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Il dissenso è un sentimento o una filosofia attraverso cui si manifesta disaccordo oppure opposizione nei confronti di un'idea (ad esempio l'orientamento politico di un governo) o nei confronti di un'entità (ad esempio una personalità politica o un partito che propugna una determinata idea). Fra i termini che si contrappongono al concetto di dissenso si annoverano il consenso, che si manifesta quando tutte (o quasi) le "parti" sono d'accordo su qualcosa, oppure l'assenso, che si manifesta quando una certa parte concorda su una proposizione affermata da un'altra parte.

Descrizione

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Secondo lo storico russo Roy Medvedev, il dissidente non è semplicemente colui che la pensa diversamente, bensì colui che esprime esplicitamente tale disaccordo e lo manifesta in qualche modo ai suoi concittadini e allo Stato.[1]

Il dissenso può essere manifestato in molti modi. In alcuni sistemi politici può essere espresso in forma ufficiale dalle forze dell'opposizione, mentre i regimi repressivi di solito proibiscono e reprimono qualsiasi forma di dissenso, provocando in questo modo l'insorgere di varie forme di attivismo. In questi contesti le persone che non si adeguano o non sostengono le politiche dello stato sono solitamente definite dissidenti, o, in casi estremi, nemici dello stato.

Molti storici e studiosi di politica sostengono che una società che ha raggiunto un alto livello di benessere ha interesse non solo a garantire la libera espressione del dissenso, ma addirittura ad incoraggiarla. In questo modo categorie e gruppi sociali che si sentono poco rappresentati dalla classe politica, o comunque poco partecipi dei processi decisionali, hanno la possibilità di esprimere, seppure in forma critica, il proprio parere, portando così le proprie istanze all'attenzione della pubblica opinione.

  Lo stesso argomento in dettaglio: Libertà di parola.

Il dissenso artistico infine si distingue da quello politico perché non è legato necessariamente a dei periodi di crisi e/o di aperta lotta, ed è caratterizzato da una prospettiva di permanente, sistematica revisione dei codici e dei segni affermatisi all'interno di una data cultura, da cui il carattere sostanzialmente dissidente di ogni forma artistica di ricerca autentica nel suo opporsi allo status quo.

La difesa del dissenso nella storia delle idee

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Libertà di manifestazione del pensiero.

L'idea che l'espressione di dissenso o opinioni sovversive dovrebbe essere tollerata, e non censurata o punita dalla legge, si è sviluppata insieme alla diffusione della censura sulla stampa.

Una serie di pensatori inglesi furono in prima linea nelle prime discussioni sul diritto alla libertà di espressione, tra cui John Milton (1608–74) e John Locke (1632–1704).

Areopagitica, pubblicata nel 1644, fu la risposta di John Milton alla reintroduzione da parte del Parlamento inglese della licenza governativa per gli stampatori, e quindi per gli editori[2]. Le autorità ecclesiastiche avevano precedentemente assicurato che al saggio di Milton sul diritto al divorzio fosse stata rifiutata la licenza di pubblicazione. In Areopagitica, pubblicato senza licenza[3], Milton fece un appassionato appello per la libertà di espressione e la tolleranza della menzogna[2], affermando:

Prima di ogni altra libertà, datemi la libertà di conoscere, di esprimermi e discutere liberamente secondo coscienza[4].

La difesa della libertà di espressione da parte di Milton era fondata su una visione del mondo protestante. Pensava che il popolo inglese avesse la missione di elaborare la verità della Riforma, che avrebbe portato all'illuminazione di tutte le persone. Tuttavia, Milton ha anche articolato i principali filoni delle future discussioni sulla libertà di espressione. Definendo la portata della libertà di espressione e di parola "dannosa", Milton si è espresso contro il principio di pre-censura e a favore della tolleranza per un'ampia gamma di punti di vista[2].

John Locke stabilì l'individuo come unità di valore e portatore di diritti alla vita, alla libertà, alla proprietà e al perseguimento della felicità. Tuttavia, le idee di Locke si sono sviluppate principalmente attorno al concetto del diritto di cercare la salvezza per la propria anima. Si occupava quindi principalmente di questioni teologiche. Locke non sosteneva né la tolleranza universale dei popoli né la libertà di parola; secondo le sue idee, alcuni gruppi, come gli atei, non dovrebbero essere ammessi[5].

 
Statua di George Orwell presso la sede della BBC. A difesa della libertà di parola in una società aperta, sul muro dietro la statua sono incise le sue parole "Se la libertà ha un qualche significato, significa aver diritto di dire ciò che la gente non vuole sentire".

Entro la seconda metà del XVII secolo filosofi del continente europeo come Baruch Spinoza e Pierre Bayle svilupparono idee che comprendevano un aspetto più universale della libertà di parola e della tolleranza rispetto ai primi filosofi inglesi[5]. Nel XVIII secolo l'idea della libertà di parola veniva discussa da pensatori di tutto il mondo occidentale, in particolare da filosofi francesi come Denis Diderot, il Barone d'Holbach e Claude Adrien Helvétius[6].

L'idea cominciò ad essere incorporata nella teoria politica sia in teoria che in pratica: tra il Bill of Rights inglese del 1688, la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino francese del 1789 ed il Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, essa fu garantito in un primo nucleo di Stati nazionali occidentali.

John Stuart Mill (1806–1873) portò l'elaborazione teorica ad un livello ulteriore: senza la libertà umana non può esserci progresso nella scienza, nel diritto o nella politica, perchè tutti questi ambiti, secondo Mill, richiedono una libera discussione delle opinioni. On Liberty di Mill, pubblicato nel 1859, divenne un classico in difesa del diritto alla libertà di espressione[2]. Mill sosteneva che la verità scaccia la falsità, quindi la libera espressione delle idee, vere o false, non dovrebbe essere temuta. La verità non è stabile o fissa ma si evolve con il tempo. Mill sosteneva che gran parte di ciò che una volta consideravamo vero si è rivelato falso. Pertanto, le opinioni non dovrebbero essere vietate per la loro apparente falsità. Mill ha anche sostenuto che la libera discussione è necessaria per prevenire il "profondo sonno di un'opinione decisa". La discussione guiderebbe la marcia verso la verità e, considerando le false opinioni, la base delle opinioni vere potrebbe essere riaffermata[7]. Inoltre, Mill ha sostenuto che un'opinione ha valore intrinseco solo per il proprietario di tale opinione, quindi mettere a tacere l'espressione di tale opinione è un'ingiustizia nei confronti di un diritto umano fondamentale. Si ritiene generalmente che per Mill l'unico caso in cui la parola può essere giustamente soppressa è quello di prevenire il danno derivante da una minaccia chiara e diretta[8]. Né le implicazioni economiche o morali né il benessere di chi parla giustificherebbero la soppressione della parola[9].

  Lo stesso argomento in dettaglio: Saggio sulla libertà.

Nella sua biografia di Voltaire del 1906, Evelyn Beatrice Hall coniò la seguente frase per illustrare le convinzioni di Voltaire: "Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo"[10]. La citazione di Hall è spesso citata per descrivere il principio della libertà di parola[10]. Noam Chomsky affermò: "Se credi nella libertà di parola, credi nella libertà di parola per le opinioni che non ti piacciono. Dittatori come Stalin e Hitler, erano a favore della libertà di parola solo per le opinioni che gli piacevano. Se sei a favore della libertà di parola, significa che sei a favore della libertà di parola proprio per le opinioni che disprezzi"[11]. Lee Bollinger sostiene che "il principio della libertà di parola implica l'atto speciale di ritagliare un'area di interazione sociale per uno straordinario autocontrollo, il cui scopo è quello di sviluppare e dimostrare una capacità sociale di controllare i sentimenti evocati da una serie di incontri sociali”. Bollinger sostiene che la tolleranza è un valore desiderabile, se non essenziale. Tuttavia, i critici sostengono che la società dovrebbe preoccuparsi di coloro che negano o sostengono direttamente, ad esempio, il genocidio[12].

In qualità di presidente del PEN International con sede a Londra, un club che difende la libertà di espressione e la libertà di stampa, l'autore inglese H.G. Wells incontrò Stalin nel 1934 e sperava in una riforma nell'Unione Sovietica. Tuttavia, durante il loro incontro a Mosca, Wells ha detto, "la libera espressione di opinione, anche dell'opinione di opposizione, non so se sei già preparato per tanta libertà qui"[13].

Durante il nazismo e il fascismo, in varie parti dell'Europa ci fu una pesante limitazione di libertà di espressione[14]. Essa produsse una grande riflessione sulla necessità del pluralismo delle idee e dell’analisi critica contro l’imposizione ideologica, nella quale si segnalarono i contributi di Nicola Chiaromonte, di Karl Mannheim (che nel 1936 pubblicò, in proposito, Ideology and Utopia), John Dewey e Reinhold Niebuhr.

  1. ^ Roy Medvedev, Intervista sul dissenso in Urss, a cura di Piero Ostellino, Laterza, 1977.
  2. ^ a b c d Karen Sanders, Ethics & Journalism, Sage, 2003, p. 66, ISBN 978-0-7619-6967-9. URL consultato il 25 novembre 2018 (archiviato dall'url originale il 15 febbraio 2022).
  3. ^ 13. John Milton (1608–1674). Areopagitica; A Speech of Mr. John Milton for the Liberty of Unlicenc'd Printing, to the Parlament of England. London: [s.n.], 1644, in Early Censorship in England, "Heresy and Error": The Ecclesiastical Censorship of Books, 1400–1800, Bridwell Library, 17 dicembre 2000. URL consultato il 26 giugno 2011 (archiviato dall'url originale il 5 settembre 2012).
  4. ^ (EN) Karen Sanders, Ethics and Journalism, SAGE, 18 gennaio 2003, ISBN 978-0-7619-6967-9. URL consultato il 20 febbraio 2024.
  5. ^ a b Jonathan Israel, Radical Enlightenment, Oxford University Press, 2002, pp. 265-67.
  6. ^ Jonathan Israel, Enlightenment Contested, Oxford University Press, 2006, pp. 155ff, 781ff.
  7. ^ Karen Sanders, Ethics & Journalism, Sage, 2003, p. 67, ISBN 978-0-7619-6967-9. URL consultato il 25 novembre 2018 (archiviato dall'url originale il 15 febbraio 2022).
  8. ^ Raphael Cohen-Almagor, J.S. Mill's Boundaries of Freedom of Expression: A Critique, in Philosophy, vol. 92, n. 4, 6 giugno 2017, pp. 565-596, DOI:10.1017/s0031819117000213, ISSN 0031-8191 (WC · ACNP).
  9. ^ Nigel Warburton, Free Speech: A Very Short Introduction, Oxford, 2009, pp. 24-29, ISBN 978-0-19-923235-2. URL consultato il 6 maggio 2020 (archiviato dall'url originale il 15 agosto 2021).
  10. ^ a b Paul F. Jr. Boller e George, John, They Never Said It: A Book of Fake Quotes, Misquotes, and Misleading Attributions, New York, Oxford University Press, 1989, pp.  124–26., ISBN 0-19-505541-1.
  11. ^   Mark Achbar and Peter Wintonick, Manufacturing Consent: Noam Chomsky and the Media, 1992.
  12. ^ Lee C. Bollinger, The Tolerant Society: Freedom of Speech and Extremist Speech in America, Oxford University Press, 1986, ISBN 0195040007.
  13. ^ Freedom of Speech in Russia: Politics and Media from Gorbachev to Putin, Taylor & Francis, 25, 2016, p. 142.
  14. ^ La Stampa durante il Regime Nazista | Enciclopedia dell’Olocausto, su encyclopedia.ushmm.org. URL consultato il 20 febbraio 2024.

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