Discussione:Mujāhid al-ʿĀmirī

In data 26 settembre 2009 la voce Mujāhid al-ʿĀmirī è stata sottoposta a un vaglio.
Consulta la pagina della discussione per eventuali pareri e suggerimenti.

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Può un articolo nascere con il tag NPOV... di serie? Istintivamente la risposta sarebbe no, a maggior ragione nella consapevolezza che ci occupiamo di voci neutrali, e che anzi avrei personalmente qualche motivo in più per saperlo; ma soluzioni alternative non ne ho trovate. E' un testo non neutrale, e il tag ci sta tutto.

Questo testo viene da una breve ricerca messa a punto nell'estate del 2001, cinque anni fa, originariamente destinata ad altri usi. Quand'era sul punto di essere pubblicata, nel mese di settembre, tragici fatti di altro genere ne resero l'edizione del tutto inopportuna, dati i molti possibili spunti di analogia con altre figure di arabi al tempo note, ed una simile esaltazione avrebbe potuto apparire oltremodo provocatoria. Da allora rimase in un cassetto, archiviata su un floppino che oggi ho riesumato, versata in un codice binario... triste e solitario. Volendo richiamare questa figura per WP, mi son ricordato di questo testo bell'e pronto, e riflettendoci ho considerato che tutto sommato poteva avere in sé forse qualche piccola informazione che valesse la pena di una revisione.

Fatto sta che, mettendoci mano per rendere la pagina accettabile, mi è capitato di effettuare delle correzioni ancora meno neutrali del testo precedente. Effettivamente la figura di questo strano personaggio mi intriga con curiosità ed in modo avvincente, è uno strano Davide del mare contro un Golia di cui in genere qui in Italia si va fieri. Ed è una vicenda che, studiandola, vissi come la lettura di un romanzo. Non sono davvero la persona più adatta per neutralizzare il tutto. Decisamente :-)

Per cui, confidando nella generosità dei Wikipediani, ho smesso di metterci mano e ho immesso il testo così come l'avevo. Alla stessa generosità chiedo anche, prima di inveire per il lavoro che di necessità si richiede, di voler considerare che menzione di questo soggetto la mia cartacea ancora continua a non averne...

Grazie perciò della vostra pazienza :-))) --Sn.txt g 16:14, 1 ago 2006 (CEST)Rispondi


Essendo morto a 84 anni ho modificato la data di nascita che era errata.--Tempiese 21:11, 19 ago 2006 (CEST)Rispondi

Gravissime riserve

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Caro signore,

la voce che lei dedica a Mujahid suscita le più serie riserve, non per la neutralità su vicende di un migliaio di anni fa (davvero nessun problema!), ma per la correttezza storica. Gli eventi di cui lei parla sono, in realtà, pochissimo documentati, mentre lei, col tono "romanzato" della narrazione, sembra fare il resoconto di una cronaca dettagliata.

Nelle osservazioni seguenti, mi riferisco a tutto ciò che nella voce riguarda la Sardegna, l'unico degli argomenti trattati sul quale sono competente.

Credo che lei abbia preso sul serio resoconti ottocenteschi. L'errore più grave è la menzione delle "Carte di Arborea", che sono un falso, uno dei più clamorosi (ma anche grossolani) "falsi" che siano mai stati prodotti. Apparse nel 1845 erano una immaginaria ricostruzione dei documenti prodotti e conservati alla corte giudicale di Oristano. Contenevano, tra le altre cose, cronache e componimenti epici che avrebbero dovuto (nell'intenzione dei falsari) coprire l'età oscura della storia sarda, più o meno dall'epoca di Gregorio Magno fino all'inizio dell'XI secolo. La falsificazione venne facilmente smascherata; se non ricordo male attorno al 1865/70 l'affare era chiuso (anche attraverso la consulenza dell'Accademia di Berlino, che esaminò i manoscritti), anche se molti intellettuali sardi non accettarono di buon grado il verdetto (non gli sembrava vero di poter rivendicare alla Sardegna un posto di rispetto nlla storia delle letterature europee).

Lei evidentemente non è sardo. Qui da noi la storia dei Falsi di Arborea la sa più o meno chiunque abbia studiato almeno un pò di storia locale.

Quanto alla Storia della Sardegna di Giuseppe Manno, è - ovviamente - una pietra miliare della storiografia sarda, ma contiene le ricerche pionieristiche di uno studioso (talvolta più attento al bello scrivere che all'esattezza documentaria) che ha scritto nella prima metà dell'Ottocento, esplorando un territorio pressoché vergine. L'opera del Manno, pur con tutti i suoi meriti, oggi è oggetto di indagine storica, ma non è più (da un bel pezzo) una guida attendibile, se non per quelle epoche delle quali l'autore fu testimone diretto o potè attingere a fonti orali o documentarie prossime (Storia Moderna della Sardegna).

A giusto titolo, diversi anni fa, uno storico (M. Brigaglia) inserì un profilo dell'opera del Manno sotto il titolo L'invenzione della Sardegna.

Da questo errore dipendono gli altri. per menzionarne solo due:

  • Non è mai esistito alcun "giudice Malotto" (la stessa italianizzazione del nome fa pensare a rimasticature ottocentesche); in realtà un documento arabo parla dell'uccisione, in battaglia di un certo Malut (senza attribuirgli alcun titolo); di per sé la menzione del nome è poco rilevante). Gli storici di oggi ipotizzano (ma è solo un'ipotesi) che Malut sia un errore di trascrizione per qualcosa come "Salut". Infatti i successivi giudici di Cagliari dei quali abbiamo notizia porteranno alternatamente i nomi dinastici di "Torchitorio" e "Salusio". perciò forse si trattava di un "giudice Salusio". Ma se questa ipotesi è vera, lo sbarco di Mujahid sarebbe avvenuto nel meridione, non nel nord dell'isola (Torres). Lei parla di sbarco a Torres. è una tesi che pochi sostengono, ma se anche fosse vera non lo è certo con la sicurezza e le prove che lei sembra avere.
  • la strofetta "Armemus nos in gherra" è sicuramente roba da Carte di Arborea: è scritta nel sardo aulico e latineggiante (abbastanza diverso da quello realmente parlato, sia in tempi recenti sia remoti) dei dotti ottocenteschi (per es. del canonico Spano) nel cui ambiente erano nati (ed avevano mietuto vittime) i "Falsi di Arborea".
  • ecc. ecc.

Insomma, la voce va sottoposta ad una drastica revisione.

cordiali saluti

Cuccumiau


Intanto qui ci diamo del tu, che è il modo di comunicazione che usiamo, non in senso riduttivo, ma per sottolineeare la comune condivisione degli scopi del Progetto ;-)
La neutralità del testo non è affatto secondaria, quindi io riconosco di non saper portare la voce a neutralità, ma questo non è affatto un problema da sottovalutare, e si accompagna in pari rango al problema della verifica della serietà del contenuto.
Circa le fonti, ho spiegato perché non mi è possibile purtroppo citarle. Nondimeno, che vi fosse un giudice di nome Malut o Malotto debbo averlo letto perché non avrei modo di aver reperito quel nome legato a quella qualifica se non da qualche fonte.
Che le fonti siano contestabili, nulla quaestio, però sono fonti. Mi pare onestamente strano il riferimento all'essere sardi, sono più propenso a ritenere che le cose siano o non siano, qualunque sia la nostra provenienza, e naturalmente non leggo in questo riferimento che per parlare di cose che riguardano la Sardegna (in questo caso incidentalmente) vi siano riservate prerogative di natura etnica.
Anche del tono romanzato ho spiegato perché c'è: si trattava di un testo destinato ad altro. Mi pareva però poterci essere del contenuto utile anche per WP, quindi l'ho inserito così come l'avevo.
Proponi delle modifiche concrete alla voce e se opportuno la voce sarà migliorata, non ho messo il mio testo perché dovesse restarci sempiterno il mio testo, spero invece che ne possa nascere una voce seria giudicando interessante l'argomento, anche se la voce poi dovesse dire tutto il contrario della mia versione.
Di mio ho tutta l'attenzione possibile innanzitutto a sapere come andarono davvero le cose. --g 12:42, 2 mag 2007 (CEST)Rispondi

Parzialità causata dall'uso di una sola fonte cristiana (e neppure orientalistica)

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Cari amici, sono casualmente capitato su questa voce e le ho dato una prima abbondante correzione. Vari errori, dovuti a chi della vicenda conosce solo il libro di Martini. Niente di male ma costui ha scritto un libro semi-fantasioso, di parte, su un episodio di sicura rilevanza, ma dai precisi confini. Fatti assai meno squillanti di quanto gli è piaciuto credere e far credere.
Qualcuno ha correttamente apposto in bibliografia il basilare lavoro di laurea di Clelia Sarnella Cerqua (professore ordinario dell'Università degli studi di Napoli "L'Orientale" e massima esperta italiana del bilād al-Andalus, il paese di al-Andalus) ma l'estensore del lemma non conosce con ogni evidenza la lingua araba (come mostrato da alcuni errori che non sarebbero stati compiuti da chi quella lingua fosse stato conoscitore). Se qualcuno avesse letto quel lavoro della Sarnelli, infatti, il quadro sarebbe stato assai meno leggendario e di parte. Anche la citazione di Mattiello (un laureato della stessa Università dianzi citata) non ha apportato alcun contributo di novità, essendo il tutto già magistralmente stabilito dal testo della Sarnelli (che fu la sua tesi di laurea all'Università egiziana del Cairo).
Spero col tempo di poter bilanciare le notizie di Martini (correttamente riportate dall'estensore iniziale del lemma) con quelle degli altri storici citati dalla Sarnelli ma non credo di poterlo fare nei prossimi mesi.
Intanto ho limato qua e là alcune espressioni troppo retoriche o "di colore". Ho poi ristabilito la correttezza della definizione data a piene mani di "saraceno" (termine orientalistico e quanto mai eurocentrico) con quella più neutra e adeguata di "musulmano" (il Nostro non era arabo, come non lo era la maggioranza dei suoi equipaggi, per lo più composti da berberi, convertiti, schiavoni e persino da qualche persiano). Ho infine corretto certe traslitterazioni di fantasia, evidentemente desunte (senza alcuna colpa) da fonti che l'arabo non conoscono.
Una voce che merita di rimanere a pieno titolo, ovviamente, ma abbondantemente da fasare con le fonti arabe, collazionate infine alla luce del buon senso storico (che, a dire il vero, all'estensore del lemma non manca). --Cloj 13:51, 24 mag 2007 (CEST)Rispondi

Livorno?

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Sono di parte in quanto pisano, ma nel 1000 a livorno c'erano "3 case", dubito che avesse una flotta propria..--Attilakk 20:28, 26 dic 2007 (CET)Rispondi

Strano! Riporto qui quanto dicono i nostri amici di en:Wiki: «In 828 the Pisan ships assaulted the coast of North Africa. In 871 they took part in the defence of Salerno from the Saracens. In 970 they gave also a strong support to the Otto I's expedition, who defeated a Byzantine fleet in front of Calabrese coasts».--Cloj 15:47, 16 mar 2008 (CET)Rispondi

Livorno venne fondata nel XVI secolo. E' chiaro che tutte le fonti utilizzate per realizzare questa voce sono dei falsi, la Toscana, la Sardegna e la Corsica non sono mai state invase dagli arabi. Chi ha scritto questa ridicola voce priva di qualsiasi riscontro storico sarà certamente un nazionalista arabo, non c' è altra spiegazione. Anche alcune città sarde citate nella pagina nel XI secolo non esistevano nemmeno. Ma si parla di Alghero, fondata nel XII secolo, poi di Livorno fondata nel XVI secolo e di altri centri che o non esistevano o che secondo le fonti storiche ufficiali non sono mai state minimamente toccate da invasioni arabe, un esempio su tutti Torres, che nel XI secolo era la capitale e il centro religioso del giudicato cristiano di Torres, e di certo non una città araba. Tra l' altro in quel periodo nella città di Torres veniva costruita la grande basilica di S. Gavino, come cavolo è possibile che esattamente negli anni di costruzione della chiesa quella città fosse sotto il dominio musulmano?

Troppa fantasia?

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Non so nulla dell'argomento, ma so quanto rare e scarne siano di solito le fonti per il secolo XI. Il problema principale non mi sembra il fatto se il testo sia POV o meno quanto che il testo sembra molto romanzesco e perciò ridicolo per un'enciclopedia. Ciò è dovuto all'utilizzo di aggettivi e di dettagli, che non possono essere che una interpretazione ed elaborazione molto successiva ai fatti. Ripeto: non so nulla dell'argomento; sto solo raccontando l'impressione di un lettore scettico.

Se qualcuno ha accesso alle fonti citate e voglia di rifare questo testo, gli suggerisco di dare molto più spazio alle fonti ("quotandole"), mettendo in evidenza anzitutto quanto si sa dalle fonti coeve e poi da quale fonte e di che epoca originano le notizie successive. Dalla discussione precedente mi sembra che il testo sia tuttora basato su fonti false. Leggere la leggenda di Musetto (costruita, suppongo, incollando tutte le notizie disponibili senza vagliarle) va bene per i bambini, conoscere come si è formata questa leggenda nei secoli è invece di reale interesse storico. Comunque non intendo disprezzare il lavoro altrui; ringrazio comunque il primo estensore, che ha inserito questo testo pur dichiarandone espressamente i limiti. Se le fantasie sono opera del testo del Martini (che non conosco), il problema non è di affiancarvi altri testi, come ha fatto o intende fare Cloj nella discussione precedente, ma di distinguere le notizie certe da quelle dubbie, se non addirittura false. Pinea (msg) 22:51, 26 nov 2008 (CET)Rispondi

Imprecisioni (anche) su San Miniato

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Sebbene non conosca totalmente le vicende di Musetto, probabilmente uno dei maggiori capitani di Fuste nel mediterraneo intorno all'anno 1000, la vicenda "narrata" mi sembra alquanto fantasiosa e troppo romanzata, appunto. Mi soffermo soltanto sul passaggio di San Miniato, edificata dai pisani per sfuggire alle incursioni dalla costa (?), che è sicuramente un falso storico, infatti (riportando anche dal semplice sito del Comune di San Miniato).

Le origini di San Miniato risalgono all'epoca etrusco-romana, ne sono testimonianza gli innumerevoli reperti della necropoli di Fontevivo e i ritrovamenti in località Montecalenne e Montappio.

Colonizzata dai legionari di Augusto, fu poi stazione militare col nome di "Quarto" e in seguito all'invasione dei Longobardi diventò un borgo; essi nel 783 vi costruirono una chiesa dedicata al martire San Miniato, dal quale prese poi il nome la città.

Il castello venne fatto costruire nel 962 dall'imperatore Ottone I°, il quale vi costituì la sede dei Vicari imperiali, con giurisdizione su tutta la Toscana. [...]

Quindi la presenza di San Miniato quale importance centro (tra l'altro sulla Francigena) è già ben documentato. Semmai un eventuale rafforzamento pisano è dovuto al timore (fondato) del crescere dei comuni dell'interno della Toscana (Firenze su tutti).

Korost

Non neutrale da agosto 2006

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In questa voce c'è un avviso di Non-NPOV dall'agosto 2006. Cosa stiamo aspettando? --79.6.11.235 (msg) 15:41, 9 ago 2009 (CEST)Rispondi

Torres???? Alghero??????????? Mujāhid al-ʿĀmirī?????

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Fornite dati, fonti e documenti storici....grazie! Non ho mai letto da nessuna parte che l' attuale porto torres fosse stata un territorio arabo, tra l' altro in quella città e in tutta la sardegna non sono mai state trovate tracce della cultura araba e di insediamenti saraceni, nemmeno temporaneai e nemmeno un singolo oggetto!

E alghero nemmeno esisteva nell' 11° secolo, dato che è stata fondata dai doria nel secolo successivo! Per cui come cavolo Mujāhid al-ʿĀmirī è potuto partire alla volta di Pisa da una città che non esisteva??????????

Sardegna settentrionale?????????

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"Nel giro di breve tempo, i musulmani ottennero il controllo di tutto il territorio compreso fra Torres e Olbia, territori che si univano al già conquistato Arcipelago della Maddalena e alla Corsica meridionale."

Quelle frasi sono inventate di sana pianta, non esiste un solo testo storico riconosciuto che confermi quelle stupidaggini, la Sardegna settentrionale era un territorio bizantino, non è mai stato occupato, invaso, controllato e governato dai mori, nemmeno per un istante. L' unica presenza araba in Sardegna riguarda i saccheggi ai villaggi costieri, e nient' altro, non sono stati rinvenuti nemmeno insediamenti temporanei di origine musulmana, nemmeno tracce di accampamenti militari e di saraceni!

Propongo l' eliminazione di questa voce.

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Wikipedia è un' enciclopedia, non una raccolta di leggende. Tutte le fonti utilizzate per scrivere questa voce sono false e inattendibili, i fatti citati completamente inventati e privi di qualsiasi riscontro storico.

Fantastoria

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Questa voce racconta fatti completamente inventati. Le fonti tratte dal libro di Pietro Martini sono considerate false da tutti gli storici. Molte località citate nel libro e che secondo l' autore nel XI secolo sarebbero state occupate dagli arabi, ad esempio Alghero e Livorno, in quel periodo storico non erano state ancora fondate. Si parla anche di Porto Torres come centro del dominio musulmano, ma in quel periodo la città era sotto il dominio bizantino, e negli anni in cui secondo Martini si trovavano gli arabi, veniva costruita la Basilica cristiana di San Gavino. Inoltre la città nel XI secolo non era fortificata, non ci sono tracce nè di fortificazioni bizantine, nè tantomeno dello stanziamento di popolazioni arabe.

Perchè tra le fonti si citano documenti e testi ritenuti da tutti dei falsi?

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Storia delle invasioni degli Arabi e delle piraterie dei barbereschi in Sardegna è notoriamente un' opera romanzata e le vicende raccontate ritenute di pura fantasia. Quasi nulla corrisponde a fatti realmente accaduti, persino un non esperto di storia potrebbe facilmente confutare tutte le sciocchezze raccontate in quel libro. E a quanto pare non sono il primo ad averlo fatto notare...questa voce non ha alcun senso di esistere, questa è un' enciclopedia, non un romanzo di fantasia.

Fantastoria lo zimbello della comunità wiki nel mondo

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Possibile che Wiki italiana possa contenere intere voci senza note, fonti attendibili e con un testo romanzato del genere? A causa di questa voce ho letto decine di entrate su blog e siti vari su internet che la copiavanoa adducendo che la Sardegna diventò musulmana per anni. Incredibile. La voce dovrebbe essere eliminata e riscritta da capo con fonti attendibili. Notare che la nota in catalano non cita neppure l'annessione della Sardegna da parte di Museto.

Questa pagina e' una vergogna

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Questa pagina dovrebbe essere riscritta da capo da quante storie inventate e romanzate senza fonti contiene. Possibile che nessun amministratore intervenga?

Collegamenti esterni modificati

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Gentili utenti,

ho appena modificato 1 collegamento esterno sulla pagina Mujāhid al-ʿĀmirī. Per cortesia controllate la mia modifica. Se avete qualche domanda o se fosse necessario far sì che il bot ignori i link o l'intera pagina, date un'occhiata a queste FAQ. Ho effettuato le seguenti modifiche:

Fate riferimento alle FAQ per informazioni su come correggere gli errori del bot.

Saluti.—InternetArchiveBot (Segnala un errore) 12:32, 26 apr 2019 (CEST)Rispondi

Eliminazione biografia romanzata

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A seguito delle discussioni precedenti, ho eliminato in toto la biografia, che risultava totalmente inadatta ad una enciclopedia. In attesa che qualcuno di buona volontà scriva una biografia enciclopedica e corredata di riferimenti bibliografici puntuali IlPoncio (msg) 02:44, 3 gen 2022 (CET)Rispondi

L'ultima discussione risale al 2018, direi che prima di cancellare la quasi totalità della voce se ne deve discutere. Anche perché per tanto così conviene cancellare in toto Moxmarco (scrivimi) 20:01, 4 gen 2022 (CET)Rispondi

Voce sostanzialmente fededegna

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La voce, che come ogni biografia di personaggi che si pone ai limiti tra l'Alto e il Basso Medioevo, è incompleta e talora parziale, mi sembra abbia più che altro il torto di riferirsi a un musulmano su cui pochissimi studiosi occidentali hanno lavorato. Molti critici che hanno scritto qui sopra polemicamente, del tutto legittimamente, non mi sembra tuttavia abbiano le necessarie competenze linguistiche per intervenire criticamente in modo costruttivo. Una persona seria, uno storico di fama internazionale, però c'è. Una Italiana, il cui nome era Clelia Cerqua, sposata Sarnelli, riportata in Bibliografia. Ha avuto anch'essa un torto: a parte uno splendido articolo sulla rivista dell'Università degli studi di Napoli L'Orientale (che per chi non lo sapesse è l'Ateneo statale che, malgrado sia piccolo come La Normale o la Bocconi, è quello maggiormente qualificato in Italia negli studi orientalistici dal XVIII secolo, ed è ampiamente noto nel mondo universitario. Il suo Dipartimento Asia, Africa, Mediterraneo è stato tra l'altro riconosciuto "d'eccellenza" dal MIUR, ora MUR), la professoressa ha scritto la sua tesi di laurea nell'Università del Cairo in lingua araba, come è normale che sia. È stata professore ordinario e Preside della Scuola di Studi Islamici, poi diventata Facoltà di Studi Islamici e del Mediterraneo. Nel suo elaborato ci sono moltissime risposte ai tanti interrogativi mossi da chi - non è certo colpa sua - non conosce però purtroppo l'arabo. Fate a fidarvi o cominciate a sottoporre le fonti arabe a qualche arabista? Ce ne sono, eh! --Cloj 23:17, 14 mag 2022 (CEST)Rispondi

Ancora esiste questa voce

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Dopo tanti anni, leggo con grosse risate questa favoletta, che ancora non cancellate. Questo la dice tutta sulla serietà delle fonti che pretendete sempre. Complimenti, sempre sul pezzo con le diffusioni di falsi storici! Comunque questa storiella, piena di menzogne storiche, è davvero insuperabile ed ancora non la cancellate. --93.70.86.100 (msg) 21:19, 26 mag 2025 (CEST)Rispondi

1) Modera i termini 2) Se lo ritieni opportuno interpella il progetto storia. Grazie --Moxmarco (scrivimi) 21:23, 26 mag 2025 (CEST)Rispondi

Mujāhid al-ʿĀmirī in Heywood, W. (1921). "A History of Pisa, Eleventh and Twelfth Centuries"

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Mi imbatto in questa pagina a 18 anni dalla sua creazione. Non volendo entrare nella discussione (anche perché non ho sufficienti conoscenze in ambito di orientalistica) parafraso qui quanto letto a riguardo in Heywood, W. (1921). A History of Pisa, Eleventh and Twelfth Centuries (Capitolo 2). Cambridge UP, consultabile sull'Internet Archive a questo link.

Spero che analizzando le fonti si possano risolvere alcune delle questioni proposte nei precedenti commenti - spero poi di trovare il tempo per dare una rassettata a questa pagina. Nel mentre:

TRADUZIONE DEL CAPITOLO 2 "THE EXPULSION OF MOGAHID FROM SARDINIA" (pagine 15-25)

All’inizio dell’XI secolo, l’ondata dell’invasione saracena era al suo apice, e sembrava che il Mar Tirreno – anzi, lo stesso Mediterraneo – fosse destinato a essere trasformato in un lago musulmano. Prima della fine del secolo, i Comuni di Pisa e Genova avevano liberato il loro mare dagli invasori stranieri. In seguito, percorsero le coste dell’Africa e, con la spada in pugno, imposero trattati commerciali ai loro vecchi antagonisti. La conquista della Sicilia da parte dei Normanni e le vittorie dei Veneziani nell’Adriatico, con il conseguente ottenimento di privilegi commerciali nel Levante, furono contemporanee a queste imprese, e tutte anticipatrici delle Crociate.

Già nel X secolo, i Pisani avevano combattuto i Saraceni in Calabria [1], e, forse, anche in Spagna e in Africa[2]; mentre, nel 1004, una flotta musulmana risalì l’Arno e saccheggiò un quartiere della città[3].

Per vendicare tale affronto e per difendere il proprio commercio, i Pisani attaccarono Reggio[4]. Nessun dettaglio attendibile della spedizione ci è pervenuto[5], benché, secondo una leggenda relativamente moderna, essa fu intrapresa su istanza del dotto monaco francese Gerberto d’Aurillac, che, dopo essere asceso al soglio pontificio con il nome di Silvestro II, proclamò una crociata per la liberazione di Gerusalemme. Su suo invito, i Pisani salparono e assalirono e massacrarono i primi infedeli che incontrarono. Tuttavia, la storia sembra essere completamente priva di fondamento[6].

I Pisani erano, al di sopra di tutto, mercanti, e le ragioni di tutte le loro guerre e di tutti i loro viaggi erano, in ultima analisi, ragioni economiche. [...] Se i Saraceni non avessero interferito con il commercio pisano, è estremamente dubbio che i Pisani avrebbero avuto motivo di contesa con loro.

La flotta musulmana che rinnovò la guerra, nel 1011, e che, secondo il linguaggio evidentemente esagerato di Marangone, “distrusse” Pisa, salpò dai porti della Spagna [7]; e dalla Spagna giunsero anche, quattro anni dopo, quei corsari saraceni che, sotto la guida del terribile Mogahid (il Musetto o Mugetto dei cronisti italiani), occuparono la Sardegna e razziarono ancora una volta il litorale toscano, solo per essere infine sconfitti dalle flotte alleate di Pisa e Genova.

Dall’espulsione dei Cartaginesi, nel 231 a.C., fino alle invasioni dei Vandali nel V secolo della nostra era, la Sardegna era stata una provincia romana, e quando, dopo ottant’anni di dominio barbarico, il Regno vandalo d’Africa fu distrutto da Belisario, l’isola tornò ancora una volta all’Impero, sebbene ora come dipendenza non di Roma ma di Costantinopoli. Ciò avvenne nel 533. Nel 551, sia la Corsica sia la Sardegna furono conquistate da Totila, ma il Regno ostrogoto terminò due anni dopo, e le isole furono nuovamente annesse all’Impero.

Dopo l’espulsione dei Vandali, la Sardegna formò una delle sette province governate dal praefectus praetorio d’Africa e, come la Numidia e la Mauretania, possedeva un proprio praeses e un proprio dux. Il primo, come capo dell’amministrazione civile, risiedeva a Cagliari, l’antica capitale dell’isola; il secondo stabilì il suo quartier generale a Forum Traianum, presso la foce del Tirso. A partire dall’epoca di Giustiniano, questi funzionari furono in conflitto perpetuo — judices civiles et militares semper invicem contendentes — e, poco a poco, la stratocrazia invase il campo d’azione dei magistrati civili. Ancora nel 627 si incontra un praeses, e non è affatto certo che fosse l’ultimo. Tuttavia, alla fine, l’autorità militare assorbì interamente quella civile, ed è probabile che, prima della fine del VII secolo, la Sardegna fosse stata organizzata come un tema [distretto militare-amministrativo bizantino]. Da quel momento in poi, l’isola fu governata da un Iudex Sardiniae o strategos, le cui funzioni erano sia civili sia militari.

In tutte le dipendenze occidentali di Bisanzio, tali magistrature tendevano a essere monopolizzate da famiglie particolari e a divenire ereditarie. Fu questo il caso dei principi di Capua e Salerno, del duca di Napoli, degli archonti di Amalfi e Gaeta, tutti formalmente soggetti all’Impero, ma solo di nome. Per quanto riguarda la Sardegna, questa evoluzione si completò probabilmente mentre l’Impero era occupato nella difesa di Italia e Sicilia contro i Saraceni, e certamente il X secolo vide la hoi katechon [autorità che trattiene] dell’archonte mutarsi in alleanza.

Appena i Sardi ebbero conquistato la loro indipendenza, l’unità dell’archontato divenne un ricordo del passato e l’isola fu divisa in quattro giurisdizioni distinte e indipendenti, dette Iudicatus o Giudicati. Non ostacolati da alcun residuo di soggezione, i poteri dei Giudici erano praticamente assoluti. Essi assunsero il titolo di reges e persino di imperatores, definendosi tali divina gratia, gratia Dei, o boluntade de donneu deu. Uno di essi arrivò perfino a dichiararsi Deo electus et coronatus — una formula che potrebbe suggerire che la corona fosse ereditaria per diritto divino. Eppure, il principio elettivo si intrecciava normalmente con quello dinastico, e ancora nel XIII secolo si trovano tracce dell’antica teoria giuridica secondo cui la sovranità dei iudices emanava dal popolo.

Anzi, il solo ius haereditarium era così inefficace nel garantire la successione che si vede costantemente il figlio associato al padre nel governo dello Stato — una prassi evidentemente modellata sui metodi adottati a Costantinopoli per assicurare la trasmissione del potere imperiale. Tuttavia, perché tale associazione fosse valida, sembra che fosse necessario il consenso del popolo. I maschi avevano la precedenza sulle femmine, e, di norma, succedeva il figlio maggiore. Se non vi erano maschi, ereditavano le figlie, i cui diritti passavano ai loro mariti. Così, il marito della figlia che succedeva diventava iudex — una situazione che ci aiuta a comprendere la feroce competizione per le mani delle eredi sarde, che aprì precocemente la via a usurpazioni straniere.

Per il resto, il sistema consorziale, così ampiamente diffuso tra i feudatari del continente, non era indigeno in Sardegna, e se, prima dell’elezione, ciascun membro maschio della famiglia dominante aveva una possibilità di essere chiamato al trono, dopo l’elezione, ogni pretesa alla sovranità era estinta in tutti tranne che nel iudex eletto o donnu. Soltanto coloro che avevano ricevuto il giuramento del popolo — sacramentum quod liberi et servi de Sardinia eorum dominis faciunt et facere consueverunt — erano i donnos; gli altri membri della famiglia regnante portavano il titolo di donnicellos. Anche nei casi di condominia, l’unità ideale del governo non era distrutta: teoricamente, ciascuno dei condomini possedeva gli stessi poteri[8].

Mogahid-ibn-Abd-Allah, che si dice fosse nato da genitori cristiani, era uno di quei servitori della corte musulmana noti con il nome generico di “Slavi”[9]. Il suo signore, il celebre Almansor (Ibn-abi-‘Amir), non solo lo liberò e lo addestrò alle armi, ma lo istruì anche nelle lettere, al punto che, negli anni successivi, egli era ritenuto uomo ben versato nella filologia e nell’esegesi coranica. Divenne un patrono raffinato di uomini colti e un collezionista di codici relativi a diverse scienze[10].

La morte di Almansor, nel 1002, fu seguita dal crollo del califfato, e la Spagna musulmana si divise rapidamente in numerosi principati indipendenti. Con l’estinzione degli Omayyadi (1036), l’ultimo residuo di unità scomparve: i generali berberi si spartirono il sud; gli Slavi dominarono l’est, mentre il resto venne diviso tra avventurieri di successo o fra quel ristretto numero di famiglie nobili che erano riuscite a sfuggire ai colpi inferti all’aristocrazia da ʿAbd al-Raḥmān e Almansor. Infine, le due città più importanti, Cordova e Siviglia, si organizzarono come repubbliche [11].

In questo caos di guerre e anarchia, Mogahid giocò un ruolo di primo piano. Fuggito da Cordova, si impadronì di Tortosa, l’abbandonò e prese Denia, dove insediò un califfo fantoccio, un certo Abu-ʿAbd-Allah al-Muʿayṭī, che proclamò Comandante dei Fedeli e al quale giurò fedeltà nel 1014. Insieme, si trasferirono nelle Isole Baleari, che facevano parte del califfato di Cordova dal 937; e da lì, nell’estate del 1015, Mogahid salpò verso la Sardegna con 1000 cavalieri e 120 navi, grandi e piccole[12].

Già nel 710, 752, 813, 816, 817 e 935, i Saraceni avevano razziato l’isola, ma non l’avevano mai completamente sottomessa. La natura impervia del territorio, i frequenti naufragi sulle sue coste rocciose e il carattere bellicoso dei suoi abitanti li avevano così intimoriti che, per oltre tre quarti di secolo, avevano lasciato i Sardi in pace, ritenendoli un popolo indomito dal quale era più probabile ricevere colpi che bottino[13].

Mogahid sembra essere sbarcato nel Cagliaritano, dove inflisse una tremenda strage agli isolani e fece un gran numero di prigionieri, in maggioranza donne e bambini[13]. Dalle zone pianeggianti costiere, estese le sue razzie fino ai monti dell’interno, e con ogni probabilità si alleò con i Barbaricini, che abitavano la regione alpina attorno al Monte Gennargentu[14]. L’intera isola era alla sua mercé.

Rex fuerat Balee Mugetus rexque Diane. Invasit Sardos rabida prestantior ira. His igitur propere violento marte subactis, Omnia cum plano tenuit montana tyrampnus. [15]

Quell’estate stessa, prima o dopo la conquista della Sardegna, corsari saraceni apparvero anche lungo le coste italiane e saccheggiarono l’antica città di Luni[16]. L’oltraggio risvegliò negli italiani la consapevolezza del pericolo, e gli avventurieri mercantili di Pisa e Genova salparono in soccorso della Sardegna[17]. Perfino i nobili non si vergognarono di prendere posto ai remi:

Tunc non erubuit quisquam de nobilitate Viribus equoreas remos urguere per undas [18]

e tanto grande era la loro brama di affrontare il nemico che il poeta li paragona a leoni affamati che si lanciano sulla preda[19].

Secondo i cronisti, tutto questo entusiasmo fu dovuto alle esortazioni di papa Benedetto VIII[20]; ma è almeno altrettanto probabile che, come nel caso della battaglia di Reggio, le principali motivazioni della spedizione fossero economiche. Né i Pisani né i Genovesi potevano ignorare quanto il loro commercio sarebbe stato danneggiato se ai Saraceni fosse stato permesso di stabilirsi permanentemente in Sardegna; e perciò decisero di espellerli a ogni costo[21].


1 - Marangone, Cronaca pisana, in Archivio Storico Italiano, Serie I, Tomo VI, Parte II, p. 4: “dcccclxxi. Fuerunt Pisani in Calabria.” Cfr. Amari, Storia dei Musulmani, op. cit., vol. II, pp. 311, 313, e Manfroni, op. cit., p. 64.

2 - Amari, Prime imprese degli Italiani nel Mediterraneo, ubi cit., p. 46.

3 - Chronicon pisanum apud Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, vol. VI, p. 107, e Breviarium pisanae historiae, ibid., p. 167; Marangone, ubi cit., p. 4, tutti riferiti all’anno pisano 1005. Il Breviarium, compilato alla fine del XIII secolo, aggiunge che i Saraceni avevano precedentemente minacciato Roma, ma Amari ritiene ciò una favola, inventata per esaltare i meriti dei Pisani agli occhi della corte papale e per rafforzare la narrazione della cessione della Sardegna. Storici successivi attribuiscono questo attacco saraceno allo stesso anno della battaglia di Reggio e affermano che avvenne durante l’assenza della flotta pisana. In questi resoconti, il terribile Mogahid (Musetto) appare come il capo degli infedeli e la signora Cinzica o Kinzica come l’eroina che risvegliò i Pisani alla resistenza. Cfr. Santoro, La leggenda di Cinzica, in Studi Storici, vol. I, p. 251.

4 - Marangone, ubi cit., p. 4: “mvi. Fecerunt Pisani bellum cum Saracenis ad Regium, et gratia Dei vicerunt illos in die Sancti Sixti.”

5 - Tutto ciò che si conosce della battaglia di Reggio si trova in Amari, Storia dei Musulmani, op. cit., vol. II, libro IV, cap. VII, p. 341, e vol. III, libro V, cap. I, p. 3.

6 - Amari riferisce che la leggenda del motivo religioso della spedizione pisana nacque nel modo seguente: “Tra le Epistolae di Gerberto, pubblicate dai Benedettini della Congregazione di San Mauro (Recueil des Historiens des Gaules, vol. X, p. 426, n. CVII), ve n’è una del 999, in cui il Papa, lamentando la profanazione di Gerusalemme da parte degli infedeli, rivolge la seguente esortazione a un ignoto cristiano: Enitere ergo, miles Christi, esto signifer et compugnator, et quod armis nequis, consilii et opum auxilio subven. In queste parole si trova, in effetti, un’idea embrionale di Crociata e una richiesta di oblazioni per la santa impresa. I dotti editori aggiungono una nota secondo la quale i Pisani avrebbero risposto immediatamente salpando per attaccare i Saraceni. A sostegno di tale affermazione citano Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, vol. III, p. 400; ma, consultando il passo in questione, si scopre che l’unica fonte è in realtà un moderno panegirico municipale di carattere estremamente esagerato, ossia le lunghe note che Costantino Gaietani aggiunse alle Vite dei Papi di Pandolfo Pisano, stampate a Roma nel 1638 e ripubblicate da Muratori in quel volume. Siamo quindi costretti a ricorrere a Tronci e anche a fonti peggiori, e ogni legame tra l’Epistola di Gerberto del 999 e la battaglia del 1005 svanisce completamente” (Amari, op. cit., vol. III, p. 3 n.).

7 - “mxii. Stolus de Ispania venit Pisas et destruxit eam.”

8 - Cfr. su tutto il tema: Besta, La Sardegna Medioevale, op. cit., in particolare i primi tre capitoli del secondo volume. La leggenda che attribuisce l’istituzione dei Giudicati sardi ai Pisani è, ovviamente, una favola, frutto della seconda metà del Duecento, inventata — come molte altre dello stesso tipo — per sostenere le pretese del Comune sul dominio sardo. La sua assurdità è stata così spesso smascherata che sembrerebbe quasi superfluo tornarvi, se non fosse che è stata ripresa come storia seria da Mrs. Janet Ross, The Story of Pisa, op. cit., pp. 9–10.

9 - Amari, Storia dei Musulmani, op. cit., II, p. 169; Gibbon, Decline and Fall of the Roman Empire, cap. 55. Già allora, i mercanti veneziani pare superassero ogni altro concorrente nel fornire gli harem e i mercati di schiavi del mondo musulmano. Pola, in Istria, è menzionata come centro principale di questo commercio; e sappiamo che, nel X secolo, il califfo di Cordova possedeva una guardia del corpo composta da schiavi ungheresi (Hodgson, op. cit., pp. 150–151; Gfrörer, Byzantinische Geschichten, I, pp. 85 e 274, ivi cit.).

10 - Cfr. Amari, Prime imprese, ubi cit., p. 48, e Notizie della impresa de' Pisani su le Baleari secondo le sorgenti arabiche, dello stesso autore. È pubblicata nel Liber Maiolichinus (edizione citata). Il passo pertinente si trova a pp. xlix–l. Ai vv. 2635–2636 del poema stesso si legge:

Sarcina cartarum, quam vir tellure levare / Vix posset.

Secondo l’erudito editore, si trattava probabilmente di parte dei codici raccolti da Mogahid.

11 - Encyclopaedia Britannica (nona edizione), vol. XXII, p. 315.

12 - Amari, Storia dei Musulmani, op. cit., III, pp. 4–5.

13 - Cfr. le cronache arabe citate da Amari, op. cit., III, p. 6.

13 - Amari, Prime imprese, ubi cit., p. 50; Storia dei Musulmani, op. cit., III, p. 7.

14 - I Barbaricini erano i discendenti di una colonia mauretana stabilita in Sardegna durante l’occupazione vandalica, probabilmente nel V secolo. La regione da loro abitata era nota come Barbagia. È menzionata da Dante Alighieri, Purgatorio, XXIII, v. 94, e da Fazio degli Uberti, Dittamondo, III, 12.

15 - Liber Maiolichinus, vv. 924–927.

16 Ditmar (Theitmarius), Chronicon (in Scriptores Rerum Germanicarum), lib. VIII, cap. 33. Come osserva acutamente Amari, Ditmar difficilmente poteva essere male informato circa il nome della città e della provincia attaccata dai Saraceni. Il resto della sua narrazione è chiaramente inattendibile, rappresentando solo le voci che gli giunsero in Germania. Il saccheggio di Luni è, con ogni probabilità, un fatto storico (Amari, Storia dei Musulmani, op. cit., III, nota a p. 8; Manfroni, op. cit., p. 93).

17 - Marangone, ubi cit., p. 4; Chronicon Pisanum e Breviarium apud Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, VI, pp. 107 e 167; per l’anno pisano 1016.

18 - Liber Maiolichinus, vv. 930–931.

19 - Ibid., vv. 934–938.

20 - Cfr. ad esempio Ranieri Sardo, Cronaca pisana, in Arch. Stor. It., Serie I, Tomo VI, Parte II, p. 76.

21 - Amari, Prime imprese, ubi cit., p. 51 e nota; Storia dei Musulmani, op. cit., III, pp. 7–8; Manfroni, op. cit., p. 93. --Jacaviator (msg) 18:36, 28 lug 2025 (CEST)Rispondi

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