Yakovlev Yak-1
Lo Yakovlev Yak-1 (in russo Яковлев Як-1?) era un caccia/cacciabombardiere ad ala bassa progettato dall'OKB 115 diretto da Aleksandr Sergeevič Jakovlev[N 1] e sviluppato in Unione Sovietica all'inizio degli anni quaranta.
Yakovlev Yak-1 | |
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Descrizione | |
Tipo | aereo da caccia cacciabombardiere |
Equipaggio | 1 |
Progettista | ![]() |
Costruttore | ![]() |
Data primo volo | 13 gennaio 1940 |
Data entrata in servizio | 1940 |
Data ritiro dal servizio | 1950 |
Utilizzatore principale | ![]() |
Altri utilizzatori | ![]() ![]() |
Esemplari | 8 800 [1] |
Altre varianti | Yakovlev Yak-3 Yakovlev Yak-7 Yakovlev Yak-9 |
Dimensioni e pesi | |
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Lunghezza | 8,48 m |
Apertura alare | 10,00 m |
Altezza | 2,70 m |
Superficie alare | 17,15 m² |
Efficienza | 12,5 |
Peso a vuoto | 2 445 kg |
Peso carico | 2 950 kg |
Propulsione | |
Motore | un Klimov M-105PA |
Potenza | 1 050 CV (772 kW) |
Prestazioni | |
Velocità max | 472 km/h al livello del mare 569 km/h in quota |
Velocità di salita | 877 m/min |
Autonomia | 650 km |
Tangenza | 10 000 m |
Armamento | |
Mitragliatrici | 2 ShKAS calibro 7,62 mm |
Cannoni | uno ShVAK calibro 20 mm |
dati estratti da Уголок неба[2] tranne dove indicato | |
voci di aerei militari presenti su Wikipedia |
Con le sue ali di legno e lo scheletro in tubi di acciaio, lo Yak-1 era un velivolo agile, maneggevole e, cosa altrettanto importante, di facile manutenzione e affidabile.[3] Risultò il migliore caccia in servizio nelle Voenno-vozdušnye sily (V-VS), l'aeronautica militare sovietica, al tempo dell'operazione Barbarossa nel 1941, quando si ritrovò ad essere utilizzato contro la pressante azione bellica tedesca contribuendo, nei dodici mesi successivi, ad arginare l'avanzata degli invasori combattendo in una situazione strategica sfavorevole.
Lo Yak-1 fu il capostipite di una famiglia di modelli che sarebbero stati prodotti, nel corso del conflitto, in più di 37 000 esemplari.[4][5][6]
Storia del progetto
Vista la crescente obsolescenza dei propri caccia con motore radiale quali il monoplano Polikarpov I-16 ed il biplano I-153, i responsabili della difesa sovietica emisero nel 1939 una specifica per una macchina di nuova generazione, caratterizzata da prestazioni complessive più elevate, anche se non necessariamente più armata ed agile dei precedenti.
Gli uffici di progettazione (OKB) presentarono quattro modelli, tre dei quali vennero approvati ed avviati alla produzione in serie.
Nell'insieme il migliore si dimostrò quello progettato da Aleksandr Sergeevič Yakovlev, già progettista di aerei da competizione ed alianti. Il prototipo, designato I-26, non risultò essere né il più veloce né il meglio armato del lotto ma dotato di maggiore agilità ed il più equilibrato dei tre che giunsero alla produzione.
Come premio per la sua realizzazione, Yakovlev fu decorato con l'Ordine di Lenin (in russo Орден Ленина?, Orden Lenina), la più alta decorazione concessa dall'Unione Sovietica, ed ottenne un premio di 100 000 rubli assieme ad un'automobile. [4]
Modelli successivi
Verso la fine del 1941 iniziò anche la costruzione di un biposto, lo Yak-7, ma i compiti addestrativi di questa macchina furono presto superati dalle esigenze operative e pertanto, data la sorprendente maneggevolezza dimostrata, ne fu intrapresa la conversione in un vero caccia monoposto, lo Yak-7B, che godeva dei 1.260 cavalli del motore VK-105PF, in luogo dell'originario. Non è chiaro se la trasformazione in macchina "combattente" fosse dovuta alle necessità o se lo consigliarono le qualità del mezzo.
Furono prodotti 6.300 Yak-7, portando il totale degli Yak di prima generazione a circa 15.000.
Furono usate in prima linea sia nel modello monoposto che biposto, specialmente questi ultimi in compiti di osservazione aerea.
Sebbene gli Yak-1 fossero poi superati dai successivi Yak-3 e Yak-9, fino al 1943 restarono molto importanti per le missioni da caccia a quote medio-basse.
Inizialmente furono determinanti nel consentire alla V-VS di resistere all'attacco tedesco e poi, oltre a continuare a battersi accanitamente, posero le basi di una dinastia che giunse secondo alcune fonti a 37.000 discendenti, persino più numerosi dei Bf 109 e forse degli Ilyushin Il-2.
Tecnica
Struttura
Costruito con una robusta struttura "mista", data da una fusoliera costituita da un traliccio d'acciaio con un rivestimento d'alluminio e ali in legno, questo piccolo caccia beneficiava dell'esperienza del progettista nel costruire macchine da competizione.
Il disegno della fusoliera era molto semplice e pulito, con strutture lineari, una coda piuttosto grande e un buon livello di visibilità.
Era un velivolo molto robusto, di semplice realizzazione e grande facilità di manutenzione, cose che per i sovietici contavano molto. Gli stabilimenti che lo producevano furono arretrati di 1.600 km per non essere occupati dai tedeschi, ma anche così la produzione rimase elevata ed entro l'anno pare vi fossero 500 aerei in servizio.
Nel frattempo furono attuati alcuni cambiamenti, nei limiti di una macchina priva di potenziali di crescita per il motore adottato e la struttura assai pesante. Dopo alcune modifiche "campali" consistenti nel segare il dorso di vari velivoli, si decise che anche nella linea di produzione gli aerei avrebbero dovuto essere costruiti con la parte posteriore della fusoliera ribassata, dando vita allo Yak-1M, caratterizzato da una tettuccio "a goccia", tra i primissimi esempi di questa naturale evoluzione rispetto ai caccia con la fusoliera "a gobba".
L'ala aveva una forma intermedia tra ellittica e quella trapezoidale, con estremità arrotondate. Al loro interno non erano alloggiate armi, ma un carrello a carreggiata larga.
I primi 1.000 Yak-1 erano sprovvisti di radio. L'installazione di apparati radio divenne frequente a partire dalla primavera 1942 ed obbligatoria dall'agosto 1942.[7] Ma le radio sovietiche erano inaffidabili e con portata insufficiente, così erano spesso rimosse per ridurre il peso.
Motore
Ai piloti francesi del Normandie-Niemen l'aereo in generale sembrò estremamente "ispirato" al Dewoitine D.520 e analogamente a quest'ultimo aveva un motore 12 cilindri a V con un cannone calibro 20 mm sparante dal mozzo dell'elica, ma il motore di per sé era molto più potente di quello francese. Esso era davvero di scuola "francese" dal momento che derivava dall'Hispano-Suiza 12Y, e incidentalmente la potenza erogata era quella di cui i D.520 avrebbero avuto bisogno. I radiatori erano sotto il muso e la fusoliera, per l'olio e il liquido rispettivamente.
Armamento
Nel muso esisteva lo spazio per due mitragliatrici ShKAS calibro 7,62 mm. Sia queste che il cannone ShVAK calibro 20 mm erano armi di assoluta eccellenza come cadenza di tiro, leggerezza ed altre qualità, benché il peso dei proiettili e la dotazione munizioni (120 colpi da 20 e 750 da 7,62) non fossero totalmente adeguati per valorizzare appieno le loro qualità complessive. Il sistema di puntamento era costituito da un collimatore a riflessione, come le realizzazioni straniere dell'epoca.
Il sistema di mira controllava anche "l'arma segreta" dei caccia sovietici, i razzi non guidati RS-82. Per quanto riguarda le armi, spesso le mitragliatrici leggere erano sostituite da una pesante, consentendo un migliore volume di fuoco. Alla fine della produzione, nel muso erano alloggiate due mitragliatrici Berezin UB calibro 12,7 mm con 700 colpi complessivi.
Come s'è detto, nelle ali erano presenti i razzi RS-82 (largamente diffusi nella V-VS, ma una novità per le altre aviazioni), impiegati per attacchi al suolo, attacchi ai bombardieri e per "spaventare" i caccia. Pesavano 24 chili per cui gli effetti, se colpivano, erano garantiti, ma erano piuttosto imprecisi e dovevano essere lanciati a distanze ridotte. Al posto dei 6 razzi furono in seguito installati agganci per due bombe da 50 o 100 chili, meno spettacolari ma più efficaci contro obiettivi al suolo (o almeno così si credette).
Impiego operativo
Allo scoppio della Grande Guerra Patriottica, l'industria sovietica aveva prodotto 425 Yak-1, ma, il 22 giugno 1941, primo giorno dell'invasione tedesca, soltanto 92 macchine erano operative nei distretti militari occidentali e la maggior parte fu distrutta dalla Luftwaffe nei primissimi giorni di guerra. [7]
I primi combattimenti rivelarono che lo Yak-1 era migliore del Bf 109E, ma inferiore al Bf 109F, il suo principale avversario. Il caccia russo era più lento ed inferiore in velocità di salita a tutte le quote. Sebbene potesse completare un cerchio alla stessa velocità del Bf 109, la mancanza di automatismi rendeva il duello aereo un affare complicato per lo Yak-1, richiedendo al pilota una notevole concentrazione (un Bf 109, con i suoi slat automatici, aveva una velocità di stallo inferiore ed era più stabile in virate strette e in figure acrobatiche sul piano verticale).[7] Il suo armamento era troppo leggero ma per ridurre il peso, furono fatte modifiche sia su aerei al fronte, sia su una trentina di macchine di serie: le mitragliatrici ShKAS calibro 7,62 mm furono rimosse, lasciando solo il singolo cannone ShVAK. Questi aerei alleggeriti erano molto apprezzati dai piloti più esperti, per i quali una riduzione dell'armamento era accettabile: i combattimenti nel novembre 1942 rivelarono un assai più favorevole rapporto perdite/vittorie. Inoltre, nell'autunno del 1942, apparve lo Yak-1B equipaggiato con il più potente motore M-105P e una singola mitragliatrice UBS da 12,7 mm, invece delle due ShKAS. Sebbene l'impiego di un'unica mitragliatrice pesante non incrementasse molto il volume di fuoco, la UBS si dimostrò più efficace della coppia di mitragliatrici dal calibro di un fucile. Inoltre sullo Yak-1 il collimatore PBP fu rimosso – a causa della pessima qualità delle ottiche – e sostituito con il precedente, più semplice, modello VV, ad anello. [8] Così modificato, lo Yak-1 risultò molto gradito ai piloti. Per il pilota sovietico Nikolai G. Golodnikov, nel complesso, considerate le sue caratteristiche tattiche e tecniche, lo Yak-1B era al livello del Messerschmitt Bf 109G.[9] I piloti volontari francesi del celebre Groupe Normandie-Niémen della Francia libera, quando fu formato, nel marzo 1943, selezionarono proprio lo Yak-1, nella versione -1M, con tettuccio "a goccia" e fusoliera posteriore ribassata.[10] L'unità francese ebbe il suo primo scontro il 5 aprile 1943, volando da Poltriani-Zavod, a sudovest di Mosca. Ma i francesi ebbero le loro prime perdite appena otto giorni dopo, quando tre Yak-1 furono abbattuti durante uno scontro con alcuni Focke-Wulf Fw 190, di tre dei quali fu rivendicato l'abbattimento. Grandi vittorie si alternavano a cocenti sconfitte. Il 22 settembre 11 Yak “francesi” sorpresero un Gruppe di Junkers Ju-87 Stuka non scortato da caccia e ne abbatterono 9 senza perdite. Ma durante la battaglia aerea di Smolensk nove piloti francesi furono uccisi e due feriti gravemente. Nel corso della prima campagna di Russia, il Normandie-Niémen perse 23 piloti e rivendicò 72 abbattimenti.[11]
Lo Yak-1 fu anche l'aereo di Lydia Litvyak, la donna pilota da caccia più famosa di tutti i tempi. La Litvyak pilotava una versione “base” (completa di asta dell'antenna) dello Yak-1, identificata dal numero “44 giallo”. Prestò servizio nell'unità 296.IAP che poi divenne il 73.Gv.IAP, nel maggio 1943. La Litvyak fu abbattuta ed uccisa in combattimento il 1º agosto 1943 a 22 anni, dopo almeno 11 vittorie individuali e tre di gruppo.[12]
La mimetizzazione invernale dei caccia russi era praticamente bianca; spesso erano montati sci retrattili, che tuttavia limitavano le prestazioni in volo. Questo faceva sì, assieme ad altri problemi di produzione, che le prestazioni dei caccia russi fossero spesso inferiori ai valori dichiarati, nonostante la piccola differenza tra peso a vuoto e a pieno carico.
I caccia tedeschi d'inverno erano praticamente bloccati a terra, non essendo forniti di sci al posto del carrello d'atterraggio.
L'importanza di questo modello nella Seconda Guerra Mondiale è spesso sottovalutato. Le convenzioni sovietiche per la denominazione degli aerei nascondono il fatto che lo Yak-1 ed i suoi successori — Yak-7, Yak-9 e Yak-3 — erano essenzialmente lo stesso modello, come per le numerose versioni dello Supermarine Spitfire o del Messerschmitt Bf 109. E se gli Yak fossero considerati un unico modello, i 37.000 velivoli prodotti ne farebbero l'aereo da caccia costruito nel maggior numero di esemplari della storia.[5][6] Le perdite furono in proporzione le più alte tra tutti i modelli di caccia impiegati dall'Unione Sovietica, sia nazionali, sia stranieri. Tra il 1941 e il 1945 ammontarono a 3 336 aerei, 325 nel 1941, 1 301 l'anno seguente, 1 056 nel 1943, 575 nel 1944 e 79 nei primi quattro mesi del 1945.[13]
Utilizzatori
Note
Annotazioni
- ^ La denominazione del "costruttore" risulta scritta in modo diverso da quella del "progettista" poiché nel secondo caso la traslitterazione del cognome è effettuata secondo il sistema "ISO 9", impiegato come standard convenzionale nelle pagine di Wikipedia in lingua italiana.
Fonti
- ^ Yak-1, in www.yak.ru
- ^ Яковлев Як-1, in www.airwar.ru
- ^ Snedden, 1997, p. 71.
- ^ a b Matricardi, 2006, p. 77.
- ^ a b Gunston, 1998, p. 88.
- ^ a b Ethell, 1995, p. 163.
- ^ a b c Drabkin 2007, p. 146.
- ^ Williams and Gustin 2003, p. 113.
- ^ Drabkin 2007, p. 135.
- ^ Gunston 1980, p. 203.
- ^ Morgan 1999, pp. 22-23.
- ^ Morgan 1999, p. 31.
- ^ Bergström 2008, p. 132.
Bibliografia
- (EN) Christer Bergström, Bagration to Berlin - The final Air Battle in the East 1944-45, Hersham - UK, Classic Publications, 2008, ISBN 978-1-903223-91-8.
- (EN) Artem Drabkin, Barbarossa & the retreat to Moscow – The Red Air Force at War – Recollections of Fighter Pilots on the Eastern Front, Barnsley - UK, Pen & Sword Military, 2007, ISBN 1-84415-563-3.
- (EN) Jeffrey L. Ethell, Aircraft of World War II, Glasgow, Harper Collins Publisher, 1995, ISBN 0-00-470849-0.
- (EN) Yefim Gordon e Dmitriy Khazanov, Yakovlev's Piston-Engined Fighters, Hinckley - UK, Midland Publishing, 2002, ISBN 1-85780-140-7.
- (EN) Yefim Gordon, Dmitriy Komissarov e Sergey Komissarov, OKB Yakovlev - A History of the Design Bureau and its Aircraft, Hinckley - UK, Midland Publishing, 2005, ISBN 1-85780-203-9.
- (EN) Bill Gunston, Aircraft of World War 2, Londra, Octopus Books Limited, 1980, ISBN 0-7064-1287-7.
- (EN) Bill Gunston, Encyclopedia of Russian Aircraft 1875-1995, Londra, Osprey, 1995, ISBN 1-85532-405-9.
- (EN) Bill Gunston, The Illustrated Directory of Fighting Aircraft of World War II, Londra, Salamander Book Limited, 1998, ISBN 1-84065-092-3.
- (EN) Bill Gunston e Yefim Gordon, Yakovlev Aircraft since 1924, Londra, Putnam, 1997, ISBN 0-85177-872-0.
- (EN) Robert Jackson, Aircraft of World War II - Development, Weaponry, Specifications, Leicester - UK, Amber Books, 2003, ISBN 1-85605-751-8.
- Paolo Matricardi, Aerei Militari: caccia e ricognitori, Milano, Mondadori Electa, 2006, ISBN non esistente.
- Hugh Morgan, Gli assi Sovietici della Seconda guerra mondiale, Edizioni del Prado/Osprey Aviation, 1999, ISBN 84-8372-239-9.
- (EN) Robert Snedden, World War II Combat Aircraf, Bristol, Parragon Book, 1997, ISBN 0-7525-1684-1.
- (EN) Anthony G. Williams e Emmanuel Gustin, Flying guns: The development of aircraft guns, ammunition and installations 1933-45, Ramsbury (MA) - USA, Airlife, 2003, ISBN 1-84037-227-3.
Pubblicazioni
- (EN) Hans Heiri-Stapfer, Yak Fighter, collana Aircraft In Action, vol. 78, Carrollton (TX) - USA, Squadron/Signal publications, 1986, ISBN 0-89747-187-3.
Velivoli comparabili
Altri progetti
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Yak-1
Collegamenti esterni
- (EN) Yakovlev Yak-1 (Krasavyets) Single-Seat Fighter Aircraft, su MilitaryFactory.com, 2 aprile 2017. URL consultato il 24 settembre 2018.
- (EN) Maksim Starostin, Yakovlev Yak-1, su Virtual Aircraft Museum. URL consultato il 7 marzo 2010.
- (EN) Yakovlev Yak 1, su The History of Flight. URL consultato il 24 settembre 2018.
- (FR) Gaëtan Pichon, Yakovlev Yak-1/Yak-7, su avionslegendaires.net. URL consultato il 24 settembre 2018.
- (EN) Yak-1, su A.S.Yakovlev design bureau. URL consultato il 7 marzo 2010.
- (RU) Яковлев Як-1, su Уголок неба (Angolo di Cielo). URL consultato il 7 marzo 2010.
- (RU, EN) Як-1, su Авиация Второй мировой (Mondo dell'Aviazione). URL consultato il 24 settembre 2018.