Genocidio cambogiano
Con genocidio cambogiano ((KM) របបប្រល័យពូជសាសន៍) o autogenocidio cambogiano ci si riferisce al processo di epurazione del popolo cambogiano avvenuto tra il 1975 e il 1979, ovvero nell'arco dell'esistenza della Kampuchea Democratica, sotto la guida di Pol Pot. La storiografia ha appurato che durante l'esistenza della Kampuchea Democratica sono state ccise da 1,5 a 3 milioni di cambogiani. Per le proporzioni del fenomeno e l'impatto sulla popolazione complessiva, il genocidio in questione può essere considerato come un caso unico e senza precedenti nella storia dell'umanità.

Gli khmer rossi volevano trasformare il paese in una repubblica socialista agraria, fondata sui principi del maoismo.[1][2][3] Nel 1976 gli khmer rossi cambiarono il nome del paese in Kampuchea Democratica. Per realizzare i loro obiettivi, gli khmer rossi svuotarono le città e costrinsero i cambogiani a trasferirsi nei campi di lavoro nelle campagne, dove avvenne una gran quantità di morti per esecuzioni di massa, lavori forzati, abusi fisici, malnutrizione e malattie. Ciò provocò la morte di circa il 25% della popolazione totale della Cambogia.[4][5] All'incirca 20.000 persone passarono attraverso il centro di tortura di Tuol Sleng (noto anche come S-21), una delle 196 prigioni gestite dagli khmer rossi,[6][7] e solo 7 adulti sono sopravvissuti.[8] Gli oppositori venivano portati nei Killing Fields, dove venivano giustiziati (spesso con attrezzi contadini come picchetti o asce, per risparmiare proiettili) e sepolti in fosse comuni. Il rapimento e l'indottrinamento dei bambini era diffuso e molti bamnbini e ragazzi, nel pieno della loro incoscienza e immaturità, ignari di ciò che facevano, erano persuasi o costretti a commettere veri e propri atti di sadismo.[9] L'invasione vietnamita della Cambogia pose fine al genocidio con la sconfitta degli khmer rossi nel 1979.[10]
Il 2 gennaio 2001, il governo cambogiano istituì il Tibunale contro gli khmer rossi, con l'intento di processare i membri del regime responsabili del genocidio cambogiano. Le udienze cominciarono il 17 febbraio 2009. [11] Il 7 agosto 2014 Nuon Chea e Khieu Samphan sono stati condannati all'ergastolo per crimini contro l'umanità durante il genocidio. A partire dal 2009, la ONG cambogiana Centro di documentazione cambogiano ha mappato circa 23.745 fosse comuni contenenti circa 1,3 milioni di presunte vittime dell'esecuzione. Si stima che l'esecuzione diretta rappresenti circa il 60% del bilancio totale delle vittime durante il genocidio,[12] mentre le rimanenti vittime morirono di fame o malattia.
Descrizione
Il conteggio delle vittime dei Khmer rossi ha prodotto risultati che variano da un minimo di 800.000 a un massimo di 3.300.000 morti. Questo conteggio riguarda le vittime delle esecuzioni, delle carestie e dell'assenza di cure mediche.
- Il governo vietnamita che ha abbattuto il regime parlò di 3.300.000 morti:
- Lon Nol, dittatore deposto dai Khmer rossi, di 2.500.000:
- Lo storico Rudolph Joseph Rummel, studioso di genocidi, di 2 milioni.[13]
- L'Università di Yale di 1.700.000;
- Amnesty International di 1.500.000;
- il dipartimento di Stato degli USA di 1.200.000;
- Khieu Samphan di 1.000.000
- Pol Pot di 800.000.
Ideologia
L'ideologia ha avuto un ruolo di primo piano nel genocidio. Pol Pot e gli khmer rossi miravano a riportare la Cambogia indietro al suo "passato mitico" del potente impero khmer, e a frenare l'influenza negativa degli aiuti stranieri e della cultura occidentale, e ricondurre il paese a una società agraria. Gli sforzi compiuti per realizzare questi obiettivi furono i fattori chiave che portarono al genocidio.[14][15] In proposito, un capo degli khmer rossi affermò che le uccisioni erano necessarie per la "purificazione della popolazione."[16]
Gli khmer rossi costrinsero quasi tutto il popolo cambogiano a lavorare in gruppi di lavoro mobili.[17] Michael Hunt affermò che si trattava di "un esperimento sociale di mobilizzazione unico nelle rivoluzioni del XX secolo."[17] Gli khmer rossi costrinsero la popolazione a turni estenunanti e condizioni di lavoro disumane, a morte per fame, spostamenti coatti, collettivizzazione delle terre e terrore di stato al fine di tenere la popolazione sotto giogo.[17]
Lo storico Ben Kiernan ha messo a confronto il genocidio cambogiano con il genocidio armeno, perpetrato dall'Impero ottomano e con l'Olocausto, perpetrato dalla Germania nazista. Pur essendo sostanzialmente diverse, avevano alcuni tratti comuni. Il razzismo era una componente preponderante delle ideologie di tutti e tre i regimi. Tutti e tre presero di mira minoranze religiose e cercarono di usare la forza delle armi per espandersi in quello che credevano essere il loro territorio (rispettivamente l'Impero khmer, il Turkestan e il (DE) Lebensraum), così come tutti e tre i regimi "idealizzarono la loro classe contadina come la vera classe 'nazionale'", il substrato etnico su cui il nuovo stato sarebbe cresciuto".[18]
Risposta internazionale
Il libro (FR) Cambodge année zéro ("Cambogia anno zero"), scritto da François Ponchaud, fu pubblicato nel 1977 e tradotto in inglese nel 1978.[19] Ponchaud è stato uno dei primi autori a far conoscere al mondo il genocidio cambogiano.[20] Ponchaud scrisse che il genocidio "era soprattutto la trasposizione in azione la particolare visione di un uomo [sic]: una persona ridotta alla fame da un regime corrotto non può essere riformata, dev'essere eliminata fisicamente dalla fratellanza dei puri."[21] Il più famoso libro dal titolo Murder of a Gentle Land: The Untold Story of a Communist Genocide in Cambodia, scritto da John Barron e Anthony Paul fu anch'esso pubblicato nel 1977.[22] Il libro era basato sulle testimonianze dei rifugiati, e una sua versione ridotta, pubblicata all'interno del Reader's Digest, ebbe ampia diffusione e ne divulgò le storie.[23]
Nel 1973, Kenneth M. Quinn, dell'ambasciata degli Stati Uniti, esternò le sue preoccupazioni per le atrocità commesse dagli khmer rossi durante la guerra civile cambogiana. In una relazione, egli affermò che il regime degli khmer rossi aveva "molto in comune con i regimi totalitari della Germania nazista e dell'Unione sovietica".[24] Quinn ha anche scritto, a proposito degli khmer rossi, che "ciò che emerge come spiegazione del terrore e della violenza che ha sconvolto la Cambogia duranti gli anni '70, è che uno sparuto gruppo di intellettuali alienati, esasperati dalla loro percezione di una società corrotta e pervasi dal piano maoista di creare un puro ordine socialista nel più breve tempo possibile, recrutarono ufficiali giovanissimi, poveri e invidiosi, li educarono a metodi severi e brutali imparati da esperti stalinisti, e li usarono per annientare fisicamente le basi della civiltà khmer e per imporre una nuova società attraverso purghe, esecuzioni e violenza".[25]
All'epoca del genocidio, la Cina divenne il principale finanziatore degli khmer rossi, per esempio fornendo "più di 15000 consulenti militari"[senza fonte] e buona parte degli aiuti esterni.[26] In seguito all'opposizione cinese e occidentale all'invasione vietnamita del 1978-1979, gli khmer rossi continuarono a mantenere i seggi presso le Nazioni Unite fino al 1982, dopodiché i seggi furono colmati da una coalizione comandata da khmer rossi, nota come Governo di coalizione della Kampuchea Democratica.[27] A causa della sua opposizione al Vietnam, la Cina addestrò soldati Khmer rossi sul suo suolo dal 1979 fino al 1986, "accampò consulenti militari con le truppe degli khmer rossi fino al 1990,"[28] e "fornì almeno un miliardo di dollari in aiuti militari" durante gli anni '80.[29] Dopo gli accordi di pace di Parigi del 1991, la Thailandia continuò a consentire agli khmer rossi di "commerciare e muoversi lungo il confine thailandese per sostenere le loro attività... sebbene la disapprovazione internazionale, particolarmente da parte degli Stati Uniti e dell'Australia... costringesse allora la Thailandia a disconoscere qualsiasi supporto militare diretto."[30] Si ipotizza anche che gli Stati Uniti possano avere fornito aiuti, direttamente o indirettamente agli khmer rossi al fine di indebolire l'influenza del Vietnam nel Sud-est asiatico.[31][32][33]
Gunnar Bergström e l'SKFA
Nell'agosto del 1978, lo svedese Gunnar Bergström, all'epoca presidente dell'SKFA (Sweden-Kampuchea Friendship Association) e ardente sostenitore degli Khmer rossi,[34] fu l'unico occidentale a cui fu consentito, insieme ad altri tre svedesi, di visitare la Kampuchea Democratica. In quell'occasione cenarono anche con Pol Pot.[35]
All'epoca Gunnar Bergström aveva solo 27 anni ed era un idealista di sinistra, che realmente credeva che le notizie di turni di lavoro estenuanti, carestie e omicidi di massa fossero solo "propaganda occidentale".[36] Durante il viaggio videro "contadini sorridenti", e una società sulla via per diventare "una società ideale,...senza oppressori". Qundo tornarono in Svezia, parteciparono a dibattiti e scrissero articoli a favore del regime della Kampuchea Democratica.[36]
Le testimonianze che emersero dopo il crollo del regime scioccò Bergström, facendogli cambiare idea. Disse che era stato come "cadere da un albero", e che doveva "riidentificare tutto ciò in cui aveva creduto".[36] In interviste successive, riconobbe di essersi sbagliato, che si era trattato di un "viaggio propagandistico" e che lo avevano portato a vedere ciò che volevano vedesse.[34][36]
Successivamente Gunnar Bergstrom tornò in Cambogia per un "grande viaggio di perdono"[34]. In un incontro con studenti delle scuole superiori di Phnom Penh il 12 settembre 2016, consigliò a tutti di studiare la storia e affermò che una rivoluzione comunista pacifica è semplicemente irrealizzabile.[36]
Impiego di ragazzi
Gli khmer rossi utilizzarono migliaia di giovani ragazzi incattiviti e costretti ad arruolarsi nel pieno della loro adolescenza per commettere omicidi di massa e altre atrocità durante e dopo il genocidio.[9] L'organizzazione continuò sistematicamente a usare ragazzi almeno fino al 1998, spesso recrutandoli con la forza.[37] In questo periodo, i ragazzi furono impiegati in ruoli di supporto non pagati, ad esempio per portare munizioni o come combattenti.[37] Molti ragazzi erano scappati dagli khmer rossi senza alcun mezzo di sussistenza, e credevano che unirsi alle forze governative avrebbe consentito loro di sopravvivere, sebbene i comandanti locali spesso negassero loro lo stipendio.[37]
I processi per crimini di guerra
Il 15 luglio 1979, in seguito alla caduta del regime degli khmer rossi, il nuovo governo cambogiano emanò il "Decreto legge n° 1". Questo consentì il processo a Pol Pot e a Ieng Sary per il crimine di genocidio. Fu loro concesso un avvocato americano come avvocato difensore, Hope Stevens,[38] e furono processati in contumacia e giudicati colpevoli di genocidio.[39] A gennaio del 2001, l'Assemblea nazionale cambogiana legiferò affinché si istituisse un tribunale per processare altri membri degli khmer rossi.[40]
Nel 1999 Kang Kek Iew (detto "Duch") fu intervistato da Nic Dunlop e Nate Thayer e ammise le sue colpe per i crimini commessi nella prigione di Tuol Sleng, dove circa 17,000 prigionieri politici furono torturati e giustiziati. Duch espresse rimorso per le sue azioni, affermando che era disposto ad affrontare il processo e a testimoniare contro i suoi ex-colleghi. Durante il processo, a febbraio e marzo del 2009, Duch ammise di essere responsabile dei crimini avvenuti a Tuol Sleng. Il 26 luglio 2010 fu giudicato colpevole per i reati di crimini contro l'umanità, tortura e omicidio e fu condannato nd murder and was given a sentence of 35 years in prison.[41] Il 3 febbraio 2012, la precedente sentenza fu commutata in ergastolo.[42]
Nuon Chea (chiamato "fratello numero due") fu arrestato il 19 settembre 2007.[43] Alla fine del suo processo, nel 2013, negò tutte le accuse, affermando che non aveva mai dato ordini di "maltrattare o uccidere persone, di privarle di cibo o di commettere un genocidio". Fu giudicato colpevole nel 2014 e condannato all'ergastolo. Ha mostrato rimorso e ha accettato la responsabilità morale dei suoi crimini, affermando: "mi scuso sinceramente con il pubblico, le vittime, i familiari e tutto il popolo cambogiano".[44]
Dopo essersi trasferito in una facoltosa villa a Phnom Penh, Ieng Sary fu arrestato il 12 novembre 2007 e accusato di crimini contro l'umanità assieme a sua moglie Ieng Thirith, che era stata una sorta di consigliera del regime.[45] Il 17 novembre 2011, in seguito al parere dei medici, Thirith fu giudicato non in grado di affrontare un processo a causa di una patologia mentale.[46] Sary morì di attacco cardiaco nel 2013 mentre il suo processo era ancora in corso.[47]
Un altro leader, Khieu Samphan, fu arrestato il 19 novembre 2007 e accusato di crimini contro l'umanità.[48] Fu giudicato colpevole nel 2014 e condannato all'ergastolo. Durante un'udienza il 23 giugno 2017, Samphan espresse il desiderio di inchinarsi alla memoria delle sue vittime innocenti, ma aggiunse che soffriva per coloro che avevano combattuto per il loro ideale di avere un futuro migliore.[49]
Negazionismo
Alcuni mesi prima della sue morte il 15 aprile 1998,[50] Pol Pot fu intervistato da Nate Thayer. Durante l'intervista, affermò che aveva la coscienza pulita e che negava di essere responsabile per il genocidio. Pol Pot affermò che lui era venuto "per portare avanti la lotta, non per uccidere la gente". Secondo Alex Alvarez, Pol Pot "si vedeva come una figura incompresa e ingiustamente umiliata".[51] Nel 2013, il primo ministro cambogiano Hun Sen emanò una legge che proibisce il negazionismo del genocidio cambogiano e altri crimini di guerra commessi dagli khmer rossi. La legge passò nonostante i commenti del leader dell'opposizione Kem Sokha, presidente del Partito nazionale di salvataggio cambogiano. Sokha affermò che gli oggetti del Museo del genocidio di Tuol Sleng erano stati creati ad arte dai vietnamiti dopo l'invasione del 1979. Sokharty ha poi affermato che le sue affermazioni erano state tolte dal loro contesto.[52]
Nella letteratura e nel cinema
Il regista Rithy Panh, un sopravvissuto al genocidio, è "considerato da molti la voce cinematografica della Cambogia". Panh ha realizzato molti documentari sul genocidio, incluso S-21: The Khmer Rouge Killing Machine, che è stato acclamato dai critici perché "ci consente di osservare come la memoria e il tempo possono collassare e mostrarci il passato come se fosse presente e, così facendo, rivelarci il consueto volto del male."[53] Il genocidio è mostrato nel film del 1984 Urla del silenzio, vincitore del premio Oscar.[54] e nel romanzo del 2012 di Patricia McCormick Never Fall Down.[55]
Il genocidio è raccontato anche da Loung Ung nella sua memoria Il lungo nastro rosso (2000).[56][55] Da libro è stato tratto anche il film Per primo hanno ucciso mio padre (2017) diretto da Angelina Jolie. Ambientato nel 1975, il film racconta la storia di un bambino di 5 anni di nome Ung che è costretto ad addestrarsi come soldato bambino, mentre i suoi fratelli sono mandati in campi di lavoro dal regime degli khmer rossi.[57]
Galleria di immagini
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Museo del genocidio di Tuol Sleng
Note
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- ^ Mapping the Killing Fields, in Documentation Center of Cambodia. URL consultato il 6 giugno 2018 (archiviato dall'url originale il 26 marzo 2016).«Attraverso interviste e ispezioni in loco, DC-Cam ha identificato 19.733 fosse comuni, 196 prigioni che hanno funzionato durante il periodo della Democrazia Kampuchea (DK) e 81 monumenti commemorativi costruiti dai sopravvissuti del regime.»
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Collegamenti esterni
- (EN) Twentieth Century Atlas - Death Tolls. Un'analisi comparativa del numero di vittime riportate da diverse fonti che riporta una media stimata di circa 1.600.000 morti.
- (EN) Kampuchea: A Demographic Catastrophe. Un documento originale compilato dalla CIA nel 1980 che esamina in maniera approfondita il crollo demografico cambogiano nel periodo 1975-1979.