Guy Fort

Generale statunitense della seconda guerra mondiale

Guy Osborne Fort (Kellerville, 27 gennaio 1879Marawi, 9 novembre 1942) è stato un generale statunitense, che comandò la 81ª Divisione dell'esercito filippino, sotto il controllo delle forze armate degli Stati Uniti in Estremo Oriente, durante la fasi dell'invasione giapponese delle Filippine. La sua Divisione contrastò duramente gli sbarchi nemici a Malabang fino a che egli non ricevette l'ordine dal suo comando superiore di arrendersi e consegnarsi come prigioniero di guerra alle forze giapponesi.[2] Le autorità giapponesi gli chiesero di aiutarlo a persuadere i suoi ex soldati impegnati nella guerriglia a smettere di resistere all'occupazione. Egli rifiutò categoricamente e fu giustiziato da un plotone di esecuzione a Dansalan[3] [4].

Guy Osborne Fort
NascitaKellerville, 10 aprile 1917
MorteMarawi, 8 ottobre 1942
Cause della morteFucilazione
Dati militari
Paese servitoStati Uniti (bandiera) Stati Uniti
Filippine (bandiera) Filippine
Forza armataUS Army
Hukbong Katihan ng Pilipinas
Anni di servizio1899-1942
GradoBrigadiere generale
GuerreSeconda guerra mondiale
CampagneCampagna delle Filippine (1941-1942)
Decorazionivedi qui
dati tratti da Fort, Guy Osborne[1]
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Biografia

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Nacque a Kellerville, Michigan il 27 gennaio 1879, figlio di Jacob Marvin Fort e Lena Fulkerson.[5] La sua famiglia si trasferì in seguito a Gloversville, New York, dove si arruolò nell'esercito degli Stati Uniti nel 1899.[6] Si stabilì nelle Filippine con la sua prima moglie, Marguerite Eugine Fort, che morì nel 1927 poco dopo aver dato alla luce il loro secondo figlio. In seguito si risposò, con la sua seconda moglie Mary Angeles Adams che morì all'inizio della seconda guerra mondiale.[7][6] Scriveva regolarmente alla famiglia a Gloversville e durante gli anni trenta del XX secolo affermò di aver preso in considerazione l'idea di andare in pensione e tornare negli Stati Uniti d'America. Tuttavia, non avendo una copia del suo certificato di nascita, non era sicuro che gli sarebbe stato permesso di tornare o se avrebbe potuto trovare un lavoro durante la grande depressione. La sua ultima lettera a casa risale all'aprile del 1939.[6]

Carriera militare e nella polizia

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Prestò servizio per tre anni nel 4th Cavalry Regiment nelle Filippine prima di essere congedato nel 1902.[5] Due anni dopo fu nominato terzo tenente nella Philippine Constabulary, una forza di polizia in stile gendarmeria sotto il controllo americano. Come membro della polizia, contribuì a reprimere la ribellione dei Moro.[5] A parte un periodo come direttore di una piantagione dal 1917 al 1922, rimase in servizio nella polizia fino alla seconda guerra mondiale, avanzando al grado di tenente colonnello il 21 novembre 1927 e successivamente di colonnello.[1] Di stanza principalmente a Mindanao, divenne noto sia per lo studio e l'osservazione dei rituali e dei costumi delle persone tra cui prestava servizio, sia per aver convinto bande di fuorilegge a deporre le armi.[5] In particolare, era noto tra gli americani come un esperto del popolo Moro.[8] Mentre era nella polizia, servì anche brevemente come governatore ad interim della provincia di Agusan.[9]

La seconda guerra mondiale

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Nel novembre 1941, di fronte all'imminente invasione giapponese delle Filippine, la polizia divenne parte integrante dell'esercito filippino sotto il controllo delle forze armate degli Stati Uniti in Estremo Oriente. Quel mese fu inviato nella provincia di Bohol per assumere il comando dell'81ª Divisione (Filippine). Il 20 dicembre 1941 fu promosso al rango di generale di brigata.[5] Portò la sua divisione nella provincia di Lanao, a Mindanao, dove organizzò e equipaggiò diversi battaglioni di soldati di etnia Moro, e pianificò una difesa elastica per il suo settore.[10][11] Prevedendo la sconfitta, preparò le truppe della sua divisione a condurre operazioni di guerriglia contro i giapponesi.[12][13][14] L'81ª Divisione dell'esercito filippino entrò in combattimento contro l'esercito giapponese, meglio organizzato ed equipaggiato, il 29 aprile 1942.[5]

Per le successive settimane la forza di Lanao si impegnò in continui combattimenti, che causarono pesanti perdite giapponesi.[15] Tuttavia, i giapponesi continuarono ad avanzare respingendo indietro difensori.[16] La divisione combatté più a lungo di altri gruppi dell'esercito prima di arrendersi e fece uso di demolizioni per chiudere una delle strade principali che attraversavano l'isola.[17]

La resa e la morte

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Dopo aver tentato un'ultima disperata resistenza contro i giapponesi a Mindanao, ricevette l'ordine di arrendersi dal suo comandante superiore.[2] Sebbene egli protestasse contro questi ordini, alla fine obbedì e si arrese il 27 maggio 1942.[5][14] La capitolazione delle truppe della 81ª Divisione fu ferocemente osteggiata dai Maranao e da altri Moro a Mindanao.[18] Tuttavia, nonostante la resa, egli acconsentì che i Maranao rivendicassero i fucili e l'equipaggiamento dell'esercito americano, che avrebbero poi utilizzato nella guerriglia.[19][12] Insieme a lui si arresero anche 46 americani e circa 300 filippini sotto il suo comando, con gli americani che avevano ricevuto l'ordine dal loro comandante generale William Fletcher Sharp di non fuggire sulle colline o di affrontare la corte marziale. [14] Fatto prigioniero, fu imbarcato a nord sul piccolo mercantile Maru San insieme ad altri ufficiali generali, tra cui il suo comandante diretto Sharp, Joseph Peter Vachon e Manuel Roxas.[N 1][20]

Scortato dalla Kempeitai a Manila, vi rimase per diversi mesi.[3] Nel novembre 1942 i giapponesi chiesero il suo aiuto per parlare con il popolo Moro, che aveva iniziato una nuova ribellione contro le forze di occupazione. Nello specifico egli avrebbe dovuto dire ai Moro che, poiché l'esercito americano si era arreso, anche loro dovevano arrendersi.[2] Venne trasferito da Manila a Dansalan a Mindanao, per dire ai Moro di arrendersi.[3] Tuttavia, egli rifiutò qualsiasi forma di collaborazione.[2][5] Venne quindi portato in processione attraverso la città di Dansalan e giustiziato da un plotone di esecuzione, sotto l'ordine del tenente colonnello Yoshinari Tanaka.[2][5][3]

Secondo quanto riferito, le sue ultime parole di furono "Potete prendermi, ma non prenderete mai gli Stati Uniti d'America".[21] Un tribunale alleato per i crimini di guerra condannò in seguito Tanaka a morte per impiccagione per l'esecuzione di Fort e di altri tre americani, ed egli fu giustiziato nella prigione di Sugamo il 9 aprile 1949.[22] Dopo l'esecuzione di Fort, i gruppi di guerriglia Moro per vendetta organizzarono attacchi contro le forze di occupazione giapponesi.[10] Guy Osborne Fort fu l'unico generale statunitense ad essere giustiziato da forze nemiche.[5][4]

C'è controversia su cosa sia successo al corpo di Fort. Secondo il governo degli Stati Uniti, il suo corpo non è mai stato recuperato, con il risultato che il suo nome è stato inciso sulle lapidi dei dispersi al cimitero americano di Manila.[12] Tuttavia, un ex prigioniero di guerra e in seguito governatore provinciale di nome Ignacio S. Cruz ha affermato di aver localizzato i resti di Fort e di averli consegnati all'American Graves Registration Service.[4][23] Nel 2017 la nipote di Fort e altre sei famiglie di soldati dispersi hanno intentato una causa contro la Defense POW/MIA Accounting Agency del governo degli Stati Uniti.[12] Le famiglie stanno cercando un ordine di riesumare i corpi di Fort e di altri e di eseguire test del DNA per identificare i resti.[12]

Onorificenze

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Onorificenze estere

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Annotazioni

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  1. ^ Dopo la guerra, Roxas sarebbe diventato il primo presidente delle Filippine.
  1. ^ a b Generals.
  2. ^ a b c d e Edward M. Kuder e Pete Martin, The Philippines Never Surrendered in, The Saturday Evening Post, March 10, 1945, Volume 217, numero 37, pagine 9-10.
  3. ^ a b c d Headquarters Eight Army, United States Army, Office of the Staff Judge Advocate.
  4. ^ a b c USA Today News.
  5. ^ a b c d e f g h i j Brown 1988, p. 40-41.
  6. ^ a b c Stephen Williams, Soldier's story a little-known tale of bravery, in The Daily Gazette, Schenectady, New York, March 19, 2011, page B1.
  7. ^ "Philippines, Manila, Civil Registration, 1899–1984," database with images, FamilySearch, Mary Angeles Adams in entry for Lee Donald Fort, August 26, 1935; citing Birth, Manila, Metropolitan Manila, Philippines, Civil Registry Office, City Hall of Manila; FHL microfilm 1,511,235.
  8. ^ Stahl 2001, p. 56.
  9. ^ Worcester 1914, p. 201.
  10. ^ a b Kawashima 2002, p. 223-243.
  11. ^ Baclagon 1988, p. 19.
  12. ^ a b c d e New York Times.
  13. ^ Stahl 2001, p. 66-67.
  14. ^ a b c Robert John A. Donesaa, The Mindanao Death March: Establishing a Historical Fact through Online Research in International Journal of Innovation, Creativity and Change, volume 11, numero 7, 2020, pagina 771.
  15. ^ Morton 1993, p. 514-515.
  16. ^ Morton 1993, p. 514.
  17. ^ Holmes 2015, p. 23.
  18. ^ Jamboy 1985, p. 17.
  19. ^ Sloan 2012, p. 263.
  20. ^ Michno 2016, p. 34.
  21. ^ a b American Graves Registration Service.
  22. ^ Death Sentence for Japanese, in Reno Gazette-Journal, October 8, 1948, pagina 14.
  23. ^ a b Stars and Stripes.

Bibliografia

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  • (EN) Uldarico S. Baclagon, Christian-Moslem Guerillas of Mindanao, Manila, Lord Ave. Printing Press, 1988, p. 19.
  • (EN) Russell K. Brown, Fallen in Battle: American General Officer Combat Fatalities from 1775, Westport, Greenwood Press, 1988, pp. 40-41.
  • (EN) Kent Holmes, Wendell Fertig and His Guerrilla Forces in the Philippines: Fighting the Japanese Occupation, 1942–1945, Jefferson, McFarland, 2015.
  • (EN) Midori Kawashima, The Battle of Tamparan: A Maranao Response to the Japanese Occupation of Mindanao, in Paul H. Kratoska (a cura di), Southeast Asian Minorities in the Wartime Japanese Empire, London, Routledge Curzon, 2002, pp. 223–243.
  • (EN) Louis Morton, United States Army in WWII - the Pacific - the Fall of the Philippines, Washington D.C., Center of Military History United States Army, 1993.
  • (EN) Evelyn Mallillin Jamboy, The Resistance Movement in Lanao 1942-1945, Coordination Center for Research and Development, MSU-Iligan Institute of Technology, 1985.
  • (EN) Gregory Michno, Death on the Hellships, Annapolis, Naval Institute Press, 2016.
  • (EN) Bill Sloan, Undefeated: America's Heroic Fight for Bataan and Corregidor, New York, Simon & Schuster, 2012.
  • (EN) Bob Stahl, Fugitives: Evading and Escaping the Japanese, Lexington, University Press of Kentucky, 2001.
  • (EN) Dean C. Worcester, The Philippine Constabulary and Public Order, in Philippines: Past & Present (Volume 1 of 2), Minneapolis, Zenith Press, 1914.

Collegamenti esterni

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