Giangirolamo II Acquaviva d'Aragona

duca di Nardò, conte di Conversano, militare e mecenate italiano
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Giangirolamo II Acquaviva d'Aragona (Conversano, 1600Barcellona, 14 maggio 1665) è stato un politico, militare, nobile e mecenate italiano. Era detto il "Guercio" oppure il "Guelfo di Puglia". Fu il 20º conte di Conversano; alla morte dei genitori, che erano lontani cugini tra loro, unificò le due linee dinastiche e divenne il 7º duca di Nardò: fu il primo a disporre di entrambi i titoli.

Giangirolamo II
Ritratto del conte
(artista ignoto, castello di Marchione)
Conte di Conversano
Stemma
Stemma
In carica1626-1665
PredecessoreGiulio I
SuccessoreGiulio II
Nome completoGiangirolamo II
Acquaviva d'Aragona
Altri titoliDuca di Nardò
NascitaConversano, 1600
MorteBarcellona, 14 maggio 1665
SepolturaMonastero di San Benedetto (Conversano)
DinastiaAcquaviva d'Aragona
PadreGiulio I Acquaviva d'Aragona
MadreCaterina Acquaviva d'Aragona
ConsorteIsabella Filomarino
FigliCosmo, Giulio, Caterina, Anna, Tommaso
ReligioneCattolicesimo

Biografia

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Figlio di Giulio I Acquaviva d'Aragona (1607-1626), conte di Conversano, e di Caterina Acquaviva d'Aragona, pronipote di Belisario I duca di Nardò e a sua volta duchessa; fu il secondo a portare questo nome dopo il bisnonno Giangirolamo I (1521-1592). Ebbe cinque fratelli: quattro furono monache e la maggiore di esse, Donata, fu badessa mitrata del monastero di San Benedetto a Conversano[1]. Succedette al padre nel 1626, mentre alla morte della madre nel 1636 divenne duca di Nardò, unificando le due linee dinastiche della famiglia. Sposò il 4 aprile 1622 la contessa Isabella Filomarino dei principi della Rocca (1605-1679); da questa unione nacquero cinque figli: Giulio, Cosmo (conte di Conversano per soli dieci giorni, morto in un famoso duello), Caterina, Anna e Tommaso.[2]

 
Isabella Filomarino

Popolarmente soprannominato il "Guercio" a causa di un presunto difetto visivo (non riscontrabile nelle fonti), Giangirolamo è tradizionalmente ricordato come un uomo malvagio, vendicativo e assai temuto. Ancora oggi sopravvivono cupe leggende sul suo conto: si narra ad esempio che si avvalesse dello ius primae noctis, tanto che tuttora i conversanesi si dicono figli del conte. Ancora, si narra che per esercitazione sparasse dalla torre del castello alle donne che attingevano acqua dai pozzi, o che facesse scuoiare i suoi nemici per tappezzare con le loro pelli le poltrone del casino di caccia di Marchione[3]. Al tempo stesso ebbe tuttavia fama di uomo pio: introdusse nelle sue terre il culto dei Santi Cosma e Damiano e accolse numerosi ordini monastici, costruendo chiese e conventi. Si distinse inoltre per uno spiccato mecenatismo: oltre ad allestire una sontuosa collezione di dipinti, ebbe al suo servizio un pittore di corte (Paolo Finoglio), caso praticamente unico nel notabilato del Regno di Napoli. Su incarico del conte, Finoglio realizzà le dieci tele sulla Gerusalemme liberata attualmente custodite nella Pinacoteca comunale di Conversano.[4]

Risiedeva soprattutto nel castello di Conversano, ma trascorreva alcuni periodi anche nel casino di caccia di Marchione, nel Castello di Nardò e ad Alberobello, in un palazzetto-taverna fatto costruire da lui stesso. Giangirolamo, invero, contribuì all'espansione di questo pittoresco paese, attirando i contadini dei territori vicini a risiedervi, anche se la colonizzazione era già cominciata all'epoca in cui il suo avo Giulio Antonio ne aveva acquisito il feudo, nel 1481. Il conte aveva inoltre la passione per i cavalli: la sua famiglia godeva di un pregiato allevamento (razza Lipizzano - Conversano), avviato dallo stesso Giulio Antonio I nel 1456. Sul piano governativo contribuì a migliorare la vita dei contadini conversanesi istituendo la colonia agricola detta Casal Nuovo; negli altri feudi reintrodusse invece la bagliva, una tassa in disuso dal tardo medioevo, cosa che gli procurò notevole malcontento.

La vita di Giangirolamo Acquaviva d'Aragona fu costellata di guerre, battaglie e misfatti. Già nel 1617, giovanissimo, guidò l'esercito di suo padre in una battaglia contro i Turchi per la liberazione di Manfredonia. Nel 1639 tentò di far ricadere sotto il suo controllo le elezioni del sindaco dei nobili di Nardò, capoluogo del suo ducato, invalidandole e designando a tale carica un suo intendente; il sindaco regolarmente eletto Francesco Maria Manieri presentò ricorso presso il Consiglio Collaterale, ma fu per questo fatto uccidere dal conte[5]. Avendo più volte violato il regolamento regio (Prammatica Reale), nel 1643 fu arrestato e trasferito a Napoli, indi a Madrid[6]. Isabella, nominata reggente in sua vece, dimostrò a sua volta apprezzabili capacità di governo, coadiuvata dal figlio Cosmo[7].

Nel luglio-agosto 1647, all'indomani della rivolta di Masaniello, il conte fu scarcerato e inviato dal Viceré di Napoli a domare i tumulti scoppiati a Nardò e Lecce. Dopo il fallimento della trattativa affidata a un suo lontano cugino, il vescovo di Lecce Luigi Pappacoda, tra il 3 e il 6 agosto 1647 invase le campagne di Nardò con 4000 soldati armati: oltre ad arrestare e processare i capi della rivolta, ne approfittò per eliminare alcuni avversari tra cui l'arciprete G. Filippo Nuccio e quattro prelati che vennero archibugiati e decapitati il 20 agosto 1647. Nello stesso periodo il conte tenne sotto assedio con le proprie truppe altri territori occupati dai rivoltosi; durante una di queste battaglie, a Frattamaggiore, perì il primogenito Giulio.

 
Lo stemma degli Acquaviva d'Aragona (castello di Marchione)

Nel 1649, in seguito a nuovi e gravi abusi feudali, Giangirolamo fu di nuovo condotto a Madrid e rinchiuso in carcere, dove rimase fino al 1665, quando gli fu concessa amnistia. Mentre si accingeva a rientrare in patria, morì a 65 anni sulla via per Barcellona, forse a causa della malaria; sono state comunque avanzate numerose teorie sulla sua morte, non suffragate da fonti. Il corpo fu imbalsamato e tumulato nella cappella del Rosario del monastero di San Benedetto a Conversano[8]. Isabella gli sopravvisse per 14 anni e continuò a mantenere la reggenza dapprima in sua vece, poi in nome di Cosmo (morto dieci giorni dopo l'insediamento in un famoso duello contro il duca di Martina Franca Petracone V Caracciolo), poi ancora per il nipote Giangirolamo III, ancora minorenne. Morì nel 1679. Il ramo degli Acquaviva di Conversano, originato come gli altri dalla Baviera, si estinse nel 1967 con la scomparsa della duchessa Giulia, ultima discendente di Giangirolamo e Isabella.

Galleria d'immagini

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  1. ^ La badessa di tale monastero esercitava il potere temporale quale signora di Castellana Grotte, caso unico per una religiosa
  2. ^ Galiano, p. 32
  3. ^ De Mola, p. 45
  4. ^ Lavarra, Il ruolo...,p. 55
  5. ^ https://www.treccani.it/enciclopedia/acquaviva-d-aragona-giovan-girolamo_(Dizionario-Biografico)/
  6. ^ Bolognini, p. 80
  7. ^ Bolognini, p.41
  8. ^ Di Tarsia, p. 71

Bibliografia

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  • Norbanus Appulus, Il castello di Conversano, Mongelli, Conversano 1935.
  • Giuseppe Bolognini, Storia di Conversano, Canfora, Bari 1935.
  • Raffaele Colapietra, Giangerolamo Acquaviva duca d'Atri. 1521-1592. Protagonista di una transazione politico-culturale, in Bullettino della Deputazione abruzzese di storia patria, vol. 83, 1993, pp. 5-99.
  • Pina e Michele D'Elia, I pittori del Guercio, Apicella, Molfetta 1970.
  • Antonella Demola, Il Guercio di Puglia, Istituto Italiano di Cultura, Napoli 2004.
  • Viviana Farina (a cura di), Artemisia e i pittori del conte. La collezione di Giangirolamo II Acquaviva D'Aragona, Cava de' Tirreni, Areablu, 2018, ISBN 978-88-94925-12-8.
  • Marcello Gaballo, La barbarie del duca Giangirolamo Acquaviva d'Aragona a Nardò in una cronaca conservata tra i manoscritti brancacciani di Napoli, Nardò, Fondazione Terra d'Otranto, 2020.
  • Marcello Gaballo, Il Capitolo di Nardò e il vicario Granafei, la tassa sul macinato e i molini del duca Giangirolamo Acquaviva (1637-1652), Nardò, Fondazione Terra d'Otranto, 2020.
  • Angelo Galiano, Il Guercio delle Puglie, Mursia, Milano 1967.
  • Caterina Lavarra (a cura di), Il ruolo degli Acquaviva tra XV e XVI secolo, 2 vol., Congedo, Galatina 1996.
  • Caterina Lavarra (a cura di), La linea Acquaviva, Congedo, Galatina 2005.
  • Caterina Lavarra (a cura di), Stato e baronaggio, Congedo, Galatina 2008.
  • Giovanna Manetta Sabatini, Albero genealogico della Famiglia Acquaviva d'Aragona, Paper's World srl, Teramo 2009.
  • Mariano Marraffa, La storia dei trulli di Alberobello, tipografia della Pace, Roma 1980.
  • Aurora Martino, Giovan Girolamo II Acquaviva d’Aragona (1604 c.-1665) Signore feudale del Mezzogiorno spagnolo, Tesis doctoral, Universitat de Valladolid, 2012
  • Giovanni Mongelli, Le Abbadesse mitrate di San Benedetto di Conversano, edizioni del Santuario, Montevergine 1960.
  • Sante Montanaro, Vescovi, Badesse e Conti di Conversano a difesa del proprio potere, Levante, Bari 2006.
  • Alessio Palumbo, Nardò Rivoluzionaria. Protagonisti e vicende di una tipica ribellione d'età moderna, Congedo, Galatina, 2015
  • Ubaldo Panarelli, Il Guercio delle Puglie, Associazione Arma Aeronautica, Conversano 1980.
  • Ubaldo Panarelli Il monastero e la chiesa di San Benedetto in Conversano, Associazione Arma Aeronautica, Conversano 1977.
  • Mariano Rizzo, Nella forza non eguali. Ascesa e misfatti del Guercio di Puglia, romanzo ispirato alla vita di Giangirolamo II, Besa Muci, Nardò, 2023
  • Mariano Rizzo, L'Aspide di Puglia. Inganni e dolori di Isabella Filomarino, romanzo ispirato alla moglie del conte, Besa Muci, Nardò, 2024
  • Angelantonio Spagnoletti e Giuseppe Patisso (a cura di), Giangirolamo II Acquaviva. Un barone meridionale nella crisi del Seicento (dai Memoriali di Paolo Antonio di Tarsia), presentazione di Francesco Tateo, Galatina, Congedo, 1999, ISBN 88-8086-318-5.
  • Michele Viterbo, Storia della Puglia, vol. III, Schena, Fasano di Puglia 1987.
  • Vittorio Zacchino, Le rivolte del 1647 a Lecce e a Nardò, Panico, Galatina 1997.

Voci correlate

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