Macario di Magnesia
Macario, di Magnesia in Asia Minore (pronuncia: in greco antico: Μακάριος?, Makários, [Ma.ká.rios] Mághnes [Má.g.nes] (il "Magnesiaco"[1] o "di Magnesia"); Magnesia, ... – ...; fl. IV-V secolo), è stato un vescovo greco antico e scrittore cristiano in lingua greca, originario dell'Asia Minore e noto soprattutto per l’"Apocriticus" (o "Apocritico"), opera di apologetica del cristianesimo antico che preserva ampie porzioni testuali di antiche opere della polemistica[2] pagana altrimenti perdute[3].
Macario di Magnesia vescovo della Chiesa Chiesa cattolica | |
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Titolo | Vescovo di Magnesia |
Premessa
modificaQualsiasi resoconto su Macario deve essere preceduto dall'avvertenza che, in qualunque forma sia presentato, le notizie biografiche su tale personaggio -nascita, episcopato, morte...- sono estremamente scarse e derivano quasi esclusivamente da quanto si deduce per rischioso[5] autoschediasmo,[6] ossia dalla sua opera o, indirettamente, dalle polemiche teologiche dell’epoca.[7]
Omonimie
modificaAlcuni repertori agiografici moderni[8] hanno identificato Macario di Magnesia con i più noti santi omonimi, come Macario l’Egiziano o Macario di Alessandria, basandosi unicamente sulla coincidenza del nome e sul titolo episcopale.[9][1] Tuttavia la critica contemporanea sottolinea che l’autore dell’Apocriticus non è venerato come santo, non appare nei sinassari bizantini né nel Martirologio Romano e va distinto dalle figure omonime.[7]
Risulta incerto se è identificabile, come propone Fozio nella sua Biblioteca,[10] con l'omonimo vescovo di Magnesia che, al Sinodo della Quercia nel 403, affrontò dialetticamente un vescovo che si pronunciava in difesa di Giovanni Crisostomo come Patriarca di Costantinopoli, che infine il sinodo provinciale condannò e depose.[3]
Biografia
modificaEra originario di Magnesia, in Asia Minore: città di cultura greco-romana forse identificabile con l'attuale Germencik in Anatolia, odierna Turchia.[11]
Macario visse tra la fine del IV e l’inizio del V secolo,[3] in un periodo segnato dalle dispute tra filosofi pagani e cristiani.[12]
Si distinse in tale ambito come autore apologetico,[3] intervenendo nel dibattito con i filosofi pagani e difendendo il cristianesimo con strumenti retorici e filosofici.[7]
Ugenti invece sottolinea che, secondo la tradizione, fu vescovo, ma non è nota con certezza la diocesi di appartenenza.[13]
Gli studiosi rilevano che se da un lato la quasi totale assenza di fonti indipendenti rende difficile ricostruire la sua figura biografica e storica, al contempo altre fonti possano testimoniare dell'esistenza, della carica, dell'opera stessa e del suo valore.[4]
Opere
modificaLe fonti e la critica moderna concordano nell’attribuire con certezza a Macario una sola opera autentica, l’Apocriticus. Altri scritti tramandati sotto il suo nome, come i Frammenti di omelie sulla Genesi, sono considerati spurii.
Apocriticus
modificaLa sua opera principale è l’"Apocriticus" (o "Apocritico"), in greco: Ἀποκριτικὸς ἢ Μονογενής (Apokritikòs ē monogenēs, o Apokritikòs ē monogenēs pros Hellēnas,[3] ossia [Dialogo] Apocritico o Unigenito contro i Greci), dialogo apologetico che dovette consistere di cinque libri,[3] dei quali tuttavia non rimangono che «alcuni frammenti del primo, parte del secondo, il terzo e il quarto completi e alcune testimonianze sull’esistenza di un quinto libro andato comunque anch’esso perduto».[14]
I libri II-IV permangono dunque grazie al "codex Atheniensis", tuttavia oggi perduto e confluito, se attendibile, nell'edizione Blondel-Foucart; i libri I e V sono presenti solo in frammenti: i capitoli iniziali di I sono attestati nel codex Vaticano greco 1650 mentre i frammenti del V provengono da citazioni in una traduzione latina di Turrianus del XVI secolo, risalente anch'essa a un manoscritto perduto. Ulteriori frammenti sono presenti in scritti di Niceforo di Costantinopoli.[15] che fornisce anche informazioni agiografiche su Macario.[16]
Secondo gli studi che hanno dato origine alla voce del 1934 su Enciclopedia Treccani,[1] l’"Apocriticus" fu redatto verso la fine del IV secolo da un vescovo asiatico, tributario della teologia cappadoce.[1][3][17][18]
Secondo Goulet l'opera è databile intorno al 400.[19]
Atzori che nell'introduzione del suo contributo definisce Macario come «vissuto tra la fine del IV e l’inizio del V sec.»,[20] più in dettaglio data poi la composizione dell’"Apocriticus" al 410.[21]
La prima notizia dell’"Apocriticus" risalirebbe al IX secolo.[1]
«L’opera si presenta sotto forma di un dialogo svoltosi in cinque giornate[22] tra il vescovo cristiano Macario di Magnesia e un Greco, probabilmente un filosofo neoplatonico, davanti ad un pubblico formato sia da cristiani che da cives romani che parteggiano per l’uno o per l’altro.
Si tratta di una fabula scenica, costruita ad hoc per motivi scolastici e propagandistici, che verte su delle obiezioni, spesso ricorrenti tra i polemisti, riguardanti le incoerenze degli evangelisti, gli apostoli Pietro e Paolo, le parole e gli atti di Gesù,[10] i dogmi della Chiesa».[23]
Anche secondo Atzori si tratta di un dialogo «fittizio»[24] e tale lo ritengono pure altri studiosi.[3][11]
Non è irrilevante notare che il dedicatario del dialogo (non l'obiettore) è nominato come "Theosthenus", personaggio non attestato altrove e di probabile invenzione macariana, come nota Goulet,[19] suggerendo l'inferenza che la contrapposizione ai pagani potesse e dovesse risolversi poggiando sulla forza di Dio e il suo aiuto.[10]
Non solo dunque l'"Apocriticus" ha il pregio di offrire uno spaccato del clima culturale del tempo, intriso di «dibattiti tra neoplatonici, ebrei, cristiani ed "eretici"», ma altresì il «contenuto delle obiezioni e delle risposte che [... sarebbe] servito alla Chiesa dei secoli successivi per una più precisa definizione dei dogmi».[25][26][27]
Nelle circostanze storiche entro cui l'epoca tardo-antica è teatro di profonde trasformazioni culturali, l'opera di Macario insomma «rappresenta l’esigenza di un incontro e di un confronto tra due culture entrate in un rapporto talmente stretto da essere inscindibili»,[28] tanto da esprimersi con le stesse modalità stilistiche[29] e contenutistiche: a obiezioni/punti problematici/questioni di parte pagana al cristianesimo, Macario risponde con argomentazioni filosofiche e teologiche.
Secondo Rinaldi, infatti, l’"Apocriticus" può essere collocato nel genere delle quaestiones et responsiones (anche semplicemente: "domande e risposte"), un modello didattico diffuso nell’antichità e utilizzato anche in ambito cristiano. Sebbene non tutti gli studiosi concordino nel riconoscere in esso obiezioni direttamente tratte da fonti pagane, questa cornice interpretativa resta fondamentale per comprendere la struttura dialogica dell’opera.[12]
L’"Apocriticus" si inserisce quindi nel più ampio contesto del conflitto tra cristianesimo e paganesimo, che tra IV e V secolo vide un ribaltamento dei rapporti di forza: da minoranza perseguitata il cristianesimo era appena divenuta (nel 380) religione ufficiale con l’editto Cunctos populos di Teodosio I.[12]
Frammenti di Porfirio
modificaNumerosi brani di "Contro i cristiani", l’opera di Porfirio di Tiro compilata agli inizi del IV secolo[1] e perduta benché l'autore possa esser considerato «figura di spicco nel panorama della filosofia tardo antica e neoplatonica», sopravvivono appunto unicamente grazie alle citazioni riportate da Macario nell’"Apocriticus".[11] Sarebbe per alcuni studiosi proprio Porfirio l'oppositore nel dialogo macariano.[10]
In generale, comunque, l'"Apocritico" è una fonte imprescindibile[3][10] per lo studio della polemica anticristiana[30] del IV secolo.[31]
Se nel corso degli anni vennero ritrovati altri passi e frammenti in altri autori cristiani, la fonte principale resta l’“Apocritico” di Macario di Magnesia.[11]
Le opere anticristiane di Celso, Porfirio di Tiro e Giuliano l'Apostata sono difatti oggi conosciute solo in frammenti, trasmessi in gran parte proprio da autori cristiani.[32]. La loro perdita è stata anche il risultato di una cancellazione deliberata dopo l’affermazione come religione di Stato del cristianesimo, precedentemente a sua volta minacciato, come nondimeno di un'esigenza di fermezza sapienziale, filologica, esegetica, tant'è che gli stessi autori cristiani le andavano recuperando e di fatto tramandando.[12]
Nell’opera “Contro i Cristiani” Porfirio non criticava in sé il concetto del dio, nel quale anch'egli credeva nella sua «versione neoplatonica», mentre suo bersaglio erano «la mancanza di coerenza e [...] la mancanza di principi validi, che i cristiani ne possedevano».[11] La pregevolezza poi dell'opera di Porfirio consisterebbe insomma, anche da parte sua, nel «lavoro di esegesi biblica e di critica al pensiero cristiano».[11]
Proprio attraverso l’"Apocriticus" è possibile ricostruire parte delle critiche pagane al cristianesimo antico, così come le modalità di risposta dei padri apologisti, oltre che, quando fedelmente riportati, i testi delle opere stesse.[33]
Come riporta Enciclopedia Treccani nel 1934, alcuni studiosi, come Louis Duchesne e Thomas W. Crafer,[34] hanno ipotizzato che l’interlocutore pagano potesse identificarsi invece con il filosofo Ierocle.[1][35] A sua volta, Digeser rileva come altri studiosi abbiano proposto diverse identificazioni per l’"Anonimo elleno" che figura nel dialogo, mettendolo in relazione con Porfirio, Giuliano o Ierocle.[36]
Neppure frammenti di omelie sulla Genesi, editi sotto il nome di Macario da Duchesne, sono ritenuti autentici.[1]
Prevalse in seguito l’opinione di Adolf von Harnack,[37] secondo cui Macario avrebbe confutato non un avversario reale ma una raccolta di estratti dall’opera di Porfirio,[1][11] per di più spesso senza neppure comprenderne in profondità il senso filosofico e storico e comunque rielaborandoli.[10]
Anche secondo Richard Goulet, l’Anonimo elleno del "Monogenes" ("Apocriticus") muove obiezioni che riflettono in gran parte le argomentazioni di Porfirio contro i cristiani.[38] Ugualmente, secondo Beatrice la maggior parte degli studiosi identifica i numerosi brani attribuiti al polemista pagano con frammenti della perduta opera di Porfirio.[39]
Non è d'altronde sempre possibile distinguere fino a che punto l’interlocutore pagano dell’"Apocriticus" dipenda dall’opera porfiriana o rappresenti invece una costruzione letteraria funzionale al dialogo apologetico di Macario.[12]
Discussione critica sui frammenti di Porfirio
modificaGli studi moderni hanno discusso l’esatta provenienza e il grado di fedeltà dei frammenti, nonché la loro rielaborazione da parte di Macario. Alcuni studiosi hanno ipotizzato l’uso di una raccolta di estratti (ossia un florilegium), compilata già agli inizi del IV secolo, che Macario avrebbe confutato.[40]
Le ricerche filologiche hanno inoltre messo in luce le peculiarità linguistiche e stilistiche delle citazioni porfiriane, spesso più concise e incisive rispetto alla prosa del vescovo di Magnesia.[13]
Oggetto di discussione critica sono state altresì la datazione e l’attribuzione dei frammenti di Porfirio citati da Macario.[41]
Tradizione manoscritta e trasmissione dell'opera
modificaL’"Apocriticus" si era conservato in un unico manoscritto, l’"Atheniensis" 94, un codice medio-bizantino custodito un tempo presso la Biblioteca Nazionale di Atene. Esso tramandava l’opera in forma mutila (dal libro I, cap. 18 fino al libro IV, cap. 30).[13] Il titolo "Apocriticus" appare già in alcuni sottotitoli del codice Ateniese perduto, ma la lezione più difficile e originale è "Monogenēs", ossia (l')"Unigenito":[42] attestata dal Vaticano greco 1650 (XI sec.)[43]
Treccani nella voce del 1934 riporta che il codice fosse mancante dei libri I–II (cc. 1–6) e V e una data di edizione differente.[1]
L'"Atheniensis" fu utilizzato da Charles Blondel per l’editio princeps del 1867[1]-1876[44][10] ma, dopo la pubblicazione dell’edizione, scomparve misteriosamente, come altri testimoni già noti in Italia tra XV e XVI secolo[1] e non è stato più ritrovato.[10]
Gli studiosi successivi hanno potuto fruire del manoscritto perduto, il cosiddetto "Atheniensis deperditus", solo attraverso il testo stampato da Blondel e sul suo apparato critico.[1][45]
Se, infatti, fu il ricercatore francese Blondel[3] a scoprire il codice nel 1867, a causa della prematura[10][46] morte, nel 1873,[10] del giovane studioso fu invece Foucart a pubblicarlo, nel 1876[10][47][48] e a sua volta nell'edizione del 1893[4] Harnack raccoglie dalla testimonianza di Foucart il resoconto che Blondel gli fece del manoscritto stesso.[49][50]
Come nota più recentemente Muscolino,[51] ripreso anche da Atzori:[52] «l’opera è molto mutila e inizia nel mezzo di una parola del 7 capitolo del II libro e finisce in mezzo ad una parola del XXX (ultimo) capitolo del IV libro. Due libri mancano completamente. Del II libro mancano sei capitoli e l’inizio del 7. Il manoscritto comprende 125 fogli, “si presenta nella forma scritta della quartina minore, risalente al XV o XVI secolo; non pochi fogli specialmente alla fine, e sul margine superiore sono rovinati da un po’ di umidità, anche se si possono tranquillamente leggere; lungo il margine la stessa prima mano ha apportato delle correzioni, con inchiostro più pallido, che anche altre mani più recenti hanno riportato, delle correzioni di cui una risale ai giorni nostri”».[53]
Richard Goulet e Valerio Ugenti hanno sottolineato come la perdita dell’"Atheniensis" rappresenti una delle ragioni per cui la tradizione testuale di Macario appare particolarmente fragile; alcuni hanno ipotizzato che il codice possa trovarsi ancora oggi in una collezione privata, auspicandone, come Ugenti, una meritoria restituzione.[19][13]
Larrain ha reperito incroci tra excerpta [estratti] macariani e altre opere, rilevanti per la filologia e la tradizione del testo in studi precedenti anche relativi ad altri codici[54]
Nel 2013 Ulrich Volp ha pubblicato una nuova edizione critica con traduzione tedesca, basata sul lavoro di Blondel e sugli approfondimenti di Goulet.[19][55]
Una traduzione inglese con introduzione e note fu pubblicata da Thomas W. Crafer nel 1919.[34][3] Del 2015 è la traduzione in inglese apparsa ad opera di Schott e Edwards.[56]
Contenuti dell’Apocriticus
modificaStruttura generale
modificaOgni libro è organizzato in forma di dialogo:
- l’obiettore pagano pone delle critiche alla fede cristiana, sul problema del male e della provvidenza divina, quanto alle contraddizioni apparenti nei Vangeli, all'incarnazione e alla resurrezione dei corpi e alla credibilità dei miracoli.[3]
- Macario replica, talvolta in modo articolato e filosofico, talvolta con riferimenti scritturistici.
L’Apocriticus affronta anche questioni di carattere sacramentale, tra cui la dottrina eucaristica, che Macario interpreta in chiave apologetica contro le obiezioni dei pagani.[57]
Accanto alle risposte puntuali alle critiche anticristiane, l’opera è attraversata dal tema dell’«Economia» (οἰκονομία), inteso come principio apologetico ed ermeneutico, che orienta la difesa del cristianesimo e la lettura della storia della salvezza.[58]
Per libri, in sintesi
modifica- Libro I
Uno dei primi argomenti affrontati riguarda l’incarnazione di Cristo, definita dall’obiettore come illogica e indegna della divinità.
Testo greco: «Πῶς ἄν θεὸς ἄνθρωπος γένοιτο;»
Traduzione: «Come potrebbe Dio diventare uomo?»[59]
Macario risponde insistendo sull’onnipotenza divina e sulla coerenza del mistero dell’incarnazione con le Scritture.
Gli studiosi hanno identificato in questo passo una citazione indiretta di Porfirio.[60][61]
- Libro II
Tra i temi centrali: la resurrezione dei morti (e perché Gesù avrebbe pronunciato le parole «la fanciulla non è morta ma dorme» in Mt.9,24, o la resurrezione di Lazzaro)[10] e la credibilità dei miracoli narrati nei Vangeli
Testo greco: «Πῶς οἱ νεκροὶ ἀναστήσονται;»
Traduzione: «Come potranno risorgere i morti?»[62]
Testo greco: «Τίς γὰρ ἂν εὔλογος εἴη πίστις τῷ ἀναστάντι ἐκ νεκρῶν, εἰ μὴ καὶ ἡ φύσις ἀνασταίη;»
Traduzione: «Quale ragionevole fede potrebbe darsi in chi è risorto dai morti, se anche la natura non risorgesse?»[31]
L’obiezione riflette un tema classico della critica pagana: la resurrezione come assurdità fisica e filosofica.
Macario ribatte con l’argomento della potenza creatrice di Dio e richiama paralleli con la filosofia platonica.
- Libro III
Il terzo libro conserva importanti citazioni da Porfirio. Tra le più discusse: la critica alla genealogia di Cristo nei Vangeli di Matteo e Luca.
Testo greco: «Διατί οἱ γενεαλογίαι Ἰησοῦ ἀντιλέγουσιν ἀλλήλαις;»
Traduzione: «Perché le genealogie di Gesù si contraddicono tra loro?»[63]
La risposta di Macario mostra come le prime comunità cristiane giustificassero le divergenze evangeliche con interpretazioni simboliche.
- Libro IV
L’obiettore contesta l’oscurità di alcuni insegnamenti di Gesù e la presunta incoerenza della sua condotta (ma nel libro Macario si sofferma anche sulla remissione dei peccati e l'incorruttibilità degli angeli).[10]
Testo greco: «Διὰ τί ὁ Ἰησοῦς ἐνίοτε κρύπτεται καὶ ἐνίοτε φανερῶς ἐργάζεται;»
Traduzione: «Perché Gesù talvolta si nasconde e talvolta agisce pubblicamente?»[64]
Macario utilizza questo frammento, porfiriano secondo Harnack,[65] per sostenere la pedagogia divina di Cristo, che agisce diversamente a seconda dei contesti.
Nel IV libro Macario si sofferma sui testi paolini ma introduce anche una sezione sull'Apocalisse di Pietro e l'Escatologia, l'Angelologia, la Demonologia.[66]
Tali citazioni sono particolarmente interessanti perché riflettono ancora uno stato fluido del canone scritturale cristiano e dacché l'Apocalisse di Pietro non vi sarebbe stata compresa.[66]
- Libro V
Il libro conclusivo affronta questioni etiche e filosofiche, in particolare il problema del male.
Testo greco: «Εἰ ὁ θεὸς ἀγαθός ἐστιν, πόθεν τὰ κακά;»
Traduzione: «Se Dio è buono, da dove vengono i mali?»[67]
La risposta di Macario rielabora temi presenti nella tradizione platonica e patristica: il male non ha sostanza propria ma è privazione del bene.
Opere spurie
modificaFrammenti di omelie sulla Genesi
modificaNel 1876 Louis Duchesne pubblicò i "Frammenti di omelie sulla Genesi" presentandoli come «attribuiti a Macario di Magnesia»[68]. Tuttavia, la critica successiva (Harnack, Burn e altri) li ha ritenuti spuri, sottolineando che lo stile e il contenuto non coincidono con quelli dell’"Apocriticus".[69][70][1]
Anche altre attribuzioni, talvolta accolte in raccolte patristiche, sono state respinte dagli studi più recenti, che confermano come l’unica opera autentica di Macario sia l’"Apocriticus".[71][19]
Stile e lingua
modificaLo stile[72] dell’"Apocriticus" riflette un’ampia padronanza del greco tardoantico e delle tecniche retoriche. Paolo De Giorgi ha mostrato come Macario faccia largo uso di creazioni lessicali e innovazioni linguistiche, segno di un’abilità retorica raffinata e di una notevole padronanza del greco dell’epoca.[29] De Giorgi riscontra nel testo di Macario 43 neologismi, soprattutto di forme verbali, dei quali tenta di verificare genesi e modalità di composizione, individuate in giustapposizione di preposizioni o aggettivi o "variationes", secondo le regole della Seconda Sofistica, procedimenti combinatori e modalità più apertamente creative di tale impatto da poter lasciar dedurre allo studioso che la componente retorica e finzionale dell'opera giunga talora a superare quella strettamente apologetica.[29]
L’"Apocriticus" appare dunque per alcuni analisti caratterizzato dall’uso di un dettato elegante e vicino al registro letterario, con frequenti echi biblici e influenze della teologia cappadoce. È stato notato inoltre come l’autore adotti la forma dialogica non solo per ragioni didattiche, ma anche per costruire un dibattito filosofico che renda vivide le obiezioni e le risposte.[73]
Altri studi avevano e hanno evidenziato inoltre l’uso sistematico delle clausole metriche e il rispetto delle regole della Kunstprosa,[74] che collocano Macario addirittura tra gli autori più raffinati della prosa tardoantica.[75]
Valerio Ugenti, in uno studio critico sui primi capitoli del terzo libro, ha sottolineato la tendenza di Macario a costruire periodi ampi e complessi, scanditi da un uso sapiente delle particelle e da un equilibrio stilistico che contrasta con la concisione del polemista pagano riportato nell’opera.[13]
Secondo T.W. Crafer[76] e P. Frassinetti,[77] le citazioni bibliche poste in bocca al polemista pagano sono piuttosto caratterizzate da uno stile agile e brillante, con frequenti parafrasi e adattamenti che mostrano scarsa fedeltà al testo scritturistico. Questo contrasta con il dettato spesso prolisso[10] e ridondante di Macario, che al contrario tende a sviluppare periodi lunghi e articolati, generalmente ritenuti ridondanti se non logicamente incongruenti, sui quali solo Crafer si esprime in maniera meno recisa e Goulet più equilibrata.[10]
Fortuna e studi
modificaL’opera di Macario è una delle testimonianze più ampie del confronto tra filosofia pagana e cristianesimo tardoantico.[12] È studiata sia per il suo valore apologetico sia per la trasmissione di testi pagani perduti. Numerosi studi contemporanei ne hanno sottolineato il ruolo nel dibattito culturale tra IV e V secolo.[78][79][80]
L'opera non ebbe larga diffusione nell'antichità ma il testo si è conservato in alcuni manoscritti medio-bizantini che testimoniano una ricezione limitata ma continua. Che fu conosciuto in ambiente bizantino è testimoniato dalle citazioni di Niceforo nel contesto della seconda iconoclastia.[81]
Fu riscoperta nel Rinascimento e pubblicata in edizione critica nell’Ottocento, in particolare da studiosi tedeschi e inglesi.[82]
Nel XX secolo l'"Apocritico ha conosciuto nuove edizioni, traduzioni e analisi approfondite, soprattutto per quanto riguarda i frammenti porfiriani.[19][70][83][84]
La nuova edizione apprestata da Goulet nel 2003, con traduzione in francese e commento,[19] si basa naturalmente su quella di Blondel-Foucart ma se ne discosta per punti testuali di minore importanza.[10]
Sussidi per la lettura e la ricerca in rete
modificaUna redazione dell'"Apocriticus" è disponibile in lettura online scorrendo le pagine su "Intratext" con introduzione e note e traduzione del testo in inglese.[85]
Disponibile la traduzione in inglese di Crafer del 1919:
- (EN) Macarius_Magnes Apocriticus, su ccel.org.
- (EN) Macarius_Magnes Apocriticus Google Books scan, su books.google.com.
- (EN) Macarius_Magnes Apocriticus HTML version, su tertullian.org.
Note
modifica- ^ a b c d e f g h i j k l m n Macario Magnesiaco Enciclopedia Italiana (1934), su treccani.it, 1934.
- ^ Polemista, su treccani.it.
- ^ a b c d e f g h i j k l m n (EN) Macarius Magnes, su britannica.com.
- ^ a b c (DE) Adolf von Harnack, Geschichte der altchristlichen Literatur bis Eusebius.., Norderstedt, Hansebooks, 2016 (rist.dell'ed.1893), ISBN 9783741139543.
- ^ Marta Legnini, Gli epigrammi 'anacreontei' Introduzione, edizione e commento. Tesi dott. Coordinatore Italo Testa, tutor Massimo Magnani (PDF), su repository.unipr.it, aa 2021/2022–2023/2024.
- ^ Stefano Arduini & Matteo Damiani, Dizionario di retorica, LabCom Books, 2010, p. 27.
- ^ a b c Giuseppe Muscolino, L'«Apocritico» di Macario di Magnesia Un dialogo polemico o un'apologia? (PDF), Mediaeval Sophia, 2008.
- ^ O siti di pubblica divulgazione: C. Blondel Paul Foucart (a cura di), Apokritikos ē monogenēs Macarii Magnetis quæ supersunt ex inedito codice, su books.google.it, Paris, Typographia publica, 1876.
- ^ Harnack, p.112
- ^ a b c d e f g h i j k l m n o p (EN) Guillaume Dye, Macarios de Magnésie: Le Monogénès. Édition critique et traduction française. Tome I: Introduction générale; Tome II: Édition critique, traduction et commentaire. Review, su bmcr.brynmawr.edu, 2004.
- ^ a b c d e f g Fabrizio Manco, Analisi delle opere del filosofo Porfirio scritte a Lilybeo (PDF), su centrumlatinitatis.org.
- ^ a b c d e f Giancarlo Rinaldi, Pagani e cristiani. La storia di un conflitto (secoli I–IV), collana Frecce, Roma, Carocci, 2016, ISBN 9788843081912.; nuova ed. 2020, ISBN 9788829001323.
- ^ a b c d e Valerio Ugenti, Note critiche al testo dell’Apocritico di Macario di Magnesia (3,1-8), in Rudiae. Ricerche sul mondo classico, vol. 4, 2018, pp. 145-158, DOI:10.1285/i11245344v2018n4p145.
- ^ Muscolino, p.76 n.8
- ^ Muscolino, p.77
- ^ (FR) Bernard Pouderon, 18. Goulet (Richard), Macarios de Magnésie. Le Monogénès (édition critique, traduction française, commentaire) [compte-rendu], in Revue des Études Grecques, n. 117, gennaio-giugno 2004, pp. 386-387.
- ^ Harnack, p.112
- ^ Ovvero, nella sua opera si riconoscono chiaramente influssi dei Padri cappadoci Basilio di Cesarea, Gregorio di Nazianzo, Gregorio di Nissa:
- sia nello stile (uso della retorica filosofica, argomentazioni dialettiche)
- sia nei contenuti (dottrina della Trinità, difesa della creazione contro i critici pagani), anticipando alcune formulazioni centrali sviluppate nei concili cristologici successivi.
- ^ a b c d e f g (FR) Richard Goulet, Macarios de Magnésie. Le Monogénès. Introduction générale et édition critique, vol. I–II, Paris, Vrin, 2003, ISBN 2711616479.
- ^ Atzori, p.16
- ^ Atzori, p.64
- ^ Registrate forse una per libro: (EN) Guillaume Dye, Macarios de Magnésie: Le Monogénès. Édition critique et traduction française. Tome I: Introduction générale; Tome II: Édition critique, traduction et commentaire. Review, su bmcr.brynmawr.edu, 2004.
- ^ Muscolino, pp.76-77
- ^ Atzori, p.64
- ^ Muscolino, p.76
- ^ Atzori, n.187 p.64
- ^ Su studi porfiriani e Patristica: (FR) Richard Goulet, Hypothèses récentes sur le traité de Porphyre Contre les chrétiens, in Hypothèses récentes sur le traité de Porphyre Contre les chrétiens, pp. 61-109. in (FR) Michel Narcy et Éric Rebillard (a cura di), Hellénisme et christianisme, Villeneuve d'Ascq (Nord), Presses Universitaires du Septentrion, 2004.
- ^ Atzori, n.187 p.64
- ^ a b c Paolo De Giorgi, Creazioni lessicali in Macario di Magnesia, in Rudiae. Ricerche sul mondo classico, vol. 1, 2015, pp. 75-104.
- ^ Francesco Corsaro, La reazione pagana nel IV secolo e l’Apocritico di Macario di Magnesia, in Quaderni catanesi di studi classici e medievali, vol. 6, 1984, pp. 173–195.
- ^ a b Giuseppe Muscolino, Porfirio e Macario di Magnesia: ricezione e polemica, in Rudiae, 2015.
- ^ Nel caso delle opere porfiriane, è necessario ricordare anche il contributo di Eusebio di Cesarea, vescovo e storico della Chiesa, nella sua Preparazione ai Vangeli: Analisi delle opere del filosofo Porfirio scritte a Lilybeo (PDF), su centrumlatinitatis.org.
- ^ Beatrice, p.23
- ^ a b (EN) Thomas Wilfrid Crafer, The Apocriticus of Macarius Magnes, Londra, SPCK, 1919.
- ^ Sulla questione si è pronunziato recentemente anche Salvatore Borzì, Il Filaletes di Ierocle e l'Apocriticus di Macario Magnes, in Augustinianum, vol. 53, 2,dicembre, 2013, pp. 393-425. che, oltre a riprendere lo status quaestionis, se non tout court allontana la possibilità di una qualunque tesi al riguardo, rigetta la sostenibilità di questa in specifico.
- ^ (EN) E. DePalma Digeser, Porphyry, Julian, or Hierokles? The Anonymous Hellene in M.M.’s Apokritikos, in Journal of Theological Studies, vol. 53, 2002, pp. 466–502.
- ^ Harnack, p.112
- ^ Goulet, vol.I pp.112-149, 269-278
- ^ Pier Franco Beatrice, I frammenti di Porfirio nell’Apocriticus, Rudiae, 2012.
- ^ Harnack, p.112
- ^ (EN) T.D. Barnes, Porphyry Against the Christians. Date and Attribution of Fragments, in Journal of Theological Studies (NS), vol. 24, 1973, pp. 424–442.
- ^ Atzori, p.64
- ^ Goulet, vol.I pp.41-47
- ^ (LA) Charles Blondel, Macarii Magnetis quae supersunt ex inedito codice, Parigi, E Typographeo Reipublicae, 1876.
- ^ Ugenti, n.1 p.147
- ^ Ugenti, n.1 p.145
- ^ Rinaldi Augustinianum, p.99 e n.10 p.99
- ^ L'amico studioso è talora citato nel titolo con un [umile e commosso ancorché di rito] "con l'assistenza di": adiuvante P. Foucart: ΜΑΚΑΡΙΟΥ ΜΑΓΝΕΤΟΣ, Ἀποκριτικὸς ἢ Μονογενής - Macarii Magnetis quae supersunt ex edito codice edidit C. Blondel adiuvante P. Foucart, Parigi, Typographia publica, 1876.
- ^ Muscolino, n.8 pp.76-77
- ^ Giuseppe Muscolino (a cura di), Porfirio, Contro i cristiani, nella raccolta di Adolf von Harnack, con tutti i nuovi frammenti in appendice, Milano 2009, Bompiani, pp. 71-73.
- ^ Muscolino, n.8 pp.76-77
- ^ Atzori, n.185 p.64
- ^ Punteggiatura originale dalla citazione
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- ^ Muscolino, p.55
- ^ Beatrice, p.36
- ^ Nello stesso libro si trova tramandato il nome dell’emorroissa evangelica, di cui aveva scritto anche Eusebio: Berenike: Antonio Lombatti, L’Immagine di Edessa e le sue fonti: il caso di Movsēs Xorenac'i (PDF), su shroud.com.
- ^ Pagani, p.67
- ^ Beatrice, p.41
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