Camillo Benso, conte di Cavour
Camillo Benso, conte di Cavour (Torino, 10 agosto 1810 – Torino, 6 giugno 1861) è stato uno statista presidente del consiglio italiano. Template:Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno D'Italia
Aristocratico piemontese di idee liberali, in gioventù frequentò l'Accademia Militare, diventando ufficiale del Genio. In seguito abbandonò l'esercito e prese a viaggiare all'estero studiando lo sviluppo economico di paesi largamente industrializzati come la Francia e l'Inghilterra.
Venne nominato all'età di ventidue anni sindaco di Grinzane dove la famiglia aveva dei possedimenti. Grinzane cambiò il suo nome in Grinzane Cavour come ringraziamento a Camillo Benso che ne fu sindaco per ben 17 anni.
La prime idee politiche
Nel cosiddetto biennio delle riforme (1846-1847) i moderati avversi al programma radicale e repubblicano di Mazzini ricercarono una diversa soluzione del problema italiano. Alla nascita nel 1847 del partito moderato o dell' opinione nazionale italiana come la chiamerà Massimo D'Azeglio, avverso all'ideologia democratica e al metodo insurrezionale mazziniano, aveva contribuito anche il pensiero politico del giovane Cavour che nel 1846 così scriveva: «In Italia una rivoluzione democratica non ha probabilità di successo... Il partito favorevole alle novità politiche...non incontra grandi simpatie nelle masse...in genere assai attaccate alle vecchie istituzioni del paese. La sua forza risiede nelle classi medie e in una parte della classe superiore. Su queste classi [...] così fortemente interessate al mantenimento dell'ordine sociale le dottrine sovversive della Giovine Italia non hanno presa. Perciò ad eccezione dei giovani [inesperti ed ingenui] si può affermare che non esiste in Italia se non un piccolissimo numero di persone seriamente disposte a mettere in pratica i principi esaltati di una setta inasprita dalla sventura.» (A.Gacino-Canina, Economisti del Risorgimento, UTET. Torino, 1953). Una lucida analisi politica questa del movimento mazziniano e dei suoi fallimenti dovuti anche all'avversione di natura culturale che le classi colte e le masse contadine cattoliche avevano nei confronti della religione del progresso e della umanità di Mazzini. Nello stesso anno 1846 Cavour, dichiarando la fine delle cospirazioni settarie e dei complotti, aderiva all'idea di una lega doganale come premessa di una futura federazione politica dei vari stati italiani. Contrariamente a tanti cortigiani dei Savoia, timorosi delle novità politiche e tecnologiche, egli pensava, facendosi interprete delle esigenze della classe imprenditoriale e della aristocrazia illuminata, che la costruzione di ferrovie in Italia sarebbe stata la premessa della nostra emancipazione politica poiché in questo modo il paese sarebbe entrato in rapporto con l'economie e con le idee degli stati europei più avanzati.
Il modello inglese
Ammiratore del liberismo economico e del liberalismo politico inglese egli era convinto che con il metodo delle tempestive riforme si sarebbe evitato ogni sovvertimento socialista. Osservava come «L'umanità è diretta verso due scopi, l'uno politico, l'altro economico. Nell'ordine politico essa tende a modificare le proprie istituzioni in modo da chiamare un sempre maggior numero di cittadini alla partecipazione al potere politico. Nell'ordine economico essa mira evidentemente al miglioramento delle classi inferiori, ed a un miglior riparto dei prodotti della terra e dei capitali.» (da C.Cavour, Discorsi parlamentari, Firenze, 1932-1973). Un realistico riformismo per necessità più che per convinzione il suo : le riforme vannno fatte quando non se può più fare a meno, quando insistendo con una politica reazionaria il rischio di una rivoluzione si fa reale comportando così la perdita del potere sino allora gestito. Un modo di ragionare politico che ricalca quello economico: se voglio acquistare qualcosa nello scontro tra la domanda e l'offerta dovrò alla fine accettare il prezzo altrimenti perderò l'acquisto dell'oggetto o non lo venderò.
L'ingresso nella politica
Nel 1847 fece la sua comparsa ufficiale sulla scena politica come fondatore del periodico "Risorgimento". Fu eletto deputato al Parlamento nel giugno del 1848.
Entrò a far parte del governo D'Azeglio il 15 aprile del 1851, come ministro dell'Agricoltura, del Commercio e della Marina; il 19 aprile dello stesso anno completò il suo controllo della vita economica del Paese con l'aggiunta alle sue competenze del dicastero delle Finanze. Nel difendere al Senato Subalpino la politica economica liberista del governo e i trattati commerciali con la Francia, il Belgio e l'Inghilterra, Cavour affermava che coloro che sostenevano il protezionismo erano i naturali alleati dei socialisti. Il protezionismo propugnamdo l'intervento dello stato nell'iniziativa privata costituiva «La pietra angolare sulla quale il socialismo innalza le batterie con le quali intende abbattere l'antico edificio statale.» (C.Cavour, Discorsi parlamentari op.cit). Una tesi originale questa che voleva spaventare i reazionari accomunandoli ai sovversivi. Chi difendeva la libertà individuale non poteva non accettare il principio della libera concorrenza.[1]
Il connubio
Nel novembre del 1852 diede vita, al cosiddetto "connubio": una forma di coalizione programmatica tra le componenti liberali più moderate della destra e della sinistra piemontese con a capo Urbano Rattazzi, che lo portò nel novembre dello stesso anno a diventare Presidente del Consiglio dei Ministri. Il connubio mirava innazitutto a ridurre all'impotenza l'opposizione rappresentata dalla vecchia aristocrazia fondiaria e clericale che si era battuta nel 1850 contro le leggi Siccardi e i pochi rappresentanti della Sinistra democratica guidata da Angelo Brofferio, Giuseppe Saracco e Agostino Depretis. Scriveva Cavour qualche anno dopo: «Io penso di aver reso con ciò un servizio al nostro paese, perchè stimo di avere così innalzata una barriera abbastanza alta onde la reazione non venga mai a superarla». In realtà il connubio rappresentava quella che fin d'allora fu chiamata una dittatura parlamentare frutto di una politica che escludendo ogni reale apporto dell'opposizione alla formazione delle leggi può essere considerata per certi aspetti l'antesignana del famigerato trasformismo della Sinistra di Agostino Depretis nel 1882. Questo giudizio può essere temperato se consideriamo che a parere di altri storici invece, come Luigi Salvatorelli, Cavour ebbe sempre un grande rispetto per la libertà e lo Statuto albertino in nome del quale si contrastò persino con il re Vittorio Emanuele II, non sempre disposto a fare la parte del sovrano costituzionale. Ciò non toglie, secondo lo storico Denis Mack Smith, che i deputati sapessero di dover fare quello che lui voleva. Questo atteggiamento politico era dovuto anche al suo carattere che come ci racconta Petruccelli della Gattina ne "I moribondi di palazzo Carignano" (Milano 1862) era tale che «Conosce la gente che lo circonda, la stima poco, forse punto ed ha il torto di darlo a vedere. Non tollera eguali, non essendo abituato a incontrarne molti.»
Riforme economiche
Raggiunta questa carica Camillo Benso Conte di Cavour si diede al potenziamento economico-industriale del Regno di Sardegna, favorendo la costruzione di ferrovie, di strade.Ampliò il porto di Genova. Diede nuova vita all'agricoltura introducendo nuove coltivazioni e abolendo il dazio sul grano, facendo opere di bonifica e costruzione di canali d'irrigazione. Favorì la creazione di un'industria siderurgica e il potenziamento dell'industria tessile. Tutto ciò comportò un alto costo finanziario che Cavour affrontò contraendo pesanti prestiti con la Francia e l'Inghilterra i cui rimborsi furono coperti con gravose tassazioni che non risparmiarono neppure i generi alimentari con grave disagio dei ceti più deboli. Tra gli affari e la politica, sta la partecipazione di Cavour alla creazione dei primi moderni istituti di credito a Genova e a Torino, destinati a confluire nella Banca Nazionale degli Stati Sardi che più tardi divenne Banca d'Italia.
I rapporti tra Stato e Chiesa
Fin dal 1850 si era proceduto in Piemonte ad un'opera di laicizzazione dello stato tanto più necessaria per un paese dove sopravvivevano residui medioevali come il diritto d'asilo per chiese e conventi che le leggi Siccardi alla fine riuscirono a cancellare nonostante l'opposizione clericale guidata dall'arcivescovo di Torino arrestato e condannato ad un mese di carcere. Ancora nel 1852 non si riuscì a far approvare un progetto di legge che istituiva il matrimonio civile per l'opposizione del Senato e dello stesso re.[2] Anche Cavour nel 1855 dovette affrontare l'opposizione cattolica in relazione ad un progetto di legge per la soppressione degli ordini religiosi non dediti all'insegnamento o all'assistenza dei malati e l'incameramento dei loro beni dallo stato. La forte maggioranza parlamentare di Cavour dovette arrendersi di fronte all'opposizione del clero e di una parte dell'opinione pubblica ma soprattutto per l'intervento del re. Cavour si dimise aprendo una crisi costituzionale chiamata crisi Calabiana dal nome dell'arcivescovo di Casale Luigi Nazari di Calabiana avversario del progetto di legge. Lo scontro si risolse con un compromesso. Cavour ritirò le dimissioni e la legge fu ripresentata in termini molto più moderati rispetto alla precedente. Il problema dei rapporti tra Stato e Chiesa si ripresentò dopo l'unità aggravato dalla forte intransigenza di Papa Pio IX nei confronti dello stato italiano che aveva proclamato Roma capitale del nuovo regno. Seguendo il metodo diplomatico Cavour aveva avviato trattative segrete con Napoleone III, tutore della Chiesa cattolica e collo stesso papato[3]offrendogli l'abbandono di ogni pretesa giurisdizionalistica di controllo regalistico[4] sulla Chiesa da parte dello stato italiano in cambio della rinucia al potere temporale dei papi. Era la famosa formula della «Libera Chiesa in libero Stato». Il rifiuto di Papa Pio IX suscitò la reazione dell'anticlericalismo dei democratici mazziniani e garibaldini convinti che il problema di Roma capitale si potesse risolvere solo col metodo rivoluzionario.[5]
La politica estera e la questione italiana
Il programma politico di Cavour riguardo il problema italiano non prevedeva, come fu fatto credere dall'agiografia risorgimentale dopo l'unità [6] di unificare l'Italia ma piuttosto quello di creare un forte Stato nel Settentrione sotto la corona dei Savoia. Questo progetto d'altra parte, corrispondeva alle tradizionali aspirazioni dei Savoia all'unificazione della pianura Padana interrotta al fiume Ticino dalla presenza austriaca in Lombardia. Per ottenere un simile risultato, che avrebbe alterato il quadro politico europeo, il Piemonte da solo non avrebbe potuto conseguirlo senza il consenso e l'aiuto delle maggiori potenze europee.
La guerra di Crimea
L'occasione di presentare la questione italiana all'attenzione dell'opinione pubblica europea mettendola sull'avviso del pericolo rivoluzionario presente in Italia per le numerose iniziative democratico-repubblicane mazziniane, Cavour la colse quando nel 1854 scoppiò la guerra di Crimea, un ulteriore episodio della travagliata Questione d'oriente: Francia e Gran Bretagna alleate combattevano contro la Russia, che tentava di espandersi a loro danno nella penisola balcanica. Cavour offrì l'alleanza del Piemonte alle grandi potenze, inviando in Crimea un corpo d'armata.
La pace fu firmata nel 1856 al Congresso di Parigi con la presenza del rappresentante dell'Austria. Cavour non chiese alcun compenso per la partecipazione alla guerra, ma ottenne che una seduta fosse dedicata espressamente a discutere il problema italiano: egli poté quindi sostenere pubblicamente che la repressione dei governi reazionari e la politica dell'Austria erano i veri responsabili dell'inquietudine rivoluzionaria che covava nella penisola e che avrebbe potuto costituire una minaccia per i governi di tutta Europa.
Cavour e Napoleone III
Suscitata l'attenzione delle potenze europee sulla questione italiana per avere successo era necessario l'appoggio militare della Francia, dove forte era però l'opposizione dei cattolici francesi ansiosi per il futuro della Chiesa romana. D'altra parte l'Inghilterra, assecondata dal governo prussiano, si adoperava per una soluzione diplomatica per evitare una guerra che avrebbe alterato a favore della Francia l'equilibrio europeo. Si doveva perciò convincere con ogni mezzo Napoleone III , conservatore all'interno, ma sostenitore di una politica estera di "grandeur" improntata al principio napoleonico della Francia portatrice di libertà ai popoli oppressi protetti dagli interessi francesi. Dopo una lunga serie di trattative, fomentate da accordi matrimoniali[7] da seduzioni, [8] e favorite paradossalmente persino dall'attentato del repubblicano ex mazzinano Felice Orsini che voleva vendicare con un attentato l'intervento nel 1849 della Francia strangolatrice della Repubblica Romana,[9]si arrivò finalmente nel 1858 agli accordi segreti di Plombières. Si stipulava un trattato difensivo-offensivo ai danni dell'Impero asburgico (che verrà ratificato l'anno successivo), secondo il quale in caso di attacco militare provocato di questi, la Francia sarebbe intervenuta in difesa del Regno di Sardegna con il compito di liberare dal dominio austriaco le province dal Ticino alle Alpi, ricevendo, come compenso dell'aiuto offerto, i territori di Nizza e della Savoia ,la culla della dinastia sabauda, che Cavour, premuto da Vittorio Emanuele II, che minacciava di far saltare tutto, cercò invano in tutti i modi di evitare che divenisse francese.
Gli accordi di Plombières
La penisola italiana sarebbe stata territorialmente risistemata in quattro stati, legati in una Confederazione presieduta dal pontefice:
- il Regno dell'Alta Italia, con capitale Torino, da costituirsi tramite l'estensione del Regno sardo, privo delle due province cedute, alla Lombardia ed alle province venete almeno da Verona all'Istria costiera (vale a dire quelle fuori dalla Confederazione Germanica che aveva invece giurisdizione sul Trentino, sulla Contea Goriziana, su Trieste e sull'Istria interna) ed alle coste dalmate da Zara fino alle Bocche di Cattaro;
- il Regno dell'Italia centrale, con capitale Firenze, retto dal cugino dell'Imperatore Gerolamo Bonaparte (al quale, sempre per l'accordo, andò in sposa Clotilde, la primogenita del Re Vittorio Emanuele II) e composto dalla Granducato di Toscana, dai ducati di Ducato di Parma e di Ducato di Modena e dalle Legazioni, dalle Marche e dall'Umbria sottratti ai domini papalini;
- gli Stati Pontifici ai quali restava il solo Lazio, con capitale Roma;
- il Regno dell'Italia meridionale, con capitale Napoli, che avrebbe continuato ad esser retto dal Borbone oppure sul cui trono sarebbe salito un altro principe francese, presumibilmente Luciano Murat, nipote di Gioacchino già Re di Napoli.
Nel 1859 scoppiò la guerra che vide da un lato la Francia ed il Piemonte e dall'altro l'Austria. La guerra portò all'annessione della Lombardia, ma i francesi interruppero il conflitto prima del previsto. Cavour rassegnò le dimissioni in segno di protesta. Nonostante la contrarietà di Vittorio Emanuele II nel 1860 Cavour torna ad occupare la carica di Presidente del Consiglio.
Con abili mosse politiche, riuscì ad ottenere il riconoscimento dei plebisciti avvenuti in Toscana, nei ducati di Modena e Parma e nelle Legazioni Pontificie, per l'annessione al Regno di Sardegna. Per continuare ad avere l'appoggio francese nel suo tentativo, che ormai era di unificare la penisola italiana, cedette alla Francia la città di Nizza e la Savoia. In modo non esplicito aiutò Giuseppe Garibaldi ad organizzare la spedizione dei Mille, e poi con la scusa di fermare quel pericoloso rivoluzionario ottenne l'assenso francese all'occupazione dello stato Pontificio, Roma esclusa. Raggiunto dall'esercito sabaudo Garibaldi fece dono a Vittorio Emanuele II del sud Italia, portando così ad una parziale riunificazione della penisola. Il 17 marzo 1861 Vittorio Emanuele II venne proclamato Re d'Italia. Cavour a questo punto si lanciò in una grande opera diplomatica di accordo con il Papa, ma prima di poter arrivare alla conclusione delle trattative morì, probabilmente di malaria, nel palazzo di famiglia a Torino il 6 giugno 1861.
Note
- ^ In questo periodo storico in realtà il protezionismo tutelava gli interessi delle classi privilegiate mentre il socialismo aspirava ad un economia di stato nell'interesse dell'intera collettività.
- ^ Fu istituito nel 1865 dal nuovo Regno d'Italia.
- ^ Missione Diomede Pantaleoni-Passaglia
- ^ Al re spettava il "gradimento" della nomina dei vescovi e della relativa assegnazione del benefificio ecclesiastico della sede vescovile.
- ^ Solo nel 1929 si arrivò alla "conciliazione" tra Stato e Chiesa con i Patti Lateranensi.
- ^ Confronta l'illuminante testo di Mario Isnenghi in L'unità italiana in AA.VV., Tesi, antitesi, romanticismo-futurismo, Messina-Firenze, 1974.
- ^ La principessa Maria Clotilde di Savoia, figlia prediletta del re fu fatta sposare contro i suoi desideri a Torino il 30 gennaio 1859 con Napoleone Giuseppe Carlo Paolo Bonaparte (1822-1891)
- ^
La Contessa Castiglione, fotografata da Pierre-Louise Pierson (circa 1863-66) - ^ L'attentato che causò una vera strage con otto morti e centocinquanta persone ferite, sembra convincesse della gravità della situazione italiana l'imperatore che, anche per evitare ulteriori attentati, volle che fosse resa pubblica una lettera, probabilmente concordata in precedenza, dello stesso Orsini che, prima di essere ghigliottinato, invocava il suo aiuto per la causa italiana.
Bibliografia
- A.Gacino-Canina, Economisti del Risorgimento, UTET. Torino, 1953
- C.Cavour, Discorsi parlamentari, La Nuova Italia, Firenze, 1932-1973
- F.Petruccelli della Gattina, I moribondi di palazzo Carignano, Milano 1862
- Mario Isnenghi in L'unità italiana in AA.VV., Tesi, antitesi, romanticismo-futurismo, Messina-Firenze, 1974
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