Imposta sull'incremento di valore degli immobili

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L'imposta sull'incremento di valore degli immobili (INVIM) era un'imposta comunale italiana istituita nel 1972 e abolita nel 2001.[1][2]

L'imposta sull'incremento di valore degli immobili fu istituita nel 1972 con decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643, come imposta integrativa degli introiti dei comuni, ai quali era attribuito totalmente il gettito.[1]

L'imposta fu soppressa già nei primi anni '90, contestualmente all'entrata in vigore dell'ICI, che subentrava nel compito di fornire entrate sussidiarie ai comuni, dal decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, recante misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica.[3] Tuttavia, si stabiliva l'obbligo del pagamento dell'incremento di valore maturato dal 31 dicembre 1992 fino al dicembre 2003.

Venne invece definitivamente abolita dal 1º gennaio 2002, con la legge finanziaria per quell'anno.[2]

Presupposto

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L'imposta sull'incremento di valore degli immobili era applicabile ai casi di trasferimento della proprietà di terreni e fabbricati. Semplificando estremamente, essa consisteva in un'imposta basata sulla differenza tra valore iniziale e valore attuale dell'immobile.

Aliquote

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Occorre specificare che l'imposta era strutturata secondo scaglioni basati su percentuali del valore di riferimento, computato a partire da quello iniziale del bene, da moltiplicare per il numero degli anni intercorrenti tra la data di acquisto o di alienazione, ovvero di compimento del decennio, e maggiorato delle spese di acquisto, incrementative e di costruzione moltiplicate per il numero degli anni intercorrenti fra la data in cui le spese sono state sostenute e quella di alienazione del bene o di compimento del decennio.[1]

Ogni comune stabiliva le aliquote con deliberazione del civico consesso, da adottarsi entro il 1° agosto dell'anno precedente a quello di applicazione del tributo. Le aliquote erano fissate avuto riguardo alle esigenze finanziarie, alle previsioni di spesa, ed alle condizioni dell'economia locale; esse dovevano rispettare degli scaglioni-limite che erano i seguenti:

  • fino al 20% del valore di riferimento, aliquota dal 3% al 5%;
  • dal 20% al 50% del valore di riferimento, aliquota dal 10% al 15%;
  • oltre il 200% del valore di riferimento, aliquota dal 25% al 30%.

Divenuta esecutiva la delibera fissante le aliquote, il comune doveva trasmetterla al Ministero delle finanze, incaricato della pubblicazione dell'elenco delle aliquote vigenti nei singoli comuni.

Riscossione

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All'accertamento, liquidazione e riscossione dell'imposta provvedevano gli uffici operanti la registrazione dell'atto di trasferimento dell'immobile o della denuncia di successione, sulla base di una dichiarazione presentata dalle persone obbligate a presentare gli atti o le denuncie agli effetti delle imposte di registro o di successione, e fatta su modello fornito gratuitamente dall'amministrazione finanziaria.

  1. ^ a b c DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 26 ottobre 1972, n. 643, su Normattiva. URL consultato il 15 ottobre 2025.
  2. ^ a b Articolo 8, comma 1 della LEGGE 28 dicembre 2001, n. 448, su Normattiva. URL consultato il 15 ottobre 2025.
    «L'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643, non è dovuta per i presupposti che si verificano a decorrere dal 1° gennaio 2002.»
  3. ^ DECRETO-LEGGE 11 luglio 1992, n. 333, su Normattiva. URL consultato il 15 ottobre 2025.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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