Carlo Chenchi
Carlo Chenchi (Palermo, 1740 – Palermo, 18 novembre 1815) è stato un architetto italiano, attivo tra il XVIII e il XIX secolo in Sicilia.[1]
I suoi lavori raffigurano la transizione dal tardo barocco al neoclassico della cultura architettonica della Sicilia.[1]
Biografia
modificaNacque a Palermo da Giuseppe Chenchi viennese e da Maria Antonia Lugaro di Palermo. Studiò a Napoli presso l'Accademia di Belle Arti[2] e fece tirocinio per cinque anni presso lo studio dell'architetto Luigi Vanvitelli, che lo impiegò come assistente di cantiere nell'edificazione del ponte di Maddaloni (opera complementare dell'Acquedotto Carolino) e del velario della Reggia di Caserta. Frequentò gli ambienti culturali dell'aristocrazia napoletana, grazie ai favori del primo ministro Giuseppe Beccadelli di Bologna marchese della Sambuca. In Campania fece esperienza dell'evoluzione architettonica dei siti reali borbonici,[1] conoscenza che sfrutterà anni dopo in Sicilia.
Dopo un concorso che lo vide vincitore sulla raffigurazione di templi dell'età classica raggiunse la Sicilia alla fine del 1779, ed ottenne (con regio dispaccio il 30 agosto[3]) una posizione di rilievo nell'ambiente professionale con la carica di "Architetto delle Antichità di Sicilia"[4][5], dai due maggiori esponenti della salvaguardia e conservazione dei beni storici dell'Isola, l'archeologo Gabriele Lancillotto Castelli (principe di Torremuzza regio custode per le Antichità del Val di Mazara[6]) e Ignazio Paternò Castello (principe di Biscari e regio custode per la Val Demone e Val di Noto). L'impiego fu subordinato alle lettere di presentazione che l'architetto fece pervenire a Castelli.[7]
Avviò i primi interventi di restauro del castello di Maredolce e si occupò nel 1782 secondo i principi enunciati da Francesco Milizia, della progettazione a struttura monumentale del cimitero di Santo Spirito[8][9] di Palermo, per volere del viceré Domenico Caracciolo. Quest'ultimo richiese all'architetto anche la progettazione di un nuovo teatro da realizzarsi nella città, i cui disegni furono visonati e favorevolmente apprezzati dall'architetto francese Leon Dufourny in quel periodo residente nel capoluogo, ma la costruzione non ebbe luogo per mancanza di fondi.[10]
Richiamato a Napoli da re Ferdinando, fu insignito della carica di architetto camerale e gli fu ordinato di eseguire disegni topografici di tutti i boschi della Sicilia di pertinenza reale.[10]
Negli stessi anni eseguì disegni e rilievi del patrimonio archeologico della città di Catania. Tra i quali, le terme dell’Indirizzo, l’Ipocausto sotto il monte di Santa Sofia, i due sepolcri nella selva dei Padri minimi osservanti e il sepolcro nella chiesa di San Girolamo[11]. Ma, tra le rappresentazioni più prestigiose rimane il monumento funebre romano della tomba di via Sanfilippo nota come “ipogeo quadrato”[12].
Negli anni 1780, fece continui sopralluoghi nei siti archeologici delle antichità classiche della Sicilia. Concluse il primo consistente intervento di restauro del tempio di Segesta, ma nella sostituzione della seconda colonna da sinistra del prospetto orientale colpita da un fulmine si avvalse di adoperare materiale del luogo con diverso colore, facendo scoppiare un'accesa polemica. Lavorò per il restauro dei Templi della Concordia (1787) e di Giunone (1788) presso la valle dei templi di Agrigento e di molti altri siti nell'Isola. I disegni eseguiti fedelmente furono spediti e collocati nella regia di Portici a Napoli per volere del sovrano.
Su progetto di Ferdinando Fuga, insieme all'architetto Giuseppe Venanzio Marvuglia si occupò del restauro della volta e della cupola della cattedrale di Palermo, del portico meridionale e della riconfigurazione della parte absidale.[13]
A Palermo eseguì rilievi con disegni delle catacombe di Porta d'Ossuna[14], sistemò piazza della Bocceria "Vucciria"[15], si occupò del restauro del palazzo della famiglia Branciforti, principi di Butera e del palazzo Sambuca (detto Torre Maniace) di proprietà del primo ministro Beccadelli.
A Mazzara del Vallo intervenne nel restauro della chiesa di Santa Caterina d'Alessandria, costituita da un'unica navata con decorazioni in stucco di stile neoclassico. Nella facciata esterna spicca un portale monumentale con arco a tutto sesto adornato con fregi, cornici e angioletti.
Nominato "Ingegnere dei Beni della Real Commenda della Magione"[1][16] di Palermo (di cui Felice Lioy era intende generale), otterrà diversi incarichi quali, riprogettare l'espansione dell'insediamento rurale del borgo della Filaga (frazione di Prizzi), che prenderà il nome di San Ferdinando Bon Riposo. Come pure stimare le terre e la casina di Ballo che, re Ferdinando aveva comprato a Partinico dal marchese Francesco Paolo del Castillo in contrada Ballo (insieme ad altre contrade acquistate negli anni successivi si costituirà il Real Podere[1]). Subito dopo l'acquisto su incarico regio presenterà tre diverse proposte di restauro della casina che, terminati i lavori prenderà il nome di real Casina di Partinico. All'interno del real Podere inoltre, nel 1800 in contrada Crocifisso iniziarono i lavori della Real Cantina Borbonica per la manipolazione delle uve e custodia dei vini in botti di legno e tine in pietra.
La sua opera maggiore che lo vide progettista e direttore dei lavori fu la Real Casina di Caccia di Ficuzza[17] a Corleone, da adibire a residenza estiva e venatoria del sovrano. Il piano di lavoro si concluse con modifiche dell'architetto Giuseppe Venanzio Marvuglia nel 1807.
Il suo massimo contributo nella cultura architettonica rimane il restauro dei monumenti classici nell'Isola,[18] disciplina nuova che sancisce la nascita del restauro come materia autonoma distinta dalla progettazione del nuovo.
Incarichi
modificaArchitetto delle antichità di Sicilia dal 1779 al 1815, con onze 150 l'anno.
Architetto camerale
Ingegnere della gran Commenda della Magione di Palermo, dal 30 novembre 1787 con onze 120 l'anno.
Note
modifica- ^ a b c d e Le tenute borboniche in Sicilia (PDF), su iris.unipa.it.
- ^ Gabriella Costantino (a cura di), Il monumento nel paesaggio siciliano dell'ottocento (PDF), 2005, pp. 57-58, nota 63, ISBN 88-88559-17-5.
- ^ Archivio di St. di Palermo, Real Segreteria, Giuliane, reg. 28, f.88.
- ^ Viaggio per tutte le antichità di Sicilia, su maisonbibelot.com, p. 198.«Con un reale dispaccio del 1º agosto 1778 Ferdinando IV di Borbone sovrano del Regno di Napoli e di Sicilia delineava il prototipo di struttura organizzativa statale per la conservazione del patrimonio archeologico: «desiderando il Re che tutte le antichità sparse nel Regno di Sicilia si conservino per quanto è possibile, e non restino alla discrezione del tempo esposte, senza esservi chi ne abbia cura; perciò vuole che il Principe di Torremuzza per il Val di Mazzara e il Principe di Biscari per il Val di Noto e Valdemone abbiano la cura di tutte le antichità, che formino un Plano per uno, ben distinto della loro esistenza, della spesa che abbisogna per conservarli e custodirli, e di tutt’altro che crederanno necessario all’intento, li rimettano al più presto». I responsabili nominati Regi Custodi e il Plano delle antichità — un vero e proprio catalogo ragionato contenente notizie sullo stato di conservazione dei monumenti e le spese per le necessarie riparazioni — comprovano che quel provvedimento è stato il primo esempio di tutela attiva del patrimonio architettonico. Nel marzo del 1779 ai Regi Custodi si affiancava un organismo tecnico composto da Carlo Chenchi “architetto della antichità di Sicilia”, Luigi Mayer “disegnatore di prospettive” e Domenico Russo “capomastro". A questa organizzazione era destinato uno stanziamento annuo di 600 ducati per ogni valle, da gravare sulle rendite dei Gesuiti che erano stati cacciati pochi anni prima. Un ulteriore rescritto del 1822 sostituiva la figura dei regi Custodi con una Commissione di antichità e belle arti con sede a Palermo. Si veda Burgarella 1971, p. 60; Giuffrida 1983, pp. 187-201; Boscarino, Cangelosi 1985, pp. 4-5; Tomaselli 1985, pp. 149-150; Tomaselli 1986, pp. 143-144; Tomaselli 1994, pp. 40-52; Pagnano 2001, pp. 13-42; Oteri 2010, pp. 132-133; Tomaselli 2011, pp. 7-18; Tomaselli 2013, p. 167.»
- ^ Francesco Tomaselli, Il ritorno dei normanni - Protagonisti ed interpreti del restauro dei monumenti a Palermo nella seconda metà dell'Ottocento, Palermo, 1994, pp. 50, nota 134. - "...col soldo di ducati sette al mese, poi 84 ed infine 150 l'anno".
- ^ a cura di Annunziata Maria Oteri, Viollet-le-duc e l'Ottocento, in ArcHistoR EXTRA, n. 1, 2017, p. 198, ISSN 2384-8898 .
- ^ Francesco Muscolino, Il principe di Biscari e il principe Torremuzza, "LANX" 21 (2015) pp.1-40, su riviste.unimi.it, pp. 13-14, lettere del Torremuzza a Biscari del 6 e 27 luglio 1779; "Ma jo non saprei, che fare in vista della raccomandazione autorevole venuta per lui...." - "...ma io non saprei se Costui tanto ben appoggiato possa contentarsi delli ducati 150 all'anno, ed in verità più di voi me ne confondo mentre le sue raccomandazioni vengono da un canale pur troppo autorevole, e di non poche conseguenze,....".
- ^ Vincenzo Bagnolo, Cultural built heritage in cemeteries, between architecture and urban design. The Serramanna Cemetery Chapel - XIII International Forum, Le vie dei mercanti (PDF), La Scuola di Pitagora, 2015, p. 660, ISBN 978-88-6542-416-2.
- ^ Agostino Gallo, Notizie di artisti Siciliani da collocarsi ne’ registri secondo l’epoche rispettive, ISBN 978-88-616-42-515.
- ^ a b Agostino Gallo, Notizie intorno agli architetti siciliani e agli esteri soggiornanti in Sicilia da' tempi più antichi fino al corrente anno 1838, a cura di Biblioteca centrale della Regione siciliana - Palermo, Palermo, Regione Siciliana - Assessorato dei BB.CC.AA e della Pubblica istruzione, 2000 (archiviato dall'originale il 19 aprile 2022) .
- ^ Il paesaggio urbano di Catania, su Dialoghi Mediterranei.«n.31 del 2018»
- ^ https://www.researchgate.net/publication/334494396_La_tomba_romana_di_via_Sanfilippo_a_Catania, CATANIA ANTICA - Nuove prospettive di ricerca, a cura di Fabrizio Nicoletti, Regione Siciliana - Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana - Dipartimento dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana - Museo Regionale Interdisciplinare di Catania, Palermo, 2015.
- ^ Paesaggio urbano - urban design (PDF), su paesaggiourbano.org, p. 111.
- ^ Maria Sgarlata - La Sicilia cristiana: dall'antiquaria all'archeologia (PDF), su core.ac.uk.
- ^ a cura di Renata Prescia, La vucciria tra rovine e restauri (PDF), in Salvare Palermo - Fondazione Onlus, pp. 23-27.
- ^ Commenda della Magione (PDF), su Archivio di stato di Palermo.
- ^ Fabio Morello, Filippo Mulè, Giuseppe Maria Catalano, La Real Casina di caccia di Ferdinando IV di Borbone nel bosco della Ficuzza (Palermo). Analisi diretta alla tutela del monumento (PDF), su istitutorappresentazionespazio.it.
- ^ Francesco Tomaselli, Il ritorno dei normanni - Protagonisti ed interpreti del restauro dei monumenti a Palermo nella seconda metà dell'Ottocento, Palermo, Officina Edizioni, 1994, pp. 47-52, nota 133.
Bibliografia
modifica- A. GALLO, Notizie intorno agli architetti siciliani ed esteri, manoscritto (1838).
- T. DISPENSA, Fonti inedite per la storia del "Real casino della Ficuzza" in provincia di Palermo, in BCA Sicilia, anno VI-VII, 1985-87, pp.127-152.
- M. MIRANDA, Per una storia dei siti borbonici in Sicilia, in BCA Sicilia, anno IX-X, 1988-89, pp.79-92.
- L. SARULLO, Dizionario degli artisti siciliani, Architettura, Novecento, Palermo, 1993, pp.105 106.
- M.CAMPISI, Cultura del restauro e cultura del revival, Co.Gra.S., Palermo, 1981.
- S.BOSCARINO, A.CANGELOSI, Il restauro in Sicilia in età borbonica, 1734-1860, pp.5-71;
- F. TOMASELLI, Il ritorno dei Normanni, Officina Edizioni, Palermo, 1994.
- F. TOMASELLI, L'istruzione del servizio di tutela monumentale in Sicilia e i restauri del tempio di Segesta tra il 1778-1865, Storia dell'Architettura, volume VIII, pp.149-170, 1985.
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