla pittura e, nel novembre 1931, con una presentazione di Filippo De Pisis, tiene la sua prima personale alla Galleria "Il Milione" di Milano[8]. Nel 1932 partecipa alla III Mostra del Sindacato regionale fascista della Lombardia[9] ed espone, di nuovo con una personale, con presentazione in catalogo di Carlo Carrà, alla Galleria di Roma di quel Pier Maria Bardi che diventerà suo caro amico[10], e che lo inviterà, inutilmente, nel dopoguerra, a trasferirsi in Brasile[11].
Proprio nel momento in cui Galassi si sta facendo strada come una promessa della pittura italiana, secondo uno stile che Alberto Sartoris definirà "surrealismo metafisico"[12], l'artista ravennate abbandona momentaneamente la pittura per dedicarsi alla poesia e all'architettura[13]. Pubblica la raccolta di poesie Né per te né per me, per i tipi di Artidoro Benedetti[14], corredata dalle xilografie di Viani[15], e progetta, da puro dilettante nella materia, in località Poveromo (Forte dei Marmi) la sua casa-studio “I Ronchi” del 1934 (poi "La Tripolina" e oggi "La Romanina"[16]) che Gio Ponti loderà sulle pagine della rivista «Domus»[17]. Recatosi in questo periodo a Parigi, vi rincontra De Pisis che gli risveglia la passione per la pittura. A questo proposito scrive Rosanna Ruscio: «Quando alla metà degli anni Trenta riprese a dipingere, dimostrò di aver raggiunto una maggiore libertà espressiva: la spazialità metafisica dei suoi quadri apparve allora più dilatata, i colori accesi, il tocco liquido, e alcuni dei suoi temi preferiti - quali le camere da musica e i giardini incantati - vennero trasposti in una dimensione sognata»[18]. Questo risvegliato interesse per la pittura sfocia in alcune importanti mostre: la prima alla II Quadriennale di Roma (1935), la seconda a Londra, su allestimento di Marguerite Caetani, e ben due personali a distanza di un mese l'una dall'altra, la prima, nel febbraio 1937 alla galleria della Cometa di Anna Laetitia Pecci Blunt, con testo di presentazione di Libero De Libero, la seconda di nuovo alla Galleria Il Milione di Milano nel marzo successivo che la recensisce positivamente, parlando, per i dipinti esposti, di «un legame compatto di toni e di valori chiaroscurali» e di una «nervosa e quasi selvaggia sensibilità»[19]. Dopo un altro viaggio a Parigi, inizia a soggiornare stabilmente a Roma, e ad inserirsi nell'ambiente artistico culturale della capitale, stringendo amicizia, in particolare, con Renato Marino Mazzacurati, suo vicino di studio in via Margutta, e con l'amico di una vita Alberto Savinio. È un questo periodo che progetta altre quattro case al mare in Versilia: la parte su pilotis della casa di Irene De Guttry (1936-1937); la casa di Savinio, che lo scrittore amerà a tal punto da citarla in numerosi suoi scritti; la casa di Ornella Kekler Ferrari (1936-1939) e la casa di Giuseppe Prezzolini, poi Vallecchi ed ora Romoli[20]. Così Savinio descriverà il progetto di Galassi: «La mia casa Galassi l’ha disegnata a forma del più casalingo degli animali: a chiocciola. Galassi è stato a Ibiza, che è la più piccola delle Baleari. [...] A Ibiza le case portano davanti alla fronte un gran muro pieno, che le guarda dai grandi venti del largo. Nella mite foresta del Poveromo i grandi venti del largo non arrivano, ma davanti alla mia casa Galassi ha alzato ugualmente un gran muro pieno e curvato a S, e questo muro, nonché guardarmi dai grandi venti metafisici, segna perentoriamente la lettera iniziale del mio nome»[21].

Nel 1939 proprio Savinio dipinge forse l'unico ritratto di di Galassi, dal titolo Arlecchino (e distrutto nel bombardamento di Milano)[22], che paradossalmente non mostra il volto dell'amico, ma un semplice ovale di rombi multicolori, «un omaggio al “camaleontismo” dell’amico ravennate, nonché al rinnovato interesse per le tessere colorate del mosaico, di cui proprio lo studio in via Margutta costituisce un primo laboratorio di ricerca»[23].
Capace di intuire le potenzialità di luoghi semi-sconosciuti (come il Poveroo in Versilia), Galassi “scopre” nei primi anni Quaranta l’isola del Giglio e vi va ad abitare, assieme alla moglie americana, [[Melissa Reid[[, sposata nel 1942, e alla figlia primogenita Alice (detta “Babina”), in una vecchia torre di Cala Cupa e in alcuni spazi dell'ex lazzaretto, da lui ristrutturati «in stile modernista»[24]. A distanza di un ventennio dagli studi alla Scuola del Mosaico ravennate e dalle sue riflessioni scritte in articolo sul «Corriere Padano», Galassi intuisce le potenzialità di un mosaico che si rinnovi sulla base dell'arte del suo tempo, un mosaico, dunque, «concepito non come decoro architettonico ma come opera artistica indipendente»[25]. Il frutto di due anni di ricerche confluiscono in una mostra di ventidue mosaici[26] alla Galleria Ferruccio Asta di Milano, nel maggio 1942[27]. Nel foglio di presentazione scritto dall'amico Savinio si legge: come da bambino, a Sant'Apollinare Nuovo a Ravenna il piccolo Enrico «estraeva le tessere colorate e brillanti dei musaici feriti, le appiccicava nella creta e componeva per gioco delle figurazioni secondo la sua fantasia», così adesso «questo mosaico-gioco, Enrico Galassi lo continua ancora e sempre lo continuerà, lui che essendo arti- sta-nato, sa che l’arte è un gioco da dei, timorosi di lasciarsi prendere dalla noia di quaggiù»[28]. L'amore – e la nostalgia – per l'infanzia, uniscono Galassi e Savinio, come si può vedere da una riflessione più tarda dello stesso Galassi, parlando di canzoni popolari: «Nell’abbandonarvi al sentimento puro che queste opere [...] emanano, avvertirete freschezza, pace, dolcezza che vi faranno ancora una volta sentire felici e spensierati come fanciulli o, se preferite, come poeti»[29]. Come intuisce sempre Savinio, nei suoi mosaico Galassi rifà, da vero piccolo demiurgo, ogni volta il mondo: «Di quest’arte, Enrico Galassi ha riscoperto il carattere favoloso; e col gioco delle tessere, come un coboldo, come un paziente alchimista, egli ricompone sulla super cie della terra e alla luce del sole, il “tesoro” fatto di immagini strane, bellissime e sciolte dalla logica e dagli umani “perché”, che la Terra nasconde nel suo tenebroso cuore»[30]. Gli anni precedenti la liberazione di Roma sono intensissimi per Galassi. Nel 1943 espone due opere in una collettiva alla Galleria Minima Il Babuino, a Roma, assieme a Giorgio De Chirico, Giorgio Morandi, Savinio, Gino Severini e Mario Sironi[31].
Dopo la liberazione della Capitale, il 4 giugno 1944, da artista Galassi si fa imprenditore, allestendo il cosiddetto Studio di Villa Giulia a Roma (in un'ala di villa Poniatowski), che diventa un vero e proprio laboratorio di arti applicate: vi chiamerà a collaborare, oltre ad artisti già celebri come Carrà, De Chirico, Mazzacurati e Savinio, anche giovani come Pietro Consagra e Leoncillo Leonardi[32]. Vi si effettueranno le più diverse tecniche artistiche e materiali: mosaico, intarsio di marmo e di legno, marmo, pietre dure, ceramiche, ricamo, progettazione di libri[33]. I risultati di questa eccezionale e forse unica nella storia dell'arte italiana collaborazione fra artisti confluiranno nella Mostra dei capidopera alla Galleria Palma di Roma dell'amico Bardi. Nonostante il successo di critica[34], le opere non furono vendute per una serie di motivi e lo studio dovette chiudere. La mostra ebbe echi internazionali, grazie due articoli di Marya Mannes: Talent in Italy, in «Vogue», ottobre 1946 e Italy looks ahead in «House & Garden», giugno 1947. «L’autrice nomina solo due artisti che stanno risollevando le sorti di un’Italia uscita distrutta dalla guerra: Enrico Galassi e Gio Ponti», A.G. Cassani, Enrico galassia, L'artista "fuorilegge", cit., p. 29.
Il fallimento[35] dell'iniziativa porterà Galassi, col tempo, a ritirarsi progressivamente dalla scena artistica italiana, non senza aver provato a cimentarsi in nuove attività, le più diverse: si parlò di nuovo lui negli Stati Uniti in occasione della mostra "Italy at work: her renaissance in design today" (1950) al Brooklyn Museum di New York[36].


Note

  1. ^ (IT) Alberto Savinio, Il Signor Dido, terza edizione, Milano, Adelphi Edizioni, 1992 [1978], p. 1.
  2. ^ Alberto Savinio, Galleria Ferruccio Asta, Enrico Galassi, Milano, 20 maggio 1942.
  3. ^ Alberto Giorgio Cassani, Enrico Galassi. L'artista "fuorilegge", in «La Piê», LXXXI, n° 1, gennaio-febbraio 2012, pp. 26-31: 30, nota 3
  4. ^ Sul «Corriere Padano». Cfr. A.G. Cassani, Enrico Galassi. L'artista "fuorilegge", cit., p. 27.
  5. ^ Cfr. ibid., p. 26 e Rosanna Ruscio, voce Galassi, Enrico, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 51, Roma, Istituto per la Enciclopedia Italiana fondata da Givanni Treccani, 1998, pp. 347-348: 347.
  6. ^ Cfr. A.G. Cassani, Enrico Galassi. L'artista "fuorilegge", cit., p. 27.
  7. ^ Enrico Galassi, Diario della nostalgia. Una notte con Viani, in «Il Giornale d’Italia», 4 e 5 dicembre 1970; Enrico Galassi, Né per te né per me, xilografie originali di Lorenzo Viani, Pescia, Stamperia Artidoro Benedetti, 1932?.
  8. ^ Cfr. Ernesto Nathan Rogers, Mostre milanesi, in “Le Arti Plastiche”, X, n. 19, I dicembre 1931, s.n.p. [ma p. 2]
  9. ^ Cfr. Vincenzo Costantini, Cronache milanesi. Mostra del sindacato lombardo, in «Emporium», LXXV (1932), p. 183.
  10. ^ Cfr. P[ier] M[aria] B[ardi], La pittura di Galassi, in “Meridiano di Roma”, 21 febbraio 1937, p. III.
  11. ^ Carlo Carrà, Giovani: Enrico Galassi, in “L’Ambrosiano”, 28 settembre 1932, p. 3: «oggi è moderno chi ha il coraggio di rifarsi al punto di partenza».
  12. ^ Cfr. Alberto Sartoris, Enrico Galassi, in “Fabula: Cuadernos de literatura y arte”, noviembre-diciembre 1938, pp. 247-248.
  13. ^ Cfr. R. Ruscio, voce Galassi, Enrico, cit. e A.G. Cassani, Enrico Galassi. L'artista "fuorilegge", cit., p. 27.
  14. ^ «Il torchio a mano, le stanzette bianche di calce ed i caratteri di piombo che uscivano dal loro alveare guidate con amore di anacoreta. Da Artidoro uscivano pagine purissime», Enrico Galassi, Diario della nostalgia. Una notte con Viani, cit.
  15. ^ Pescia, 1932?.
  16. ^ Cfr A.G. Cassani, Enrico Galassi. L'artista "fuorilegge", cit., p. 27.
  17. ^ Villa al Forte dei Marmi, in «Domus», L’arte nella casa, VIII, n° 88, aprile 1935, pp. 30-32. Ponti scriverà (ibid., p. 30): «quando l’opera di questi architetti improvvisati è libera da pregiudizii, da vanità stilistiche e sociali, gli architetti di professione hanno sempre qualcosa da imparare, e ciò li aiuta a scogliersi [sic!] essi pure da quei pregiudizi programmatici che assai spesso vincolano inconsapevolmente la loro creazione ed il loro mestiere». L'articolo non è firmato e, dunque, probabilmente opera del Direttore Ponti.
  18. ^ R. Ruscio, voce Galassi, Enrico, cit.; e cfr. Enrico Galassi, Diario della nostalgia. C’era una volta De Pisis, in «Il Giornale d’Italia», 15 e 16 ottobre 1970 e Enrico Galassi, Diario della nostalgia. Parigi, in «Il Giornale d’Italia», 19 e 20 ottobre 1970.
  19. ^ Carlo Carrà, Mostre d’arte. Enrico Galassi, in “L’Ambrosiano”, 18 marzo 1937, p. 3. Cfr, anche R. Ruscio, voce "Galassi, Enrico", cit. e A.G. Cassani, Enrico Galassi. L'artista "fuorilegge", cit., p. 27.
  20. ^ Cfr. Paolo Rusconi, Galassi architetto di Casa Savinio, in Ascolto il tuo cuore, Versilia?. Alberto Savinio al Poveromo, scritti di Enzo Siciliano, Ruggero Savinio, P. Rusconi, Zeno Birolli, Bocca di Magra, Edizioni Capannina, 2001, pp. 19-33 e A.G. Cassani, Enrico Galassi. L'artista "fuorilegge", cit., p. 27.
  21. ^ La mia casa, in «Corriere della Sera», 1° settembre 1946, in Id., Scritti dispersi 1943-1952, A cura di Paola Italia, Con un saggio di Alessandro Tinterri, Milano, Adelphi, 2004, pp. 408-413: 410.
  22. ^ Cfr. R. Ruscio, voce Galassi, Enrico, cit. e A.G. Cassani, Enrico Galassi. L'artista "fuorilegge", cit., p. 28.
  23. ^ A.G. Cassani, Enrico Galassi. L'artista "fuorilegge", cit., p. 28.
  24. ^ A.G. Cassani, Enrico Galassi. L'artista "fuorilegge", cit., p. 28
  25. ^ R. Ruscio, voce Galassi, Enrico, cit.
  26. ^ Su cartoni di Mino Maccari, Giuseppe Capogrossi e Marino Mazzacurati. Cfr. R. Ruscio, voce Galassi, Enrico, cit.
  27. ^ Cfr. R. Ruscio, voce Galassi, Enrico, cit.
  28. ^ Alberto Savinio, Enrico Galassi, Milano, Galleria Ferruccio Asta, 6-20 maggio 1942, s.n.p.
  29. ^ Enrico Galassi, in Un secolo di canzoni. Fogli volanti, a cura di Francesco Rocchi e con la collaborazione di Libero Bigiaretti et alii, s.l., Parenti Editore, 1961, pp. IX-X: X.
  30. ^ A. Savinio, Enrico Galassi, cit., s.n.p.
  31. ^ Cfr. R. Ruscio, voce Galassi, Enrico, cit.
  32. ^ Cfr. R. Ruscio, voce Galassi, Enrico, cit.
  33. ^ Cfr. R. Ruscio, voce Galassi, Enrico, cit.
  34. ^ F. Bellonzi, in Capidopera nello studio di Villa Giulia alla galleria "Palma", in «Domenica», 17 marzo 1946, parlerà di evento «eccezionale».
  35. ^ Un altro smacco fu il nulla di fatto seguito alla sua proposta di far parte del gruppo di lavoro per l'EUR. Cfr. Lettera del 24 dicembre 1939: Roma, Archivio centrale dello Stato, EUR, Atti, 28 dicembre 1939, citato in R. Ruscio, voce Galassi, Enrico, cit.
  36. ^ Cfr. R. Ruscio, voce Galassi, Enrico, cit.

Bibliografia

  • Rosanna Ruscio, voce Galassi, Enrico, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 51, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1998, pp. 347-348 (con bibliografia precedente).
  • Alberto Giorgio Cassani, Enrico Galassi. L'artista "fuorilegge", in «La Piê», LXXXI, n° 1, gennaio-febbraio 2012, pp. 26-31 (con bibliografia precedente).
  • Alberto Savinio, Sentimento di Ravenna, in “Corriere d’informazione”, edizione del pomeriggio, 30/31 luglio 1951, p. 3, ora in Id., Il signor Dido, Milano, Adelphi, 1978, 19923, pp. 103-108.
  • Irene De Guttry, MarIa Pia Maino, Enrico Galassi promotore delle arti applicate: Lo studio di via Margutta, in Roma sotto le stelle del ’44, catalogo, Roma, 1995, pp. 147-157 (con bibliografia precedente).
  • Paolo Rusconi, Galassi architetto di Casa Savinio, in Ascolto il tuo cuore, Versilia?. Alberto Savinio al Poveromo, scritti di Enzo Siciliano, Ruggero Savinio, P. Rusconi, Zeno Birolli, Bocca di Magra, Edizioni Capannina, 2001, pp. 19-33.

Collegamenti esterni


  Portale Arte: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di arte