Adolfo Prasso
Adolfo Prasso (Addis Abeba, 1905 – Lechemti, 27 giugno 1936) è stato un ingegnere italiano. Insignito della medaglia d'oro al valor militare, fu l'unico meticcio insieme a Giorgio Pollera a ricevere la massima onorificenza militare italiana durante le operazioni di stabilizzazione dell'Africa Orientale Italiana.[1]

Biografia
modificaNato da madre etiope, Adolfo Prasso studiò presso il collegio San Giuseppe di Torino,[2] e in seguito si laureò a Londra in ingegneria mineraria.
Lavorò in Etiopia con il padre Alberto, giunto in tale paese nel 1901 e che possedeva a Iubdo diversi giacimenti di metalli preziosi[3], tra cui platino ed oro.
Oltre a italiano, inglese, tedesco ed arabo, parlava anche i dialetti abissini e conosceva le usanze delle tribù indigene.
Non essendo obbligato a svolgere il servizio militare, dovette lasciare l'Abissinia allo scoppio della guerra d'Etiopia, espulso dal ras Tafari insieme ai missionari italiani. Dopo l'occupazione di Addis Abeba tornò in Etiopia.[3]
Il 26 maggio 1936 partì con la missione del generale Vincenzo Magliocco nella regione degli Uollegà,[4] conoscendo bene quei luoghi e le genti.[3]
L'eccidio di Lechemti che portò alla morte Adolfo Prasso e quasi tutti gli altri componenti della missione (tutti insigniti della medaglia d'oro al valor militare) provocò grande commozione fra i coloni italiani dell'Etiopia.[3]
Onorificenze
modifica— 1936[5]
Note
modifica- ^ Le recensioni di Valeria Isacchini: Mauro Valeri, Il generale nero: bersagliere, aviatore e ardito, su ilcornodafrica.it. URL consultato il 22 settembre 2017 (archiviato dall'url originale il 22 settembre 2017).
- ^ L'Ing. Adolfo Prasso, in La Stampa, 9 luglio 1936.
- ^ a b c d PRASSO Adolfo, su Associazione Nazionale Combattenti FF.AA. Regolari di Liberazione, 11 gennaio 2016.
- ^ Piero Pasini, William D'Altri, molto più che una 'medaglia d'oro', su Romagna noi, 24 marzo 2015. URL consultato il 23 settembre 2017 (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2017).
- ^ PRASSO Adolfo, su Presidenza della Repubblica. URL consultato il 23 settembre 2017.
Voci correlate
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