Luisa Calzetta
Luisa Calzetta (New York, 16 ottobre 1919 – Morfasso, 4 dicembre 1944) è stata una partigiana italiana nota col nome di battaglia di Tigrona.[1][2][3].
Biografia
modificaDa New York all'Appennino parmense
modificaNacque a New York nel 1919[1] da genitori emigrati: il padre Elio Calzetta era originario di Compiano, in Val di Taro, nel Parmense; la madre, Santina Lupi, era originaria di Corte Brugnatella, in Alta Val Trebbia, nella provincia di Piacenza. Passò l'infanzia nella Grande Mela, poi nel 1928 la famiglia rientrò in Italia, stabilendosi nella frazione di Isola di Compiano. Il padre, di idee antifasciste, morì poco dopo, quando la figlia aveva solo 10 anni. Calzetta frequentò le scuole magistrali e venne indirizzata alla professione di maestra elementare[4].
"Crocerossina" in Val Trebbia
modificaDopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 la casa di Calzetta diventò un punto di riferimento per ex prigionieri di guerra e militari italiani allo sbando ricercati dalle autorità della Repubblica di Salò. Venuta a sapere che i fascisti si apprestavano ad arrestarla, si rifugiò dai nonni materni a Lupi, un piccolo paesino del comune di Corte Brugnatella. Presto entrò in uno dei primi nuclei partigiani dell'Appennino piacentino, la "Banda Gaspare"[5], costituitasi nella frazione di Sanguineto e guidata da Gaspar Çavernik, ex ufficiale sloveno, che raccoglieva molti renitenti alla leva sulle montagne. La banda pose la base operativa a Cerignale e Calzetta qui svolgeva inizialmente il ruolo di vivandiera e crocerossina in aiuto al medico bobbiese Carlo Tagliani che saliva sui monti a curare i feriti partigiani. Da questi ruoli tradizionalmente assegnati alle donne Calzetta si discostò presto, apprendendo da Çavernik i metodi più efficaci di lotta partigiana, considerato un maestro negli agguati alle forze nazifasciste. Nel giugno 1944 la Gaspare deteneva a Cerignale ben 40 militari nemici catturati, di cui 15 tedeschi; due di tre ufficiali erano stati fucilati[4].
Partigiana in Val Nure nelle Brigate Garibaldi “Caio” e Mazzini
modificaNel luglio 1944, la banda Gaspare venne sciolta dal comandante partigiano ligure "Bisagno", nome di battaglia di Aldo Gastaldi, poiché si necessitava la sua integrazione nell'organizzazione militare partigiana. Una parte di loro entrò nella Divisione Garibaldi "Cichero", ma Calzetta e altri passarono invece in Val Nure, entrando nella 59ª Brigata Garibaldi “Caio” al comando dall'"Istriano", nome di battaglia di Ernesto Poldrugo[5], brigata che comprendeva anche alcuni partigiani parmensi e che si era già distinta per la liberazione, il 20 maggio e il 26 giugno 1944, di due comuni piacentini, quello di Ferriere e di Farini. Nella brigata "Caio", Calzetta si affermò come partigiana a tutti gli effetti, ricevendo anche il suo primo fucile Sten ottenuto da un lancio aereo alleato e partecipando alla fine di luglio alla liberazione di Bettola, dove venne costituita l'8 agosto 1944[6] una delle prime Repubbliche partigiane e insediato sia il CLN provinciale che il Comando partigiano della XIIIª Zona Operativa della Resistenza con a capo Emilio Canzi. Ancora una volta avvenne un distacco: in conflitto con Mili¢ Dusan, il "Montenegrino", l'Istriano abbandonò la formazione trasferendosi in Val d'Aveto e a Bettola rimasero i residenti locali fra cui il comandante del distaccamento Antonio Guglieri detto “Grillo” e la stessa Calzetta[7].
In quei mesi venne costituita una nuova brigata affidata al comando di Giuseppe Panni che le diede il nome di "Mazzini"[8]. Il Grillo diventò comandante di battaglione e Calzetta a capo di una squadra, assumendo il nome di battaglia "Tigrona", per cui sarà ricordata, e assunse una certa autorevolezza tra i compagni di armi per via del suo grado superiore d'istruzione. Partecipò alla massima espansione partigiana della zona libera di Bettola nei territori circostanti della valle tra la fine dell'estate e l'autunno, come la liberazione di Ponte dell'Olio il 5 ottobre 1944 dopo cinque giorni di assedio partigiano alle forze repubblichine. Il 31 agosto 1944 i nazifascisti avevano tentato la riconquista di Bettola dalla pianura, ma erano stati respinti all'altezza della frazione di Biana dalla Brigata Mazzini e anche da Calzetta nella postazione di mitragliatrice a fianco di Grillo[4].
La lotta contro la Divisione Turkestan
modificaDopo il proclama Alexander del 13 novembre 1944, l'avanzata alleata in Italia si fermò per l'inverno, portando ad una brusca controffensiva nazifascista contro la Resistenza italiana in tutto il Nord Italia. Qui venne inviata anche la 162ª Divisione di Fanteria "Turkestan", comunemente nota come "Divisione Turkestan", una divisione della Wehrmacht composta da soldati di origine caucasica e turkmena, reclutati tra i prigionieri di guerra e i disertori dell'Armata Rossa durante l'Operazione Barbarossa[9] col compito di effettuare rastrellamenti contro i partigiani italiani in varie zone dell'Appennino emiliano, tra cui il Piacentino[10]. I battaglioni della Turkestan - soprannominati volgarmente "Mongoli" per via dei tratti asiatici - sbaragliarono con la loro potenza di fuoco i partigiani piacentini in Val Nure riconquistando Bettola, tanto che i liberatori furono costretti a ritirarsi sui monti. Il comandante Canzi dispose di riorganizzare le difese resistenziali al Passo del Cerro. Il 2 dicembre 1944 pochi partigiani, tra cui la Tigrona, accorsero sul Cerro e riuscirono in combattimento a bloccare e a far arretrare la Turkestan[4].
Un altro reparto dei Mongoli, tuttavia, accorse in Val Nure da Bobbio, passando per Coli e Pradovera, e sorprese di spalle i partigiani schierati sul Cerro. Ciò provocò un'altra ritirata precipitosa e disordinata verso altre mete: alcuni partigiani si ritirarono verso Ferriere, dove era diretto il comandante della "Mazzini", Panni; altri verso la Val d'Arda, in direzione del Passo del Pellizzone e da lì poi a Bardi, sull'Appennino parmense. Il 3 dicembre 1944, sempre dalla Val d’Arda arrivarono in aiuto al Cerro, su due autocarri, i partigiani del distaccamento "Gusano" della 142ª Brigata Garibaldi, che invece si ritirarono ordinatamente e presero con sé la Tigrona. Scesero a Bettola, si posizionarono all’altezza del Preventorio con l'obiettivo di bloccare il passaggio in Val d’Arda alla Turkestan. Li raggiunse il comandante della Divisione Val d’Arda, Giuseppe Prati, e avvertì che la situazione dei partigiani appariva disperata, tanto che convenne con Canzi di abbandonare anche la Val d’Arda e di sciogliere le brigate[4].
La morte al Passo dei Guselli
modificaNel pomeriggio del 3 dicembre 1944 la Tigrona si unì al distaccamento "Gusano" in direzione del Pellizzone per ritirarsi. Al mattino del 4 dicembre 1944, una volta a Morfasso, il comandante Prati vide una cinquantina di partigiani su due automezzi tornare in Val Nure. Da loro seppe che i Mongoli erano prostrati dai rastrellamenti e i partigiani intendevano stabilirsi a Prato Barbieri per sbarrare la strada alla Turkestan in caso volesse sconfinare in Val d'Arda. Calzetta si unì a loro, seguendoli attraverso il Passo dei Guselli. I soldati della Turkestan, che si trovavano già nei paraggi per fare razzia di beni alimentari, si accorsero dell'arrivo dei partigiani. Si appostarono tra le case della località morfassina dei Guselli e, una volta arrivati gli autocarri dei partigiani, in un'imboscata li investirono di raffiche di mitra, compiendo una carneficina. Calzetta era nella cabina dell'autista di uno degli autocarri, uscì a fatica poiché una delle portiere era bloccata e, una volta a terra, impugnò la pistola e sparò per difendersi, ma venne colpita a morte dalle scariche di mitra della Turkestan, all'età di 25 anni. Morì insieme ad altri 25 partigiani[11], altri 8 vennero giustiziati successivamente.
Nel 1962, con decreto presidenziale venne conferita postuma a Luisa Calzetta la Medaglia d’Argento al Valor Militare[4].
Onorificenze
modifica— DPR 6 maggio 1962[12]
Note
modifica- ^ a b Frammenti d'eternità. Piacenza e il genio femminile, Soroptimist International d'Italia Club di Piacenza, 2004, pp. 65-66.
- ^ Calzetta Luisa | Istituto Storico Parma, su database.istitutostoricoparma.it. URL consultato il 28 agosto 2025.
- ^ Rosella Reali, Luisa Calzetta, la coraggiosa Partigiana uccisa in un agguato nazifascista, su Viaggiatori Ignoranti, 30 gennaio 2024. URL consultato il 28 agosto 2025.
- ^ a b c d e f Luisa Calzetta “Tigrona” (1919 – 1944), su Enciclopedia della Resistenza Piacentina. URL consultato il 28 agosto 2025.
- ^ a b Il comandante Istriano e la Brigata di manovra Caio / Lo sloveno Gaspare e la sua banda in alta Val Trebbia, in “Comandanti partigiani giunti da lontano” di G. L. Cavanna e R. Repetti, Pontegobbo, 2018.
- ^ Redazione, La libera Repubblica di Bettola, una mostra fotografica a 80 anni dalla Liberazione, su IlPiacenza. URL consultato il 28 agosto 2025.
- ^ PiacenzAntica: Bettola - Bétula, su www.piacenzantica.it. URL consultato il 28 agosto 2025.
- ^ Giuseppe Panni, La Brigata Mazzini e la Brigata Inzani in Val Nure e in Val d’Arda – pagg. 105-109, T.E.P., Piacenza 1978
- ^ Samuel W. Mitcham, German order of battle: Panzer, Panzer Grenadier, and Waffen SS, Vol.3, Stackpole Books, 1997, p. 215.
- ^ Andrea Santangelo, Quelli della Gotica, ARRSA, Rimini, 2005, p. 23
- ^ Redazione, 75 anni fa il sacrificio dei partigiani ai Guselli, il ricordo tra la nebbia, su piacenzasera.it, 2 dicembre 2019. URL consultato il 28 agosto 2025.
- ^ Istituto Nastro Azzurro, su decoratialvalormilitare.istitutonastroazzurro.org. URL consultato il 31 agosto 2025.
Bibliografia
modifica- Giuseppe Berti, Linee della Resistenza e Liberazione Piacentina – vol. II, Isrec, Piacenza 1980.
- Camma, Da Pertuso di Ferriere alle carceri di Piacenza – T.E.P.,Piacenza 1980.
- Giuseppe Prati, Figli di Nessuno. Vita delle formazioni partigiane della Val d’Arda, T.E.P. , Piacenza 1980.
- Gino Pancera, Due stagioni in Val Nure, Vicolo del Pavone, Piacenza 2005.