Lacrima di Morro d'Alba

vino DOC marchigiano

Il Lacrima di Morro d'Alba, chiamato anche Lacrima di Morro, è un vino rosso DOC marchigiano ottenuto dall’antico vitigno autoctono anconitano "Lacrima".

Lacrima di Morro d'Alba
Disciplinare DOC
Bottiglie di Lacrima di Morro d'Alba
StatoItalia (bandiera) Italia
Regione  Marche
Data decreto9 gennaio 1985
Tipi regolamentati
Fonte: Disciplinare di produzione[1]

Zona di produzione

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Vino prodotto unicamente in alcuni comuni della Provincia di Ancona: Morro d'Alba, Monte San Vito, San Marcello, Belvedere Ostrense, Ostra e Senigallia; in quest'ultimo con l'eccezione dei fondi valle e dei versanti esposti verso il mare.

Attualmente, per ettari e quantità, è la terza produzione rossa delle Marche in ordine d'importanza.[2]

Produzione storica per provincia[2] Stagione Volume (hl)
Ancona (Morro D'Alba, San Marcello, Belvedere Ostrense, Monte San Vito, Senigallia e Ostra) 2014/15 10.859
Ancona (Morro D'Alba, San Marcello, Belvedere Ostrense, Monte San Vito, Senigallia e Ostra) 2024/25 9.000[3]

Storia e origine del nome

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L'origine del nome di questo vino è assai antica ed è collegata a quella del vitigno e del territorio da cui proviene. La prima parte del vocabolo, unica nel suo genere, deriva dalla caratteristica della Lacrima di emettere goccioline di succo dagli acini maturi: quest'uva nera è infatti dotata di buccia spessa ma delicata, soggetta a spaccature durante le ultime fasi di maturazione del grappolo, specie se caratterizzate da piogge abbondanti. Le piccole gocce (lacrime) che colano dalle fenditure dei chicchi danno appunto il nome Lacrima, mentre (di) Morro d'Alba è il sostantivo del più importante comune di coltivazione di tale varietà.

 
Grappoli maturi e foglie autunnali di Lacrima

Il vitigno Lacrima, presente oggi solamente nell'anconetano, è conosciuto fin da tempi remoti: la prima citazione storica riguardante l'uva e i vini di questo territorio l'abbiamo infatti grazie a Federico Barbarossa, che nel 1167 durante l'assedio di Ancona scelse le mura di Morro d'Alba e del suo castello come dimora e riparo. Gli abitanti del borgo furono costretti a cedere al sovrano le cose a loro più care, tra cui il vino di Lacrima, che tanto piacque al monarca.

Documenti d'epoca più moderna relativi a questa cultivar sono rinvenibili a partire dalla seconda metà del diciannovesimo secolo, dove viene attribuita alle Marche, anche se le sue esatte origini rimangono sconosciute. I primi riferimenti precisi appaiono nel volume “La esposizione ampelografica marchigiana - abruzzese tenuta in Ancona il settembre 1872 e studi sulla vite e sul vino della provincia anconitana” pubblicato nel 1873, dove la Lacrima e il suo vino vengono analizzati in laboratorio per la prima volta e descritti accuratamente. In queste pagine sono riportate le prime rappresentazioni dettagliate dei diversi organi botanici, delle fasi fenologiche e della suscettibilità ai patogeni, oltre che un ottimo giudizio sulla bevanda alcolica da lei ottenuta. Altre citazioni le ritroviamo nei "Bollettini Ampelografici" dell’800 e in particolare nel primo volume di "Ampelografia italiana", pubblicato a Torino nel 1879 a cura del "Comitato Ampelografico Centrale". Qui vengono elencate le tre varietà di vite più importanti delle Marche e una di queste è appunto la Lacrima, la cui delineazione biologica corrisponde perfettamente a quella odierna, anche se non concorda con quella inserita dal Gallesio nella sua “Pomona italiana”, né corrisponde ad altre uve che portarono lo stesso nome e che erano un tempo diffuse nelle aree meridionali del nostro paese.

Questo vitigno, una volta assai più frequente in tutto l'adriatico (dalla Romagna, Toscana e Umbria fino a Puglia e Campania), è di difficile coltivazione e rischiò seriamente l'estinzione durante il secondo dopoguerra, espiantato e sostituito progressivamente da altre viti più produttive e resistenti alle patologie ma spesso di minor qualità. Tra i fattori che ne determinarono la progressiva scomparsa vi furono anche la caratteristica resa in grappoli incostante e una marcata sensibilità al gelo tardivo. La varietà fu recuperata su meno di 10 ha di vigneti residui rimasti ubicati nelle campagne di Morro d'Alba e si salvò grazie ad alcuni amministratori locali e viticoltori marchigiani che dopo aver fatto istituire la DOC nel 1985, primo anno del rilancio, ripresero a dedicarsi a questa particolare uva nera.

Negli anni '90 del Novecento fu istituito il "Consorzio di Tutela della Lacrima di Morro d'Alba DOC" (Legge N°164/92), i cui soci sono i produttori e gli imbottigliatori di uva Lacrima e di vino Lacrima di Morro d'Alba. Lo scopo di tale associazione, che si rifà ai dettami del disciplinare di produzione della denominazione, comprende le attività di tutela, valorizzazione, promozione e commercializzazione del vitigno e del suo vino.

In passato il mosto di Lacrima era utilizzato come colorante, aromatizzante e miglioratore per tagliare altri vini rossi, mentre oggi viene vinificato e commercializzato in purezza e la cultivar è salvaguardata come parte irrinunciabile del patrimonio vitivinicolo italiano.

Tecniche di produzione

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Lacrima (vitigno).

Il vitigno Lacrima, principale costituente di questa DOC, è utilizzato quasi esclusivamente per produrre Lacrima di Morro d'Alba e le superfici coltivate certificate sono passate dagli originari 7 ha di vigneti del 1985 ad oltre 256 ha (dato 2025)[2]. L'uva Lacrima concorre ad almeno l'85% del prodotto finale (vino) e il suo mosto viene impiegato in purezza oppure con l'aggiunta, limitata ad un massimo del 15% del totale, di altre uve nere non aromatiche della regione Marche (Montepulciano, Sangiovese). Il vino è ottenuto tramite vinificazione in rosso classica (per il Base e il Superiore), macerazione carbonatica (per il novello) e passito. L’affinamento non è di solito eseguito in barrique ma sono preferiti i contenitori d'acciaio inox per conservarne intatti gli aromi. Solo alcune versioni speciali maturano in legno o direttamente in bottiglia. Tutti i processi produttivi, dallo stoccaggio dell'uva all'immissione in commercio finale, devono essere svolti all'interno dei comuni della denominazione o in provincia di Ancona, secondo apposita delibera della giunta regionale. Il titolo alcolometrico del prodotto immesso in commercio varia da un minimo dell'11% a un massimo che supera il 15% (tipologie Superiore e Passito).

Disciplinare

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La DOC è stata approvata con DPR 09.01.1985, pubblicato sulla G.U. 171 - 22.07.1985.
Successivamente il disciplinare ha subito le seguenti modifiche:

  • DM 06.04.1999 G.U. 85 - 13.04.1999
  • DM 22.12.1999 G.U. 2 - 04.01.2000
  • DM 18.07.2005 G.U. 174 - 28.07.2005
  • DM 28.05.2009 G.U. 135 - 13.06.2009
  • DM 30.11.2011 G.U. 295 - 20.12.2011 (pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf)
  • DM 12.07.2013 (pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf)
  • DM 28.10.2013 (pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf)
  • DM 07.03.2014 (pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf)

La versione attualmente in vigore è stata approvata con DM 6.08.2021, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e dell'Unione Europea lo stesso anno.[1]

Tipologie

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Sono riconosciute dal disciplinare di produzione tre tipologie di Lacrima di Morro d'Alba DOC:

  • Base: la più diffusa e commercializzata, ideale come vino da pasto per tutti i giorni. Vendita consentita dopo il 15 dicembre dell'anno di vendemmia.
  • Superiore: versione più rara e costosa del Lacrima, ottenuta con una particolare gestione della vigna seguita da lavorazione accurata dei grappoli e affinamento in bottiglia per almeno 12 mesi. Per produrre questa tipologia, le uve vengono raccolte tardivamente e spesso lasciate leggermente appassire (3–5 giorni) prima di essere vinificate. Vendita consentita dopo il 1º settembre dell'anno successivo alla vendemmia.
  • Passito: secco, amabile o dolce in base al residuo zuccherino finale. Vendita consentita dopo il 1º dicembre dell'anno successivo alla vendemmia.
Base Superiore Passito
Uvaggio Lacrima min. 85% Lacrima min. 85% Lacrima min. 85%
Titolo alcolometrico minimo 11,00% vol. 12,00% vol. 15,00% vol.
Acidità totale minima 4,5 g/l 4,5 g/l 4,0 g/l
Estratto secco minimo 20,00 g/l 22,00 g/l 25,00 g/l
Resa massima di uva per ettaro 13 t/ha 10 t/ha 13 t/ha
Resa massima di uva in vino 70% 70% 45%

Alcune varianti non normate, come frizzante, rosé e amabile, sono altresì prodotte e commercializzate, ma risultano minoritarie rispetto alle tre principali. Esistono infine versioni spumante, distillati e spiriti come la grappa di Lacrima (ottenuta dalle vinacce) e il brandy.

Caratteristiche organolettiche

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Vino semi-aromatico dall'elevato carico antocianico, da consumarsi preferibilmente giovane per la bassa presenza media di tannini, ma che si presta bene anche ad un moderato invecchiamento.[2]

  • Colore: rosso rubino molto carico con notevoli ed evidenti sfumature violacee, specie nel primo periodo. Rosso, granato o porpora nel passito.
  • Odore: aromatico, gradevole, intenso e persistente. Spiccano sentori di rosa e viola, seguiti da frutti rossi. Consumato giovane ha caratteristico profumo vinoso fresco e delicato, di uve in fermentazione (detto “di cantina”).
  • Sapore: asciutto, di corpo, piacevole, con acidità e tannicità equilibrata. Può avere piccole variazioni in base all'annata e al tipo di vinificazione e/o affinamento. Il vino fatto maturare in legno può prenderne leggermente le sapidità tipiche. Il passito ha un retrogusto vellutato, armonico e dolce, talvolta di frutta sciroppata; risulta secco all'assaggio solamente se il tenore di zuccheri residui è scarso.

Abbinamenti consigliati

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Tipico vino autunnale, tradizionalmente consumato nella regione d’origine come novello durante il periodo natalizio o tardo-estivo per l’invecchiato di un anno o più. Il Lacrima si serve a 16-18 °C e si abbina con specialità locali come salumi (salame tipo "Fabriano", ciarimboli o salsicce di fegato), primi piatti "rossi" (fettuccine o maccheroncini di Campofilone al ragù marchigiano o di selvaggina) e piatti a base di carni bianche (pollame, tacchino, coniglio), ma anche accostato ad alcune pietanze ittiche e antipasti marinati (pescato azzurro, stoccafisso) o con il tipico brodetto di pesce all'anconetana. La versione passita è ottima per accompagnare formaggi stagionati, erborinati, marmellate rosse, cioccolato fondente e anche pasticceria secca. Il Lacrima di Morro d’Alba è ottimo sia come vino da pasto, per tutti i giorni, sia per occasioni speciali come aperitivi e ricorrenze. Per poterne apprezzare al meglio le qualità organolettiche va versato per meno della metà della sua capienza totale in un calice di vetro liscio e sferico, trasparente, di media grandezza e con lungo stelo.

Sinonimi e omonimie

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Al nome proprio della denominazione può venire anteposto sia un articolo determinativo maschile, "il" Lacrima, che uno femminile, "la" Lacrima, ed entrambe le versioni risultano corrette.

Il Lacrima di Morro d'Alba non ha legami di alcun tipo con il vino campano "Lacrima Christi del Vesuvio".

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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