Filippo Neri: differenze tra le versioni

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Visse a Firenze fino a 18 anni, quando fu inviato presso uno zio, tale Bartolomeo Romolo, a [[Cassino]] (allora chiamata San Germano) per essere avviato alla professione di commerciante. In quegli anni cominciò a sentire la propria vocazione religiosa, così da costruire una piccola cappella in una roccia a picco sul mare denominata "Montagna Spaccata" (ancora oggi visitabile) a [[Gaeta]], dove si recava tutti i giorni per pregare in silenzio<ref>A. Lentini, ''Memorie di S. Filippo a Cassino e Montecassino'', in ''L'Oratorio di S. Filippo Neri'', 20 (1963), pp. 1-6; M. Dell'Omo, ''S. Filippo Neri e il monachesimo (nel IV centenario della morte, 1595-1995)'', in ''Benedictina'', 42 (1995), pp. 375-387, in particolare pp. 376-383 (= ''L'esperienza del monachesimo nella biografia di s. Filippo Neri'', in ''Messer Filippo Neri, santo, l'Apostolo di Roma. Catalogo della mostra, Roma, Biblioteca Vallicelliana, 24 maggio-30 settembre 1995'', Roma 1995, pp. 27-31).</ref>. Lo zio, che si era particolarmente affezionato a lui, non avendo eredi, aveva deciso di lasciare al nipote, dopo la morte, tutti i suoi averi (ben 20.000 scudi) che questi però rifiutò per dedicarsi a una vita più umile.
 
Nel [[1534]] si recò a Roma come [[Pellegrinaggio|pellegrino]]federica pellegrini ma vi rimase in qualità di [[precettore]] di Michele e Ippolito Caccia, figli del capo della [[Dogana]] pontificia, il fiorentino Galeotto, che forse gli fornì l'occupazione in nome della loro comune origine, offrendogli inoltre vitto e alloggio. I due bambini avrebbero seguito successivamente la strada religiosa, divenendo l'uno [[Presbitero|sacerdote diocesano]] in una località vicino a Firenze, l'altro [[Ordine Certosino|monaco certosino]]. Il suo compenso consisteva in un semplice sacco di grano che diventava poi, grazie a un accordo con il fornaio, una pagnotta che Filippo Neri condiva con un po' di olive e tanto digiuno. La stanza in cui viveva era piccolissima e aveva come unici mobili un letto, un tavolino e una corda appesa al muro che fungeva da armadio. Nello stesso tempo egli seguiva corsi di [[filosofia]] all'[[Università La Sapienza|Università della Sapienza]] e presso i [[Ordine di Sant'Agostino|monaci di sant'Agostino]]<ref>''Processo per la canonizzazione'', p. 41</ref>. Sul finire del [[1537]] vendette i libri e ne offrì il ricavato a un giovane [[Calabria|calabrese]] in cerca di fortuna, tale [[Guglielmo Sirleto]], che in seguito sarebbe divenuto [[cardinale]].
 
Ben presto espresse nella preghiera le sue attitudini di [[mistico]] e [[Contemplazione|contemplativo]]. Cominciò a prestare la sua opera di carità presso l'[[Ospedale di San Giacomo degli Incurabili|ospedale di San Giacomo]] (il suo nome infatti compare fra le matricole dei membri della compagnia che regge l'Ospedale<ref>M. Vanti, ''S. Giacomo degli Incurabili di Roma nel cinquecento'', Roma, 1938</ref>) dove molti anni dopo conobbe e strinse amicizia con [[Camillo de Lellis]]. Probabilmente nell'inverno del [[1538]] venne anche a contatto con [[Ignazio di Loyola]] e con i primissimi membri della [[Compagnia di Gesù]]<ref>H. Ranher, ''Ignazio di Loyola e Filippo Neri'', a cura dell'Oratorio di Roma 3</ref>.