Favo

raggruppamento di celle esagonali a base di cera d'api costruito dalle api
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Il favo è un raggruppamento di celle esagonali a base di cera d'api costruito dalle api nel loro nido per contenere le larve della covata e per immagazzinare miele e polline. Con l'espressione "a nido d'ape" ci si riferisce anche ai materiali fatti dall'uomo che ne riproducono la struttura. Le vespe Polistinae e Vespinae inoltre costruiscono favi a prisma esagonale avvolti da un involucro, composti di carta invece che di cera.

Un favo

Uso e funzione

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Il favo costituisce fondamentalmente l'arredamento e la dispensa nella casa delle api. Gli apicoltori possono rimuovere l'intero favo (si intende quelli da melario) per raccogliere il miele. L'estrazione del miele viene effettuata disopercolando le celle e centrifugando il favo in un apposito macchinario, chiamato smielatore. Talvolta un favo fresco viene venduto intatto come miele in favo, specialmente quando il miele che se ne ricava viene consumato spalmato su pane oppure usato per cucinare o dolcificare bevande.

 
Le api costruiscono il favo a partire dalla sommità di ogni sezione. Quando le celle sono state riempite di miele, vengono opercolate dalle api con la cera.

I favi di covata (cioè quelli del nido) col passare del tempo diventano scuri a causa delle esuvie nelle celle e della ripulitura effettuata con la propoli e questi sono più grandi dei favi da melario, circa il doppio dell'altezza. I favi dei melari che non vengono usati per le covate rimangono di colore chiaro e questi sono più piccoli rispetto ai favi da nido.

Geometria del favo

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Gli assi delle celle di un favo sono sempre sostanzialmente orizzontali e le file di celle sono sempre allineate orizzontalmente (non verticalmente). Così ogni cella ha due pareti verticali, con "pavimenti" e "soffitti" composti da due pareti angolate. Le celle hanno una leggera pendenza verso l'alto, in direzione dell'estremità aperta, variabile tra 9º e 14º.

La ragione per cui il favo è composto da esagoni, piuttosto che da altre forme, ha due possibili spiegazioni. La prima è che l'esagono suddivide il piano con il minimo perimetro per porzione di superficie, quindi la creazione di un reticolo di celle a struttura esagonale con un dato volume richiede la minor quantità di materiali. L'altra, è che tale forma derivi semplicemente dal procedimento attuato da ogni singola ape per unire tra di loro le varie celle, in qualche modo analogo a quanto si verifica nella creazione delle superfici di contatto in un campo di bolle di sapone. A supporto di questa teoria, Thompson fa notare che le celle dell'ape regina, che sono costruite separatamente dalle altre, sono irregolari e piene di protuberanze, senza alcun apparente accorgimento per l'efficienza.

Anche le estremità chiuse delle celle del favo sono un esempio di efficienza geometrica, seppur tridimensionale e raramente notata. Le estremità hanno forma triedrica (cioè composta da tre piani) piramidale, con gli angoli diedri di tutte le superfici adiacenti ampi 120º, misura questa che minimizza l'area di superficie per un dato volume. L'angolo formato dagli spigoli di una piramide in prossimità del vertice misura circa 108° 28' 16" (= 180º - arccos(1/3)).

 
Geometria tridimensionale di una cella.

La forma delle celle è tale che due opposti strati di favi si incastrano uno nell'altro, con ogni faccia dell'estremità chiusa condivisa da celle opposte.

 
Strati opposti di celle combaciano.

Celle singole non mostrano questa perfezione geometrica. In un favo regolare ci sono leggere deviazioni percentuali rispetto alla forma esagonale "perfetta". Nelle zone di transizione tra le celle più larghe dei favi dei fuchi e quelle più strette dei favi delle operaie, o quando le api incontrano degli ostacoli, le forme sono spesso distorte.

Nel 1965 Làzlò Fejes Tòth scoprì che la forma triedrica piramidale (composta da tre rombi) usata dalle api mellifere non è in teoria la geometria tridimensionale ottima: un'estremità composta da due esagoni e due rombi più piccoli sarebbe più efficiente dello 0,035%.

Bibliografia

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  • Italo Ghersi, Matematica dilettevole e curiosa, Ulrico Hoepli, Milano (quarta edizione. ristampa) 1967, pp. 556-561.
  • "The Mathematics of the Honeycomb", Science Digest, giugno 1985, pp. 74-77.
  • Graham, Joe, The hive and the honey bee, Hamilton/IL: Dadant & Sons, 1992, ISBN 0-915698-09-9.
  • Thompson, D'Arcy Wentworth, Crescita e forma, Bollati Boringhieri, 1992, ISBN 88-339-0276-5.
  • Bauer, D.; Bienefeld, K. (2013). Hexagonal comb cells of honeybees are not produced via a liquid equilibrium process; in "Naturwissenschaften", 100 (1): pp. 45–49.

Voci correlate

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