Olao Pivari

partigiano italiano

Olao Pivari, noto anche con lo pseudonimo di Gatto[1] (Formignana, 30 maggio 1921[1]Mesola, 14 febbraio 1945), è stato un partigiano italiano, medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

Biografia

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Chiamato alle armi durante la seconda guerra mondiale, Olao Pivari raggiunse presto il grado di sergente istruttore. Dopo l'8 settembre 1943, come tanti altri sbandati dell'Esercito italiano, si diede alla macchia. Entrato in contatto con un gruppo di partigiani, il 16 maggio del 1944 entrò a far parte della 35ª Brigata Garibaldi "Bruno Rizzieri" e ben presto divenne comandante di un reparto.

Nel novembre 1944 la Resistenza mise a segno alcuni colpi contro i fascisti nella bassa ferrarese. L'11 infatti furono uccisi due squadristi ad Ariano Ferrarese, mentre il 29 successivo i partigiani fecero scoppiare una bomba contro la caserma della GNR di Berra[2]. Nell'esplosione restarono uccisi tre militi (un quarto morirà il giorno dopo) e una decina rimasero feriti. I fascisti lanciarono quindi una serie di vasti rastrellamenti che portarono, a fine gennaio 1945, all'arresto complessivo di oltre 450 persone. I detenuti furono rinchiusi nelle carceri di Copparo e Codigoro. Ben presto iniziarono a registrarsi una serie di esecuzioni sommarie perpetrate dai fascisti contro i partigiani o presunti tali catturati nel corso delle retate.

In questo contesto di durissima repressione, Pivari fu catturato dai fascisti. Resistette stoicamente alle torture più efferate, senza dire una parola che potesse compromettere i suoi compagni di lotta. Fu fucilato nella piazza di Ariano Ferrarese assieme ai partigiani Laerte Bonaccorsi "Fulmine" e Mario Bonamico "Compagno S"[3]. Quello stesso giorno i fascisti fucilano nella piazza di Codigoro i partigiani Ludovico Ticchioni e Gino Villa[4]. La massima ricompensa militare gli è stata conferita nel 1969.

Onorificenze

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«Valoroso partigiano, entrava tra i primi nel movimento di resistenza rivelando alte doti di comandante, di organizzatore, di trascinatore, partecipando per lunghi mesi con il suo reparto alle imprese più ardue e provocando gravi perdite al nemico. Nel corso di una dura azione contro superiori forze avversarie, esaurite le munizioni, nel tentativo di porre in salvo i suoi uomini, veniva catturato e sottoposto alle più dure sevizie. Nulla rivelava però che potesse compromettere i suoi uomini e le formazioni partigiane. Nel momento in cui veniva barbaramente trucidato con raffiche di mitra, trovava la forza di gridare al nemico tutto il suo disprezzo e di affermare la sua incrollabile fede nella libertà della Patria.»
— Codigoro - Ariano (Ferrara), 14 febbraio 1945[5].

Collegamenti esterni

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