Shuddhadvaita
La Shuddhadvaita (Sanscrito: śuddhādvaita, "non dualismo puro") è la filosofia del monismo proposta da Vallabha (1479-1531), filosofo e guru fondatore del Vallabhā Sampradāya ("tradizione di Vallabha") o Puśtimārg ("via della grazia"), una tradizione induista vaishnava incentrata sul culto di Krishna. Si tratta della forma di non-dualismo elaborata da Vallabhacharya, distinta dalla scuola Advaita Vedānta. Il tempio di Shrinathji a Nathdwara e le composizioni degli otto poeti Aṣṭachap sono centrali per il culto dei seguaci di questa tradizione.[1]

Luogo d'origine
modificaAnche se la tradizione ebbe origine nei pressi di Vrindavan, nell'attuale stato indiano dell'Uttar Pradesh, in epoca moderna i seguaci della Shuddhadvaita sono concentrati principalmente negli stati del Rajasthan e del Gujarat.[2]
Argomenti principali
modificaNell'antica tradizione vedica, incentrata sulla conoscenza e comprensione della realtà, il tema centrale è l'esperienza della Suprema Entità o Brahman. I Veda (antichissima raccolta in sanscrito vedico di testi sacri dei popoli arii) contengono riferimenti alla natura non duale (advaita) di Brahman. Tuttavia, a seconda dell'interpretazione dei versi da parte degli studiosi e delle scuole filosofiche, tale natura può essere letta anche in chiave duale (dvaita). Questa pluralità di interpretazioni ha dato origine a diverse tradizioni filosofiche nella storia indiana.
- Advaita vāda di Adi Shankara
- Vishishtadvaita vāda [3] di Ramanuja
- Dvaita vāda o Bhedavāda [4] di Madhvacharya
- Dvaitādvaita vāda [5] di Nimbarka
- Shuddhadvaita vāda di Vishnuswami [6] , reso popolare da Vallabhacharya
- Achintya Bhedābheda vāda [7] di Chaitanya Mahaprabhu [8]
Vallabhacharya
modificaVallabhacharya (7 maggio 1478 – 7 luglio 1530) fu un filosofo e teologo vaishnava indiano, fondatore del ramo devozionale Puṣṭimārga (sentiero della grazia) e promotore della filosofia del Śuddhādvaita. Distintosi fin da giovane con il titolo di ācārya, vinse dibattiti contro studiosi della scuola advaita.
Mantra di Iniziazione
modificaNel 1494, secondo la tradizione, giunto a Gokula [9], ricevette da Kṛṣṇa il mantra Brahmasambandha [10] e lo trasmise al suo primo discepolo, Dāmodaradāsa Harasānī [11], dando così inizio al Puṣṭimārga, o Via della Grazia. Ancora secondo la tradizione, in visita al Govardhan, Vallabhacharya identificò un’immagine sacra di Kṛṣṇa (nota come Devadāman o Śrī Nāthajī) scolpita nella roccia. A partire da questa scoperta promosse il culto presso il luogo e incaricò Rāmdās Chauhān [12] di iniziare la venerazione; nel 1499 fu avviata la costruzione di un tempio dedicato. La formula di otto sillabe śrī kṛṣṇaḥ (“Śrī Kṛṣṇa è il mio rifugio”) venne in seguito trasmessa ai nuovi iniziati della Vallabh Sampradaya. Sempre secondo la tradizione, la recitazione del nome divino consente al devoto di purificarsi da tutte le impurità dell’anima (doṣas).[2][13]
Filosofia
modificaLa scuola del Śuddhādvaita (“non-dualismo puro”) fondata da Vallabhacharya afferma l’identità essenziale tra l’“essenza” del sé individuale e Dio. Non esiste una reale differenza ontologica tra i due; tuttavia, a differenza della scuola advaita di Śaṅkara, Vallabhacharya non considera il mondo illusorio né attribuisce l’esistenza dell’individuo all’avidyā (ignoranza). Secondo Vallabha, l’anima non è un riflesso o una manifestazione limitata del Supremo (Satcitananda [14]), ma è essa stessa Brahman nella sua natura autentica. L’anima agisce sia come soggetto agente sia come fruitore delle azioni. Pur avendo dimensioni atomiche, la sua coscienza pervade l’intero corpo, analogamente al profumo del sandalo che si diffonde senza che si veda direttamente il legno.
A differenza della scuola advaita, il mondo non è considerato irreale, poiché la Māyā non è illusione ma un potere di Īśvara (il Signore). Egli non è soltanto il creatore dell’universo, ma è l’universo stesso. Vallabhacharya cita il racconto della Bṛhadāraṇyaka Upaniṣad, secondo il quale il Brahman desiderò diventare molteplice e si manifestò come la moltitudine delle singole anime e del mondo. Pur non essendo percepibile direttamente, il Brahman si rende conoscibile attraverso la sua manifestazione nel cosmo.
Per Vallabhacharya la Bhakti (devozione a una divinità personale) costituisce il mezzo principale di salvezza, sebbene anche la jñāna (conoscenza spirituale) sia riconosciuta come ausilio. I karma precedono la conoscenza del Supremo e rimangono presenti anche dopo il suo conseguimento; gli esseri liberati continuano infatti a compiere azioni. Tuttavia, l’obiettivo supremo non è la mukti (liberazione), ma il servizio eterno (seva) a Kṛṣṇa e la partecipazione alle sue attività nella dimora divina di Vṛndāvana. Vallabhacharya distingue la coscienza trascendente del Brahman nella forma del Puruṣottama (l’Essere supremo) e pone grande enfasi su una vita di amore e devozione incondizionata verso Dio.
Nelle tradizioni filosofiche vedantiche è consueto descrivere la relazione tra l’Entità Suprema (Brahman) e il mondo. Nel sistema dello Śuddhādvaita Vedānta [15] (o Brahmavāda) di Vallabhacharya, l’Unico Supremo è l’unica realtà fondamentale. Tutto ciò che esiste procede da esso al momento della creazione, non è distinto da esso durante la manifestazione e ritorna ad esso al momento della dissoluzione. Le altre due categorie riconosciute, le anime individuali (jīva) e gli oggetti inanimati (jada), sono rispettivamente parti e modificazioni di Brahman: le anime ne sono parti in quanto condividono in misura limitata le qualità essenziali della coscienza e della gioia, mentre gli oggetti inanimati ne costituiscono modificazioni, poiché in essi tali qualità risultano assenti.[16]
Tutto è Līlā di Krishna
modificaIn accordo con il Vaiṣṇavismo, una delle tre principali correnti devozionali dell'Induismo moderno, Kṛṣṇa nella sua forma di "Satcitananda" [14] è considerato l’Assoluto supremo, Svayam Bhagavan [17] In questa forma egli risiede nel Goloka, una dimora trascendente situata oltre il Vaikuṇṭha (la dimora celeste di Viṣṇu[18]), oltre Satyaloka (la dimora di Brahmā) e Kailāsa (la dimora di Śiva). Secondo questa tradizione, l’attività primaria di Kṛṣṇa non è la creazione cosmica, ma il suo eterno Līlā (gioco divino), attraverso il quale si manifesta nella sua relazione amorosa con i devoti.
Sentiero della beatitudine nel Kali Yugaa
modificaI seguaci di Vallabhacharya sostengono che, per ottenere la moksha e la beatitudine offerta da Śrī Kṛṣṇa [19], l’unico mezzo efficace sia la Bhakti.
Nel Kali Yuga, si ritiene che le forme di bhakti tradizionali menzionate nelle Scritture siano difficili da praticare. Per questo motivo, i seguaci di Vallabhacharya raccomandano la **Pushti Bhakti**, considerata sia come scopo sia come pratica integrata, che conduce alla moksha, alla gioia e all’unione con Śrī Kṛṣṇa. L’unità con Śrī Kṛṣṇa può essere raggiunta mediante la fede sincera e l’amore devoto, supportati dalla recitazione del mantra Brahmasambandha. [10]
Atma-nivedana
modificaQuesta forma di bhakti consiste nel dedicare corpo, cuore e anima alla causa di Dio ed è considerata la massima espressione di ciò che nelle Scritture viene definito atma-nivedana (rinuncia di sé), una delle nove forme di bhakti (Navadha Bhakti). Si tratta della devozione in cui il devoto adora Dio non per ricompensa o benefici personali, ma secondo la propria volontà e amore spontaneo. Un devoto così consacrato, secondo la tradizione, raggiunge il Goloka dopo aver lasciato il corpo terreno e vive nella beatitudine eterna, godendo della compagnia e dei doni del Signore. La liberazione dalla schiavitù materiale e l’accesso al Goloka sono quindi possibili solo attraverso la grazia di Dio.
Aṣṭachāp
modificaNel 1602, Vitthalnath (noto anche come Gusainji), figlio di Vallabhacharya, ideò un progetto per continuare l’insegnamento del padre. Selezionò otto dei migliori poeti-discepoli della setta Puṣṭimārga ("via della grazia") fondata dal padre: quattro tra quelli discepoli di Vallabhacharya (Surdas, Krishna Dās [20], Payahari [21]e Parmānanda [22]) e quattro tra i propri (Chaturbhuj Das [23] , Chhitswami, [24] Nand Das [25] e Govind Das [26]). Questi poeti furono conosciuti come gli "Aṣṭachāp" ("Otto sigilli").[27] Essi scrissero prevalentemente in Braj Bhasha, il dialetto utilizzato nella poesia devozionale dedicata a Kṛṣṇa. Il più importante tra loro fu Sūrdās, il cieco poeta di Agra.
Shuddhadwait Martand
modificaIl Shuddhadwait Martand è un'opera filosofica della tradizione Puṣṭimārga [28] che espone i principi della Shuddhādvaita, o "non-dualismo puro". La scuola afferma l'identità essenziale tra l'anima individuale (Ātman) e il Supremo (Brahman), identificato con Śrī Kṛṣṇa. Nel contesto della Shuddhādvaita, le anime individuali sono considerate parti di Brahman, poiché condividono in misura limitata le qualità essenziali della coscienza (cit) e della gioia (ānanda), mentre gli oggetti inanimati sono modificazioni di Brahman, poiché in essi tali qualità risultano assenti. termine "Martand" significa "Sole", indicando che l'opera è una fonte di luce che illumina la comprensione della filosofia Shuddhādvaita. L'opera costituisce quindi un testo fondamentale per i seguaci della tradizione Puṣṭimārga, fornendo la base filosofica per la pratica devozionale e la comprensione della relazione tra l'individuo e il divino.
Note
modifica- ^ Martin, Nancy M., "North Indian Hindi devotional literature" in Flood, 2003, pp. 182-198.
- ^ a b Beck, 1993, pp. 194-195.
- ^ Il Vishishtadvaita vāda (Sanscrito: विशिष्टाद्वैत, "non-dualismo qualificato") è una scuola filosofica dell'Induismo appartenente al Vedānta, sistematizzata da Ramanuja (XI–XII secolo). Essa sostiene che la realtà ultima, il Brahman, sia non-duale ma "qualificata" da attributi e da infinite anime individuali (jīva) e dalla materia (prakṛti), che costituiscono la sua espressione. Secondo questa dottrina, le anime e l'universo non sono indipendenti dal Brahman, ma ne rappresentano parti reali e inseparabili, pur mantenendo la loro individualità. Il Vishishtadvaita enfatizza la bhakti (devozione) come via privilegiata per la liberazione spirituale (mokṣa), concepita come unione eterna con Vishnu.
- ^ Il Dvaita vāda o Bhedavāda (Sanscrito: द्वैत, "dualismo") è una scuola filosofica dell'Induismo appartenente al Vedānta, fondata da Madhvacharya (XIII secolo). Essa sostiene una netta distinzione (bheda) tra il Brahman supremo, identificato con Vishnu, e le anime individuali (jīva), nonché tra le anime stesse e la materia (prakṛti). Secondo questa dottrina, Dio è indipendente e assoluto, mentre le anime e il mondo sono dipendenti da Lui. La liberazione spirituale (mokṣa) consiste nell'eterno servizio e contemplazione di Vishnu, ma senza mai annullare la differenza ontologica tra l'anima e la divinità.
- ^ Il Dvaitādvaita vāda (Sanscrito: द्वैताद्वैत, "dualismo e non-dualismo") è una scuola filosofica del Vedānta fondata da Nimbarka (XII–XIII secolo). Essa sostiene che tra il Brahman supremo (identificato con Kṛṣṇa), le anime individuali (jīva) e la materia (prakṛti) esista una relazione di simultanea unità e differenza. Secondo questa dottrina, l'anima e il mondo sono distinti dal Brahman, ma non possono esistere indipendentemente da esso, essendo al tempo stesso una sua parte inseparabile. La liberazione (mokṣa) viene raggiunta attraverso la devozione (bhakti) e la grazia divina.
- ^ Vishnuswami è un antico maestro vaiṣṇava, fondatore della Rudra-sampradāya, una delle quattro principali tradizioni vaiṣṇava. Le fonti lo collocano in un periodo tra i primi secoli dopo Cristo e il X secolo, ma la cronologia esatta è incerta. Egli insegnò lo Śuddhādvaita, o “non-dualismo puro”, secondo cui l’universo non è illusorio, ma una manifestazione reale di Dio (Viṣṇu o Kṛṣṇa). La sua sampradāya attribuisce l’origine della conoscenza a Śiva (Rudra), che l’avrebbe ricevuta direttamente da Viṣṇu. La scuola di Vishnuswami fu successivamente resa più organica e influente da Vallabhacharya, che sviluppò la filosofia e fondò il movimento Pushtimarg.
- ^ L’Achintya Bhedābheda vāda è una filosofia vaiṣṇava elaborata da Chaitanya Mahaprabhu nel XV–XVI secolo. Essa significa “inseparabile e inconcepibile differenza e non-differenza” e descrive il rapporto tra l’anima individuale, l’universo e Dio (Kṛṣṇa). Secondo questa dottrina, le anime e il mondo sono contemporaneamente distinte e non distinte da Dio: pur essendo manifestazioni di Lui, mantengono una realtà propria. L’approccio cerca di conciliare la visione dualista e non dualista, affermando una unione mistica senza annullamento della personalità dell’anima.
- ^ Chaitanya Mahaprabhu (1486–1534) è un maestro spirituale indiano e fondatore del movimento Gaudiya Vaishnavism. È venerato come una incarnazione di Kṛṣṇa e promosse la devozione intensa attraverso il canto del mantra Hare Kṛṣṇa. La sua filosofia centrale è l'Achintya Bhedābheda vāda, che insegna l’inseparabile e inconcepibile differenza e non-differenza tra l’anima, il mondo e Dio, favorendo una devozione personale e coinvolgente.
- ^ Gokula è una località storica e sacra situata nello stato del Uttar Pradesh, in India, famosa nella tradizione vaiṣṇava come luogo dove Kṛṣṇa trascorse la sua infanzia. È un importante centro di pellegrinaggio per i devoti di Krishna, in particolare per le correnti devote alla Bhakti e alla Pushti Bhakti fondata da Vallabhacharya.
- ^ a b Il mantra Brahmasambandha è una formula sacra nel Puṣṭimārga che stabilisce il legame spirituale diretto tra il devoto e Kṛṣṇa, permettendo di avvicinarsi a Dio attraverso la fede e la devozione.
- ^ Dāmodaradāsa Harasānī è considerato il primo discepolo di Vallabhacharya e uno dei principali pionieri del Puṣṭimārga. Ricevette il mantra Brahmasambandha dal maestro e contribuì alla diffusione della pratica della devozione incondizionata a Kṛṣṇa, segnando l’inizio formale della comunità dei seguaci di Vallabhacharya.
- ^ Rāmdās Chauhān è una figura significativa nella tradizione del Puṣṭimārga, la via devozionale fondata da Vallabhacharya. Secondo la tradizione, nel 1494, durante una visita al Govardhan, Vallabhacharya identificò un'immagine scolpita di Kṛṣṇa (conosciuta come Devadāman o Śrī Nāthajī) e incaricò Rāmdās Chauhān di avviare la sua venerazione. Nel 1499, sotto la sua guida, fu avviata la costruzione di un tempio dedicato a Śrī Nāthajī. Rāmdās Chauhān è quindi riconosciuto come uno dei primi devoti e servitori del culto di Śrī Nāthajī, contribuendo alla diffusione della tradizione del Puṣṭimārga.
- ^ Colas, Gérard, "History of Vaiṣṇava traditions" in Flood, 2003, pp. 229-270.
- ^ a b Satcitananda (in sanscrito: सच्चिदानन्द) è una locuzione filosofica che descrive la natura dell'Assoluto nel pensiero indiano, in particolare nelle scuole del Vedānta e del Vaiṣṇavismo. È composta da tre terminiː Sat (सत्): "Essere", "Verità" o "Esistenza" — rappresenta la realtà eterna e immutabile. Cit (चित्): "Coscienza" o "Consapevolezza" — indica la consapevolezza pura e infinita. Ānanda (आनन्द): "Beatitudine" o "Gioia" — esprime la felicità suprema e infinita.
- ^ Il Śuddhādvaita Vedānta, fondato da Vallabhacharya, è una scuola del Vedānta monista-devozionale. Sostiene che l’anima individuale (Ātman) e l’Assoluto (Brahman) sono essenzialmente identici, ma il mondo e le anime non sono illusori: sono manifestazioni di Brahman. La salvezza si ottiene attraverso la Pushti Bhakti, la devozione incondizionata a Kṛṣṇa, basata su amore, fede e grazia divina.
- ^ PhD thesis, "The system of Shuddhadwait Vedant of Vallabhacharya" Archiviato il 4 aprile 2016 in Internet Archive. by Goswami Raghunathji
- ^ Svayam Bhagavan indica l’Assoluto supremo in forma personale, in particolare Kṛṣṇa, considerato la fonte di tutte le divinità e il centro di tutte le manifestazioni divine nel vaiṣṇavismo.
- ^ (EN) Gregor Maehle, Ashtanga Yoga - The Intermediate Series: Mythology, Anatomy, and Practice, New World Library, 25 giugno 2012, ISBN 978-1-57731-987-0. URL consultato il 12 ottobre 2018 (archiviato dall'url originale il 12 luglio 2018).
- ^ Śrī Kṛṣṇa è una delle principali divinità dell’induismo, considerato un’incarnazione (avatāra) di Viṣṇu e, nel Vaiṣṇavismo, l’Assoluto supremo (Svayam Bhagavan). È noto per le sue attività divine (Līlā) a Vrindavana e Goloka, e rappresenta la perfezione della bhakti (devozione) e dell’amore divino.
- ^ Krishna Dās era uno dei principali poeti-discepoli della setta Puṣṭimārga e membro degli Aṣṭachāp, noto per le sue composizioni devozionali in Braj Bhasha dedicate a Śrī Kṛṣṇa. Le sue composizioni erano famose per la profonda intensità emotiva, l’introspezione spirituale e la devozione personale
- ^ Payahari era uno dei poeti-discepoli della setta Puṣṭimārga e membro degli Aṣṭachāp, noto per le sue poesie devozionali in Braj Bhasha dedicate a Śrī Kṛṣṇa. Fu particolarmente abile nell’infondere grande espressione narrativa nelle gesta di Kṛṣṇa, ponendo enfasi sulle storie mitiche.
- ^ Parmānanda era uno dei poeti-discepoli della setta Puṣṭimārga e membro degli Aṣṭachāp, autore di poesie devozionali in Braj Bhasha dedicate a Śrī Kṛṣṇa. Si distinse per la raffinatezza espressiva, e per una descrizione intensa dell’amore e della devozione del devoto.
- ^ Chaturbhj Das era uno dei poeti-discepoli della setta Puṣṭimārga e membro degli Aṣṭachāp, autore di poesie devozionali in Braj Bhasha dedicate a Śrī Kṛṣṇa. Pose maggior enfasi sulla musicalità e sull’armonia dei versi, versi adatti al canto rituale.
- ^ Chittiswami era uno dei poeti-discepoli della setta Puṣṭimārga e membro degli Aṣṭachāp, autore di poesie devozionali in Braj Bhasha dedicate a Śrī Kṛṣṇa. Si distinse per infondere nella sua poesia semplicità e chiarezza e nel trasmettere insegnamenti morali e spirituali.
- ^ Nand Das era uno dei principali poeti-discepoli della setta Puṣṭimārga e membro degli Aṣṭachāp, noto per le sue composizioni devozionali in Braj Bhasha dedicate a Śrī Kṛṣṇa. Fece particolarmente uso di immagini poetiche vivide, ponendo enfasi sulle relazioni devote di Kṛṣṇa con le gopi, le giovani pastorelle di Vrindavana, simbolo dell’amore e della devozione verso il divino.
- ^ Govind Das era uno dei principali poeti-discepoli della setta Puṣṭimārga e membro degli Aṣṭachāp, noto per le sue composizioni devozionali in Braj Bhasha dedicate a Śrī Kṛṣṇa. Si distrinse per il suo equilibrio tra narrazione e lirismo, con forte richiamo al culto comunitario
- ^ K.B. Jindal, A history of Hindi literature.
- ^ La tradizione Puṣṭimārga (“Via della Grazia”) è una scuola devozionale fondata da Vallabhacharya nel XVI secolo in India. Si basa sulla Shuddhādvaita (non-dualismo puro) e pone l’accento sulla bhakti incondizionata a Śrī Kṛṣṇa come mezzo per ottenere la liberazione e l’unione con il divino. La pratica include adorazione, canto devozionale e recitazione del mantra Brahmasambandha.
Bibliografia
modifica- Gavin (Ed) Flood, Blackwell companion to Hinduism, Blackwell Publishing, 2003, ISBN 0-631-21535-2.
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