Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943

annuncio dell'armistizio tra il Regno d'Italia e gli Alleati della seconda guerra mondiale
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Voce principale: Armistizio di Cassibile.

L'annuncio dell'armistizio dell'8 settembre 1943 fu trasmesso al popolo italiano alle 19:42 al microfono dell'EIAR con un messaggio letto da Pietro Badoglio (capo del governo e maresciallo d'Italia), che informava dell'entrata in vigore dell'armistizio di Cassibile firmato il 3 settembre dal governo Badoglio I del Regno d'Italia con gli Alleati della seconda guerra mondiale.

Pietro Badoglio, capo del governo italiano dal 25 luglio 1943 al 17 aprile 1944

Il contesto storico

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Dopo la sigla dell'armistizio di Cassibile il 3 settembre, Badoglio riunì il governo solo per annunciare che le trattative per la resa erano "iniziate".[1]

Gli Alleati, da parte loro, fecero pressioni sullo stesso Badoglio affinché rendesse pubblico il passaggio di campo dell'Italia, ma il maresciallo tergiversò. Gli anglo-americani così proseguirono con le azioni di guerra e gli aerei continuarono a bombardare le città della penisola. Nei giorni dal 5 al 7 settembre i bombardamenti furono intensi: oltre 130 bombardieri B-17 colpirono Civitavecchia e Viterbo. Il 6 fu la volta di Napoli.[2]

Perdurando l'incertezza da parte italiana, gli Alleati decisero di annunciare autonomamente l'avvenuto armistizio: mercoledì 8 settembre, alle 17:30 nel Regno Unito (le 18:30 in Italia), il generale Dwight D. Eisenhower lesse il proclama ai microfoni di Radio Algeri.[3]

Poco più di un'ora dopo, Badoglio fece il suo annuncio da Roma.

Il proclama letto alla radio

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«Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane.

La richiesta è stata accolta.

Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo.

Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.»

La fuga di Vittorio Emanuele III e la nascita del Regno del Sud

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Fuga di Vittorio Emanuele III, Regno del Sud e Operazione Achse.

La ritorsione da parte degli ormai ex-alleati tedeschi, i cui alti comandi, come quelli italiani,[4] avevano appreso la notizia dalle intercettazioni del messaggio radio di Eisenhower, non si fece attendere: fu immediatamente messa in atto l'operazione Achse ("Asse"), ovvero l'occupazione militare di tutta la penisola italiana, e il 9 settembre fu affondata la nave da battaglia Roma, alla quale nella notte precedente era stato ordinato, assieme a tutta la flotta della Regia Marina, di far rotta verso Malta in ottemperanza alle clausole armistiziali anziché, come precedentemente stabilito, attaccare gli Alleati impegnati nello sbarco di Salerno.

 
Prima pagina del Corriere della Sera con l'annuncio dell'armistizio

La confusione provocata soprattutto dall'utilizzo di una forma che non faceva comprendere il reale senso delle clausole armistiziali, e che fu dai più invece erroneamente interpretata come indicazione della fine della guerra, unita alla fuga di Vittorio Emanuele III col figlio Umberto, dei vertici militari e del capo del governo Pietro Badoglio, dapprima verso Pescara poi verso Brindisi, generarono ulteriore confusione presso tutte le forze armate italiane in tutti i vari fronti sui quali ancora combattevano: lasciate senza precisi ordini, andarono allo sbando.[5] Più della metà dei soldati in servizio nella penisola abbandonarono le armi e tornarono alle loro case in abiti civili; nelle stesse ore una piccola parte delle forze armate rimase fedele al re Vittorio Emanuele III, come la 33ª Divisione fanteria "Acqui" sull'isola di Cefalonia, dove fu annientata nell'eccidio di Cefalonia; altri reparti ancora, soprattutto al nord, come la Xª Flottiglia MAS e la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, scelsero di rimanere fedeli al vecchio alleato e al fascismo; una altra parte si diede alla macchia e alcuni di questi diedero vita alle prime formazioni partigiane, come la Brigata Maiella.

Ai militari allo sbando dopo l'8 settembre, i quali si ripresentarono a fine guerra ai rispettivi comandi per sistemare la propria carriera interrotta e anche recuperare gli arretrati di paga, venne richiesto di compilare un questionario di ben 97 domande, atto a definirne la posizione disciplinare e amministrativa.[6]

Nonostante il proclama di Badoglio, gli Alleati si opposero ad una massiccia e immediata scarcerazione dei prigionieri di guerra italiani.

Nelle settimane immediatamente successive, 815 000 soldati italiani vennero catturati dall'esercito tedesco e destinati a diversi lager con la qualifica di I.M.I., Internati militari italiani.

  1. ^ Di Fiore (2012), p. 105.
  2. ^ Di Fiore, p. 139.
  3. ^ (EN) 1943: Italy's surrender announced, su news.bbc.co.uk.
  4. ^ L'eroica fine della corazzata Roma, su paginedidifesa.it. URL consultato il 21 luglio 2007 (archiviato dall'url originale il 26 giugno 2010).
  5. ^ Piero Pieri, BADOGLIO, Pietro, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 5, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1963.
  6. ^ Floriani - 8 settembre 1943 - (Ita), su floriani.it. URL consultato il 15 settembre 2015 (archiviato dall'url originale l'11 agosto 2016).

Bibliografia

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  • Elena Aga Rossi, Una nazione allo sbando. L'armistizio italiano del settembre 1943 e le sue conseguenze, Bologna, Il Mulino, 2003.
  • Silvio Bertoldi, Apocalisse italiana. Otto settembre 1943. Fine di una nazione, Milano, Rizzoli, 1998.
  • Renzo De Felice, La grande Italia. Il mito della nazione nel XX secolo, Bari, Laterza, 1997.
  • Gigi Di Fiore, Controstoria della Liberazione, Milano, Rizzoli, 2012.
  • Massimo Gusso, 8 settembre 1943, testo della conferenza del giorno 8 settembre 2017, Circolo Vittoriese di Ricerche Storiche, p. 15.
  • Davide Lajolo, Il voltagabbana, 1963.
  • Oreste Lizzadri, Il regno di Badoglio, Milano, Edizioni Avanti!, 1963.
  • Luigi Longo, Un popolo alla macchia, Milano, Mondadori, 1952.
  • Paolo Monelli, Roma 1943, Torino, Einaudi, 1993.
  • Gianni Oliva, L'Italia del silenzio, Milano, Mondadori, 2013.
  • Paolo Sorcinelli, Otto settembre, Milano, Mondadori, 2013.
  • Ruggero Zangrandi, 1943: 25 luglio-8 settembre, Milano, Feltrinelli, 1964.
  • Ruggero Zangrandi, Il lungo viaggio attraverso il fascismo, Milano, Feltrinelli, 1976.
  • Ruggero Zangrandi, L'Italia tradita. 8 settembre 1943, Milano, Mursia, 1971.

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