Lina Bianconcini Cavazza

filantropa italiana (1861-1942)

Lina Bianconcini Cavazza (Torino, 21 marzo 1862Bologna, 14 maggio 1942) è stata una filantropa e nobildonna italiana.

Biografia

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La tomba di Lina Bianconcini Cavazza alla certosa di Bologna

Figlia del conte Filippo Bianconcini-Persiani e della moglie Carolina Zucchini, Lina Bianconcini crebbe presso il collegio di San Porziano a Lucca[1] e, nel 1885, sposò il conte bolognese Francesco Cavazza, con cui ebbe i tre figli Filippo, Gianluigi e Alessandro. Grazie alla madre, si avvicinò all'operato della Croce Rossa Italiana sin dal giovane e nel 1888 risultava socia temporanea del sottocomitato regionale bolognese dell'associazione sanitaria.[2]

Subito dopo essersi trasferita a Bologna iniziò a contribuire attivamente ad attività filantropiche e culturali. Nel 1901 fondò insieme alla contessa Carmelita Zucchini Solimei un'azienda di ricami, in cui confluì l'originale Aemilia Ars. Già nel 1899, Bianconcini Cavazza aveva iniziato a ospitare in casa propria corsi di ricamo a punto antico e reticello,[3] rivolti inizialmente a ragazze povere in cerca di un mestiere e poi a maestre di scuola e monache, affinché lo insegnassero a loro volta nei loro istituti.[1] Il fine dell'impresa era sia estetico che sociale: da una parte, infatti, era mirato al recupero di una tradizione artigianale bolognese, mentre dall'altra andava a garantire un lavoro e relativa indipendenza economica alle donne della zona.[1] La contessa diresse l'Aemilia Ars fino al 1935.[4] Replicò il progetto anche a Messina dove, dopo il terremoto, istituì un laboratorio di ricamo e cucito, nonché una lavanderia e un ricreatorio.[5]

Durante la prima guerra mondiale, mentre Aemilia Ars iniziò a produrre le camicie delle divise militari, la contessa istituì, basandosi su modelli sviluppati dagli Alleati, l'Ufficio per notizie alle famiglie dei Militari, che nel pieno della Grande guerra favorì una celere corrispondenza epistolare tra soldati, famiglie e il Ministero della guerra.[6] Aveva già sviluppato l'idea nel gennaio 1915, affinché il progetto potesse avviarsi celermente in caso l'Italia entrasse in guerra.[7] Il progetto fu avviato ufficialmente nel giugno dello stesso anno e, quattro mesi più tardi, l'Ufficio fu riconosciuto ufficialmente dal Ministero della guerra e dal Ministero della marina.[7] Diresse l'Ufficio fino al momento della sua cessazione,[8] nel luglio 1919, quando esso aveva raccolto oltre dodici milioni di schede, poi confluite nell'Archivio Centrale dello Stato.[6] Riflettendo sull'esperienza, osservò che "era forse la prima volta che le donne assumevano in Italia funzioni quasi di Stato".[9]

Visse negativamente l'ascesa del fascismo e nel 1923 espresse il suo dissenso nei confronti della Riforma Gentile, che toglieva alle studentesse la possibilità di apprendere un lavoro.[10]

Morì a Bologna nel 1942, pochi mesi prima del marito. Entrambi furono sepolti nella Galleria degli Angeli alla Certosa di Bologna.[11]

  1. ^ a b c Serena Bersani, 101 donne che hanno fatto grande Bologna, Newton Compton Editori, 2015, ISBN 978-88-541-8260-8.
  2. ^ AA VV, Le vittime della Grande Guerra e il ruolo della Croce Rossa Italiana, Franco Angeli Edizioni, 12 febbraio 2019, ISBN 978-88-917-8615-9. URL consultato il 6 settembre 2025.
  3. ^ Arte e pietà: i patrimoni culturali delle opere pie, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 1980, p. 192.
  4. ^ (EN) Charlotte Le Chapelain, Nineteenth Century Businesswomen: A Retrospective Glance at Women Entrepreneurship, Springer Nature, 2024, p. 155, ISBN 978-3-031-56411-6.
  5. ^ Luca Baccolini, Le incredibili curiosità di Bologna, Newton Compton Editori, 2021, ISBN 978-88-227-5259-8.
  6. ^ a b Bianconcini Cavazza, Lina - Enciclopedia, su Treccani. URL consultato il 6 settembre 2025.
  7. ^ a b (EN) Monica Miniati, Italian Jewish Women in the Nineteenth and Twentieth Centuries, Springer Nature, 2022, p. 248, ISBN 978-3-030-74053-5.
  8. ^ Stefania Bartoloni, Donne di fronte alla guerra: Pace, diritti e democrazia, Laterza, 2017, ISBN 978-88-581-2972-2.
  9. ^ Autori Vari, La Grande Guerra delle italiane: Mobilitazioni, diritti, trasformazioni, Viella Libreria Editrice, 2016, ISBN 978-88-6728-736-9.
  10. ^ La contessa Lina Cavazza che creò l’Ufficio Notizie per le famiglie dei soldati morti, feriti, dispersi. Per rispondere alle angosciose domande: tornerà mio figlio?, su la Repubblica, 24 marzo 2024. URL consultato il 6 settembre 2025.
  11. ^ Cavazza Bianconcini Lina, su Fondazione Sella, 9 dicembre 2024. URL consultato il 6 settembre 2025.

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