Carlo II di Parma

re d'Etruria (r. 1803-1807), duca di Lucca (r. 1824-1847), duca di Parma (r. 1847-1849)
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Carlo Lodovico di Borbone-Parma (Madrid, 22 dicembre 1799Nizza, 16 aprile 1883), figlio di Ludovico I di Etruria (1773 – 1803) e di Maria Luisa di Borbone-Spagna (figlia di Carlo IV di Spagna), fu re d'Etruria dal 1803 al 1807 come Carlo Lodovico; duca di Lucca dal 1824 al 1847 sempre come Carlo Lodovico[5] ed infine duca di Parma dal 1847 al 1849 come Carlo II. Sposò Maria Teresa di Savoia.

Carlo Lodovico di Borbone-Parma
Ritratto di Carlo Lodovico di Borbone-Parma con le vesti di cavaliere dell'Ordine di Santiago, George Frederic Watts, XIX secolo, Galleria Nazionale di Parma
Duca di Parma e Piacenza
come Carlo II
Stemma
Stemma
In carica17 dicembre 1847 –
14 maggio 1849
PredecessoreMaria Luisa
d'Asburgo-Lorena
SuccessoreCarlo III
Duca di Lucca
come Carlo Lodovico
In carica13 marzo 1824 –
5 ottobre 1847 [1]
PredecessoreMaria Luisa
di Borbone-Spagna
SuccessoreLeopoldo II di Toscana
Re d'Etruria
come Carlo Lodovico
In carica27 maggio 1803 –
10 dicembre 1807
PredecessoreLudovico I
SuccessoreElisa Bonaparte come Granduchessa di Toscana
Nome completoCarlos, Luis, Fernando, María, Josephus, Juan Evangelista, Rafael, Francisco de Paula, Luis Gonzaga, Ramon, Eustaquio, Demetrio, Animas [2]
TrattamentoSua Maestà [3]
Sua Altezza Reale [4]
NascitaMadrid, 22 dicembre 1799
MorteNizza, 16 aprile 1883 (83 anni)
Luogo di sepolturaCappellina della Villa Borbone, Viareggio
Casa realeBorbone di Parma
PadreLudovico I di Etruria
MadreMaria Luisa
di Borbone-Spagna
ConsorteMaria Teresa di Savoia
FigliLuisa Francesca
Carlo
ReligioneCattolicesimo

Come re d'Etruria, la storiografia generalista ha talvolta attribuito a Carlo Lodovico la denominazione di "Ludovico II" [6]. Tuttavia, atti ufficiali dell'epoca [7], la monetazione [8], la ritrattistica[9] e l'encomiastica [10] appaiono concordi nel designare il re bambino con il suo nome esteso di Carlo Lodovico, il più delle volte senza numerazione. Anche la più recente storiografia ha di fatto abbandonato la vecchia denominazione di "Ludovico II" [11]. Sul trono di Parma assunse il nome di "Carlo II".

Biografia

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Giovinezza

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Carlo Ludovico nacque il 22 dicembre 1799 a Madrid, primogenito maschio di Ludovico di Borbone-Parma e della consorte, Maria Luisa di Borbone-Spagna; apparteneva alla dinastia dei Borbone-Parma, discendendo però anche dalle case di Borbone, Asburgo-Lorena, Wettin, Farnese e Savoia. Al tempo della sua nascita, avvenuta in Spagna dove regnava il nonno materno Carlo IV, il padre era l'erede al ducato di Parma e Piacenza sul cui trono sedeva il nonno paterno Ferdinando I. Carlo Ludovico aveva una sorella minore, Maria Luisa Carlotta di Borbone-Parma, che divenne poi principessa ereditaria di Sassonia, in quanto moglie del principe Massimiliano.

  Lo stesso argomento in dettaglio: Regno di Etruria.
 
Ritratto della famiglia reale d'Etruria, François-Xavier Fabre, 1804, olio su tela, collezione del Museo del Prado.

Nel 1801 Napoleone Bonaparte istituì, al posto del Granducato di Toscana, il Regno di Etruria, designando come sovrano del nuovo stato Ludovico di Borbone-Parma, padre di Carlo Ludovico, a seguito della sua rinuncia al ducato parmense. Nel 1803, Ludovico I d'Etruria morì e di conseguenza il figlio gli successe come Carlo Ludovico; il nuovo monarca, tuttavia, che al tempo dell'ascesa al trono aveva solo tre anni, venne deposto alla fine del 1807 dallo stesso imperatore dei Francesi, che lo confinò in Francia, dove rimase fino alla fine del periodo napoleonico. Dopo la caduta di Napoleone, nel 1815, i Borbone non vennero restaurati sul trono del Ducato di Parma, che fu invece affidato a Maria Luisa, o Maria Luigia, seconda moglie di Bonaparte, lasciando impregiudicata la questione della destinazione del ducato alla sua morte. La madre di Carlo Ludovico fu compensata con il più piccolo Ducato di Lucca e con una rendita annua di cinquecentomila lire da pagarsi da parte dell'Austria e del Granducato di Toscana, il quale avrebbe alla fine incamerato il ducato stesso quando ai Borbone fosse stata trovata un'altra sistemazione [12][13].

L'ex regina d'Etruria si oppose con veemenza, rifiutando di prendere possesso del ducato, mentre suo fratello Ferdinando VII di Spagna ricusava di sottoscrivere l'Atto finale del Congresso di Vienna. Nel giugno 1817 si giunse ad una soluzione: con un trattato collaterale allo stesso Atto finale, sottoscritto il 10 giugno, le grandi potenze europee stabilirono che, alla morte di Maria Luisa, il Ducato di Parma sarebbe tornato a Maria Luisa di Borbone e ai suoi discendenti maschi, mentre, con la stessa decorrenza, il Ducato di Lucca sarebbe stato annesso al Granducato di Toscana [14]. Conseguentemente, in data 22 novembre 1817 l'ambasciatore spagnolo a Torino, Eusebio Bardají Azara, prese possesso del ducato in nome della futura duchessa, ed ella fece il suo ingresso trionfale a Lucca con il figlio, il 7 dicembre successivo [15][13][16][17].

Duca di Lucca

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Ascesa al trono

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Ducato di Lucca.
 
Ritratto di Carlo Ludovico di Lucca.

I vari eventi e le diverse peripezie che caratterizzarono i primi anni di vita di Carlo Ludovico incisero indubbiamente in maniera determinante sulla sua educazione e sulla sua formazione culturale e politica. Alcune testimonianze dei contemporanei parlano di una "vasta cultura", acquisita attraverso un lavoro personale, non sempre coerente e ordinato. Gli interessi rivelati negli anni della maturità dimostrano la natura volubile della sua intelligenza, attratta fin dalla prima giovinezza dai rami più disparati del sapere, dalla medicina alla musica, tanto che compose egli stesso musica sacra, alle lingue straniere. All'età di diciotto anni, giungendo a Lucca come principe ereditario, si trovò sottoposto a un controllo continuo da parte della duchessa Maria Luisa, meschina e bigotta. L'influenza materna su di lui, se si può ritrovare in alcuni aspetti marginali, come nel gusto per lo sfarzo spagnolesco della corte, che anche il figlio ebbe in grado notevole, è stata in complesso molto relativa, anzi determinati atteggiamenti del futuro duca di Lucca sono stati giudicati come il risultato di una profonda avversione alla grettezza di Maria Luisa in campo religioso e alla sua durezza nel modo di governare.

 
Ritratto di Maria Teresa di Savoia, Luigi Bernero, 1817, pastello su cartone, collezione del Palazzo Reale di Torino.

Nel 1820, Carlo Ludovico sposò Maria Teresa di Savoia, figlia di Vittorio Emanuele I di Sardegna e della consorte, la regina Maria Teresa d'Austria-Este, la quale era molto diversa per temperamento e per carattere da suo marito; ella infatti era molto legata ad un'educazione familiare e alla tradizionale religiosità della fede cattolica. La coppia ebbe due figli: Luisa Francesca, morta però all'età di due anni nel 1823, e Carlo, che diverrà poi duca di Parma e Piacenza.

 
Bandiera del Ducato di Lucca.

Il 13 marzo 1824 la duchessa Maria Luisa morì e di conseguenza venne successa dal figlio, che ascese al trono di Lucca con il nome di Carlo Ludovico; il nuovo duca passò i primi anni del suo regno quasi interamente all'estero. Nel momento in cui su di lui cadeva la responsabilità di governare uno Stato, sia pur piccolo, sia pur non legittimo della sua casata, egli sembrò disinteressarsene, preferendo viaggiare attraverso l'Italia e l'Europa. Tra il 1824 e il 1827 fu spesso a Roma e a Napoli, più volte a Modena, e talvolta a Torino, perché l'austerità dei parenti della moglie e della corte piemontese gli era poco accetta. Dal 1827 al 1833 frequentò soprattutto il mondo germanico e slavo: Vienna, dove aveva affittato il Palazzo Kinsky, Berlino, Francoforte, Praga, città capitali degli Stati germanici e lunghi soggiorni nei castelli di Uchendorff e di Weisstropp. Dato il comportamento disinteressato da parte di Carlo Ludovico nei confronti del ducato di Lucca, la responsabilità di governo rimase in mano al ministro Ascanio Mansi.

Si è attribuito a volte al giovane duca il merito di aver apportato al sistema di governo alcune modifiche, le quali, pur deludendo le aspettative di una parte dei suoi sudditi, che speravano in un ritorno alla costituzione del 1805, potevano tuttavia preludere a una migliore organizzazione dello Stato. In realtà questo non subì sostanziali trasformazioni dal 1817 in poi e con l'avvento al trono di Carlo Ludovico si ebbe solo un aumento del numero dei consiglieri di Stato, aventi il compito di discutere le leggi, in via puramente consultiva. Tra il 1824 e il 1829 furono presi alcuni provvedimenti relativi ai dazi, ad una certa libertà di commercio, a sgravi fiscali, al catasto. Sul piano culturale fu favorito lo sviluppo del liceo universitario e l'istituzione di scuole di mutuo insegnamento. Ma queste riforme si ebbero mentre il duca era lontano da Lucca e la loro attuazione è quasi sempre da attribuire all'iniziativa del ministro Mansi. Sembra che il duca si sia limitato a proporre alcune innovazioni, come la fondazione di un ospedale omeopatico, mai realizzato, e l'apertura degli asili infantili, stima e amicizia lo legavano a Ferrante Aporti e a Matilde Calandrini. Si trattava di improvvisi entusiasmi per cose che vedeva realizzate all'estero e che ordinava si facessero anche a Lucca, senza tanto sottilizzare se le condizioni locali erano atte a recepirle [13][16][17].

Lontano da Lucca

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Ritratto di Leopoldo II di Toscana, futuro erede di Lucca, di Pietro Benvenuti, 1828.

La sua continua lontananza creava non poche difficoltà al governo: spesso capitava che egli firmasse o non firmasse i decreti sovrani secondo lo stato d'animo del momento, senza una vera conoscenza delle questioni. L'interesse di dirigere la cosa pubblica in modo tale da salvaguardare il più possibile l'autonomia del piccolo Stato era propria del lucchese Mansi, non dello "straniero" Carlo Ludovico: a Lucca si diceva che se questi ne era il duca, Mansi ne era il re. Conscio della precarietà dell'esistenza dello Stato in quanto tale e della funzione solo transitoria del duca come suo capo, il vecchio ministro si propose di varare provvedimenti e attuare quelle opere che sicuramente il futuro governo toscano avrebbe trascurato, preoccupandosi nello stesso tempo di non urtare la suscettibilità del granduca di Toscana, Leopoldo II, che, quale legittimo successore, tendeva a opporsi a ogni atto pregiudizievole ai suoi diritti.

Non sempre questa politica del ministro Mansi corrispondeva ai desideri di Carlo Ludovico, che, pur stimandolo, non lo amava e ne subiva mal volentieri l'autorità; geloso del suo potere, il duca giungerà a rimproverargli di aver troppo legato Lucca a Firenze, dimenticando però l'anomalia sancita dal congresso di Vienna, per cui la "piena sovranità" del duca di Lucca risultava limitata da una altra sovranità, quella del granduca di Toscana, che in effetti considerava i Borbone solo usufruttuari della città. Si può forse attribuire ad una improvvisa presa di coscienza di questa anomalia il tentativo che il duca avrebbe fatto nel 1829; secondo voci diffuse negli ambienti diplomatici, per ottenere dai governi di Madrid e di Parigi, il riconoscimento della sua sovranità su Lucca in modo definitivo, dietro rinuncia ai diritti su Parma. Questo passo rappresenterebbe un primo segno di insofferenza per l'intromissione altrui negli affari interni del suo Stato, che si manifesterà più chiaramente negli anni successivi. Ma la debolezza e l'incostanza del suo carattere non gli permetteranno poi di continuare questo tipo di politica, non riuscendo inoltre mai a sottrarsi all'opprimente protezione dei parenti della casa Borbone o al controllo dell'Austria e, di riflesso, a quello di Firenze e di Modena.

 
Facciata principale del Palazzo Ducale.

Il 1830 fu l'anno della supposta "congiura", per cui Carlo Ludovico di Lucca fu "Re d'Italia per una notte", secondo l'espressione di Giovanni La Cecilia (Memorie storico-polit., a cura di R. Moscati, Milano 1946, pp. 67-70) il quale, venendo nell'autunno a Lucca, avrebbe trovato il duca favorevole a concedere la costituzione e disposto a farsi affiliare alla carboneria. Senza entrare nel merito dell'attendibilità di quanto narra La Cecilia, resta il fatto che sia potuta nascere una simile voce. La simpatia manifestata da Carlo Ludovico per l'ambiente liberale nei pochi mesi in cui soggiornò nel ducato è indubbiamente sincera e denuncia uno stato d'animo incline alla ribellione sia contro il capo della casa di Borbone, il detronizzato Carlo X di Francia, sia contro la Spagna e l'Austria. Il cancelliere asburgico Metternich riuscì però ben presto a riportarlo alla ragione e a farlo tornare a Vienna. Le voci che designavano Carlo Ludovico liberale dovevano diffondersi con insistenza negli anni immediatamente successivi. Nel 1831 sembrò che anche nella pacifica Lucca prendesse forma un movimento cospirativo e che si stabilissero legami con società segrete di altri Stati dell'Italia centrale. Questo sospetto fu sufficiente a Metternich per indurre il duca di Lucca, allora a Vienna, a ordinare un processo contro gli indiziati di congiura. Improvvisamente nel 1833, dopo tre anni di assenza, il duca decise di tornare a Lucca, e immediatamente concesse una piena amnistia, il 27 agosto, primo esempio in Italia di un gesto di clemenza non parziale, in assoluto contrasto con l'atteggiamento degli altri Stati della penisola impegnati in repressioni e condanne. La conseguenza fu l'elevazione di Lucca a centro di interesse internazionale. Mentre negli ambienti diplomatici si diffondeva la voce relativa alla "congiura" del 1830, l'amnistia sembrò confermare la fama di un Carlo Ludovico di Lucca liberale, che tanto allarme doveva destare nelle varie corti reazionarie d'Europa.

 
Ritratto del principe Klemens von Metternich, Thomas Lawrence, 1815, olio su tela, collezione Royal Collection.

Contemporaneamente nel 1833 trapelava la notizia della sua conversione al protestantesimo, che si sarebbe maturata durante il soggiorno a Dresda qualche mese prima. Così nell'estate del 1833, il duca di Lucca sembrava avviato, dal punto di vista sia politico sia religioso, a una svolta decisiva della sua vita. La conversione al protestantesimo e il passaggio al liberalismo sono stati considerati fenomeni strettamente legati fra loro, il secondo dipendente dal primo, anzi sua necessaria conseguenza; entrambi, in realtà, sembrano mancare di una base consistente. La stessa costruzione nella sua Villa Reale di Marlia di una cappella di rito greco unito può essere una prova del fascino che esercitavano su di lui certe cerimonie, fastose, all'orientale in questo caso; semplici, spoglie, ma non per questo meno suggestive per un uomo di educazione spagnolesca, quelle cui aveva assistito nelle chiese luterane, senza però che ciò significasse una cosciente accettazione dei principi religiosi di cui quelle cerimonie erano espressione.

 
Veduta della Villa Reale di Marlia.

Dopo il 1833, a causa di mancanze economiche, divennero meno frequenti i lunghi soggiorni del duca di Lucca all'estero. Nel 1836 questi però era di nuovo a Vienna; nel 1838, dopo essere stato a Milano per l'incoronazione di Ferdinando I d'Austria, proseguì per la Francia e poi per l'Inghilterra. Nel 1840, mentre moriva il ministro Ascanio Mansi, si trovava a Roma. Ma anche quando risiedeva nel ducato in realtà era poco presente in città, perché preferiva soggiornare in campagna, come a Marlia, a Bagni di Lucca dove nel 1837 autorizzava l'apertura di un casinò, a Pieve Santo Stefano, alle Pianore, divenuto però il ritiro di sua moglie, la duchessa Maria Teresa. Negli ultimi anni di vita del ministro Mansi, la partecipazione del duca al governo dello Stato era però divenuta via via maggiore; per alcuni provvedimenti, presi tra il 1835 e il 1840, relativi agli ospedali, alla riorganizzazione degli studi e dei tribunali, alla fondazione di una Cassa di risparmio, la sua volontà fu determinante. Nel 1837 promosse un'altra riforma del Consiglio di Stato e del Consiglio dei ministri. Un sostanziale cambiamento egli fece dopo la morte del Mansi: al fine di evitare la concentrazione di troppe cariche nelle mani di un unico uomo, correndo il pericolo che si rinnovasse un sistema di governo personale del segretario di Stato, Carlo Ludovico soppresse tacitamente questo ufficio e affidò a persone diverse quello di presidente del Consiglio dei ministri, di presidente del Consiglio di Stato, di ministro degli Esteri e dell'Interno.

 
Litografia di Carlo Ludovico di Lucca.

Dal 1840 si apriva per lo Stato lucchese un periodo nuovo, in cui l'iniziativa sembrava partire dal duca stesso. Col suo favore acquistarono allora influenza uomini di provenienza diversa, anche di pochi scrupoli e di dubbia reputazione. La sua corte aveva sempre avuto un volto molto eterogeneo: accanto a figure della vecchia nobiltà locale, si trovava gente nuova, anche di pessima fama, una pletora di avventurieri, di cui Carlo Ludovico amava circondarsi a Lucca, come durante i suoi viaggi per l'Europa. Ora anche nella direzione dello Stato entravano personaggi estranei alla tradizione politica e sociale cittadina che, relegando in secondo piano il ceto dirigente lucchese, operavano nell'egoistico interesse del duca oppure a favore di altre potenze o esclusivamente per il proprio personale vantaggio. La scelta di uomini come Nicolao Giorgini agli Interni o il liberale Antonio Mazzarosa alla presidenza del Consiglio di Stato riscossero il consenso dei più e dimostrarono che, volendo, il duca avrebbe saputo circondarsi di uomini eminenti; ma la nomina a ministro degli Esteri di Fabrizio Ostini, un romano, creatura del cancelliere austriaco Metternich, è un sintomo di acquiescenza ai voleri dell'Austria.

La fortuna di Ostini durò solo un triennio (1840-1843) e coincise con un periodo di sempre maggiore dissesto finanziario, che gli altri membri del governo non riuscirono ad arginare. La situazione economica della casa ducale aveva mostrato le prime crepe intorno al 1830 e si era andata sempre aggravando con gli anni. Carlo Ludovico, disordinato, imprevidente, megalomane e spesso assurdamente prodigo, aveva più volte adottato il sistema di liberarsi degli oneri assunti addossandoli allo Stato.

Nel 1836 a Vienna aveva ottenuto un prestito dalla casa Rothschild, garantito dall'imperatore d'Austria. Ma il vantaggio fu di breve durata: il Tesoro lucchese si trovò sempre più gravato di nuove spese impreviste. Nel 1840 il governo dovette ricorrere ad un prestito che ottenne dai Levi di Reggio col consenso del governo toscano. Il dissesto della casa ducale raggiunse il culmine sotto Ostini, che amministrava gli interessi del Borbone a Vienna, dove contemporaneamente lo rappresentava presso la corte austriaca. Nel 1841 furono venduti, con scarso vantaggio e in modo umiliante, i quadri della Galleria Palatina. Nel 1843, Carlo Ludovico chiese all'arciduca Ferdinando d'Austria-Este, fratello del duca di Modena, di procedere ad una revisione generale dei conti; poi, con la sua garanzia, ottenne un nuovo prestito da tre case bancarie, tra cui ancora Rothschild. Le irregolarità perpetrate da Ostini furono scoperte e denunciate dal nuovo idolo di C., l'ex fantino inglese Tommaso Ward, una delle più discusse figure dell'entourage del duca. La caduta di Ostini, difeso caldamente dal Metternich, rappresentò una diminuzione dell'ingerenza del cancelliere austriaco nelle faccende del Borbone di Lucca, il quale, fidandosi ormai solo di Ward, sembrò voler rivendicare ancora una volta una propria libertà di azione, nonostante fosse ormai ben conscio di quanto i prestiti ricevuti lo legassero al giogo austriaco ed estense [13][16][17].

Sommosse

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Trattato di Firenze (1844).
 
Mappa del Granducato di Toscana nord-occidentale alla fine del 1815. Nel 1829 il Ducato di Massa e Carrara fu annesso dal Ducato di Modena e Reggio.

Nel 1843, il duca Carlo Ludovico consentì che si svolgesse a Lucca il Congresso degli scienziati; però, temendo di compromettersi, poco prima dell'inizio dei lavori, partì per Vienna. La preoccupazione di poter essere trascinato, volente o nolente, in atteggiamenti liberaleggianti, condizionò la sua condotta negli ultimi anni del ducato. La cautela lo spinse nel 1845 a rifiutare la grazia a sette malfattori condannati a morte dopo un clamoroso processo; questo rifiuto gli sollevò contro gran parte dell'opinione pubblica, proprio negli anni in cui Francesco Carrara portava anche nel ducato lucchese il dibattito sull'abolizione della pena di morte. Con il trattato di Firenze del 1844, una serie di negoziati per giungere alla revisione dei confini tra Toscana, Modena, Parma e Lucca, Carlo Ludovico, che aveva ceduto alle pressioni indirette dell'Austria, rinunciò, quale futuro duca di Parma, al ricco territorio di Guastalla in cambio di alcuni comuni della Lunigiana.

Tra il 1846 ed il 1847, nel momento in cui, dopo l'elezione di Papa Pio IX, si maturava un'atmosfera nuova, Carlo Ludovico assunse atteggiamenti e prese decisioni che contrastavano con l'evolversi dei tempi e che gli procurarono una crescente impopolarità. Prima fra tutte fu la creazione del debito pubblico: il bisogno di denaro portò il duca, su consiglio di Ward, divenuto ministro delle Finanze, a rivendicare dei crediti verso l'Erario lucchese per titoli risalenti a trent'anni prima e considerati illegali dai Lucchesi (il Consiglio di Stato infatti si astenne dal dare la propria approvazione). Ward riuscì a manovrare abilmente, ottenendo il consenso, in un primo momento rifiutato, del granduca di Toscana, in cambio della cessione dell'Azienda del sale e tabacco, di quella del lotto e delle dogane. Carlo Ludovico però non percepì il malcontento creato da questa situazione, né volle cogliere i fermenti liberali circolanti ormai anche a Lucca, dove nel 1847 vi fu una serie di dimostrazioni, culminanti nel luglio in una vera e propria sommossa. Un aspro motuproprio del duca, improntato alla più rigida affermazione della sua sovranità assoluta, segnò l'inizio della lotta aperta tra il monarca e i sudditi. Turbato dal protrarsi di tumulti e agitazioni, si rifugiò nella villa di San Martino in Vignale. Il 1º settembre 1847, spaventato alla vista della folla che accompagnava una deputazione, con a capo Antonio Mazzarosa, che aveva l'incarico di sottoporgli uno schema di riforme, firmò un motuproprio con una serie di concessioni. La sera stessa partì per Massa ma dopo tre giorni, dietro pressioni di numerosi cittadini, decise di tornare a Lucca, dove fu accolto trionfalmente. Incapace di far fronte alla situazione, spaventato all'idea di dover cedere ad altre pressioni, il 9 settembre ripartì per Massa, per trasferirsi pochi giorni dopo a Modena, ove emanò un decreto che convertiva il Consiglio di Stato in Consiglio di reggenza. Il 4 ottobre firmò l'atto di cessione di Lucca alla Toscana [13][16][17].

Duca di Parma e Piacenza

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Ducato di Parma e Piacenza.
 
Il duca Carlo II di Parma nel 1860.

Il 17 dicembre 1847 la duchessa Maria Luisa di Parma, nata d'Asburgo-Lorena, morì e così Carlo Ludovico dovette scegliere se accettare o rifiutare il ducato parmense; in un primo momento sembrò cedere alla tentazione di sottrarsi alla nuova responsabilità che cadeva sulle sue spalle e solo dopo un più meditato esame della situazione si convinse di non poter abdicare, timoroso di pregiudicare i diritti del figlio, che non riteneva preparato a prendere la successione. Il 31 dicembre 1847, l'ex duca di Lucca entrò a Parma, prendendo possesso del trono su cui si erano seduti già i suoi avi, con il nome di Carlo II di Parma.

L'accoglienza gelida, anche da parte degli ambienti di corte, gli diede immediatamente la consapevolezza delle difficoltà che avrebbe dovuto affrontare. Si trovava di fronte a problemi e uomini che non conosceva, in una città dove il movimento liberale aveva una ben precisa configurazione e i contrasti tra reazionari e democratici raggiungevano asprezze che lo sconcertarono. I primi atti del suo governo manifestarono uno sforzo per dare una più moderna organizzazione agli ordinamenti pubblici e alla amministrazione centrale. Ma ebbero in realtà ben poco rilievo nel tumultuoso sviluppo degli avvenimenti del 1848. La politica di Carlo II, nei pochi mesi in cui fu a Parma, subì una serie di cambiamenti di indirizzo: prima egli sottoscrisse un'alleanza militare con l'Austria, poi, alla notizia della rivoluzione di Vienna e di Parigi, mutò fronte. Posto ancora una volta nella necessità di scegliere tra la repressione dei moti e la concessione di riforme, decise per queste ultime e nominò una reggenza con l'incarico di preparare la costituzione. Aderì quindi alla lega dei principi italiani.

 
Ritratto di Carlo II di Parma, Luigi Norfini, olio su tela, tra il 1879 ed il 1883.

La via delle riforme non significò adesione alle nuove idee, ma fu, in sostanza, una mossa per salvare il trono. Volto allo stesso fine fu il tentativo del figlio Ferdinando, poi duca Carlo III, di raggiungere il quartier generale di Carlo Alberto di Savoia. Fu un passo falso, in quanto il re di Sardegna, ormai orientato verso la politica delle annessioni (Piacenza aveva già chiesto di unirsi al Piemonte), riuscirà a trarre vantaggio dalla leggerezza dei Borboni, negoziando la liberazione del principe in cambio dell'abbandono di Parma da parte di Carlo II. Il 9 aprile il duca, trasformata la reggenza in governo provvisorio, si rifugiò nel castello di Weisstropp. Dopo l'armistizio Salasco, rioccupate Parma e Piacenza dall'Austria, Carlo II si affrettò a riaffermare i suoi diritti sul ducato e continuava la serie dei mutamenti di fronte, mentre con la costituzione aveva smentito l'alleanza con l'Austria. Dopo la sconfitta di Novara nella Prima guerra d'indipendenza italiana, Carlo II di Parma abdicò il 14 marzo 1849 [13][16][17].

Dopo l'abdicazione, Carlo si dedicò ai viaggi e ai divertimenti, agli studi prediletti, alternando i suoi soggiorni prevalentemente tra Parigi e Nizza e il castello di Weisstropp. Il governo del Granducato di Toscana gli permise raramente di tornare in Lucchesia, dove, una volta calmato il rancore per la "vendita" della città. Nell'aprile del 1853 gli fu concesso di partecipare a una riunione di famiglia tenutasi alle Pianore. Nel 1854, alla notizia dell'assassinio del figlio Carlo III di Parma, egli non si mosse da Parigi e solo nel 1856 si recò sulla sua tomba a Viareggio e rivide la moglie, Maria Teresa. Dopo il 1860, Carlo di Borbone poté venire in Italia liberamente e ne approfittò spesso, perché col passare degli anni la Lucchesia lo attrasse sempre più; col titolo di conte di Villafranca frequentava spesso le ville di Montignoso e di San Martino in Vignale. Accolse l'unità d'Italia come un fatto positivo. L'ultimo duca di Parma fu Roberto I, nipote di Carlo II, che venne destituito all'età di dieci anni. Nel 1879, la duchessa Maria Teresa morì e Carlo rimase comunque a Vienna, giungendo a Lucca solo nell'ottobre. Carlo II di Borbone morì il 16 aprile 1883 a Nizza [13][16][17].

Discendenza

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Carlo e Maria Teresa ebbero due figli:

  • Luisa Francesca (29 ottobre 1821 - 8 settembre 1823);
  • Carlo III, duca di Parma (1823 - 1854).

Ascendenza

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Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Filippo I di Parma Filippo V di Spagna  
 
Elisabetta Farnese  
Ferdinando I di Parma  
Luisa Elisabetta di Borbone-Francia Luigi XV di Francia  
 
Maria Leszczyńska  
Ludovico di Borbone  
Francesco I di Lorena Leopoldo di Lorena  
 
Elisabetta Carlotta di Borbone-Orléans  
Maria Amalia d'Asburgo-Lorena  
Maria Teresa d'Austria Carlo VI d'Asburgo  
 
Elisabetta Cristina di Brunswick-Wolfenbüttel  
Carlo II di Parma  
Carlo III di Spagna Filippo V di Spagna  
 
Elisabetta Farnese  
Carlo IV di Spagna  
Maria Amalia di Sassonia Augusto III di Polonia  
 
Maria Giuseppa d'Austria  
Maria Luisa di Borbone-Spagna  
Filippo I di Parma Filippo V di Spagna  
 
Elisabetta Farnese  
Maria Luisa di Borbone-Parma  
Luisa Elisabetta di Borbone-Francia Luigi XV di Francia  
 
Maria Leszczyńska  
 

Onorificenze

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  1. ^ Dopo aver abdicato al titolo sovrano di duca di Lucca il 5 ottobre 1847, conservò la titolazione, con carattere esclusivamente onorifico, fino alla sua successione al trono del Ducato di Parma e Piacenza.
  2. ^ (ES) Madrid 24 de diciembre (PDF), in Gazeta de Madrid, n. 103, 24 dicembre 1799, p. 1096. URL consultato il 24 giugno 2024.
  3. ^ Durante il periodo da Re d'Etruria
  4. ^ Durante il periodo da Duca di Parma e Piacenza e Duca di Lucca
  5. ^ Nonostante si legga talora l'appellativo di Carlo I, i documenti ufficiali del ducato riportano il suo nome come Carlo Lodovico: cfr. successive edizioni del Bollettino delle leggi della Provincia lucchese.
  6. ^ Si vedano ad esempio Predari e Mateos Sáinz de Medrano, ed anche la scheda del SIAS sul regno d'Etruria ( Rossella Santolamazza, Regno d'Etruria, 1801 - 1807, su SIAS Sistema informativo degli Archivi di Stato, Istituto centrale per gli archivi. URL consultato il 24 giugno 2024).
  7. ^ Carlo Lodovico 1. per grazia di Dio Infante di Spagna, Re d'Etruria &c. &c. &c. e per la prefata Maestà Sua S.M. Maria Luisa Infanta di Spagna, Regina reggente d'Etruria &c. &c. &c., editto, Firenze, Stamperia Reale, 1807; Descrizione della solenne ceremonia del giuramento di fedeltà e vassallaggio prestato a S.M. Carlo Lodovico, Primo Infante di Spagna e Rè d'Etruria nel R. Palazzo Vecchio di questa città di Firenze, li 25 agosto 1803, su Patrimonio Nacional, manoscritto digitalizzato, Ministerio de la Presidencia, Justicia y Relaciones con las Cortes de España. URL consultato il 24 giugno 2024
  8. ^ Visione d'insieme delle monete - Regno d'Etruria, su Numismatica Italiana, La Moneta.it. URL consultato il 24 giugno 2024.
  9. ^ Raffaello Morghen e Antonio Santarelli, Carlo Lodovico Infante di Spagna Re d'Etruria / Maria Luisa Infanta di Spagna Regina Reggente d'Etruria, su Catalogo generale dei Beni Culturali, Ministero della Cultura, ca 1804.
  10. ^ Giovanni Babini et al., Omaggi alle maestà di Carlo Lodovico Re d'Etruria e Maria Luisa Infanta di Spagna Regina Reggente per l'apertura del Regio Liceo eretto nel Museo Reale di Fisica e di Storia Naturale di Firenze con Motuproprio del dì 20 Febbraio 1807, Firenze, Piatti, 1807.
  11. ^ Pur non essendo la questione esplicitamente affrontata, la vecchia denominazione è ad esempio completamente ignorata dal Dizionario biografico degli italiani e dagli atti del convegno internazionale di Firenze del 2013, citati in bibliografia. Assai più drastico è l'araldista francese Hervé Pinoteau: «Le deuxième roi d'Étrurie fut Charles-Louis et non pas Louis II» ((FR) id. e Patrick Van Kerrebrouck, Clefs pour une somme : comportant l'index et la bibliographie de « La symbolique royale française » et du « Chaos français et ses signes », ainsi que des additions et corrections, La Roche-Rigault, PSR, 2011, p. 90, ISBN 978-2-908571-61-5).
  12. ^ Artt. 99, 101 e 102, in Atto finale del Congresso di Vienna del 9 giugno 1815 ed altri trattati che vi si riferiscono e la Convenzione fra Austria e Sardegna del 4 ottobre 1751, Milano, Libreria di F. Sanvito succ. A. Borroni e Scotti, 1859, pp. 59-62.
  13. ^ a b c d e f g CARLO II di Borbone, duca di Parma - Enciclopedia, su Treccani. URL consultato il 2 settembre 2025.
  14. ^ Trattato conchiuso a Parigi il 10 giugno 1817 tra le Corti d'Austria, di Spagna, di Francia, della Gran Bretagna, di Prussia e di Russia, il quale, in esecuzione dell'art 99 dell'Atto Finale del congresso, determina la reversione dei ducati di Parma, Piacenza e Guastalla, ibidem, p. 74 e ss.
  15. ^ Federica Quilici, Maria Luisa di Borbone. Gli affari ecclesiastici nel Ducato di Lucca : 1818-1824, Lucca, Accademia Lucchese, 1999, p. 35.
  16. ^ a b c d e f Sapere.it, Carlo II (duca di Parma) su Enciclopedia | Sapere.it, su www.sapere.it. URL consultato il 4 settembre 2025 (archiviato dall'url originale l'8 dicembre 2024).
  17. ^ a b c d e f Carlo Ludovico di Borbone | Palazzo Ducale, su palazzoducale.lucca.it. URL consultato il 4 settembre 2025.

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