Bozza:Corezzo
Corezzo[1] è una frazione del comune italiano di Chiusi della Verna nella provincia di Arezzo, in Toscana. Il paese è anche conosciuto per il suo prodotto tipico, il tortello alla lastra.
Corezzo frazione | |
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Corezzo | |
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Localizzazione | |
Stato | ![]() |
Regione | ![]() |
Provincia | ![]() |
Comune | ![]() |
Territorio | |
Altitudine | 760 m s.l.m. |
Abitanti | 90[2] (2011) |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 52010 |
Prefisso | 0575 |
Fuso orario | UTC+1 |
Codice ISTAT | 51015 |
Cod. catastale | C663 |
Targa | AR |
Cl. sismica | zona 2 (sismicità media)[3] |
Nome abitanti | corezzini |
Patrono | Sant'Andrea |
Giorno festivo | 30 Novembre |
Soprannome | “Il paese del tortello alla lastra” |
Sito istituzionale | |
Geografia fisica
modificaPosizione e territorio
Corezzo è una frazione del comune di Chiusi della Verna, in provincia di Arezzo, situata a circa 760 metri di altitudine sul livello del mare. Sorge su un crinale dell'Appennino tosco-romagnolo, vicino al confine del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi.[4] Il territorio circostante è caratterizzato da rilievi arenacei che si estendono tra i 667 e i 1100 metri di quota, con un paesaggio montano definito da crinali, valli e aree boschive. L'assetto geografico di Corezzo è influenzato dalla sua posizione di spartiacque tra la Val di Corsalone e la Val di Rassina, nei pressi del confine con i comuni di Chitignano e Subbiano.
Rilievi principali
Il paesaggio di Corezzo è dominato da diversi rilievi montuosi. Il Passo della Serra (1102 m) costituisce uno storico collegamento tra Corezzo e Badia Prataglia. Sebbene non immediatamente visibile dal borgo, il Monte Falterona (1654 m), da cui nasce il fiume Arno, esercita una notevole influenza sull'idrografia locale. Ulteriori rilievi importanti sono il Monte Penna della Verna, con affioramenti di arenaria macigno, il Monte Fatucchio (904 m), le cui pendici sono caratterizzate da calanchi, e più lontano, il massiccio del Pratomagno (1592 m).
Idrografia
L'idrografia locale è dominata dal torrente Corsalone, il torrente Corezzo e una fitta rete di fossi come il fosso Serra, creando microambienti favorevoli alla presenza di specie acquatiche.
Clima
Il clima di Corezzo è di tipo montano, influenzato dall'altitudine e dalla presenza dei rilievi appenninici. Gli inverni risultano rigidi, con frequenti nevicate tra dicembre e marzo e temperature minime che spesso scendono sotto lo zero. Le estati sono fresche, con massime che raramente superano i 26-28 °C e notevoli escursioni termiche tra giorno e notte. Le precipitazioni sono distribuite nell'arco dell'anno, con massimi nei mesi primaverili e autunnali, mentre l'estate risulta relativamente più secca. La presenza di nebbie mattutine nei periodi di transizione stagionale è frequente e contribuisce al mantenimento della vegetazione rigogliosa.
Vegetazione e uso del suolo
La vegetazione di Corezzo è caratterizzata da boschi misti di faggio e abete bianco alle quote più elevate, residui delle foreste primarie dell'Appennino, oggi protette nell'ambito del Parco Nazionale. A quote inferiori si trovano estesi castagneti e rovi, un tempo fondamentali per l'economia locale. Intorno al borgo si estendono terreni coltivati e una rete di mulattiere che collega Corezzo ai centri vicini, come Chiusi della Verna, Badia Prataglia, Serra, Val della Meta, Frassineta, Rimbocchi e Biforco.
Fauna
La fauna di Corezzo è ricca e variegata, grazie alla vicinanza al Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. I principali animali che popolano l'area sono i mammiferi come il cinghiale, il capriolo, il cervo, la volpe, la lepre e più raro il lupo appenninico, gli uccelli come il tottavilla, il calandro, la civetta, il picchio, il gufo e il falco pellegrino, i rettili come la vipera, il saettone e la biscia, gli anfibi come il rospo comune e l'ululone appenninico, i pesci come la trota fario, il vairone, il barbo, l'anguilla e il gambero di fiume. Infine ci sono invertebrati come la farfalla, la falena, la mantide religiosa, numerosi xilofagi e coleotteri come il cervo volante.
Storia
modificaOrigini e prime testimonianze (967)
Il nome Coretio suggerisce una possibile origine umbra del luogo, ma la prima testimonianza scritta risale soltanto al 967, anno in cui l'imperatore Ottone I concesse il forestum di Corezzo in feudo a Gausfredo di Ildebrando.
In effetti, il toponimo compare il 7 dicembre 967 nei documenti come forestum de Corezo (Reg. Cam.).
Epoca romana e bizantina
L'area di Corezzo era già da tempo riconosciuta come importante via di transito: le legioni romane, partendo da Arezzo, si dirigevano verso la valle del Savio passando attraverso il Passo di Serra per combattere le popolazioni umbre.
Successivamente, Corezzo assunse anche un ruolo nella linea difensiva dell'Impero Bizantino, tesa a contrastare l'avanzata dei Longobardi verso oriente.
Presenza germanica (IX-X secolo)
Tra il IX e il X secolo si registrò in Vallesanta una forte presenza di popolazioni germaniche, che mantennero vive le proprie tradizioni e consuetudini, distinguendosi etnicamente dalle popolazioni locali.
Corezzo nell'XI secolo
Nel maggio del 1016 viene documentata[5] una contessa, “Gemma comitissa” (Cadolingi) che risiedeva con la sua corte (curtis) proprio a Corezzo (Reg. Cam.), forse in seguito ad una concessione fiscale in favore dei Cadolingi come testimoniato da due documenti[6] riportati qua sotto tradotti in italiano dal latino medievale.
Reg. Leon. n. 40 p. 19 (1016, maggio, Arezzo)
Gemma, contessa, figlia del fu Cadolo, per sua libera volontà consegnò a Leone, figlio del fu Ursoni, la metà di un bene situato all'interno del territorio della pieve di San Ippolito (non più esistente), nel luogo detto Bibbiena, in località Valle; tale metà era stata in passato posseduta e detenuta da Giovanni massaro, così come ora la possiede e detiene, per conto della contessa stessa, il suddetto Leone. Concesse il bene a condizione che egli dovesse tenerlo, coltivarlo, migliorarlo e goderne, e che ogni anno dovesse consegnare e rendere quanto dovuto presso la corte della contessa, nel luogo di Corezzo...
n. 90 (1027, ottobre, Arezzo)
Leone, uomo illustre, figlio del fu Ursoni, affermò e descrisse il nome del luogo detto Prataglia (Badia Prataglia), situato tra i confini dei vicini, che nasce dal rivo di Cossorino (che confluisce nel rivo di Gualdrone)(attuale confluenza dell'Archiano d'Isola con l'Archiano) e si estende fino ai confini, caratterizzato da vigne e alberi, appartenente alla pieve di Santa Maria di Partina, nel casale di Corezzo.
Nei secoli IX e X, il tratto superiore del Corsalone formava un vasto blocco di terre controllato dal fisco, soggetto a essere dato e ripreso successivamente. Dopo il Mille i re non ci ritornarono più e anche i Cadolingi spariscono dalle fonti.
Questa volta, tuttavia, le loro terre non ritornarono al fisco: già nel 1038 i monaci di Prataglia possedevano un dominico a Corezzo che potrebbe risalire a un dono dei Cadolingi.
Un atto stipulato nel 1050 riporta la seguente annotazione: “Breve recordationis qualiter factum est in Casale Corectiio, juxta ecclesiam S. Andree”, ovvero un “breve ricordo di ciò che avvenne nel casale di Corezzo vicino alla chiesa di Sant'Andrea”.
Ciò testimonia l'esistenza di una chiesa già a quell'epoca, anche se ancora non erano stati eretti né il castello né le eventuali palizzate difensive.
Il castello di Corezzo sorse in seguito, su un'altura conosciuta come Ontaneta (poio de Unteneta), nome ancora oggi conservato nell'area dove si trova il campo sportivo.
Un documento del luglio 1065 cita infatti sia il poggio di Ontaneta sia il tracciato della via Maior (Reg. Cam.), che corrisponde all'attuale via Romea.
Corezzo tra XI e XIII secolo
Durante i secoli XI, XII e XIII, mentre l'Abbazia di Prataglia e l'Eremo di Camaldoli consolidavano il loro dominio sui casali circostanti, il territorio di Corezzo passava di mano: dapprima ai Conti Catani di Chiusi, poi ai Guidi di Romena.
Nel 1257, per volontà di Guido d'Aghinolfo, Corezzo fu restituito a Guglielmino, vescovo e conte di Arezzo, già proprietario anche del castello di Montefatucchio e caduto poi nella battaglia di Campaldino.
Nel frattempo, con la nascita dei primi fermenti comunali, anche la struttura del paese si modificava: attorno al cassero centrale, dominato da una torre che ad oggi si troverebbe nei pressi attuale Piazza Europa insieme alla scomparsa pieve di Sant'Andrea, documentata fin dal 1050 da cui poi iniziò a svilupparsi il borgo verso sud.
Verso nord, invece, fuori dalle mura, sorse un hospitale — una semplice capanna dotata di uno o due letti — destinata ad accogliere i viandanti in transito sulla via di collegamento tra Toscana e Romagna, controllata dai Conti Guidi di Bagno.
Il passaggio alla Repubblica di Firenze (1384-1404)
Nel 1384 Corezzo, come il resto del contado aretino, fu annesso alla Repubblica di Firenze.
La Repubblica acquistò il feudo dal francese Engerando di Cossè, per poi concederlo, assieme ad altri castelli della montagna, a Guido e Ricciardo dei Conti di Bagno.
Tuttavia, dopo che questi ultimi si resero ribelli, Firenze li spogliò dei loro possedimenti nel 1404, istituendo così la podesteria di Chiusi (Porcellotti).
Le tracce del periodo mediceo
Del periodo mediceo rimane ancora una traccia visibile: sulla facciata di un'abitazione situata nei pressi della torre del cassero, al centro del paese, si conservano l'emblema della Signoria dei Medici e, sotto di esso, il leone dei Conti Guidi, ormai consumato dal tempo.
La visita pastorale del 1534
Il 19 luglio 1534, durante una visita pastorale, si constatò che la chiesa di Corezzo, ormai elevata al rango di pieve, era mantenuta in ottimo stato dal pievano Paolo di Giovanni.
In paese esisteva anche una Fraternitas de Corezo e un ospedale dedicato a San Giuliano, ormai ridotto in rovina e privo di letti (Visita pastorale).
La povertà del borgo e l'intervento di Pietro Leopoldo (1773)
La vita quotidiana a Corezzo, come in tanti altri piccoli centri dell'Appennino, fu a lungo segnata da gravi difficoltà: isolamento, rinunce e povertà ne caratterizzarono la storia.
Fu anche per questo motivo che, il 20 luglio 1773, durante un viaggio verso la Verna, il Granduca di Toscana Pietro Leopoldo d'Austria — colpito dalla miseria del pievano locale Don Giuseppe Mascalchi — decise di esentare Corezzo dal pagamento della tassa sui bestiami (Borghi).
La descrizione di Corezzo nel 1810
Nel 1810, G.F. Borghi, proposto di Bibbiena, descriveva così Corezzo, situato a 760 metri sul livello del mare:
«Il clima diffonde un'aria pura e aperta; da un colle superiore scaturisce una sorgente abbondante e cristallina, la cui acqua, convogliata attraverso canali scavati nella dura pietra con grande perizia — autentico monumento dell'antichità — viene portata fino all'interno del paese».
1873-1876
A seguito della decisione del consiglio provinciale di Arezzo il 24 agosto 1873 iniziarono gli studi (terminati nel 1876)[7] per la progettazione di una linea ferroviaria con telegrafo Forlì-Arezzo adattabile agli usi commerciali e militari lunga 123,512 km composta da 13 stazioni: Arezzo, Borgo a Giovi, Subbiano, Rassina, Bibbiena, Soci, Rimbocchi, San Piero in Bagno, Santa Sofia, Galeata, Civitella, Meldola e Forlì; da 45 ponti e viadotti e 27 gallerie in totale, di cui la galleria dell'Appennino (la più rilevante), con una lunghezza rettilinea complessiva proposta di 4189,32 metri, e 8 gallerie secondarie. Una di queste era la galleria rettilinea passante vicino Corezzo, che sarebbe iniziata dove il fosso Serra incontra il Fosso di Corezzo terminando a nord del Fossatone (ultima diramazione del fiume Savio), la stazione ferroviaria più vicina a Corezzo sarebbe stata quella di Rimbocchi, tale progetto però non fu mai realizzato.
Maggio 1954
Si attesta l'arrivo dell'acqua corrente in paese incrementando il benessere degli abitanti.
1996
Nel 1996 nasce la Proloco di Corezzo come un'associazione senza scopo di lucro da un gruppo di soci fondatori che nel corso degli anni ha apportato delle migliorie al paese.
Monumenti e luoghi d'interesse
modificaPiazza Europa
La piazza principale del paese è stata realizzata nel primo quarto del Novecento, in un’area che in precedenza ospitava un’aia, costituita da un rialzo di terra e pietre. In occasione della sua costruzione, fu collocato al centro un obelisco in marmo bianco, dedicato ai soldati caduti in guerra. Nel corso dei decenni la piazza ha subito alcune modifiche, pur mantenendo l’impianto originario.
Chiesa di Sant'Andrea
La chiesa di Sant’Andrea a Corezzo è un edificio a navata unica, costruito in muratura portante tra il 1923 e il 1928. La facciata è a capanna, realizzata in conci di pietra a vista disposti in filari regolari. Al centro, sopra il portale in pietra serena, è presente una tettoia, aggiunta tra gli anni Novanta e i primi anni Duemila. Ai lati della facciata si aprono due finestre ad arco a tutto sesto, mentre nella parte alta è collocata una finestra oculare.
La copertura dell’aula è a due falde inclinate, sostenute da capriate lignee. Tra gli anni Settanta e Ottanta del Novecento è stato ristrutturato l’altare.
Nel 2022 sono stati eseguiti alcuni interventi di restauro alla facciata: sono stati sostituiti i pinnacoli agli estremi, restaurata la croce centrale e rinnovata la tettoia sovrastante l’ingresso.
La vecchia chiesa
Il terremoto del 1919
Nel pomeriggio del 29 giugno 1919 una forte scossa di terremoto, propagatasi dal Mugello, compromise irrimediabilmente la chiesa parrocchiale di Corezzo, che già versava in cattivo stato.
Nel luogo dove era ubicata la chiesa perduta, la popolazione volle conservarne memoria, posando nel 1930 una stele di pietra sormontata da una croce di ferro, sostituita con una nuova nel 2024, accompagnata da un cartello informativo sulla storia dell’antica chiesa.
Storia dell’antica chiesa
Le origini
La presenza della chiesa è documentata fin dal Quattrocento, come chiesa di patronato della Societàs Corporis Christi.
Al suo interno veniva conservato in modo continuativo il Santissimo Sacramento dell’Eucaristia con lampada accesa, non potendo essere custodito, come da prassi, nella pieve di Sant’Andrea.
L’attività della Compagnia
La Compagnia del Corpo di Cristo era sostenuta da una tassa d’iscrizione, dalle elemosine, da donazioni monetarie e dai proventi dei terreni lasciati in eredità da benefattori o confratelli, successivamente dati in affitto.
Era amministrata da un Priore, da alcuni consiglieri e da un Camerlengo. Svolgeva funzioni caritative e parrocchiali: accompagnava il pievano quando portava la comunione o l’estrema unzione, assisteva i defunti e aveva l’obbligo di solennizzare, a giugno, la festa del Corpus Domini.
Uso liturgico della chiesa
Con il tempo, poiché l’antica pieve di Sant’Andrea risultava scomoda da raggiungere, la chiesa della Compagnia cominciò ad accogliere alcune celebrazioni liturgiche. Questo divenne frequente soprattutto dopo il 1616, quando – come riferì sull'antica pieve il pievano Giulio Corazzesi – «rovinata, hora si rifà da fondamenti».
La Compagnia del Rosario
Dal 1674, nella stessa chiesa operava anche una seconda compagnia: la Societàs Sanctissimi Rosarii, anch’essa amministrata da Priore, consiglieri e Camerlengo.
Questa godeva di un reddito derivante dall’affitto di beni di sua proprietà, e aveva l’onere di celebrare a settembre la festa della Madonna del Rosario.
Le due compagnie si distinguevano per il colore della cappa: bianca per la Compagnia del Corpo di Cristo, azzurra per quella del Rosario.
Fusione delle compagnie
All’inizio del Settecento le due compagnie furono unificate nella Compagnia del Santissimo Sacramento e del Rosario.
Questa possedeva diversi appezzamenti di terreno che, secondo l’inventario del 1731 redatto dal Priore Matteo Bianchelli e dal Camerlengo Giovan Battista Paggetti, ammontavano complessivamente a 50 staia e mezzo.
Trasferimento delle funzioni dalla pieve
Nel 1716, il progressivo deterioramento della vecchia pieve e della canonica spinse il pievano don Antonio Paggetti a chiedere il trasferimento del fonte battesimale nella chiesa della Compagnia, i seguito i compatroni chiesero il trasferimento di una campana, caduta dal campanile.
Riconoscimento ufficiale
Con il progressivo abbandono della pieve e il suo crollo definitivo, la chiesa della Compagnia assunse tutte le funzioni religiose del paese, ottenendo anche il titolo di chiesa di Sant’Andrea.
Soppressione e passaggio al Regio Patronato
Con motu proprio del 21 marzo 1785, il Granduca Pietro Leopoldo soppresse tutte le confraternite, indipendentemente dal loro nome o scopo.
La chiesa, con tutti i suoi beni mobili e immobili, passò al Patrimonio Ecclesiastico e, con motu proprio del 6 marzo 1789, divenne di patronato regio.
Il degrado e il progetto di ricostruzione
Quando fu visitata dal vescovo Giovanni Volpi nel 1914, la chiesa versava in gravi condizioni. Il parroco don Ernesto Severi riferì che era già in atto un progetto per la costruzione di una nuova chiesa.
A causa della guerra, il proposito fu ripreso ufficialmente il 30 novembre 1919, durante la festa patronale di Sant’Andrea, con la costituzione di un apposito comitato.
I danni dopo il terremoto
All’indomani del terremoto del 1919, il vescovo Emanuele Mignone visitò la parrocchia e constatò che «alle mura della chiesa erano stati apprestati armamenti in maniera assai primitiva tanto da deformarla e non garantire l’incolumità dei fedeli».
La demolizione
Nel settembre del 1923, il parroco don Francesco Minocchi annotò nel Registro delle feste popolari di non aver potuto celebrare la festa della Madonna Addolorata, poiché la chiesa era già stata demolita.
Descrizione della vecchia chiesa
Aspetto esterno
L’edificio era caratterizzato da quattro mura rozze con una porta principale. Il tetto era a due falde, sostenuto da tre capriate con correnti, impiallacciatura e copertura in lastre. L’ingresso laterale era incorniciato in pietra, come anche due finestre situate sul medesimo lato. Sul lato opposto all'entrata il campanile s’innalzava a torre sul lato destro del fondo della chiesa ed era dotato di quattro aperture ad arco.
Aspetto interno
L’interno consisteva in una navata unica, priva di decorazioni architettoniche. Il pavimento era composto da lastroni in pietra in cui vi si trovavano tre sepolcri, ciascuno con lapide e chiusino in pietra, il presbiterio era separato da uno scalino in pietra alto sei soldi. L'altare maggiore era in muratura ed aveva una predella, una nicchia con il crocifisso e tre gradini in legno, ai suoi lati si aprivano due porte incorniciate che conducevano alla sagrestia provvista di una finestra laterale. A sinistra dell’ingresso vi era il fonte battesimale in pietra, coperto di legno con una conca di rame. Infine era presente anche il pulpito giallo e grigio, dotato di crocifisso e scaletta per l'accesso.
Riferimenti catastali
La chiesa e la sagrestia erano censite al Catasto con l’appezzamento n. 261 della Sezione C (Tavola V).
L'area della scuola
L'area nacque con l'edificazione della scuola dell'infanzia ed elementare verso la fine del 900', successivamente nel 2012 fu costruita una struttura in legno per ospitare la festa del tortello alla lastra svolta precedentemente presso piazza Europa.
Cultura
modificaFeste:
17 Gennaio
S.Antonio Abate: alle 3 del pomeriggio tutti portavano qualcosa a benedire come le pecore, i conigli, il fieno, il grano, le uova, e le vacche solitamente adornate con fiocchi colorati intorno alle corna; A Corezzo la via dell’ospedale si riempiva.
Giorno delle sette merende
Il 3 febbraio a S.Biagio, i pastori corezzini davano a gestire le pecore ai ragazzi del paese, che a fine giornata quando passavano dalle case dei pastori venivano solitamente ricompensati con un paio di uova o una salsiccia, ritrovandosi successivamente insieme nel pascolo a consumare la merenda.
Il Cinceri (carnevale di corezzo)
L'ultimo giorno di carnevale era vestito con dei vestiti logori un fantoccio fatto di rami e paglia chiamato "cinceri", che veniva portato in giro per il paese sul dorso di una mucca, chi sorreggeva il Cinceri era autorizzato a “sfottere” tutto il pubblico. Il corteo era composto da uomini vestiti da donne e viceversa ed era accompagnato da musica di fisarmonica e clarinetto, infine la sera il Cinceri veniva bruciato.
19 marzo
San Giuseppe: nella vigilia di questo giorno si gareggiava a chi faceva il falò più grande, partecipavano tutti i bambini della valle.
Cantamaggio
La festa del Cantamaggio veniva svolta l'ultima notte di aprile (il 30) e consisteva nell'andare di sera o di notte sotto le finestre delle ragazze di cui era saputo di chi erano innamorate a cantare il canto del Cantamaggio. Il gruppo era composto da ragazzi che dovevano ancora trovare una moglie che giravano per il paese e nei paesi vicini fino a notte fonda.
Qui sotto è scritto il canto citato:
IL CANTAMAGGIO DELLA VALLESANTA
Ben trovata signoria la veniamo a salutare, la veniamo a salutare
Cantamaggio in compagnia che fa il mondo rallegrare, che fa il mondo rallegrare
Cantamaggio in compagnia che ll'è il mese di Maria, che ll'è il mese di Maria
A cantar si viene apposta per Maria madre nostra, per Maria madre nostra
Siamo giunti a questa casa dove l'è sì bella dama, dove l'è sì bella dama
Fra di noi c'è un che vi ama che di più vi ha dato il cuore, che di più vi ha dato il cuore
Chi di più di più il cuore v'ha dato l'è (nome) innamorato, l'è (nome) innamorato
Se di più vi ha dato il cuore l'è la (nome) il suo amore, l'è la (nome) il suo amore
Ecco maggio giù pel piano l'è fiorito l'orzo e il grano, l'è fiorito l'orzo e il grano
Se dell'ova voi ci date pregherem per le galline, pregherem per le galline
Pregherem che n sian mangiate dalle volpi e le faine, dalle volpi e le faine
D'altra parte s'ha d'andare non ci fate più aspettare, non ci fate più aspettare (A questo punto se la casa non si apriva, il gruppo proseguiva nel canto)
Se non ci date niente, niente ve pigliasse un accidente, ve pigliasse un accidente (E se ne andavano. Se invece veniva dato qualcosa, il coro rispondeva)
Ringraziamo signoria si saluta e si va via, si saluta e si va via Si saluta bona gente che abbiam da camminare, che abbiam da caminare...
L’Ascensione
Durante il periodo dell’Ascensione si svolgevano le rogazioni, processioni religiose che avevano luogo dal lunedì al giovedì. In questa occasione veniva raccolta un'erba chiamata erba della madonna, che veniva conservata nelle abitazioni con la credenza popolare secondo cui: “ se fiorisce si campa, se si secca si muore”. La processione seguiva un percorso a forma di croce e, nei punti più panoramici, il sacerdote impartiva benedizioni recitando una preghiera tradizionale:
“a peste, fame et bellum”(dalla peste, dalla fame, dalla guerra), “libera nos domine” (liberaci signore), “a flagello terremoto”(dalla distruzione del terremoto), “te rogamus audi nos” (ti preghiamo, ascoltaci).
Al termine del periodo dell’Ascensione, era consuetudine piantantare nei campi un ramo lungo e sottile sulla cui sommità venivano fissati un pezzetto di legno ed un rametto di ulivo a formare una croce, con l'intento di proteggere i raccolti dalla grandine e dai temporali.
29 Giugno
Santi Pietro e Paolo: nella vigilia di questa giornata si ripeteva la tradizione dei fuochi accesi come in occasione di San Giuseppe.
Festa del Tortello alla Lastra
La festa si tiene ogni anno il 12-13-14 agosto in onore del prodotto tipico del paese, queste tre giornate sono caratterizzate da molteplici attività ed eventi che variano annualmente. La prima edizione risale al 1995. Con il passare degli anni l'iniziativa ha registrato una partecipazione sempre più crescente.
I principali eventi della festa sono: La Sagra del tortello alla lastra che viene svolta in una struttura in legno, Il Mercatale della Vallesanta con area bar in piazza Europa, Lo Spettacolo piromusicale in un campo adiacente al paese e La Discoteca all'aperto nel piazzale della struttura.
Usanze e tradizioni:
Il malocchio
Una credenza diffusa attribuiva forti dolori alla testa al cosiddetto malocchio, che si riteneva potesse essere causato dal sole o dallo sguardo delle serpi, attratte dal latte di pecora. Tale fenomeno si manifestava soprattutto quando, in estate, ci si addormentava al pascolo dopo aver mangiato pane inumidito con questo latte. Per diagnosticare e rimuovere il malocchio, si versavano tre gocce d’olio in un piatto d’acqua: se restavano unite, il malocchio era presente e il rito veniva ripetuto; se si disperdevano, si considerava rimosso.
Le veglie invernali
Durante le fredde serate invernali era consuetudine riunirsi attorno al camino per la veglia, durante la quale si cuocevano castagne (brice) e si svolgevano lavori manuali. Uomini e donne producevano oggetti d’uso quotidiano, spesso indispensabili in un’economia di sussistenza e in assenza di trasporti per raggiungere centri abitati come Bibbiena. Gli uomini realizzavano panieri intrecciando vinchi, zoccoli con legno di ciliegio, gioghi per il bestiame con legno di castagno, impagliavano sedie e lavoravano la pietra estratta alla Lastricaia, sopra alla località di Lagacciolo. Ai Palazzi si estraeva invece una terra tufacea impiegata per la muratura.
Le donne, dopo aver messo in ammollo i gambi del grano per ammorbidirli, li intrecciavano per ricavare treccioli di paglia con cui si producevano sporte, cartelle scolastiche e sacconi per il letto. Dalla lana di pecora si tessevano calze, maglioni e sottane, mentre dal grasso e dalla cotenna di maiale, uniti alla soda caustica, si ricavava sapone per uso domestico.
Il ceppo di Natale
Nella notte di Natale si accendeva nel camino un grande ceppo di cerro o quercia, destinato a bruciare per tutta la notte. Secondo la tradizione, la Madonna sarebbe passata a riscaldare le fasce del Bambino Gesù.
La carlina contro le streghe
Per proteggere il bestiame dalle streghe, si usava appendere una carlina (pianta spinosa) sopra la porta delle stalle. Si credeva che, prima di entrare, la strega dovesse contare tutti gli aghi della pianta: l’impresa richiedeva tanto tempo, così con il sorgere del sole, sarebbe stata costretta a fuggire.
Le feste di Giugno e Settembre
Le due principali ricorrenze erano celebrate in giugno e settembre. In queste occasioni si invitavano parenti e amici dai paesi vicini, che ricambiavano l’invito durante le feste dei loro borghi, come Rimbocchi, Biforco, Serra e Frassineta. Nel pomeriggio si teneva una processione in onore della Madonna. Durante la festa di giugno, molti bambini ricevevano la Prima Comunione o la Cresima, e le strade venivano addobbate con fiori di ginestra.
La mietitura del grano
La mietitura del grano, nei mesi estivi, rappresentava un importante momento comunitario. Chi aveva ricevuto favori dai proprietari di bestiame o necessitava di paglia per le trecce, era tenuto ad aiutare nella mietitura, ottenendo in cambio il diritto di scegliere la paglia migliore. Alla mietitura seguiva la battitura del grano, che si svolgeva nelle aie. A Corezzo ne esistevano sette: una nell’attuale piazza, una nell’orto sottostante, una presso una casa, una al Borgo, una sulla Colombaia, una al Poggio e una ai Casellini.
Per preparare l’aia si procedeva con l’imbuinatura, stendendo uno strato di sterco diluito in acqua, che una volta secco impediva ai sassi di mescolarsi al grano. Chi disponeva di piccole quantità di grano utilizzava lo scorgiattolo, uno strumento composto da due bastoni di diversa lunghezza uniti da una corda, il cui movimento permetteva di separare il grano dalla spiga.
I riti contro le intemperie
Durante i temporali estivi, si credeva che il suono di una campana benedetta potesse interrompere la grandine. Se si avvistava un temporale in arrivo, si dava ai bambini un rametto d’ulivo benedetto da tenere in mano fino a quando veniva bruciato fuori dalla porta, gesto ritenuto utile a disperdere le nubi. Nei periodi di siccità, invece, si ricorreva al crocifisso custodito nella chiesetta delle Nocette, ritenuto miracoloso: portato in processione attorno al Monte Fatucchio, spesso faceva piovere già lungo il cammino del ritorno.
Leggende:
● Il Badalischio, figura mitica e leggendaria caratterizza molte località casentinesi. Rappresenta una sorta di “genius loci”, abitante dei fossi e delle zone umide. Si racconta che questo mostro sia nato nella Gorga Nera ed è stato descritto come un grosso serpente con piccole zampe ed alcuni “baffetti”, grosso come un “bambino fasciato”, altri narrano della presenza di un prezioso diadema sulla testa.
● Vallesanta, secondo la leggenda nel 1224 quando Francesco d'Assisi ricevette le stimmate sul sacro monte della Verna, la valle dinanzi a lui si illuminò improvvisamente di una luce intensa, è per questo che da allora la valle che si apre al nord del monte della Verna è chiamata Vallesanta.
● Monte Fatucchio è stato oggetto di tante storie e leggende perchè si diceva che il monte fosse abitato da streghe e fate (non a caso il nome Fatucchio). Del castello di Monte fatucchio si narra anche della presenza di un passaggio segreto che porta al "Poggio Tre Vescovi".
● Dell' Acqua delle Terre Rosse (a nord di Corezzo vicino Val della Meta) la tradizione dice che "faccia ringiovanire".
● Del Poggio Baralla e del Poggio Rimbomba (ubicati a ovest di Corezzo) la tradizione popolare narra che nel primo “i piedi non stiano mai fermi” mentre nel secondo battendo i piedi si racconta che si sentano dei rumori che fanno presagire alla presenza di caverne sotterranee. Alcuni tramandano che sotto vi sia nascosta una “chioccia con i pulcini d'oro”.
● Del Coroglio del Diavolo si dice che colui che si trovi a passare per questo luogo ha l'illusione di trovarsi vicinissimo al Monte della Verna. La leggenda ha come protagonista il diavolo che nella disperata impresa di tentare S. Francesco, voleva costruire un ponte per poter arrivare al “Sacro Monte” senza attraversare la Vallesanta, non ci riuscì perché improvvisamente arrivò l'alba. Altre versioni riportano che intervenne la “Madonna dei Sette Dolori” della cappellina di Frassineta che fece durare la notte solo poche ore e il diavolo alla luce del giorno fu costretto a scappare.
Nel terreno rimasero un groviglio di pietre nel mezzo del bosco dove ancora oggi sono visibili alcune inscrizioni risalenti al XVII secolo riportanti invocazioni alla Madonna. Coroglio indica il canovaccio che si poneva sulla testa per appoggiarci sopra le fascine di legna o le ceste.
● Artello, in questa località posta a nord vicino Corezzo si dice che è possibile vedere i “panni stesi delle fate”.
● Della Buca Del Tesoro (posta nei monti a est di Corezzo), si dice che Annibale, nel suo passaggio dall'Artrello e poi dagli Appennini verso il lago Trasimeno, avesse inviato degli uomini a nascondere il tesoro portato con sé per comprare i favori di eventuali alleati. C’è chi ha affermato di essere entrato nella buca prima che fosse franato l'ingresso, di aver visto una scalinata scolpita nella pietra e all'interno un salone con una statua d'oro, chi invece parla di un vitello d'oro, chi di una statua di forma umana con un piatto in mano su cui era posta una moneta, altri ancora sono convinti che l'ingresso di questa grotta sia in realtà l'ingresso dell'inferno.
Un'abitante di Rimbocchi raccontò che qualcuno della famiglia Portolani delle Nocette abbia tentato di impossessarsi del tesoro. Si recarono alla buca con un frate che portava un'ostensorio, eppure, nonostante le precauzioni, appena cercarono di entrare iniziò un temporale così forte che "del frate non si ritrovarono nemmeno i sandali", da quel giorno sembra che la famiglia Portolani non ebbe fortuna.
Società
modificaPopolazione
Secondo il censimento Mediceo, del 1551 a Corezzo erano presenti 319 abitanti, il censimento Lorenese del 1745 non specifica la popolazione della località, nel 1931 secondo l'ISTAT erano in complesso con dimora abituale 985, nel 1936 in complesso 1054, mentre in centro 418 e nel 1951 erano 271. Nel 2011 invece gli abitanti erano 90 a causa del rapido spopolamento avvenuto nel corso degli anni 50', ad oggi la popolazione varia tra una quindicina di abitanti in inverno ad all'incirca 150 in estate.
La Proloco di Corezzo
La Proloco di Corezzo è un'associazione senza scopo di lucro fondata nel 1996 da un gruppo di soci fondatori. Prima della costituzione ufficiale, nel paese era già presente una associazione di volontari che organizzava le feste paesane in collaborazione con il locale Gruppo Sportivo. I principali eventi organizzati prima della fondazione ufficiale della Proloco sono il concerto di Raul Casadei nel 1974, l'esibizione di Lorella Cuccarini nel 1987 e il concerto di Pupo.
Il ricavato della festa del tortello alla lastra è stato in parte reinvestito nel paese ad esempio per i giardini pubblici, la costruzione di un campo in erba sintetica per calcetto e tennis ed il potenziamento dell'illuminazione pubblica.
Nel 2015 la Proloco di Corezzo ha fondato il "Mercatale della Vallesanta"[8] con l'obiettivo di valorizzare l'ambiente naturale, i saperi e le produzioni delle comunità locali.
La cooperativa di comunità della Vallesanta
Nasce a Corezzo nel 2019 per contrastare lo spopolamento attraverso i prodotti locali come il tortello alla lastra. Nel 2023 la cooperativa[9] riesce a entrare nell'albo delle aziende agricole consigliate dal Parco nazionale delle Foreste Casentinesi.
La Scuola
A Corezzo è presente una scuola, sia dell'infanzia che elementare (pluriclasse), nei pressi della scuola c'è un orto con varietà di peri e meli in via di estinzione del territorio circostante, al suo interno è inoltre stato allestito L'Ecomuseo della Vallesanta[10], l'ecomuseo è dedicato a progetti di salvaguardia della storia, degli usi, costumi e folklore della valle.
Sport
In passato c'era un gruppo sportivo locale che svolgeva partite abitualmente e si allenava al campo da calcio di Corezzo dotato anche di spogliatoi fino ad un ventennio fa, ad oggi non esiste più.
Galleria di immagini
modificaGalleria di immagini storiche
modificaTutte le foto sono datate nella prima metà del '900.
Note
modifica- ^ Pro Loco Corezzo, su Pro Loco Corezzo. URL consultato il 26 aprile 2025.
- ^ Dati ISTAT, censimento 2011.
- ^ Classificazione sismica (XLS), su rischi.protezionecivile.gov.it.
- ^ Parco Nazionale Foreste Casentinesi, su Parco Nazionale Foreste Casentinesi. URL consultato il 26 aprile 2025.
- ^ Redazione, «La Nostra Storia Camminando» I cartelli che spiegano il Casentino #4 - Casentino2000.it, su CASENTINO2000, 17 novembre 2024. URL consultato il 29 aprile 2025.
- ^ CADOLINGI |, su pescaglini.labcd.unipi.it. URL consultato il 28 aprile 2025.
- ^ Luigi Mercanti, Progetto Della Linea Ferrata Forli Arezz, 1876. URL consultato il 28 aprile 2025.
- ^ Il Mercatale della Vallesanta, su Pro Loco Corezzo. URL consultato il 27 aprile 2025.
- ^ Windstripe, Home, su vallesantacasentino.it, 20 aprile 2023. URL consultato il 3 maggio 2025.
- ^ ECOMUSEO DELLA VALLESANTA, su Ecomusei del Casentino, 18 agosto 2022. URL consultato il 26 aprile 2025.