O mio babbino caro
O mio babbino caro è un'aria dell'opera Gianni Schicchi (1918) di Giacomo Puccini, su libretto di Giovacchino Forzano. Il primo soprano a cantarla è stata Florence Easton durante la prima rappresentazione del Trittico pucciniano il 14 dicembre 1918 al Metropolitan di New York.

L'aria è cantata dal personaggio di Lauretta che si rivolge al padre Gianni Schicchi quando lo scontro tra quest'ultimo e la famiglia Donati giunge a un punto tale da mettere a rischio la sua storia d'amore con Rinuccio Donati; la giovane implora il padre di aiutarla per riuscire finalmente a realizzare il suo sogno. Il brano è di grande intensità lirica e nella melodia l'autore riprende quella esposta inizialmente nello stornello di Rinuccio Firenze è come un albero fiorito, fra la prima e la seconda strofa.[1]
Il brano, in La bemolle maggiore con l'indicazione Andantino, è l'unico pezzo chiuso dell'opera, è di 32 battute ed è preceduto da un brevissimo preludio dell'orchestra. Per sottolineare l'ingenuità del personaggio di Lauretta, Puccini utilizza una melodia tenera, dall'armonia molto semplice; infatti è proprio con le dolci parole babbino caro che la giovane riesce a commuovere il padre.[2] Anche se secondo alcuni critici l'espressione di lirismo è forzatamente ingenua e pertanto non troppo convincente,[3] «l'aria rimane una miniatura forgiata perfettamente».[2]
Testo
modificaO mio babbino caro,
Mi piace è bello, bello;
Vo' andare in Porta Rossa
a comperar l'anello!
Sì, sì, ci voglio andare!
E se l'amassi indarno,
andrei sul Ponte Vecchio,
ma per buttarmi in Arno!
Mi struggo e mi tormento!
O Dio, vorrei morir!
Babbo, pietà, pietà!...
Babbo, pietà, pietà!
Note
modificaCollegamenti esterni
modifica- (EN) O mio babbino caro, su MusicBrainz, MetaBrainz Foundation.
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