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Con il termine di pin-up (termine di lingua inglese traducibile con "da appendere") si indicano generalmente le ragazze - solitamente procaci, ammiccanti e sorridenti - fotografate in abiti succinti le cui immagini, durante il primo conflitto mondiale, iniziarono a diffondersi su molte riviste settimanali e giornali, ma anche su cartoline, litografie e calendari degli Stati Uniti, per iniziativa del presidente Thomas Woodrow Wilson, il quale aveva istituito la Division of Pictorial Publicity, con lo scopo di ideare stimoli visivi per convincere gli uomini ad arruolarsi.[1]

Ritratto di una ragazza pin-up, di Peter Driben nel 1953

Questo fenomeno attirò in maniera sempre maggiore l'attenzione soprattutto dei lettori uomini, e in particolare registrò un incredibile successo fra i soldati impegnati al fronte, che usavano appendere le fotografie di queste ragazze nei loro armadietti o nelle loro tende di accampamento.

L’equivalente maschile della pin-up è il cosiddetto beefcake, che comprende celebri attori e atleti, come James Dean, il cantante Jim Morrison e il modello Fabio Lanzoni.

A partire dai primi decenni del XIX secolo, quando il fenomeno del pin-up modeling ebbe le sue “origini teatrali”, artiste e attrici di burlesque iniziarono talvolta a utilizzare come "biglietti da visita" le loro fotografie per promuovere i propri spettacoli. Questi materiali promozionali e da business si trovavano quasi in ogni camerino teatrale "appesi alle pareti, infilati nelle cornici degli specchi, tra i raccordi dei bruciatori a gas, o persino appoggiati sopra la sacra cassa dei costumi."[2]

All’inizio del XX secolo, le attrici di maggior successo – divenute oggetto di fantasie erotiche – venivano ritratte in disegni, fotografie e manifesti venduti per uso personale. Tra le celebrità considerate sex-symbol, una delle prime pin-up più popolari fu Betty Grable, il cui poster era onnipresente negli armadietti dei soldati statunitensi durante la Seconda guerra mondiale.[3]

 
Una foto pin up della cantante Jackie Martinez

Altre pin-up erano opere d’arte che raffiguravano versioni idealizzate di donne belle e attraenti. Un esempio precoce di questo tipo è la Gibson Girl, creata da Charles Dana Gibson come incarnazione della “donna nuova”. «Poiché la donna nuova rappresentava le nuove idee sul proprio sesso, era inevitabile che finisse per simboleggiare anche nuove concezioni della sessualità».[2]

A differenza delle attrici e delle ballerine fotografate nelle generazioni precedenti, l’arte offriva agli artisti la libertà di raffigurare la donna in molteplici modi. La rivista maschile Esquire pubblicava numerosi disegni e vignette “piccanti”, ma era celebre soprattutto per le sue Vargas Girls”. Prima della Seconda guerra mondiale le ragazze pin-up di Alberto Varglas venivano celebrate per la loro bellezza, con minore enfasi sulla sensualità; durante il conflitto, invece, le illustrazioni si trasformarono in immagini di donne agghindate con uniformi militari e pose seducenti.

Le Vargas Girls divennero così popolari che, tra il 1942 e il 1946, a causa dell’enorme richiesta da parte dei militari, nove milioni di copie della rivista – senza pubblicità e distribuite gratuitamente – furono inviate ai soldati americani di stanza all’estero e nelle basi interne. Le immagini delle Vargas Girls vennero inoltre riprodotte come nose art su numerosi bombardieri e caccia della Seconda guerra mondiale: in genere non erano percepite come figure negative o prostitute, ma piuttosto come patriote e portafortuna.[2]

Sex-symbol

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Questa categoria di sex-symbol venne identificata col nome di pin-up, e appunto stava a indicare una categoria di splendide ragazze, sexy e prorompenti, prive di quell'alone di mistero che aveva caratterizzato le "dive" degli anni trenta, elemento che contribuì di certo a conferire loro il favore del pubblico. Erano tipiche bellezze americane, dalle gambe lunghe e tornite, curve abbondanti e tratti somatici molto femminili, quindi prosperose ed attraenti, ma dal viso giovane, quasi fanciullesco, ed armonioso.

Erano delle "dive" private del classico "divismo": l'ampia diffusione delle loro storie sulle riviste concorse a conferire loro un carattere comune agli occhi del pubblico. Le loro forme generose e longilinee al tempo stesso rappresentano i sogni erotici del pubblico maschile tuttora e, nel periodo in cui hanno iniziato a farsi conoscere, hanno rappresentato una desiderabile opulenza nel momento di una profonda crisi causata dalla fame della guerra.

Il "fenomeno" Hayworth

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Immagine di una pin-up

Di lì a poco, il "fenomeno" delle pin-up approdò anche al cinema e al teatro attraverso le attrici-ballerine-striptiseuse degli spettacoli di genere burlesque.

Assieme a Betty Grable, Gypsy Rose Lee e Tempest Storm - tipici esempi di pin-up - la diva che più di ogni altra ha saputo emergere nell'immediato dopoguerra è stata Rita Hayworth: giunta alla celebrità grazie al film del 1946 Gilda, è divenuta nell'immaginario collettivo non solo statunitense una figura rappresentativa di un certo tipo di bellezza femminile.

Ciclicamente, il fenomeno rivive dei momenti di popolarità, anche soprattutto grazie al tratto sempreverde e vintage che caratterizza tutto ciò che proviene dagli anni cinquanta. Con il passare degli anni lo stile pin-up, coniugato con aspetti moderni e collegato allo stile dell'upskirt, è rinato in ambienti culturali alternativi venendo poi man mano ripreso anche dalla cultura convenzionale.

Lista di pin-up

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Anni dieci e venti

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Anni trenta

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Anni quaranta

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Anni cinquanta e sessanta

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Anni settanta

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Anni ottanta, novanta e primi anni 2000

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anni 2010 e 2020

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  1. ^ Priscilla Frank, La vera storia delle Pin Up: in mostra la più grande collezione di icone sexy americane (Foto), su L'Huffington Post, 30 marzo 2015. URL consultato il 1º luglio 2018.
  2. ^ a b c Maria Elena Internet Archive, Pin-up grrrls : feminism, sexuality, popular culture, Durham : Duke University Press, 2006, ISBN 978-0-8223-3746-1. URL consultato il 27 settembre 2025.
  3. ^ Carole S. Vance, ed. "Seeking Ecstasy on the Battlefield: Danger and Pleasure in Nineteenth-Century Feminist Sexual Thought," in Pleasure and Danger: Exploring Female Sexuality (Boston: Routledge and K. Paul, 1984).

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