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Amanti della continuità, del senso manifesto e della chiarezza, noi non sopportiamo lo sguardo che indaga e che, soprattutto, valorizza le piccole cose, introducendo senso anche là dove apparentemente non c'è. Lo sguardo è la capacità di interrompere il continuum dell'esperienza quotidiana, per dare senso ad essa, introducendo senso o rivelando nuovi sensi, sensi nascosti, che possono servire spesso a darne a cose che apparentemente non ne hanno. Propriamente, lo sguardo non è la mera capacità di visione, non è lungimiranza e acutezza, arguzia e sagacia; non è l'attenzione con cui si seguono le cose che interessano e che piacciono, né la disposizione benevola e caritatevole di chi si concede a buon mercato agli altri. E' a partire dalla considerazione della medesimezza umana, dalla capacità cioè di sollevarsi al di sopra delle umane miserie, scorgendo un barlume di umanità anche nelle esistenze spente e abbrutite e non disdegnando il contatto con chi non è nostro simile e trovando sensato stare ad ascoltare anche la storia più insignificante e sgangherata, perché essa acquisti poi quel 'senso per noi' che è fonte della simpatia, della sincera benevolenza e dell'autentico contatto umano; è solo a partire da questo sentimento che potremo dire di aver 'gettato uno sguardo' sull'esistenza altrui. La penetrazione dell'indistinto e del vago, dell'indifferente e dell'incerto, genererà senso, favorirà la nascita di nuovi sensi. Di fronte, o meglio accanto al dolore altrui risalterà meglio l'attitudine del nostro sguardo, che non è prerogativa esclusiva degli occhi e della vista: si rivelerà così la capacità dello sguardo di entrare in sintonia con l'esistenza altrui già con la modalità di contatto e di comunicazione minima data dalla semplice-presenza di chi comprende quanto sia importante stare accanto a chi soffre, in silenzio, se necessario. Lo psichiatra tedesco Schneider ha scritto che non è privo di senso stare accanto a un catatonico che non mostra di avvertire la nostra presenza: quel contatto servirà a non far precipitare un'esistenza nell'insignificanza. Chi conosce le vie del cuore sa che stare anche per giorni in silenzio accanto a una madre che ha perso un figlio giovane non è inutile: quella madre riconoscerà in seguito il valore di quello sguardo amico. E' quello che il poeta americano chiama 'occhi di seconda vista'. E' la capacità di comprendere, cioè di vedere la condizione dell'altro, interpretandone correttamente i bisogni. E' stare in ascolto.

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