Punica fides
La locuzione latina Punica fides, tradotta letteralmente, significa fedeltà cartaginese, con la connotazione di "malafede, spergiuro, slealtà".
Deriva dal nome con cui gli antichi romani chiamavano i cartaginesi, poeni, il quale deriva a sua volta dal greco antico φοίνικες (phoinikes), cioè fenici (dai quali i cartaginesi discendevano).
Storia
modificaI romani generalmente consideravano i cartaginesi, loro acerrimi nemici nelle tre guerre puniche, infidi e ingannatori. In realtà già gli antichi greci vedevano in maniera simile i fenici, antenati dei cartaginesi.[1] Tuttavia, tra i greci stessi non mancavano testimonianze positive: se per lo storico Polibio essi erano servili e immorali, il filosofo Aristotele non mancò di elogiarne il sistema politico e l'onestà nei traffici mercantili.
Per quanto attiene più strettamente alla locuzione Punica fides, quasi certamente il concetto dovette risalire alla seconda guerra punica, in cui le truppe cartaginesi guidate da Annibale avevano invaso l'Italia antica e inflitto sconfitte all'esercito romano, a volte effettivamente servendosi dell'inganno. Difatti la locuzione è attestata per la prima volta nel racconto che lo storico Tito Livio fornisce del conflitto.[2]
Note
modifica- ^ Come attestato nei poemi omerici; per i fenici associati ad astuzia e inganno, vedi Odissea, XIV, vv. 288-300; XV, vv. 415-419.
- ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri CXLII, XXX, 30: "Haud negaverim propter non nimis sincere petitam aut exspectatam nuper pacem suspectam esse vobis Punicam fidem". Si tratta del discorso di Annibale a Publio Cornelio Scipione prima della decisiva battaglia di Zama, in cerca di un accordo (che poi non ci sarà) per prevenire lo scontro. Peraltro sia Annibale nel suo discorso, sia Scipione nella sua replica (paragrafo successivo) accusano l'avversario appunto di slealtà.