Interazione gravitazionale
L'interazione gravitazionale (o gravitazione o gravità nel linguaggio comune) è una delle quattro interazioni fondamentali note in fisica.

Nella fisica classica newtoniana, la gravità è interpretata come una forza conservativa di attrazione a distanza agente fra corpi dotati di massa, secondo la legge di gravitazione universale. La sua manifestazione più evidente nell'esperienza quotidiana è la forza peso.
Nella fisica moderna, l'attuale teoria più completa, la relatività generale, interpreta l'interazione gravitazionale come una conseguenza della curvatura dello spaziotempo creata dalla presenza di corpi dotati di massa o energia. Una piccola massa a grande velocità o una grande massa in quiete hanno lo stesso effetto sulla curvatura dello spaziotempo circostante. Il campo gravitazionale che ne deriva è rappresentato matematicamente da un tensore metrico, legato alla curvatura dello spaziotempo attraverso il tensore di Riemann. In questo ambito la forza peso, in particolare quella usuale che sperimentiamo in prossimità della superficie terrestre, è una forza apparente, conseguenza della geometria dello spaziotempo indotta dalla massa della Terra.
Storia
modificaLe prime spiegazioni di una forza agente capace di aggregare i corpi vennero formulate, nella filosofia greca, all'interno di una visione animistica della natura, che quindi non richiedeva un agente meccanico come sua causa.[1] Ad Anassimandro (VI secolo a.C.), sulla base di un suo frammento in cui parla del mondo come di un disco sospeso nello spazio, gli viene attribuita la tesi che non esista un "alto" e un "basso" assoluti, ma che questi siano relativi.[2] Nella dottrina di Empedocle domina l'alternanza di due princìpi, Amore e Odio, mentre in quella di Anassagora prevale l'azione ordinatrice di una Mente suprema (Nous).[1] Platone riteneva che la materia fosse pervasa da una dynamis, cioè un'energia intrinseca, che spinge il simile ad attrarre il simile.[1]
Tale concezione fu ripresa da Aristotele, per il quale tutto l'universo anela alla perfezione del primo motore immobile (Dio).[3] Questo anelito si esprime nel movimento circolare di stelle, Sole, Luna e pianeti, giungendo tuttavia a corrompersi progressivamente fino a diventare rettilineo nella dimensione terrestre sublunare. Soltanto in quest'ambito, dunque, alcuni corpi, quelli che Platone e Aristotele chiamavano gravi, risultano soggetti alla gravità: si trattava di composti dei quattro elementi fondamentali (fuoco, aria, acqua, terra), mentre l'etere fluttuava al di sopra di essi. Secondo la teoria aristotelica dei luoghi naturali, tutto ciò che è terra tende a ritornare lì dove risiede la terra, ovvero al centro dell'universo; al di sopra vi è la sfera dell'acqua che attrae tutto ciò che è liquido; analogamente si comportano i cerchi dell'aria e del fuoco.[4]
Come i suoi contemporanei, Aristotele interpretava la fisica dell'universo deducendola dalla fisiologia umana,[1] sostenendo ad esempio che oggetti di peso diverso cadessero a velocità diverse,[5] in analogia all'esperienza dell'uomo che tenti di contrastare il peso di un sasso,[6] adottando così una prospettiva che, seppur contraddetta nel VI secolo d.C. da Giovanni Filopono, continuerà a essere insegnata fino all'epoca di Galileo.
Movimenti innaturali di un corpo sono certamente possibili ma richiedono una forza, cessando la quale esso tende a tornare al proprio luogo naturale.[7] Per spiegare i movimenti irregolari di alcuni astri (come le retrogradazioni planetarie), egli adottò il sistema delle sfere omocentriche di Eudosso di Cnido, da intendere però come sfere immateriali.[8]
Età ellenistica
modificaCon lo stoicismo, lo studio della gravità portò a scoprire una relazione tra il moto delle maree e i movimenti del Sole e della Luna: l'universo è infatti concepito dagli stoici come un unico organismo vivente, animato dallo pneuma, forza vitale che tutto pervade, che si esprime nella reciproca azione di un elemento attivo (heghemonikòn) e di uno passivo (hypàrchon) che ne subisce l'attrazione.[1] L'astronomo Seleuco di Seleucia, che secondo Plutarco aveva dimostrato l'eliocentrismo[9], pensava che le maree fossero dovute all'azione della Luna, che egli pensava mediata dal pneuma presente tra la Terra e la Luna.[10]. Secondo Plinio il Sole avrebbe un effetto sulle maree[11].
A Stratone di Lampsaco, che cercò di conciliare l'aristotelismo col meccanicismo, si attribuisce una teoria che prefigurerebbe quella dell'accelerazione, sulla base di una sua osservazione di un filo d'acqua in caduta libera, che si spezza in gocce[12] Lucrezio, seguace dell'atomismo, affermò che corpi diversi si muovo con velocità diverse a causa della resistenza del mezzo, mentre nel vuoto avrebbero la stessa velocità[13]. Vitruvio avrebbe sostenuto che la caduta di un oggetto non dipendesse dal suo peso, ma dalla sua natura, adducendo come prova il fatto che una pietra, per quanto pesante, galleggia sul mercurio, a differenza dell'oro, che invece affonda per quanto leggero sia[14].
In astronomia fu migliorata la teoria delle sfere omocentriche con l'aggiunta di modelli più accurati basati sugli epicicli o sull'eccentrico, finché il geocentrismo aristotelico raggiunse la sua perfezione con Claudio Tolomeo (II secolo). Ad Aristarco di Samo è attribuita invece la prima teoria eliocentrica.[18] Plutarco, nel dialogo Sul volto della luna, sembrerebbe riportare l'idea che anche il Sole e la Luna, come la Terra, attraggano a sé le parti che li costituiscono[19]. Nel dialogo compare anche l'analogia tra il moto della Luna intorno alla Terra e quello di una pietra fatta roteare in una fionda[20]. Anche l'astronomo Ipparco si occupò della gravità nell'opera Sui corpi spinti in basso dal proprio peso, perduta[21].
Neoplatonismo e Medioevo
modificaL'animismo continuò a prevalere anche dopo la diffusione della dottrina neoplatonica, ripresa dalla teologia cristiana ed islamica, per la quale il cosmo è animato dal Logos divino, da cui le stelle e i pianeti risultano attratti: nel Medioevo il loro movimento viene spiegato in particolare con l'azione di intelligenze motrici, ordinate gerarchicamente in un coro di angeli. Si tratta di un universo retto da un principio armonico che si irradia in ogni sua parte, strutturato perciò in maniera concentrica secondo l'insegnamento aristotelico-tolemaico. A fondamento di quest'ordine geometrico è posto Dio, il quale lo governa attraverso un atto d'amore: la gravità, come forza d'amore, così descritta ad esempio da Dante nell'ultimo verso della Divina Commedia.[22]
Comunque, diversi pensatori nel corso dei secoli suggerirono correzioni alle teorie aristoteliche. Giovanni Filopono, commentatore di Aristotele vissuto nel VI secolo, affermò che la velocità dei corpi in caduta non è proporzionale al peso, bensì quasi identica per corpi diversi[23], e anticipò una teoria dell'impeto che escludeva l'animismo, per cui un corpo può muoversi anche dopo che sia cessata la forza motrice grazie ad un impeto impresso che viene progressivamente dissipato. Questa teoria fu valorizzata e modificata, tra gli altri, da Avicenna e Giovanni Buridano[24], che prefiguravano un universo meccanico basato sulla forza d'inerzia.[25]
Rinascimento e rivoluzione scientifica
modificaL'analogia neoplatonica tra Dio e il Sole condurrà la filosofia rinascimentale a fare di quest'ultimo il centro di attrazione della Terra e dei pianeti, mettendo in crisi l'aristotelismo.[26]
In Keplero, il primo a descrivere in maniera ellittica le loro orbite attraverso tre leggi che portano il suo nome,[27] permane la concezione animistica e astrologica dell'universo, basata sulla corrispondenza armonica tra i cieli e la terra.[28] Egli interpretava la forza immateriale della gravità come una sorta di emanazione magnetica.[1] Già Copernico ipotizzò che la gravità non fosse propria solo della Terra, ma anche degli altri corpi celesti[29].
A partire dal Seicento la visione animistica della gravità verrà progressivamente sostituita da una puramente meccanicista; Galileo Galilei ne fornì una descrizione limitata all'aspetto quantitativo e, riprendendo l'antica idea di Filopono, teorizzò che[30] facendo cadere due corpi di masse differenti nello stesso momento, entrambi sarebbero arrivati al suolo in contemporanea,[31] calcolando che la distanza da loro percorsa era proporzionale al quadrato del tempo trascorso. Che due corpi di diverso peso arrivino a terra nello stesso tempo sarebbe stato già anticipato da Stevino[32], mentre Domingo de Soto affermò che i corpi in caduta libera accelerano[33], al netto di resistenze del mezzo.
Cartesio, per evitare l'attrazione a distanza, negò che la gravità consistesse in una forza intrinseca, spiegandola sulla base di vortici di etere, dalla cui forza centrifuga i pianeti, tendenti a procedere per inerzia in linea retta, venivano trascinati intorno al Sole.[34] Egli ricondusse ogni fenomeno fisico al principio di conservazione del moto, dato dalla massa per la velocità (mv).[1] Leibniz obietterà a Cartesio che la quantità di moto non bastava a definire l'essenza di una forza e ripristinò il concetto vitalistico di energia o vis viva, espressa dal prodotto della massa per la velocità al quadrato (e=mv2): era questa per lui a essere conservata in natura.[35]
Leibniz e Johann Bernoulli avrebbero tentato in seguito di dedurre le leggi di Keplero dalla teoria cartesiana della gravità, ma senza riuscirci[36]. Nel frattempo prendevano piede nuove idee sull'interazione attrattiva tra i corpi: Giovanni Alfonso Borelli affermò che i pianeti sono attratti dal Sole, così come i satelliti sono attratti dai propri pianeti, ma che non cadono perché una forza centrifuga bilancia l'attrazione[37]. Ismael Boulliau propose che la forza di gravità diminuisse con il quadrato della distanza[38]. Nel 1674 Robert Hooke presentò una teoria in cui i corpi si muovono in linea retta in assenza di forze e i pianeti sono attratti gli uni dagli altri con una forza che decresce con la distanza. Non fornì però una trattazione matematica dei moti planetari[39].
Newton e la fisica classica
modificaUn concetto di forza affine a quello di Cartesio era stato peraltro espresso da Newton, che fece della massa, cioè della quantità di materia (data dal volume per la densità) il concetto fondamentale della meccanica gravitazionale:[1] quanto più è grande la massa di un corpo, tanto più potente è la sua forza di gravità.[40]
Benché vicino alle teorie di Descartes, egli aveva già considerato la possibilità che tra i corpi celesti vi fosse un'interazione che decresce col quadrato della distanza (concepita però come centrifuga e non centripeta)[41], ma la svolta avvenne quando Hooke gli presentò le proprie ipotesi sulla gravità tra il 1679 e il 1680. Dal carteggio con lui Newton fu indotto ad affrontare da capo il problema. Nel 1684 Christopher Wren gli domandò se fosse in grado di elaborare una trattazione matematica dei moti planetari, dopo che né Hooke né Halley, a cui si era rivolto, vi erano riusciti: scoprì che Newton già vi stava lavorando, e nel 1687 vennero pubblicati i Philosophiae Naturalis Principia Mathematica[42]. In quest'opera Newton fornì una spiegazione unificata e matematicamente rigorosa tanto dei moti planetari quanto di quelli terrestri, superando la distinzione tra mondo celeste e sublunare. Adottò un rigoroso metodo dimostrativo, che aveva come punto di partenza di ogni dimostrazione tre assiomi, i Principi della dinamica. Basandosi sui teoremi ricavati dai principi e sui fenomeni osservabili, Newton presentò la Legge di gravitazione universale, secondo cui due corpi si attraggono con una forza proporzionale alle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della distanza tra di essi[43]. Tale attrazione era concepita da Newton come un'azione a distanza che non richiede alcun mezzo. Newton dimostrò le leggi di Keplero, che erano state ricavate empiricamente[44], e allo stesso tempo descrisse correttamente i moti dei gravi e dei proiettili sulla terra, mostrando che ogni corpo accelera se lasciato in caduta libera, con un valore che non dipende dalla sua massa. L'eliocentrismo trovava così per la prima volta una dimostrazione rigorosa, così come gli studi galileiani sui gravi. Newton fornì anche una spiegazione, più o meno accurata, dei moti delle comete, delle maree e della precessione degli equinozi. Importante era anche la chiara distinzione tra massa e peso.
Le teorie newtoniane si imposero rapidamente come le più esatte, pur ricevendo critiche dai seguaci di Descartes e da Leibniz per il ricorso all'azione a distanza, incompatibile con una visione puramente meccanicista del cosmo[45]. L'idea che i corpi celesti potessero influenzare il mondo terrestre (in particolare, che la Luna fosse la causa delle maree) fu osteggiata infatti per le sue reminiscenze astrologiche, sembrando attribuire poteri divini ai pianeti:
Nel corso del XVIII secolo, comunque, non furono proposte valide teorie alternative alla gravitazione universale, mentre matematici e scienziati come Eulero, Lagrange e Laplace perfezionarono il sistema newtoniano con trattazioni più al passo con gli sviluppi della matematica e la estesero ad altri problemi di fisica[47]. Tra i contributi della fisica newtoniana vi fu la scoperta del pianeta Nettuno nel 1846: i moti di Urano mostravano delle irregolarità non attribuibili all'azione gravitazionale dei pianeti noti, perciò fu ipotizzato che un ignoto pianeta influisse sulla sua orbita; così fu scoperto Nettuno da Urbain Le Verrier e John Couch Adams, i quali predissero perfino la posizione in cui sarebbe stato osservabile[48]. Henry Cavendish misurò invece la costante di gravitazione universale, dalla quale fu possibile ricavare la massa della Terra[49]. La fisica newtoniana non era però in grado di rendere conto di tutti i fenomeni: in particolare, la precessione del perielio di Mercurio mostrava un comportamento anomalo non in linea con le previsioni teoriche. Furono avanzate varie proposte, come la presenza di un altro pianeta "nascosto" presso Mercurio o la correzione della legge di gravitazione universale[50].
Einstein e la Relatività generale
modificaRestava aperto in realtà il problema di spiegare l'azione a distanza tra i corpi celesti, priva di contatto materiale, sicché la fisica newtoniana fu completamente rivoluzionata dalla teoria della Relatività generale di Einstein, che ne diede una soluzione ai primi del Novecento, presentandola nel 1915 come estensione della Relatività ristretta, con cui sostituì l'etere con la tessitura dello spazio-tempo[51]
L'intuizione alla base della Relatività generale, "la più felice della sua vita" secondo Einstein, è che un osservatore in caduta libera non fa esperienza di alcun "peso", proprio come se si trovasse in un sistema di riferimento inerziale; da qui Einstein sviluppò la sua teoria più famosa[52]. Il motivo per cui l'osservatore in caduta libera viene "attratto" dalla Terra (o da un qualsiasi corpo) è che la sua spontanea traiettoria nello spazio e nel tempo viene curvata dalla presenza di una massa: la traiettoria può essere intesa come una geodetica in uno spazio quadridimensionale, detto Spaziotempo. Secondo questo modello, l'effetto della gravità non è dunque dovuto ad una forza, ma alla curvatura dello Spaziotempo, descritta dall'Equazione di campo di Einstein. Oltre a spiegare l'anomalia dell'orbita di Mercurio, la teoria einsteiniana ha previsto correttamente fenomeni come la lente gravitazionale (confermata durante un'eclissi di Sole nel 1919) e lo spostamento verso il rosso gravitazionale (confermato negli anni '60)[53]. D'altra parte, tutti i fenomeni gravitazionali spiegati dal modello di Newton sono spiegabili anche dalla Relatività generale, ma non quelli della meccanica quantistica.[54]
La gravitazione in fisica classica
modificaIn meccanica classica l'interazione gravitazionale è generata da un campo vettoriale conservativo e descritta da una forza, detta forza peso, che agisce sugli oggetti dotati di massa.
La legge di gravitazione universale
modificaLa legge di gravitazione universale afferma che due punti materiali si attraggono con una forza di intensità direttamente proporzionale al prodotto delle masse dei singoli corpi e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. Questa legge, espressa vettorialmente, diventa:
dove è la forza con cui l'oggetto 1 è attratto dall'oggetto 2, è la costante di gravitazione universale, che vale circa , e sono le masse dei due corpi, è il vettore congiungente i due corpi (supposti puntiformi) e è il suo modulo; nella seconda espressione della forza (che evidenzia il fatto che il modulo della forza è inversamente proporzionale al quadrato della distanza) rappresenta il versore che individua la retta congiungente i due punti materiali.
Definito il vettore accelerazione di gravità:
la legge di gravitazione universale può essere espressa come:
In prossimità della superficie terrestre il valore di è convenzionalmente:
anche espressa in newton su chilogrammo.
Il campo gravitazionale
modificaIl campo gravitazionale è un campo di forze conservativo. Il campo generato nel punto nello spazio dalla presenza di una massa nel punto è definito come:
dove è la costante di gravitazione universale e la massa. È quindi possibile esprimere la forza esercitata sul corpo di massa come:
L'unità di misura del campo gravitazionale nel Sistema internazionale è:
Il campo gravitazionale è descritto dal potenziale gravitazionale, definito come il valore dell'energia gravitazionale rilevato da una massa posta in un punto dello spazio per unità di massa. L'energia gravitazionale della massa è il livello di energia che la massa possiede a causa della sua posizione all'interno del campo gravitazionale; pertanto il potenziale gravitazionale della massa è il rapporto tra l'energia gravitazionale e il valore della massa stessa, cioè:
Essendo il campo gravitazionale conservativo, è sempre possibile definire una funzione scalare il cui gradiente, cambiato di segno, coincida con il campo:
Campo gravitazionale in vicinanza della superficie terrestre
modificaNel precedente paragrafo si è detto che il valore medio dell'accelerazione di gravità nei pressi della superficie terrestre è stimato in . In realtà questo valore è diverso da quello reale perché non tiene conto di fattori, come la forza centrifuga causata dalla rotazione terrestre e la non perfetta sfericità della terra (la terra ha la forma di un geoide). Il valore convenzionalmente assunto è quindi , deciso nella terza CGPM nel 1901 e corrisponde all'accelerazione subita da un corpo alla latitudine di .
Per molte applicazioni fisiche e ingegneristiche è quindi utile utilizzare una versione approssimata della forza di gravità, valida nei pressi della superficie terrestre:
dove è un versore diretto lungo la verticale.[55] In sostanza la forza di gravità è approssimata con una forza di modulo costante, indipendente dalla quota del corpo, e come direzione il basso, nel senso comune del termine. Naturalmente anche in questa approssimazione corpi con masse diverse hanno la stessa accelerazione di gravità.
L'energia potenziale gravitazionale è data da:
dove è la quota del corpo rispetto a un riferimento fisso.
In questo caso approssimato è molto semplice ricavare le leggi del moto, mediante integrazioni successive: per un corpo in caduta libera, chiamando z l'asse verticale (sempre diretto verso il basso) e proiettando il moto su di esso, valgono le seguenti leggi:
Inoltre, dalla conservazione dell'energia meccanica si ottiene un risultato notevole per corpi in caduta libera inizialmente fermi. Scriviamo l'energia meccanica del sistema a un tempo generico:
dove è la velocità del corpo e la sua quota. Supponiamo ora che all'istante iniziale il corpo si trovi a una quota e all'istante finale abbia una velocità e si trovi a quota ; scriviamo quindi l'energia del sistema ai due istanti:
Dato che l'energia meccanica si conserva possiamo uguagliare le due ultime equazioni e ricavarci il modulo della velocità dopo una caduta di una quota :
Il problema generale della gravitazione
modificaIl problema generale della gravitazione, cioè la determinazione del campo gravitazionale creato da un insieme di masse, si può esprimere con il teorema di Gauss e il teorema della divergenza. Essendo la forza di gravità conservativa, si può esprimere come:
dove è proporzionale all'energia potenziale gravitazionale come segue:
Dal teorema di Gauss:
Per il teorema della divergenza, il primo integrale, cioè il flusso della forza gravitazionale, è esprimibile come integrale di volume della sua divergenza:
Sostituendo a la sua espressione come gradiente:
che, dovendo valere per ogni volume di integrazione, implica:
- .
Quest'ultima è una equazione differenziale alle derivate parziali del secondo ordine, detta equazione di Poisson, da completare con le opportune condizioni al contorno.
La gravitazione nella relatività generale
modificaLa teoria di Newton della gravitazione ha permesso di descrivere con accuratezza la grande maggioranza dei fenomeni gravitazionali nel Sistema Solare. Tuttavia, da un punto di vista sperimentale essa presenta alcuni punti deboli, successivamente affrontati a partire dalla teoria della relatività generale:
- La teoria di Newton presuppone che la forza gravitazionale sia trasmessa istantaneamente con un meccanismo fisico non ben definito e indicato con il termine "azione a distanza". Lo stesso Newton tuttavia riteneva tale azione a distanza una spiegazione insoddisfacente del modo in cui la gravità agisse.
- Il modello di Newton di spazio e di tempo assoluti è stato contraddetto dalla teoria di Einstein della relatività ristretta. Tale teoria prevede che la simultaneità temporale di due eventi sia una proprietà relativa al singolo osservatore, e non una proprietà assoluta indipendente dall'osservatore. Pertanto, nessuna interazione fisica può dipendere dalle posizioni di due corpi in uno stesso istante, dato che per un diverso osservatore le stesse posizioni nello spazio saranno assunte dai due corpi in istanti diversi. In relazione a questo, si dimostra che un'interazione fisica deve trasmettersi attraverso un campo (che risulta quindi un ente fisico a tutti gli effetti, come nell'elettromagnetismo, e non una mera costruzione matematica come è il "campo gravitazionale" nella teoria newtoniana); le variazioni del campo, infine, possono propagarsi solo a velocità finita, non superiore alla velocità della radiazione elettromagnetica nel vuoto.
- La teoria di Newton non prevede correttamente la precessione del perielio dell'orbita del pianeta Mercurio, dando un risultato in disaccordo con le osservazioni di alcune decine di secondi d'arco al secolo.
- La teoria di Newton predice che la luce sia deviata dalla gravità, ma questa deviazione è metà di quanto osservato sperimentalmente.[56]
- Il concetto per cui masse gravitazionali e inerziali sono la stessa cosa (o almeno proporzionali) per tutti i corpi non è spiegato all'interno del sistema di Newton.
Einstein sviluppò una nuova teoria della gravitazione, denominata relatività generale, pubblicata nel 1915.
Nella teoria di Einstein, la gravità non è una forza, come tutte le altre, ma è la proprietà della materia di deformare lo spazio-tempo. Propriamente, la gravità non è un'interazione a distanza fra due masse, ma è un fenomeno mediato da una deformazione dello spazio-tempo. La presenza di massa (più in generale, di energia e impulso) determina una curvatura della geometria (più esattamente, della struttura metrica) dello spazio-tempo: poiché i corpi che si muovono in "caduta libera" seguono nello spazio-tempo traiettorie geodetiche, e queste ultime non sono rettilinee se lo spazio-tempo è curvo, ecco che il moto degli altri corpi (indipendentemente dalla loro massa) subisce le accelerazioni che classicamente sono attribuite alla "forza di gravità".
I pianeti del Sistema Solare quindi hanno orbite ellittiche non per effetto di una forza di attrazione esercitata direttamente dal Sole, ma perché la massa del Sole incurva lo spazio-tempo. Il campo gravitazionale attorno a una stella è rappresentato dalla soluzione di Schwarzschild delle equazioni di Einstein, soluzione che si ottiene semplicemente assumendo le proprietà di simmetria sferica nello spazio tridimensionale di indipendenza dal tempo. Le equazioni del moto geodetico nella metrica di Schwarzschild permettono di calcolare l'orbita di un pianeta attorno a una stella: per quasi tutti i pianeti del Sistema Solare, la differenza fra queste orbite e i moti descritti dalle leggi di Keplero (soluzioni delle equazioni di Newton) non è osservabile in quanto è molto più piccola degli effetti perturbativi dovuti all'interazione dei pianeti fra loro. L'unica eccezione è rappresentata dal moto di Mercurio, in cui la precessione dell'asse dell'orbita che si osserva è molto maggiore di quanto previsto dalla gravità newtoniana (anche tenendo conto dell'influenza degli altri pianeti), ed è invece in perfetto accordo con la previsione delle equazioni relativistiche. L'osservazione della precessione del perielio di Mercurio è quindi una delle evidenze a favore della relatività generale rispetto alla teoria gravitazionale newtoniana.
Un'ulteriore evidenza osservativa, riscontrata per la prima volta nel corso dell'eclissi solare del 1919, ma definitivamente confermata da osservazioni su scala extragalattica a partire dal 1980) consiste nell'effetto detto lente gravitazionale: l'immagine di un corpo celeste visto dalla Terra appare spostata rispetto alla posizione reale del corpo, talvolta anche sdoppiata, a causa della deflessione che la luce subisce quando rasenta una regione dello spazio con alta densità di massa. Questo conferma il fatto che la gravitazione deforma lo spazio-tempo, e che tale deformazione è avvertita anche da particelle prive di massa, i fotoni.
Teorie alternative
modificaSono state sviluppate alcune teorie (ancora non provate sperimentalmente) che hanno lo scopo di descrivere l'interazione gravitazionale nell'ambito della meccanica quantistica. Alcune di queste sono la gravità quantistica a loop e la teoria delle stringhe.
Il fisico matematico Erik Verlinde propone, rivedendo idee già in circolazione, che la gravità sia interpretabile come la manifestazione di una forza emergente in senso entropico: citando le sue parole la gravità altro non è che un «effetto collaterale della propensione naturale verso il disordine.»
Derivazione dalla meccanica statistica applicata al principio olografico
modificaNel 2009, Erik Verlinde formalizzò un modello concettuale che descrive la gravità come una forza entropica[57], che suggerisce che la gravità è una conseguenza del comportamento statistico dell'informazione associata alla posizione dei corpi materiali. Questo modello combina l'approccio termodinamico della gravità con il principio olografico, e implica che la gravità non sia una interazione fondamentale, ma un fenomeno che emerge dal comportamento statistico dei gradi di libertà microscopici codificati su uno schermo olografico.
La legge di gravità può essere derivata dalla meccanica statistica classica applicata al principio olografico, che afferma che la descrizione di un volume di spazio può essere rappresentato come bit d'informazione binaria, codificata ai confini della regione, una superficie di area . L'informazione è distribuita casualmente su tale superficie e ciascun bit immagazzinato in una superficie elementare dell'area.
dove è la lunghezza di Planck.
Il teorema statistico di equipartizione lega la temperatura di un sistema (espressa in joule, basandosi sulla costante di Boltzmann) con la sua energia media:
Questa energia può essere identificata con la massa per la relazione di equivalenza di massa ed energia:
- .
La temperatura effettiva sperimentata da un rivelatore uniformemente accelerato in un campo di vuoto o stato di vuoto è data dall'effetto Unruh.
Questa temperatura è:
dove è la costante di Planck ridotta e è l'accelerazione locale, che è legata alla forza dalla seconda legge di Newton del moto:
- .
Assumendo ora che lo schermo olografico sia una sfera di raggio , la sua superficie è data da:
- ,
Da questi principi si deriva la legge di gravitazione universale di Newton:
- .
L'iter è reversibile: leggendolo dal basso, dalla legge di gravitazione, risalendo per i principi della termodinamica si ricava l'equazione che descrive il principio olografico.
Note
modifica- ^ a b c d e f g h Giacomo De Angelis, Il concetto di forza, in L'universo testuale della scienza, pp. 40-46, "Atti dello Alexander von Humboldt", Kolleg, Pisa 23-25, Ottobre 2009.
- ^ Si tratterebbe di un passo fondamentale, benché controintuitivo, alla comprensione della natura della gravità secondo Carlo Rovelli, IV - La Terra galleggia nello spazio, sospesa sul nulla, in Che cos'è la scienza. La rivoluzione di Anassimandro, Milano, Mondadori, 2011.
- ^ Aristotele, Metafisica, a cura di G. Reale, 2ª ed., Milano, Bompiani, 2009, XII, 7.
- ^ Aristotele, De Caelo, in Complete works of Aristotle, traduzione di J.L. Stocks, vol. I, Princeton, Princeton University Press, 1984, IV, 3-5.
- ^ Aristotele, Fisica, a cura di R. Radice, Milano, Bompiani, 2011, IV, 8 (=215a).
- ^ «Ai tempi del filosofo greco non era minimamente possibile percepire un sasso che cade come qualcosa di completamente esterno all'uomo. L'esperienza era a quei tempi tale per cui l'uomo sentiva interiormente come doveva lui stesso sforzarsi e spronarsi per muoversi alla stessa velocità del sasso che cadeva — in opposizione all'attrazione passiva esercitata dalla gravità dal di fuori» (Pietro Archiati, Dalla mia vita, pag. 28, Verlag, 2002).
- ^ Ivi, VIII, 4
- ^ Giovanni Virginio Schiaparelli, Le sfere omocentriche di Eudosso, di Callippo e di Aristotele, Hoepli, 1875.
- ^ Plutarco, Platonicae Quaestiones, in E. Lelli e G. Pisani (a cura di), Tutti i Moralia, Milano, Bompiani, 2017, 1006C.
- ^ Aezio, Placita, in H. Diels (a cura di), Doxographi graeci, 4ª ed., Berlino, De Gruyter, 1965, p. 383.
- ^ Plinio il Vecchio, Naturalis historia, a cura di G.B. Conte et al., vol. I, Torino, Einaudi, 1982, II, 212.
- ^ Simplicio, In Aristotelis Physicorum libros quattuor posteriores commentaria, in H. Diels (a cura di), Commentaria in Aristotelem Graeca, X, Berlino, Reimer, 1895, p. 916. forse aveva notato che questo si restringe progressivamente fino a spezzarsi, ma la quantità di acqua non diminuisce, quindi la velocità deve aumentare (il flusso è costante).
- ^ Lucrezio, De rerum natura, a cura di A. Marchetti, Venezia, A. Zatta, 1717, II, vv. 329-345.
- ^ Vitruvio, De architectura, traduzione di L. Migotto, Pordenone, Edizioni Studio Tesi, 1990, VII, 8.
- ^ Plinio il Vecchio, Naturalis historia, a cura di G.B. Conte et al., vol. I, Torino, Einaudi, 1982, II, 69.
- ^ Seneca, Naturales quaestiones, a cura di P. Parroni, 3ª ed., Fondazione Lorenzo Valla, 2008, VII, 25, 6.
- ^ Lucio Russo, La rivoluzione dimenticata, 12ª ed., Milano, Feltrinelli, 2021, p. 279 ss.
- ^ Passi di Plinio[15] e Seneca[16] suggeriscono che forse esistevano teorie eliocentriche in cui il Sole e i pianeti si attraggono reciprocamente, e in base alle quali un pianeta non procede in linea retta ma è "costretto" dal Sole a curvare la propria traiettoria[17]
- ^ Plutarco, De facie in orbe lunae, in E. Lelli e G. Pisani (a cura di), Tutti i Moralia, Milano, Bompiani, 2017, 924D-F.
- ^ Ivi, 923C-D
- ^ Simplicio, In Aristotelis de Caelo commentaria, in H. Diels (a cura di), Commentaria in Aristotelem Graeca, VII, Berlino, Reimer, 1894, p. 264.
- ^ Alberto Di Giovanni, La Filosofia dell'amore nelle opere di Dante, pag. 385, Abete, 1967.
- ^ Giovanni Filopono, In Physicorum octo libros commentaria, in G. Vitelli (a cura di), Commentaria in Aristotelem Graeca, XVII, Berlino, Reimer, 1888, p. 683.
- ^ Edward Grant, La origini medievali della scienza moderna [The Foundations of Modern Science in the Middle Ages], traduzione di Aldo Serafini, Torino, Einaudi, 2001, p. 143 ss.
- ^ Francesco Agnoli, Roberto Grossatesta: la filosofia della luce, pag. 85, nota 129, ESD, 2007.
- ^ Anna De Pace, Niccolò Copernico e la fondazione del cosmo eliocentrico, pag. 63, Mondadori, 2009.
- ^ Giovanni Keplero, Astronomia Nova, Heidelberg, Vögelin, 1609, Introduzione.
- ^ Andrea Albini, L'autunno dell'astrologia, pag. 36, Odradek, 2010.
- ^ Niccolò Copernico, De revolutionibus orbium coelestium, Norimberga, Iohannes Petreius, 1543, I, 9.
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- ^ Simone Stevino, De beghinselen des waterwichts, Leyden, Raphelengius Franciscus, 1586, p. 66.
- ^ Domingo de Soto, Super octo libros Physicorum Aristotelis subtilissimae quaestiones, Venezia, Francicus Zilettus, 1582, p. 339.
- ^ M. Jammer, La "forza" e il sorgere delle meccanica classica (PDF), in Storia del concetto di forza nella fisica classica e moderna, Milano, Feltrinelli, 1980 [1960], pp. 116-12.
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- ^ Niccolò Guicciardini, Isaac Newton, Roma, Carocci, 2021, p. 67.
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- ^ La seconda legge di Newton, trad. it. di Giuliano Pinto, 2005.
- ^ Niccolò Guicciardini, Isaac Newton, Roma, Carocci, 2021, pp. 67-69.
- ^ Ivi, p. 125 ss.
- ^ Questa legge viene espressa nelle prime proposizioni del III libro, anche se non in forma di equazione algebrica.
- ^ In realtà, la prima legge non viene dimostrata rigorosamente: Ivi, pp. 156-157.
- ^ Ivi, pp. 187-188, 220.
- ^ Trad. it. di M. Benzi, pp. 216-7, Il Saggiatore, 2009.
- ^ Emilio Segrè, Personaggi e scoperte della fisica, Milano, Mondadori, 2018, pp. 90-91.
- ^ Ibid.
- ^ Ivi, pp. 153-154
- ^ Jong-Ping Hsu e Dana Fine, 100 Years of Gravity and Accelerated Frames: The Deepest Insights of Einstein and Yang-Mills, World Scientific, 2005, pp. 479-480.
- ^ Angelo Baracca, Mira Fischetti, Riccardo Rigatti, Fisica e realtà: forze, campi, movimento, vol. 2, pag. 152, Cappelli, 1999. Respingendo le concezioni meccanicistiche e grossolane dell'etere elettromagnetico formulate nell'Ottocento, Einstein rilevò che «con la parola etere non si intende nient'altro che la necessità di rappresentare lo spazio come portatore di proprietà fisiche», quelle proprie cioè della struttura quadrimensionale dello spaziotempo.
- ^ Albert Einstein, Fundamental Ideas and Methods of the Theory of Relativity, in Collected papers, traduzione di A. Engel (in inglese), VII, Princeton University Press, 2002, p. 136.
- ^ Jong-Ping Hsu e Dana Fine, 100 Years of Gravity and Accelerated Frames: The Deepest Insights of Einstein and Yang-Mills, World Scientific, 2005, pp. 480-481.
- ^ Ad oggi, una delle più grandi sfide nella fisica è riuscire a coniugare la Relatività generale con la Meccanica quantistica: i due modelli sono infatti incompatibili. Questo ambito della fisica teorica è noto come Gravità quantistica.
- ^ Un vettore è, per definizione, verticale quando è diretto come l'accelerazione di gravità.
- ^ Via Lattea Divulgazione scientifica, Effetto della gravità sui fotoni
- ^ (NL) Martijn van Calmthout, Is Einstein een beetje achterhaald?, in de Volkskrant, 12 dicembre 2009. URL consultato il 6 settembre 2010.
Voci correlate
modificaAltri progetti
modifica- Wikiversità contiene la lezione Gravitazione
- Wikiquote contiene citazioni sulla gravitazione
- Wikibooks contiene testi o manuali sulla gravitazione
- Wikizionario contiene il lemma di dizionario «gravitazione»
- Wikiversità contiene una lezione per la scuola superiore sulla gravitazione
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla gravitazione
Collegamenti esterni
modifica- gravità / gravitazione, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- Giovanni Lampariello, GRAVITÀ, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1933.
- gravita, in Dizionario delle scienze fisiche, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1996.
- (EN) gravitation, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- (EN) Kenneth L. Nordtvedt, James E. Faller e Alan H. Cook, gravity, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- (EN, FR) Interazione gravitazionale, su Enciclopedia canadese.
- (EN) Interazione gravitazionale, su The Encyclopedia of Science Fiction.
- (EN) Opere riguardanti Interazione gravitazionale, su Open Library, Internet Archive.
- Applet di meccanica, su fisi.polimi.it. URL consultato il 29 marzo 2009 (archiviato dall'url originale il 19 novembre 2011).
- Immagine delle differenze gravitazionali della Terra, su antwrp.gsfc.nasa.gov.
Controllo di autorità | Thesaurus BNCF 7993 · LCCN (EN) sh85056558 · GND (DE) 4021908-2 · BNE (ES) XX53092 (data) · BNF (FR) cb11941885b (data) · J9U (EN, HE) 987007538558205171 · NDL (EN, JA) 00575134 |
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