Shaykh Haydar
Shaykh Haydar (in persiano شیخ حیدر, Shaikh Ḥaidar; Amid, 1459 – Tabasaran, 9 luglio 1488) fu il successore di Shaykh Junayd alla guida dell’Ordine safavide, padre di Ismail I di Persia e figura centrale nella trasformazione della confraternita in movimento politico-militare. È ricordato anche per l’introduzione del copricapo scarlatto Taj-i Haydari, distintivo dei Qizilbash.
Shaykh | |
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Capo dell'Ordine safavide | |
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In carica | 1460 – 1488 |
Predecessore | Shaykh Junayd |
Successore | Ismail I |
Nascita | Amid (odierna Diyarbakır), 1459 |
Morte | Tabasaran, 9 luglio 1488 |
Luogo di sepoltura | Ardabil |
Dinastia | Safavidi |
Padre | Shaykh Junayd |
Madre | Khadija Begum |
Coniuge | Halima Khatun |
Figli | Ismail I e altri figli minori |
Origini e famiglia
modificaShaykh nacque ad Amid (odierna Diyarbakır) nell’estate del 1459. Suo padre era Shaykh Junayd, capo dell’ordine safavide, che aveva avviato un processo di grande militarizzazione della confraternita. La madre invece era Khadija Begum, figlia del capo tribale turcomanno Qara Othman e sorella di un potente sovrano degli Aq Qoyunlu, Uzun Hasan. L’unione fra Junayd e Khadija fu quindi realizzata per mero scopo politico e militare.[1]
Il matrimonio durò ciònonostante meno di un anno: Junayd trovò la morte nella Battaglia di Tabasaran (1460), combattuta contro lo Shirvanshah, lasciando Haydar orfano in tenera età. Egli crebbe insieme ai fratelli Khvajeh Mohammad Safavi e Khvajeh Jamshid Safavi, e alla sorella Shah-Pasha Khatun, che sposò Mohammad Beg Talish, personaggio cardine della storia Safavida.[2]
Dopo la morte del padre, Haydar divenne capo dell’ordine safavide. Negli anni della sua adolescenza lo zio Uzun Hasan consolidò il proprio potere sugli Aq Qoyunlu, sconfiggendo nel 1469–1470 i Qara Qoyunlu nella Battaglia di Chapakchur. Con questa vittoria Uzun poté garantire al nipote il ritorno ad Ardabil, città-santuario che costituiva il maggior centro spirituale dell’ordine safavide fin dai tempi del fondatore, Shaykh Safi al-Din Ardabili.[2]
Il reinsediamento di Haydar ad Ardabil, unito all’autorità carismatica del giovane discendente di Junayd, attirò notevoli masse di devoti da Anatolia e Siria settentrionale, trasformando l’ordine in un polo di attrazione mistico-politico. Sotto la guida di Haydar, l’ordine safavide assunse una connotazione sempre più bellicante e politicizzata. La dottrina si tinse di forti elementi dello sciisma duodecimano, mescolati a tratti messianici e carismatici. Haydar rivestiva quindi una figura sacralizzata e semi-divina, coerente con le correnti ghulat dello sciismo. Una delle sue innovazioni più note fu l’introduzione di un copricapo scarlatto a dodici spicchi, ciascuno dedicato a uno dei Dodici Imam. Questo simbolo, detto Taj-i Haydari, divenne il marchio distintivo dei suoi devoti combattenti, che da allora furono chiamati Qizilbash, ovvero “teste rosse”. Tale elemento identitario si consolidò al punto da diventare, nei secoli successivi, la denominazione collettiva dei sostenitori safavidi.[3]
Le spedizioni militari
modificaAnimato da ambizioni politiche e missionarie, Shaykh organizzò tre importanti spedizioni nel Caucaso settentrionale, con l’obiettivo di combattere e convertire le popolazioni “infedeli” della regione, in particolare i circassi e gli alani. Per evitare di attraversare i territori dello Shirvanshah, alleato degli Aq Qoyunlu, Haydar fece costruire a Khalkhal e Astara imbarcazioni atte a solcare il Mar Caspio. Questo stratagemma permise di lanciare spedizioni marittime verso le coste del Daghestan.[2]
La prima campagna, intorno al 1473, culminò con il saccheggio di Qaytaq e della pianura di Hamiri. La seconda, nel 1478, vide un attacco terrestre in Daghestan. La terza ed ultima, nel 1488, portò alla devastazione di Shamakhi, capitale dello Shirvan, ma si concluse in maniera catastrofica.
Morte e conseguenze
modificaLa terza campagna provocò l’ira dello Shirvanshah Farrukh Yassar e attirò la reazione degli Aq Qoyunlu, ora guidati da Sultan Ya‘qub Beg, figlio di Uzun Hasan. Nel luglio del 1488 le forze congiunte dei due sovrani affrontarono l’armata safavide presso Tabasaran, al castello di Bayqird. Lo scontro si concluse con una disfatta totale dei Safavidi.[4]
Il 9 luglio 1488 Shaykh Haydar cadde in battaglia e fu decapitato su ordine degli Aq Qoyunlu. La sua testa fu inviata a Tabriz come trofeo politico, mentre il corpo venne inizialmente sepolto in loco. Successivamente il figlio Ismail I provvide a traslare le sue spoglie nel santuario safavide di Ardabil, accanto a quelle degli antenati, trasformando il sepolcro in luogo di pellegrinaggio dinastico.[5]
Note
modifica- ^ (EN) Shaykh Ḥaydar | Persian Poet, Sufi Mystic | Britannica, su www.britannica.com, 5 luglio 2025. URL consultato il 1º settembre 2025.
- ^ a b c (EN) Colin Turner, Islam Without Allah?: The Rise of Religious Externalism in Safavid Iran, Psychology Press, 2000, ISBN 978-0-7007-1447-6. URL consultato il 1º settembre 2025.
- ^ https://cas.umw.edu/dean/files/2011/08/Odonnell-altikriti-rise-of-the-safavid-dynasty.pdf.
- ^ (EN) Andrew J. Newman, Safavid Iran: Rebirth of a Persian Empire, Bloomsbury Academic, 31 marzo 2006, ISBN 978-1-86064-667-6. URL consultato il 1º settembre 2025.
- ^ (EN) ḤAYDAR ṢAFAVI, su Encyclopaedia Iranica. URL consultato il 1º settembre 2025.
Bibliografia
modifica- Šaraf Khan Bedlisi, Šarafnāma, ed. V. Véliaminof-Zernof, 2 vols., St. Petersburg, 1860-62.
- K. Ghereghlou, “Cashing in on Land and Privilege for the Welfare of the Shah: Monetisation of Tiyūl in Early Safavid Iran and Eastern Anatolia,” AOASH 68/1, 2015, pp. 87-141.
- R. Shukurov, “The Campaign of Shaykh Djunayd Ṣafawī against Trebizond (1456 AD/860 H),” Byzantine and Modern Greek Studies 17, 1993, pp. 127-40.