Eugenio di Beauharnais

viceré d'Italia, primo duca di Leuchtenberg e principe di Eichstätt, politico e generale francese
(Reindirizzamento da Eugenio Napoleone)

Eugène Rose de Beauharnais (Parigi, 3 settembre 1781Monaco di Baviera, 21 febbraio 1824) è stato un generale, nobile e politico francese. Noto in Italia come Eugenio di Beauharnais, fu il primogenito del visconte Alessandro di Beauharnais e di Giuseppina di Beauharnais. In seguito, si legò particolarmente al futuro marito della madre, il generale Napoleone Bonaparte, che lo accolse all'interno della sua famiglia e fece di lui, negli anni a seguire, uno dei personaggi più importanti del panorama europeo.

Eugenio di Beauharnais
Ritratto di Eugenio di Beauharnais, viceré d'Italia di Andrea Appiani, 1810, Castello della Malmaison
Viceré d'Italia
Stemma
Stemma
In carica5 giugno 1805 –
25 maggio 1814
PredecessoreTitolo creato
SuccessoreTitolo estinto
Duca di Leuchtenberg
Principe di Eichstätt
In carica14 novembre 1817 –
21 febbraio 1824
PredecessoreMassimiliano di Baviera
SuccessoreAugusto di Beauharnais
Granduca di Francoforte
Principe Primate della Confederazione del Reno
In carica5 febbraio 1813 –
4 novembre 1813
PredecessoreKarl Theodor von Dalberg
SuccessoreCariche abolite
Principe di Venezia
In carica1805 –
1814
PredecessoreTitolo creato
SuccessoreTitolo estinto
Altri titoliPrincipe dell'Impero
Eugène de Beauharnais
NascitaParigi, 3 settembre 1781
MorteMonaco di Baviera, 21 febbraio 1824 (42 anni)
Cause della morteColpo apoplettico
Luogo di sepolturaChiesa di San Michele, Monaco di Baviera
Dati militari
Paese servitoFrancia (bandiera) Prima Repubblica francese
Impero francese (bandiera) Impero francese
Regno d'Italia
Forza armataFrancia (bandiera) Esercito rivoluzionario

Grande Armata

Anni di servizio1796 - 1814
GradoGenerale di divisione
GuerreGuerre rivoluzionarie francesi
Guerre napoleoniche
CampagneCampagna d'Egitto
Campagna d'Italia (1800)
Campagna d'Italia (1809)
Campagna di Russia
Campagna di Germania del 1813
Campagna d'Italia (1813-1814)
Comandante diEsercito del Regno d'Italia (1805-1814)
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Inizialmente ancora adolescente, iniziò a seguire il patrigno come assistente già nelle sue varie campagne militari, prima in Egitto e poi in Italia. Dopo aver dimostrato una certa predisposizione per la carriera militare ed aver combattuto come soldato, divenne un generale dell'esercito napoleonico, dando particolare prova del suo talento nel corso della campagna di Russia e nel corso della guerra della Sesta coalizione.

Elevato al rango di principe dopo la creazione dell'Impero, venne nominato viceré d'Italia, ruolo che svolse sino alla caduta del regno. Si sposò felicemente con la principessa Amalia, figlia del re di Baviera Massimiliano I Giuseppe, venne accolto dal suocero nel suo regno dopo la fine del regime napoleonico in Francia, dove venne creato duca di Leuchtemberg e dove rimase per il resto della propria vita.

Biografia

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I primi anni

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Eugenio nacque a Parigi il 3 settembre 1781.[1] I suoi genitori erano il visconte Alexandre de Beauharnais, un ufficiale dell'esercito che aveva partecipato alle ultime fasi della guerra d'indipendenza americana, e Marie-Josèphe Rose de Tascher de la Pagerie, meglio nota come Giuseppina, una nobildonna creola.[2][3][4][5] I primi anni della Rivoluzione francese furono movimentati per la sua famiglia: inizialmente il padre aderì agli ideali rivoluzionari e fu eletto negli Stati generali, ottenendo più tardi un ruolo di comando al fronte. Dopo vari risultati deludenti, nel 1794 si dimise dall'incarico ma venne arrestato per ordine del Tribunale rivoluzionario di Parigi e condannato a morte il 23 luglio. Assieme al padre, anche la madre fu incarcerata, sebbene scampò alla ghigliottina.[5] Eugenio visse per un certo periodo come apprendista di un falegname mentre la sorella Ortensia fu accudita da un'anziana governante.[3] Presto, però, il generale Hoche, amante della madre, prese Eugenio sotto la propria ala, facendolo entrare temporaneamente nelle file dell'esercito come suo ufficiale di scorta.[1][3] A seguito della scarcerazione della madre, abbandonò il suo incarico per fare ritorno nella sua famiglia.[3] A causa delle ristrettezze economiche, la madre dovette fare ricorso a tutte le sue conoscenze nel mondo dell'alta società per riuscire a mantenere la famiglia. In un'occasione, inviò Eugenio al quartier generale dell'Armata interna per ottenere il permesso di conservare la spada del padre a fini sentimentali. Il comandante dell'Armata esaudì la sua richiesta: era il generale Bonaparte, suo futuro patrigno.[3][6]

La rapida carriera nell'esercito

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Napoleone e Giuseppina si sposarono nei primi giorni del marzo 1796. Il generale partì subito per l'Italia, mentre il resto della famiglia Beauharnais rimase a Parigi per diversi mesi, raggiungendo Milano solo nelle ultime settimane dell'anno. Eugenio, in particolare, ne approfittò per completare la propria educazione, divenuta difficoltosa nel periodo rivoluzionario.[3][4] Dopo aver raggiunto la Lombardia, il giovane rimase al fianco del patrigno, entrando nelle file dell'esercito nel gennaio 1797. Venne presto elevato al rango di sottotenente, sebbene tale grado fu confermato solo verso la fine dello stesso anno, e fu messo sotto il diretto servizio di Bonaparte come suo aiutante di campo.[1][2][3] Seguì il patrigno anche nella sua avventura in Egitto, sempre in qualità di assistente di campo.[1][2][3][4][5] Fu durante questa spedizione che i primi sprazzi del talento militare di Eugenio si fecero intravedere: si distinse alla testa dell'avanguardia nel corso della presa di Suez nel 1798, venendo promosso a tenente per il valore dimostrato, e partecipò all'assedio di San Giovanni d'Acri, nel quale rimase ferito.[1][3][7]

Eugenio fu tra gli ufficiali che seguirono Napoleone nel suo controverso ritorno in Francia. Dopo il colpo di Stato del 18 brumaio, Napoleone favorì l'ascesa nei ranghi dell'esercito del figliastro, nominandolo capitano di uno squadrone di cacciatori a cavallo della Guardia Consolare. Ben presto, comunque, Eugenio dimostrò che tale promozione era meritata: combatté con onore nella battaglia di Marengo, dove ottenne la promozione a caposquadrone sul campo.[3][7] Negli anni successivi fece ritorno a Parigi, dove continuò a servire all'interno della guardia consolare, ottenendo una promozione a colonnello nel 1802 ed una seconda promozione a generale di brigata nel 1804.[8] Il giorno del quarto anniversario della battaglia di Marengo, Napoleone lo ricompensò nominandolo Principe di Francia e Grand'Ufficiale della Legion d'Onore. Qualche mese dopo fu nominato Arcicancelliere di Stato.[1][4][7][8]

Viceré d'Italia

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Ritratto di Eugenio del 1804-1805

Qualche mese dopo la sua ascesa ad Imperatore dei francesi, Napoleone pensò bene di trasformare la Repubblica Italiana in una monarchia, dove ovviamente egli avrebbe occupato il trono. Dopo aver proclamato la nascita del nuovo regno ed averne delineato l'organizzazione statale, Napoleone lasciò il suo governo ad Eugenio, nominandolo viceré.[8] La guerra con l'Austria scoppiò qualche mese dopo: Eugenio si impegnò a mettere a disposizione le risorse del proprio regno ma la difesa dell'Italia fu affidata al maresciallo Massena, che riuscì a proteggere la penisola dalle armate dell'arciduca Carlo.[7][8] L'unico incarico militare che Eugenio ricoprì in tale periodo fu occuparsi del blocco di Venezia.[1] Terminata la guerra, Napoleone mostrò di avere ancora in serbo numerosi progetti per Eugenio. Innanzitutto, il 12 gennaio 1806 Napoleone annunciò al Senato francese di avere intenzione di riconoscere come proprio figlio Eugenio, facendo di lui l'erede dei suoi titoli in assenza di figli naturali. Poi, due giorni dopo, venne combinato un matrimonio, con protagonisti lo stesso Eugenio e la figlia del re di Baviera Massimiliano I Giuseppe, la principessa Augusta Amalia.[4][7][8] I due giovani sposi compirono un lungo e trionfale viaggio di nozze, iniziato in Baviera e conclusosi a Milano, passando per Venezia.[8] Un anno più tardi, nel 1807, Eugenio fu creato principe di quest'ultima città.[2][4] Terminato il suo viaggio di nozze, Eugenio si mise subito all'opera per organizzare i nuovi dipartimenti ottenuti dopo la pace di Presburgo e organizzare le difese del regno dall'Austria: fece rinforzare le difese di Palmanova, Mantova e Peschiera ed allestì una nuova fortezza ad Osoppo, per facilitare le operazioni contro la Carinzia. Si dedicò poi all'amministrazione civile: fece erigere numerose scuole, scavare numerosi canali e riparare o costruire diverse strade. Non trascurò il mondo della cultura: fece inaugurare la Pinacoteca di Brera, fondò un conservatorio a Milano e raccolse attorno a sé numerosi personaggi di spicco del panorama intellettuale italiano ed internazionale. In generale, sotto il suo governo l'Italia divenne un Paese prospero.[8]

 
I francesi passano il Piave nel 1809

Nei primi mesi del 1809, una nuova guerra con l'Austria si scatenò. Stavolta le difese del regno furono affidate direttamente ad Eugenio: per quanto fosse un militare capace, la sua mancanza di esperienza nella gestione di un esercito imponente come quello franco-italiano misero in difficoltà il viceré, che nelle primissime fasi della sua campagna faticò a svolgere bene il compito a lui affidato. Il suo battesimo come comandante di un esercito si ebbe nella battaglia di Sacile, contro l'arciduca Giovanni d'Austria: vari errori di tipo organizzativo sfavorirono i napoleonici, che uscirono sconfitti dallo scontro ed iniziarono una lunga ritirata sino all'Adige.[9][10] Napoleone, quando seppe dell'accaduto, si infuriò con il figliastro, considerando anche l'idea di sostituirlo con il maresciallo Murat, ma una questione di tempistiche impedì la cosa.[11] Dopo una seconda parziale sconfitta a Caldiero,[9][10] la situazione bellica in Germania contribuì a rovesciare le sorti della campagna di Eugenio: l'arciduca Giovanni, vedendo le proprie retrovie minacciate dal corpo principale della Grande Armée, che aveva sconfitto sua fratello Carlo ad Eckmühl, iniziò a ritirarsi, abbandonando il fronte dell'Adige per tornare lentamente verso l'Austria.[12] Eugenio si lanciò immediatamente all'inseguimento degli asburgici: le due forze si scontrarono per la terza volta sul fiume Piave ed in questo caso furono i franco-italiani ad uscirne vincitori.[9]

L'inseguimento degli austriaci proseguì attraverso il Veneto, il Friuli e l'Austria, concludendosi solo in Ungheria. Nel frattempo, i successi di Eugenio erano proseguiti ininterrottamente: era riuscito a riprendere la fortezza di Palmanova, aveva sconfitto uno dei due corpi dell'armata austriaca a Tarvisio e Grenier, uno dei suoi luogotenenti, aveva trionfato su una colonna di rinforzi a Sankt Michael, permettendo ai franco-italiani di assediare Graz.[1][9][10] Dopo aver ricevuto notizia della battaglia di Aspern-Essling, Eugenio fu incaricato di sconfiggere definitivamente l'armata dell'arciduca Giovanni ed impedire che questo si riunisse con il nerbo dell'esercito austriaco a nord di Vienna: i franco-italiani e le forze dell'arciduca si incontrarono per l'ultima volta nei pressi di Raab il 14 giugno 1809. La sanguinosa battaglia, terminata con la vittoria di Eugenio,[9][13] fu poi soprannominata dallo stesso Napoleone come "una piccola figlia di Marengo e di Friedland", altre due celebri vittorie che condividevano lo stesso anniversario.[7] Avendo portato a termine il compito assegnatoli, Eugenio raggiunse il corpo principale dell'esercito francese in Austria, prendendo parte alla successiva e determinante battaglia di Wagram, comportandosi egregiamente.[13][14] La vittoria, tuttavia, cambiò la politica di Napoleone e la prima a farne le spese fu Giuseppina: Napoleone, pur amandola, riconobbe di non poter avere figli da lei e l'unica soluzione realistica era di sposarsi nuovamente. Eugenio si ritrovò in una posizione piuttosto scomoda, essendo legato moltissimo sia alla madre sia al padre adottivo, ma riuscì a conciliare i desideri di entrambe le parti: Napoleone ottenne il divorzio mentre Giuseppina, preoccupata per la sorte del figlio, lo vide riconfermato come legittimo erede in assenza di figli naturali.[13]

Le ultime campagne militari

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Russia e Germania

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Campagna di Russia e Campagna di Germania del 1813.
(francese)
«Nous avons tous commis des fautes, Eugène est le seul qui n'en ait pas fait.»
(italiano)
«Abbiamo tutti commesso degli sbagli, Eugenio è l'unico che non ne ha fatti.»
 
Parata militare a Milano nel 1812, in preparazione alla spedizione in Russia

Eugenio continuò a governare l'Italia sino al 1812, quando fu chiamato a comandare uno dei corpi della Grande Armèe in previsione dell'invasione della Russia. Fu lui affidato il IV Corpo,[14] formato principalmente dai soldati italiani.[16] Dopo aver attraversato il Niemen, le forze di Eugenio si distinsero una prima volta nel corso della battaglia di Astroŭna, tra il 25 ed il 27 luglio, ripetendosi tre settimane dopo nel corso della battaglia di Smolensk.[1][17] Nonostante gli immensi sforzi ed i continui successi, i napoleonici non riuscirono a trovare una vittoria decisiva mentre i russi, pur indietreggiando, mantenevano una forte resistenza. L'inseguimento dell'esercito dello zar proseguì:[18] il 7 settembre, nei pressi di Borodino, i due schieramenti combatterono la più sanguinosa battaglia dell'intera campagna, costata la vita a quasi 80000 soldati.[19] Eugenio, ovviamente, vi prese parte, dando nuovamente prova delle sue doti militari.[1][7][14][17] Comunque, fu durante la fase di ritirata dalla Russia che Eugenio dimostrò al meglio le sue doti militari: a Malojaroslavec, le sue truppe furono incaricate di liberare la città dall'esercito russo, riuscendoci al costo di numerose perdite; a Vjaz'ma contrattaccò efficacemente le forze russe che avevano ingaggiato le truppe del maresciallo Davout, salvandole dalla rotta; a Krasnoi, riuscì a superare l'opposizione del generale Miloradovič, portando le sue truppe nella cittadina russa.[1][17] Dopo aver attraversato la Beresina, le sue truppe arrivarono in Polonia: con Napoleone a Parigi e Murat che lasciò l'esercito per dirigersi a Napoli, fu Eugenio a prendere le redini di ciò che rimaneva dell'armata francese.[1][17] L'episodio fece infuriare l'imperatore, che tessé pubblicamente le lodi del viceré, sminuendo Murat: questo alimentò la rivalità tra i due generali, portando in seguito a gravi conseguenze.[20]

A Posen, riorganizzò le truppe rimaste, circa 12500 uomini, organizzò i rifornimenti di razioni e munizioni, distribuendo anche vari presidi lungo il confine. Dopo che l'armata russa si palesò di fronte al confine polacco, abbandonò la linea della Vistola e si diresse verso l'Oder, dove tentò di proteggere le proprie comunicazioni con la Sassonia e di schermare Berlino, nel tentativo di ritardare la defezione della Prussia,[17] già agitata dalla controversa decisione di Yorck.[21] Giunto a destinazione, ritrovò il generale Grenier, con numerose truppe provenienti dall'Italia: nonostante i rinforzi, ritenne impossibile mantenere Berlino e ripiegò ulteriormente sull'Elba, stabilendo il proprio quartier generale a Lipsia il 9 marzo.[1][17][15] Provò per diverso tempo a mantenere alcune posizioni sulla sponda orientale dell'Elba, ma dopo alcuni scontri a Magdeburgo in aprile, dovette necessariamente ritirarsi. Riuscì a mantenere la posizione con i resti della sua piccola armata sino all'arrivo di Bonaparte, giunto con un massiccio esercito dalla Francia.[14][20][15] La gestione strategica della situazione in Germania da parte di Eugenio fu impeccabile, per ammissione dello stesso Napoleone.[15][22] Dopo la congiunzione dei due eserciti, Eugenio guidò l'ala sinistra dell'armata francese nel corso della vittoriosa battaglia di Lützen.[1] Pochi giorni dopo, Napoleone, assunta personalmente la guida dell'esercito, lo inviò in Italia.[22]

La campagna d'Italia e il ritiro in Baviera

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Campagna d'Italia (1813-1814) e Caduta del Regno d'Italia (1814).
(francese)
«Tous mes devoirs ont cessé... je n'ai plus ordres à donner.»
(italiano)
«Tutti i miei doveri sono conclusi... Non ho più ordini da dare.»
 
Eugenio in battaglia nel 1813

Napoleone aveva infatti intuito che l'Austria, fino a quel momento neutrale, avrebbe presto cambiato fazione, allineandosi con le forze della Coalizione e questo avrebbe esposto l'Italia ad una potenziale invasione. Eugenio fu quindi incaricato di tornare nella penisola, raccogliere un esercito e contrastare le armate austriache. Partito dalla Germania il 5 maggio, giunse a Milano il 18 dello stesso mese. L'esercito italiano, andato distrutto quasi completamente in Russia, venne ricostruito e preparato. Con circa 50000 uomini a sua disposizione, Eugenio si diresse in Friuli, attendendo la fine dell'armistizio di Pleiswitz prima di intraprendere ogni offensiva contro gli asburgici, che si schierarono contro i francesi come predetto da Napoleone. Inizialmente, le forze di Eugenio trovarono alcuni successi, occupando Villaco e sconfiggendo una divisione austriaca a Feistritz, ma l'andamento della guerra mutò in fretta: le sue truppe, i cui numeri non erano sufficienti a coprire adeguatamente il lungo fronte della Carniola e dell'Istria, patirono diverse sconfitte e furono, seppur lentamente, costrette a ripiegare verso l'Isonzo dai soldati del generale Hiller. Nel frattempo, la defezione della Baviera e la disastrosa sconfitta di Lipsia minarono la sicurezza delle retrovie franco-italiane, obbligando Eugenio ad una ritirata verso ovest. Il movimento retrogrado dell'esercito si concluse con l'arrivo delle sue forze lungo l'Adige, raggiunto il 6 novembre. Le forze napoleoniche, forti della vittoria di Caldiero e della buona prova di San Michele, trasformarono il corso dell'Adige in una linea quasi invalicabile per le forze austriache, stabilizzando il fronte per diverso tempo. Nonostante gli austriaci avessero aperto un nuovo fronte in Emilia, la situazione rimase sotto controllo fino al 1814.[23][24]

In quel periodo, Murat, temendo di perdere il proprio regno se avesse continuato a seguire Napoleone, decise di trovare un accordo con l'Austria e schierarsi al fianco della coalizione. Questo portò Eugenio a ritirare le proprie truppe sul Mincio il 5 febbraio, portando ad uno scontro con gli austriaci del maresciallo Bellegarde, subentrato ad Hiller: le due parti si attaccarono a vicenda in due diversi tratti del fiume, inizialmente ignari dei movimenti dell'altro. Fu Eugenio il primo ad accorgersi dell'attacco del nemico e tentò a lungo di sorprenderlo sul fianco, trovandosi di fronte una strenua ed ostinata resistenza da parte delle poche truppe austriache rimaste. Alla fine della giornata, le due parti tornarono alle posizioni originali, terminando lo scontro in un pareggio.[25] Il fronte lombardo rimase stabile sino al termine della guerra mentre quello emiliano, dove Murat trovò qualche successo, si spostò sino alle mura di Piacenza negli ultimi giorni del conflitto.[26] Negli otto mesi della campagna, Eugenio si rifiutò di tradire Napoleone, declinando una proposta del suocero Massimiliano I Giuseppe, che lo avrebbe reso re d'Italia se avesse cambiato fazione,[27] e più volte trattò con Murat, le cui vedute politiche oscillavano in base alla convenienza del momento.[28] Dopo l'abdicazione di Napoleone, decise di cessare le ostilità: gli scontri tra i franco-italiani e gli alleati cessarono il 16 aprile in seguito alla convenzione di Schiarino-Rizzino.[26]

 
Assalto alla casa di Prina e la sua defenestrazione

La stima che gli altri sovrani europei avevano nei suoi confronti, in particolare lo zar Alessandro I, ed il fatto che il Regno d'Italia non fosse stato interamente occupato dalle forze della Coalizione, gli aprirono uno spiraglio sulla possibilità di divenire il legittimo re d'Italia, succedendo a Napoleone e mantenendo l'indipendenza della nazione.[20] Eugenio aveva dalla sua parte il supporto dell'esercito e dell'apparato statale, in gran parte filo-francese.[29] Melzi d'Eril, Gran Cancelliere del regno, in una riunione del 17 aprile propose una mozione per avvalorare la causa di Eugenio di fronte alle delegazioni dei paesi vincitori a Parigi,[30] ma l'opposizione degli indipendentisti e dei filo-austriaci ebbe la meglio e la proposta fu modificata, stroncando l'eventuale ascesa al trono di Eugenio.[31] Ulteriori dimostrazioni del dissenso creatosi si ebbero il 20 aprile, quando una rivolta scoppiata a Milano portò allo scioglimento del Senato consulente e al linciaggio del ministro Prina.[32] Eugenio, venuto a sapere solo il giorno seguente di quanto accaduto, fu profondamente amareggiato dal comportamento degli italiani e decise di abbandonare definitivamente la Lombardia: fece firmare una nuova convenzione a Mantova il 23 aprile ed il successivo 27 abbandonò la città, diretto verso la Baviera.[33] Qualche settimana dopo, il conte Federico Confalonieri, uno dei principali membri della fazione indipendentista ed una delle menti dietro alla rivolta del 20 aprile incontrò di nuovo Beauharnais a Parigi, mentre era in attesa di un colloquio con i rappresentanti delle potenze coalizzate, nella speranza di poter ottenere per sé alcuni possedimenti concessi lui da Bonaparte.[34] L'esito, tuttavia, fu negativo, come poi riconfermato al Congresso di Vienna.[35]

Ultimi anni

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Stabilitosi in Baviera, Eugenio rimase a Vienna per tutta la durata del Congresso. Assistette da spettatore al ritorno di Napoleone in Francia: seppur idealmente vicino al patrigno, non si mosse mai da Vienna, nemmeno dopo essere stato nominato pari di Francia.[35] Continuò ad aspirare ad ottenere per sé un regno indipendente ma non ebbe fortuna: oltre ai titoli di duca di Leuchtemberg e di principe di Eichstätt, concessi lui dal suocero, non ottenne alcun riconoscimento dalle grandi potenze al Congresso di Vienna. Lo zar riuscì ad ottenere per lui il principato di Pontecorvo, precedentemente appartenuto a Bernadotte, ma egli lo rifiutò.[36]

Passò i restanti anni della sua vita nella sua residenza bavarese, occupandosi di arte e cultura e badando alla propria famiglia.[36] Morì per un ictus il 21 febbraio 1824.[1] È sepolto a San Michele a Monaco di Baviera, nel celebre monumento tombale realizzato dallo scultore danese Bertel Thorvaldsen.

Massoneria

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Con la costituzione del Regno d'Italia e l'incoronazione di Napoleone, vi fu in Lombardia un proliferare di logge che spesso, anche nel nome, rivelavano l’assoggettamento a Napoleone.[37] Pare che Eugenio fosse il Gran Maestro della loggia milanese del Grande Oriente d'Italia,[38] reggendo la posizione dal 1805 sino al 1814.

Discendenza

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Il matrimonio di Eugenio ed Augusta Amalia di Baviera

Eugenio e Augusta di Baviera ebbero sette figli:

Ascendenza

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Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Claude de Beauharnais François IV de Beauharnais  
 
Marguerite Françoise de Pyvart de Chastillé  
François V de Beauharnais  
Renée Hardouineau de Laudanière Pierre Hardouineau de La Laudanière  
 
Renée Le Pays de Beauville  
Alessandro di Beauharnais  
François-Louis de Pyvart de Chastullé Jacques Pyvart de Chastullé  
 
Madeleine de Beauchesne  
Marguerite Françoise de Pyvart de Chastillé  
Jeanne Hardouineau de Laudanière Pierre Hardouineau de La Laudanière  
 
Renée Le Pays de Beauville  
Eugenio di Beauharnais  
Gaspard Joseph Tascher de la Pagerie Gaspard de Tascher de la Pagerie  
 
Edmée Henriette Madeleine du Plessis de Savonnières  
Giuseppe-Gaspard Tascher de la Pagerie  
Françoise Bourreau de la Chevalerie François Bourreau de la Chevalerie  
 
Marie Thérèse Jaham des Prés  
Maria Giuseppina Rosa de Tascher de la Pagerie  
Joseph François des Vergers de Sanois Joseph des Vergers de Sablons  
 
Élisabeth de Maigne du Plat  
Rose-Claire des Vergers de Sanois  
Catherine Marie Brown Anthony Brown  
 
Catherine des Vergers de Sannois  
 

Titoli e trattamento

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Onorificenze

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Onorificenze francesi

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Stemma di Eugenio di Beauharnais quale Viceré d'Italia
 

Onorificenze straniere

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Celebrazioni

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Eugenio di Beauharnais è stato uno dei protagonisti delle celebrazioni promosse dal Comitato Nazionale per le celebrazioni del bicentenario del Primo Regno d'Italia[40] a partire dal 2005. Il Comitato Nazionale è stato costituito con decreto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali del 19 aprile 2005, presidente Vittorio Sgarbi.

In occasione del bicentenario della fine del Regno d'Italia Napoleonico, nella primavera del 2014 il Comune di Monza ed enti collegati hanno realizzato la rassegna "Il parco del viceré. L'eredità di Eugenio di Beauharnais",[41] che ripercorre le opere e i lasciti di Beauharnais nel suo ruolo di vice di Napoleone.

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n o Six, p. 66.
  2. ^ a b c d Arnault, p. 247.
  3. ^ a b c d e f g h i j Lievyns, p. 304.
  4. ^ a b c d e f Mullié, p. 46.
  5. ^ a b c Rabbe, p. 287.
  6. ^ Andrew Roberts, Napoleone il Grande, traduzione di Luisa Agnese Dalla Fontana e Aldo Piccato, Utet Libri, 2023 [2014], p. 101.
  7. ^ a b c d e f g Rabbe, p. 288.
  8. ^ a b c d e f g Lievyns, p. 305.
  9. ^ a b c d e Arnault, p. 248.
  10. ^ a b c Lievyns, pp. 308-309.
  11. ^ Schneid, pp. 76-77.
  12. ^ Schneid, pp. 86-87.
  13. ^ a b c Lievyns, p. 310.
  14. ^ a b c d Arnault, p. 249.
  15. ^ a b c d Mullié, p. 47.
  16. ^ Georges Lefebvre, Napoleone, Bari, Editori Laterza, 2009, pp. 597-598, ISBN 978-88-420-5902-8.
  17. ^ a b c d e f Lievyns, p. 311.
  18. ^ Philippe-Paul de Ségur, Storia di Napoleone e della Grande Armata nell'anno 1812, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1966, pp. 206-211.
  19. ^ (DE) Gaston Bodart, Militär-historisches Kriegs-Lexikon (1618-1905), Vienna e Lipsia, C. W. Stern, 1908, p. 438.
  20. ^ a b c Rabbe, p. 289.
  21. ^ Yorck von Wartenburg, Johann David Ludwig - Enciclopedia, su Treccani. URL consultato il 17 settembre 2025.
  22. ^ a b Lievyns, p. 312.
  23. ^ (FR) Abel Hugo, France militaire. Histoire des l'armées françaises de terre et de mer de 1792 a 1833., vol. 5, Parigi, Delloye, 1837, pp. 156-163.
  24. ^ Lievyns, pp. 312-314.
  25. ^ (FR) Camillo Vacani, Bataille du Mincio du 8 février 1814, Milano, François Pagnoni librairie-imprimerie, 1857.
  26. ^ a b (FR) Martin Vignolle, Précis historique des opérations militaires de l'Armée d'Italie en 1813 et 1814, Barrois l'aîné, 1817, pp. 177-178.
  27. ^ (FR) Maurice-Henri Weil, Le Prince Eugène et Murat 1813-1814, vol. 3, Parigi, Albert Pontemoing Editeur, 1902, pp. 103-110.
  28. ^ (FR) Maurice-Henri Weil, Le Prince Eugène et Murat 1813-1814, vol. 4, Parigi, Albert Pontemoing Editeur, 1902, pp. pp. 427-429.
  29. ^ Rath, pp. 82-83.
  30. ^ Rath, pp. 90-91.
  31. ^ Rath, pp. 93-95.
  32. ^ Rath, pp. 114-119.
  33. ^ Rath, pp. 123-125.
  34. ^ Joseph Alexander Freiherr von Helfert, La caduta della dominazione francese nell'alta Italia e la congiura militare bresciano-milanese nel 1814, traduzione di L. G. Cusani Confalonieri, Bologna, Zanichelli, 1894, pp. 116-117.
  35. ^ a b Lievyns, p. 315.
  36. ^ a b BEAUHARNAIS, Eugenio de, viceré d'Italia - Enciclopedia, su Treccani. URL consultato il 17 settembre 2025.
  37. ^ Andrea Mondello-Nestler, La massoneria, Tip. Ed. Romana, 1887, pp. 41-42. URL consultato il 17 settembre 2025.
  38. ^ Oreste Dito, Massoneria, carboneria ed altre società segrete: nella storia del Risorgimento italiano, Casa editrice nazionale, Roux e Viarengo, 1905, p. 65. URL consultato il 17 settembre 2025.
  39. ^ BEAUHARNAIS, Eugène de - Enciclopedia, su Treccani. URL consultato il 17 settembre 2025.
  40. ^ Direzione generale Biblioteche e istituti culturali, su biblioteche.cultura.gov.it. URL consultato il 17 settembre 2025.
  41. ^ Il parco del viceré. L'eredità di Eugenio di Beauharnais, su monzaebrianzainrete.it. URL consultato il 7 agosto 2013 (archiviato dall'url originale il 12 maggio 2014).

Bibliografia

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Voci correlate

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Altri progetti

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