Giobbe Giopp
Giobbe Giopp (Lamon, 28 gennaio 1902 – Città del Messico, 1983) è stato un antifascista e ingegnere italiano.
Biografia
modificaI contatti con gli antifascisti
modificaNacque da Luigi e da Lucia Melchioretto, poi sposata in seconde nozze con Efisio Melis. Studente di ingegneria all'Università di Milano, fu membro del partito repubblicano e della Massoneria[1].
Secondo la nota di un informatore della polizia, sarebbe dovuto giungere a Milano un inviato del fronte antifascista espatriato in Francia con un pacchetto di piccole dimensioni contenente qualcosa di molto importante[2]. Le forze dell'ordine sospettarono subito doversi trattare di un ordigno; pertanto, individuato il corriere, si attese di conoscere il destinatario per arrestarlo. L'involucro fu aperto e controllato e, secondo il rapporto del capo della polizia,
Accusato di essere fra i responsabili della strage perpetrata con il fallito attentato a Vittorio Emanuele III del 12 aprile 1928 alla Fiera di Milano[2], nel luglio fu mandato al confino a Ponza.[4]
La fuga da Milano
modificaNel luglio 1930, dopo aver ottenuto breve licenza per tornare a Milano a sostenere alcuni esami universitari, Giopp fuggì in Francia, dove si aggregò alla concentrazione antifascista.[5][6]. Riguardo alla fuga, Leto scrisse che "l'ingegner Giopp, a MIlano, travestito da prete eluse la vigilanza degli agenti di scorta e si rese irreperibile"[3]. Sussistono molti dubbi sulla veridicità di questa versione, e, in particolare, sul fatto che Giopp avesse potuto realmente eludere la scorta di polizia travestito da prete[7]. Il 6 dicembre 1930, pubblicò un articolo sul quotidiano Manchester Guardian in cui raccontò le sue vicissitudini in Italia e accusò la polizia di aver cercato di addossargli la colpa dell'attentato alla fiera di Milano.
La presunta attività per la polizia politica italiana
modificaSuccessivamente, secondo alcuni antifascisti, Giopp avrebbe iniziato a svolgere attività di agente provocatore per conto della polizia italiana[9], lo stesso Ernesto Rossi rilevò come in Francia "subito si mise a seminare zizzania tra i fuorusciti e a sostenere che l'unica cosa da fare erano gli attentati terroristici"[3]. Secondo Mimmo Franzinelli invece Giopp, pur di fuggire, finse di accettare la proposta del capo dell'OVRA Leto di infiltrarsi tra gli antifascisti. Tuttavia, una volta all'estero infranse i patti e riprese in pieno l'attività contro il regime. Insieme all'ex deputato Cipriano Facchinetti fondò un piccolo gruppo repubblicano, la Giovane Italia: Facchinetti si occupava della linea politica, Giopp preparava azioni dimostrative attraverso attentati. Allestì nella periferia di Parigi un laboratorio per preparare esplosivi e collaborò con Domenico Bovone. Secondo Franzinelli Giopp era in realtà strettamente controllato dalla polizia fascista attraverso vari doppiogiochisti. Infatti la sua attività terroristica venne utilizzata a più riprese per screditare i fuoriusciti[10].
Nel 1937 prese parte alla guerra civile spagnola. In particolare, Giopp insieme a Umberto Tommasini, Giovanni Fontana, e Alfredo Cimadori, tentò invano di minare le navi franchiste ancorate a Ceuta[6][11]. Ma anche in Spagna la sua attività fu controversa tanto che lo storico Gaetano Salvemini bollò Giopp come una delle più pericolose spie inviate dalla polizia segreta italiana. D'altronde, a Salvemini risultava che: "dall'ottobre 1935 al luglio 1939 aveva ricevuto un lauto compenso mensile da un funzionario dell'ambasciata italiana a Parigi per conto del Ministero per la stampa e la propaganda"[12]. Nel 1941 alcuni anarchici reduci dalla Spagna furono confinati a Ventotene ove si trovava anche Ernesto Rossi e a quest'ultimo raccontarono che un tribunale comunista aveva condannato a morte per tradimento sia Giopp sia il suo amico Alfredo Cimadori, ma che alla fine si sarebbero salvati per intervento della massoneria francese e spagnola[8].
Rientrato in Francia, avrebbe ancora svolto, secondo le accuse che gli vengono mosse, per qualche tempo attività di spionaggio[13] finché nel 1938 si trasferì in Messico, dove intraprese la carriera d'ingegnere.[6] Nel dopoguerra, secondo lo storico Mimmo Franzinelli, Giopp, intentò causa a Rossi e Salvemini per difendersi dall'accusa di essere stato una spia: in quell'occasione, secondo Franzinelli, sarebbe riuscito a dimostrare che la spia, in realtà, era il quasi omonimo giornalista Mirko Giobbe, che fu poi direttore del quotidiano La Nazione di Firenze durante la Repubblica Sociale Italiana[14][15].
Note
modifica- ^ Aldo A. Mola, Il Referendum Monarchia-Repubblica del 2-3 giugno 1946, Roma, BastogiLibri, 2016, p. 191.
- ^ a b Fucci, Le polizie di Mussolini, p. 163.
- ^ a b c Fucci, Le polizie di Mussolini, p. 164.
- ^ Commissione di Milano, ordinanza del 12 luglio 1928 contro Giobbe Giopp (“Attività antifascista”). In: Adriano Dal Pont, Simonetta Carolini, L'Italia al confino 1926-1943. Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni provinciali dal novembre 1926 al luglio 1943, Milano 1983 (ANPPIA/La Pietra), vol. I, p. 242.
- ^ La storia di Giobbe Giopp, l’ingegnere antifascista di Lamon, nell’ultimo libro “Morte al tiranno” di Toni Sirena, su bellunopress.it. URL consultato l'11 febbraio 2014.
- ^ a b c Toni Sirena, Morte al tiranno: quattro storie per la libertà, Cierre edizioni, 2011.
- ^ Fucci, Le polizie di Mussolini, p. 164: "È chiaro che il commendator Leto prende per i fondelli il lettore: Giopp, scortato non da uno ma da più agenti, riesce a travestirsi da prete (dove? Quando? e dove teneva la veste talare?) e a sfuggirgli sotto il naso".
- ^ a b Fucci, Le polizie di Mussolini, p. 178.
- ^ Fucci, Le polizie di Mussolini, p. 164: "In realtà tutto fa credere che Giopp avesse fatto un patto scellerato con la polizia: l'avrebbero lasciato scappare e lui si sarebbe trasformato in infiltrato negli ambienti antifascisti in esilio".
- ^ Franzinelli, pp. 125-126.
- ^ Umberto Tommasini, Il fabbro anarchico. Autobiografia fra Trieste e Barcellona, a cura di Claudio Venza, edizioni Odradek 201.1
- ^ Fucci, Le polizie di Mussolini, p. 165.
- ^ Fucci, Le polizie di Mussolini, p. 178: "[...] tornò in Francia dove, sempre insieme con il Cimadori, riprese la sua attività al soldo dei fascisti".
- ^ Massimo Zannoni, p. 70.
- ^ Numeri, su percorsistorici.it. URL consultato il 4 aprile 2014 (archiviato dall'url originale il 7 aprile 2014).
Bibliografia
modifica- Toni Sirena, Morte al tiranno: quattro storie per la libertà, Cierre edizioni, 2011.
- Verdolini Lorenzo, "Il carcere mi spinse a rompere defente questo nodo". Giobbe e Fanny: l'amore ai tempi della cospirazione antifascista, in Storia e problemi contemporanei, n. 52, 2009, pp. 86–114.
- Massimo Zannoni, La stampa nella Repubblica Sociale Italiana, Edizioni Campo di Marte, Parma 2012.
- Mimmo Franzinelli, Il tribunale del duce, Milano, Mondadori, 2017, ISBN 9788804673705.
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