Adolfo Omodeo

Storico e politico e italiano (1889–1946), esponente di uno storicismo filosofico nel contesto del neoidealismo italiano

Adolfo Omodeo (Palermo, 18 agosto 1889[1]Napoli, 28 aprile 1946) è stato uno storico e politico italiano. Esponente anche della filosofia neoidealistica italiana,[2] fu allievo di Giovanni Gentile, ma ruppe in seguito con il maestro a causa dell'appoggio di quest'ultimo al regime fascista, avvicinandosi a Benedetto Croce.

Adolfo Omodeo

Ministro della pubblica istruzione
Durata mandato22 aprile 1944 –
8 giugno 1944
Capo di StatoVittorio Emanuele III
PresidentePietro Badoglio
PredecessoreGiovanni Cuomo
SuccessoreGuido De Ruggiero

Dati generali
Partito politicoPartito d'Azione
Titolo di studioLaurea
UniversitàUniversità degli Studi di Palermo
ProfessioneDocente universitario

Considerato uno dei grandi storici del suo tempo,[3] s'interessò sia alla storia antica che a quella risorgimentale, a cui s'ispirò per il suo impegno politico. Per il suo ideale liberal-progressista è stato definito l'ultimo grande erede di Giuseppe Mazzini.[4]

Biografia

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Si laureò in lettere e filosofia all'Università di Palermo nel 1912 sotto la guida di Giovanni Gentile con la tesi Gesù e le origini del cristianesimo, pubblicata nel 1913.

 
Adolfo Omodeo in uniforme durante la prima Guerra mondiale.

Nel 1914 sposò Eva Zona, sua compagna di studi, e nel 1915 si arruolò volontario alla prima guerra mondiale, vedendovi la continuazione ideale del Risorgimento, diventando ufficiale d'artiglieria.

Insoddisfatto tuttavia dall'esito bellico, che secondo Galante Garrone rappresentò un «aspro e doloroso risveglio alla realtà»,[5] Omodeo cercò comunque di trovare un significato spirituale alla «missione storica» di quanti «seppero ben morire»:[6]

«Molti incontrarono la morte prima che fosse sfiorita l'adolescenza. Le anime serbavano ancora la freschezza, l'ingenuità, il candore di chi fin allora è cresciuto ravvolto dall'affetto della famiglia […]. Distaccatisi dalle madri, si cacciarono nelle mischie sanguinose. Ma vissero la guerra con l'animo d'eroi di fiabe lontane, con la fede patria ingenua come la preghiera del fanciullo, con ardore degno d'antica poesia.»

Nel 1919 iniziò a insegnare al liceo e nel 1922 divenne docente di Storia antica nell'Università di Catania. Nel 1923 passò all'Università di Napoli, dove tenne la cattedra di Storia del cristianesimo. Risultato del suo insegnamento sono i volumi dedicati agli Atti degli apostoli e alla figura di San Paolo - che insieme alla sua tesi su Gesù costituiscono la Storia delle origini cristiane (1925) - e La mistica giovannea, pubblicata nel 1930: come storico del cristianesimo l'Omodeo si rifà alla critica razionalistica tedesca e al Loisy.

Altre opere incentrate sulla storia del cattolicesimo nel secolo XIX sono Un reazionario: il conte Joseph de Maistre, 1939 e Aspetti del cattolicesimo della Restaurazione, pubblicato postumo nel 1946.

Si dedicò poi alla storia del Risorgimento difendendo le tesi del liberalismo cavouriano contro le alterazioni critiche del Risorgimento operate dagli storici monarchici e fascisti, e sviluppando la concezione crociana della storia in cui si realizza l'idea della libertà: L'età del risorgimento italiano del 1931, La leggenda di Carlo Alberto, (1940), V. Gioberti e la sua evoluzione politica, e principalmente L'opera politica del conte di Cavour del 1942. Postumi uscirono G. Calvino e la Riforma in Ginevra, Il senso della storia e Difesa del Risorgimento.

Altri suoi scritti, notevoli per l'impostazione critica crociana, sono le raccolte di saggi Tradizioni morali e disciplina storica (1929), Figure e passioni del Risorgimento italiano (1932), e la raccolta di testimonianze storiche Momenti della vita di guerra (1934).

Nel 1925 non aveva firmato nessuno dei manifesti degli intellettuali di Gentile e di Croce, ma nel 1928 ruppe definitivamente con l'antico maestro e si avvicinò a Benedetto Croce. Della loro relazione è testimonianza l'intensa corrispondenza che scambiarono tra il 1921 e la morte di Omodeo. Nel 1931, come docente, prestò giuramento di fedeltà al fascismo imposto dal regime pena la perdita della cattedra e l'esclusione dall'insegnamento.[7]

Questo il suo giudizio, espresso nel 1945, sulle forze armate durante il regime fascista, che lo ostacolò per le sue idee:

«Ad un osservatore spassionato, sopra tutto se è vissuto nell'esercito dell'altra guerra, vecchiotto d'istituzioni, non privo di magagne, ma dotato di certe qualità morali, di un vivace senso d'onore e che fu in grado di inquadrare tutta la nazione in armi, appare di colpo l'immensa rovina prodotta dal fascismo nelle nostre forze armate: il fascismo si presenta come qualcosa che va oltre un regime politico: è una tabe che ha corroso a fondo tutte le strutture sociali...[8]»

Dopo il 25 luglio 1943 Omodeo divenne rettore dell'Università di Napoli, e caldeggiato dal suo maestro Benedetto Croce,[10] s'iscrisse al Partito d'Azione.[9] Dall'aprile al giugno 1944 fu ministro dell'educazione nazionale (che con lui riprese la denominazione di "Ministero della pubblica istruzione") nel secondo governo Badoglio. Dal 1945 al 1946 fu membro della Consulta nazionale.

Fu socio dell'Accademia dei Lincei e condirettore, insieme al suo grande amico Luigi Russo, della rivista Belfagor.

Morì nel 1946, per le conseguenze di una mielite forse contratta sin dal 1917 sul Carso durante la prima guerra mondiale.[11] Benedetto Croce, che sperava potesse raccogliere la propria eredità, lo aveva elogiato come uno dei suoi migliori collaboratori, insieme a De Ruggiero, alla rivista La Critica,[9] e reagì con «un impeto di pianto» alla notizia della sua dipartita.[9]

La famiglia di Omodeo decise di donare la sua biblioteca personale all'Istituto italiano per gli studi storici, che la possiede tuttora.[13]

Lo storicismo liberale di Omodeo

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Adolfo Omodeo reinterpretò in senso religioso e soprattutto storicistico l'attualismo di Gentile,[14] da lui coniugato con lo storicismo idealistico di Croce,[11] fino a realizzare, come rilevato da Eugenio Garin, una sorta di convergenza tra i due massimi esponenti dell'idealismo italiano.[15] In maniera simile al percorso filosofico di Guido De Ruggiero, infatti, egli unì la conoscenza storica del pensiero con l'azione creativa nella sintesi dello spirito.[16]

«Ogni atto spirituale è un conoscere che è un fare, poiché, non essendo la conoscenza passiva contemplazione d'un oggetto in sé, d'un mondo di idee, ma un perpetuo ritrovamento che il pensiero fa di se stesso […], la conoscenza è sempre conoscenza dello spirito che si fa oggetto a sé ritrovandosi nel suo oggetto, il conoscere è attività, è fare.»

Partendo inizialmente da una disamina del problema religioso, per il quale trovava maggiori attenzioni da parte di Gentile, Omodeo intendeva studiare le origini del cristianesimo per poter meglio affrontare le dinamiche storiche che dal passato avevano generato il presente, e sviscerarne così l'origine dei problemi.[11]

In polemica col modernismo teologico, per lui l'afflato spirituale dei primi cristiani, «momento di una ricchezza inesauribile»[18] che si era poi sclerotizzato all'interno delle istituzioni ecclesiastiche, conteneva in sè il germe della laicità moderna e della valorizzazione protestante dell'individuo.[11]

D'altra parte gli risultò estranea anche la cultura positivistica, con cui entrò in contatto durante la frequentazione della Scuola Normale di Pisa, sentendosi piuttosto attirato dal radicalismo repubblicano e rivoluzionario del Settecento, da cui riteneva sarebbero germogliate le correnti morali e ideali del Risorgimento, come quelle di Lambruschini, Rosmini, Gioberti, Manzoni, imperniate su un'idea religiosa intesa come forza creatrice di civiltà e fondativa della libertà, in un connubio di mito e ragione ripreso da Georges Sorel, oltre che dalla concezione hegeliana di un cristianesimo quale razionalità incarnata.[18]

Quella di Omodeo era dunque una sorta di religiosità laica, che trovava molte affinità con Giuseppe Mazzini, del quale egli fu autore di un'originale interpretazione che lo accostava al liberalismo di Cavour: entrambe queste figure, integrandosi a vicenda, furono da lui annoverate insieme come i due poli della lotta risorgimentale italiana, alla quale Omodeo attribuiva una valenza europea, non soltanto nazionale, ritenuta un momento della più generale storia moderna della libertà; ad essa egli volle dedicare il resto della sua attività di storico,[11] dopo essersi occupato di quella cristiana.

Nonostante la loro reciproca avversione, giunse così a definire Cavour un «involontario» collaboratore di Mazzini, affermando che «c'era del mazziniano anche in Cavour»,[19] riletto in una chiave etica-religiosa:

«Il momento realistico del Cavour rientra in un organismo spirituale più vasto; e da esso si spiega anche ciò che differenzia il Cavour da un Bismarck: l'ascendente morale. […]

Cavour non fu soltanto il diplomatico felice, il grande uomo di parlamento, il ministro devoto della monarchia, ma una forza costitutiva della coscienza italiana: partecipa di quel processo ricreativo, ab imis fundamentis, del popolo italiano

Distanza da Croce e successivo accostamento

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I suoi giudizi su Mazzini allontanavano Omodeo sia da Gentile, sia da Croce, notoriamente critico verso il mazzinianesimo repubblicano.[20]

A distanziarlo ulteriormente da quest'ultimo, era la sua avversità alle politiche di Giovanni Giolitti, con cui invece Croce collaborò proficuamente, l'adesione di costui al Partito Liberale Italiano, espressione a suo avviso di un liberalismo «pigro» o conservatore, e in generale il giudizio fortemente negativo di Omodeo su tutta l'epoca successiva all'unità d'Italia,[9] nella quale vedeva il dissolvimento degli ideali del Risorgimento, «una età da tener alta nel ricordo come ispirazione, da ritrovare nel futuro, ma che non si prolungava direttamente nella vita quotidiana presente degli uomini e delle istituzioni».[21]

Sul piano filosofico, le sue posizioni storiografiche che risentivano dell'attualismo gentiliano l'avevano spinto ad affemare la conteporaneità della storia in una maniera più netta e vigorosa di Croce, contro il quale sosteneva non solo che la storia è resa viva dai propri interessi e motivazioni, ma anche dalla coscienza odierna di sé con cui si rivaluta il passato in funzione del presente,[22] nell'unità di pensiero e azione, ovvero nella coincidenza di res gestae e historia rerum gestarum.[23]

La storia, infatti, comporta non solo una comprensione ma anche una valutazione di natura etica,[22] un giudizio che si compie quando la volontà creatrice dell'Io risolve la realtà già accaduta, con le sue molteplici esperienze, nell'unità attiva del soggetto,[14] sicché «conoscere la storia è farla».[23]

Questa dunque non è semplicemente «giustificatrice», come nella definizione crociana,[24] bensì giustiziera, secondo il motto hegeliano Weltgeschichte ist das Weltgericht («la storia del mondo è il tribunale del mondo»),[25] poiché la storia stessa reca in sé la sua giustificazione, come sentenza che incide su di essa, non in maniera trascendente o moralistica, ma immanente al suo divenire,[22] «in concreti momenti di coscienza, nella spiritualità della nuova storia, nell'umana attività che opera».[23]

D'altra parte Omodeo evidenzierà in seguito certe prese di distanza anche dall'attualismo di Gentile, da cui pure aveva appreso «la concretezza del reale»,[9] ma aderendovi in maniera «troppo ingenua»,[26] dubitando in particolare degli esiti speculativi di alcuni colleghi come Guido De Ruggiero e Fazio-Allmayer, e impegnandosi affiché la «convertibilità» vichiana della filosofia in storia non restasse solo una vuota formula.[27]

«Fra me e gli attualisti c'era un equivoco di cui ancora non avevo coscienza. Io esigevo che si attuasse realmente la trasformazione della filosofia in istoria; gli attualisti volevano restare nella formula pura, generica, e dovevano per bocca del maestro considerare la storia concreta grossa materialità.[28]»

Restarono in ogni caso forti tracce della sua importazione attualistica, anche quando, avvicinatosi definitivamente a Croce, tendeva ad attenuare la portata delle sue distizioni tra le quattro forme dello Spirito, non mostrando interesse né per l'utile economico, né per la categoria dell'estetica,[9] ravvisando piutosto un'infinità di distinti «per quanti sono i momenti di individuazione».[29]

Dalla collaborazione con Croce scaturì anche un'approfondita analisi del liberalismo francese, in cui nel corso della Restaurazione ottocentesca Omodeo vedeva operare una sorta di battaglia culturale per l'edificazione di una nuova civiltà, condotta dalla religione della libertà contro le forze reazionarie dell'autoritarismo clericale.[11]

Opere principali

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  • Res gestae e historia rerum gestarum (1913)
  • Storia delle origini cristiane (1921-1925)
  • Tradizioni morali e disciplina storica (1929)
  • La mistica giovannea (1930)
  • L'età del Risorgimento italiano (1931)
  • Figure e passioni del Risorgimento italiano (1932)
  • Momenti della vita di guerra (1934)
  • Joseph de Maistre (1936-1937)
  • L'opera politica del conte di Cavour, 1848-57 (1940)
  • La leggenda di Carlo Alberto (1941)
  • Vincenzo Gioberti e la sua evoluzione politica (1941)
  • La cultura francese nell'età della Restaurazione (1946)
  • Aspetti del cattolicesimo della Restaurazione (1946)
  • Giovanni Calvino e la Riforma in Ginevra (1947)
  • Il senso della storia (1948)
  • Difesa del Risorgimento (1951)
  • Lettere 1910-1946 (1963)
  • Gli sono state intitolate vie ad Avellino, Bari, Milano, Napoli, Pisa, Ravenna e Roma.
  1. ^ «Essendosi diffusa in passato qualche confusione intorno all'esatta data di nascita di Omodeo, è bene ribadire l'assoluta sicurezza del 18 agosto, come testimonia Eva Zona e come si evince in maniera definitiva dalla lettera al figlio Pietro del 18 agosto 1940» (Marcello Mustè, Adolfo Omodeo. Storiografia e pensiero politico, Napoli 1990, p. 6). La lettera in questione si trova in A. Omodeo, Lettere 1910-1946, Torino 1963, p. 627.
  2. ^ Arduino Agnelli, Adolfo Omodeo nella cultura idealistica, in Marcello Gigante (a cura di), Ricordo di Adolfo Omodeo, Università degli studi di Trieste, 1968, pp. 17-41.
  3. ^ Commemorazione di Adolfo Omodeo, su jstor.org. URL consultato il 28 giugno 2022.
  4. ^ Così Galante Garrone, giudizio condiviso da Francesco De Martino, in un articolo del novembre 1975 su «Mondoperaio», pp. 26-32 ( Pensiero e azione di Adolfo Omodeo, su forum.termometropolitico.it. URL consultato il 28 giugno 2022.)
  5. ^ Alessandro Galante Garrone, introduzione a A. Omodeo, Momenti della vita di guerra (1934), Torino, Einaudi, 1968, p. XI.
  6. ^ a b Cit. in Gianluca Cinelli, Adolfo Omodeo. Il mito del Risorgimento e la Grande Guerra, su Altritaliani.net, 2015.
  7. ^ Sergio Romano, 1931: i professori giurano fedeltà al fascismo, in Corriere della Sera, 14 febbraio 2006 (p. 39).
  8. ^ A. Omodeo, Le Forze Armate. Problemi e proposte, in Quaderno del Partito d'Azione, n. 17 (1945?).
  9. ^ a b c d e f g Marcello Mustè, Benedetto Croce e Adolfo Omodeo: l'altro autore della "Critica", in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2016.
  10. ^ Con Croce Omodeo ebbe rapporti d'amicizia e di collaborazione ma «Si trattava, per altro, dell'incontro fra due personalità molto diverse, non solo per età (Croce era nato nel 1866, Omodeo nel 1889) ma anche per formazione e carattere: una differenza che l'amicizia non cancellò, tanto che, dissipate le nubi della guerra e del fascismo, tra il 25 luglio del 1943 e la morte di Omodeo, il 28 aprile 1946, sfociò in un contrasto politico destinato a toccare, oltre l'immediata azione pratica, anche non secondari orientamenti ideali».[9]
  11. ^ a b c d e f Girolamo Imbruglia, Adolfo Omodeo, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 79, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2013.
  12. ^ Catalogo del Fondo Adolfo Omodeo (PDF), su picus.unica.it.
  13. ^ Archivio Adolfo Omodeo, su picus.unica.it, 2018.[12]
  14. ^ a b c Liliana Sammarco, Cultura e politica nel dialogo Gentile-Omodeo, § 3, in Piero Di Giovanni (a cura di), Giovanni Gentile: la filosofia italiana tra idealismo e anti-idealismo, FrancoAngeli, 2003, pp. 140-146.
  15. ^ E. Garin, Cronache di filosofia italiana (1900-1943), pag. 409, Bari, Laterza, 1959.
  16. ^ Giuseppe Cacciatore, Le filosofie dello storicismo italiano, in Piero Di Giovanni (a cura di), Le avanguardie della filosofia italiana nel XX secolo, Milano, FrancoAngeli, 2002, pp. 346-7, ISBN 88-464-3693-8.
  17. ^ Saggio pubblicato nell'Annuario della Biblioteca filosofica di Palermo, vol. III, edita da Alberto Reber nel 1913, pp. 1-28.
  18. ^ a b Luca Cardin, Omodeo, Adolfo (PDF), in Enciclopedia Bompiani, p. 8103.
  19. ^ a b Cit. in Antonio Jannazzo, Il liberalismo italiano del Novecento: da Giolitti a Malagodi, Rubbettino Editore, 2003, p. 20.
  20. ^ Girolamo Imbruglia, Adolfo Omodeo, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2013.
  21. ^ Aldo Garosci, Adolfo Omodeo: la guerra, in "Rivista storica italiana", 1966, n. 1, vol. II, p. 639.[6]
  22. ^ a b c Fulvio Tessitore, Lo storicismo di Adolfo Omodeo, § 4, in Contributi alla storia e alla teoria dello storicismo, vol. V, Edizioni di Storia e Letteratura, 1995, pp. 115-6.
  23. ^ a b c A. Omodeo, Res gestae e historia rerum gestarum, in "Annuario della Biblioteca filosofica" di Palermo, vol. III, p. 8, Alberto Reber, 1913.
  24. ^ «La storia non è mai giustiziera, ma sempre giustificatrice; e giustiziera non potrebbe farsi se non facendosi ingiusta, ossia confondendo il pensiero con la vita, e assumendo come giudizio del pensiero le attrazioni e le repulsioni del sentimento» (Benedetto Croce, Teoria e storia della storiografia [1917], pag. 98, Milano, Adelphi, 2001).
  25. ^ Hegel, Grundlinien der Philosophie des Rechts (1820), § 340-1, che a sua volta riprendeva un aforisma di Schiller; citato anche in Enciclopedia, § 548.
  26. ^ A. Omodeo, da una lettera del 13 dicembre 1934 a Luigi Russo, in Lettere 1910-1946, p. 528, prefazione di A. Galante Garrone, Torino, Einaudi, 1963.[14]
  27. ^ Aa.Vv., Ricordo di Adolfo Omodeo, pag. 23, Università degli studi di Trieste, 1968.
  28. ^ Cit. in Fabio Togni, Il periodo palermitano di Giovanni Gentile (PDF), su aisberg.unibg.it, Università degli Studi di Bergamo, 2011, p. 213.
  29. ^ A. Omodeo, in Tradizioni morali e disciplina storica, Bari, Laterza, 1929, p. 262.

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