Stati che aderiscono allo Statuto di Roma

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I paesi che aderiscono allo Statuto di Roma della Corte penale internazionale sono gli Stati Parte della Corte penale internazionale (CPI) che hanno aderito allo Statuto di Roma, accettando quindi la competenza sovranazionale di un organismo giurisdizionale nel caso di gravi violazioni delle convenzioni di Ginevra, crimini di guerra, genocidio, crimini contro l'umanità e crimine di aggressione[1].

     Paesi che aderiscono allo Statuto

     Paesi che hanno firmato ma non ratificato il trattato

     Paesi che hanno firmato ma hanno poi ritirato la firma dallo statuto

     Paesi che avevano ratificato il trattato ma si sono ritirati

     Paesi che non hanno né firmato né aderito allo statuto

Voce principale: Corte penale internazionale.

Assemblea degli Stati Parte - ASP

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I paesi che aderiscono allo Statuto di Roma si riuniscono nella Assemblea degli Stati Parte - ASP, un organismo assembleare su base democratica (uno stato un voto) con potere legislativo e di controllo sulle attività amministrative della Corte penale internazionale. L'ASP elegge: il cancelliere; il procuratore capo, il primo e il secondo vice procuratore; i 18 giudici che svolgono l'attività giurisdizionale ed a loro volta eleggono, riuniti in camera di consiglio, il presidente e il vice presidente della CPI.

L'ASP, inoltre, elegge i componenti il direttivo del Trust Fund per le vittime e i testimoni e quelli del direttivo del Comitato per il budget e le finanze. Tutti gli organi della CPI portano in discussione nell'ASP i report con le attività svolte. Il Comitato budget and finance vaglia le effettive richieste dei vari organi della CPI e successivamente presenta all'ASP il report finanziario, che viene discusso dagli Stati Parte riuniti in Assemblea. L'ASP discute di questioni collegate alle attività della Corte, quali ad esempio la definizione del crimine di aggressione.

L'Assemblea degli Stati Parte è rappresentata da un bureau composto da un presidente, due vice presidenti e 18 rappresentanti eletti per un termine di tre anni. Attualmente le cariche sono ricoperte da:

"Il primo presidente dell'ASP è stato l'ambasciatore principe Zeid Ra'ad Zeid Al Hussein di Giordania, seguito da Bruno Stagno Ugarte della Costa Rica"[2], poi da Christian Wenaweser del Liechtenstein.

Gli Stati parte

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Gli Stati parte sono 125[3], in ordine alfabetico:

  1.   Afghanistan
  2.   Albania
  3.   Andorra
  4.   Antigua e Barbuda
  5.   Argentina
  6.   Armenia
  7.   Australia
  8.   Austria
  9.   Bangladesh
  10.   Barbados
  11.   Belgio
  12.   Belize
  13.   Benin
  14.   Bolivia
  15.   Bosnia ed Erzegovina
  16.   Botswana
  17.   Brasile
  18.   Bulgaria
  19.   Burkina Faso
  20.   Cambogia
  21.   Canada
  22.   Capo Verde
  23.   Ciad
  24.   Cile
  25.   Cipro
  26.   Colombia
  27.   Comore
  28.   Corea del Sud
  29.   Rep. del Congo
  30.   Costa d'Avorio
  31.   Costa Rica
  32.   Croazia
  33.   Danimarca
  34.   Dominica
  35.   Ecuador
  36.   El Salvador
  37.   Estonia
  38.   Figi
  39.   Finlandia
  40.   Francia
  41.   Gabon
  42.   Gambia
  43.   Georgia
  44.   Germania
  45.   Ghana
  46.   Giappone
  47.   Gibuti
  48.   Giordania
  49.   Grecia
  50.   Grenada
  51.   Guatemala
  52.   Guinea
  53.   Guyana
  54.   Honduras
  55.   Irlanda
  56.   Islanda
  57.   Isole Cook
  58.   Isole Marshall
  59.   Italia
  60.   Kenya
  61.   Kiribati
  62.   Lesotho
  63.   Lettonia
  64.   Liberia
  65.   Liechtenstein
  66.   Lituania
  67.   Lussemburgo
  68.   Macedonia del Nord
  69.   Madagascar
  70.   Malawi
  71.   Maldive
  72.   Mali
  73.   Malta
  74.   Mauritius
  75.   Messico
  76.   Moldavia
  77.   Mongolia
  78.   Montenegro
  79.   Namibia
  80.   Nauru
  81.   Niger
  82.   Nigeria
  83.   Norvegia
  84.   Nuova Zelanda
  85.   Paesi Bassi
  86.   Palestina
  87.   Panama
  88.   Paraguay
  89.   Perù
  90.   Polonia
  91.   Portogallo
  92.   Regno Unito
  93.   Rep. Ceca
  94.   Rep. Centrafricana
  95.   RD del Congo
  96.   Rep. Dominicana
  97.   Romania
  98.   Saint Kitts e Nevis
  99.   Saint Vincent e Grenadine
  100.   Saint Lucia
  101.   Samoa
  102.   San Marino
  103.   Senegal
  104.   Serbia
  105.   Sierra Leone
  106.   Seychelles
  107.   Slovacchia
  108.   Slovenia
  109.   Spagna
  110.   Sudafrica
  111.   Suriname
  112.   Svezia
  113.   Svizzera
  114.   Tagikistan
  115.   Tanzania
  116.   Timor Est
  117.   Trinidad e Tobago
  118.   Tunisia
  119.   Ucraina
  120.   Uganda
  121.   Ungheria
  122.   Uruguay
  123.   Vanuatu
  124.   Venezuela
  125.   Zambia

Il Burundi e le Filippine si sono ritirati dal trattato di Roma, ai sensi dell'art. 127 dello Statuto, con effetto rispettivamente dal 27 ottobre 2017 e dal 17 marzo 2019.

Il Gambia ed il Sudafrica, dopo aver formalmente notificato il proprio ritiro, lo hanno in seguito revocato prima che divenisse effettivo, in data rispettivamente 10 febbraio e 7 marzo 2017.

Nel febbraio del 2025, a seguito di un mandato di arresto della Corte nei confronti della guida suprema Hibatullah Akhundzada e del giudice supremo Abdul Hakim Haqqani, il governo dei talebani, che non è internazionalmente riconosciuto, ha emanato un decreto teso a ritirare, con effetto immediato, l'Afghanistan dalla C.P.I. e ad annullare retroattivamente l'adesione del 2003.[4]

Il 3 aprile 2025, il presidente ungherese Viktor Orbán ha annunciato l'intenzione del suo paese di ritirarsi dalla Statuto di Roma poche ore prima di ricevere in visita ufficiale il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu colpito da un mandato di cattura della CPI, come sospetto autore di crimini di guerra.[5][6][7] In data 29 aprile 2025, il ministro degli esteri ungherese, Péter Szijjártó ha comunicato l'avvenuta approvazione, da parte del parlamento, della proposta di recesso dalla Corte.[8] Ai sensi dell'art. 127 dello Statuto di Roma, tale recesso non potrà avere effetto prima di un anno dalla data di notifica alla Corte.[9]

Il caso dell'Ucraina

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L'Ucraina, pur avendo sottoscritto lo Statuto di Roma il 20 gennaio 2000, ha ultimato le procedure di ratifica parlamentare solo il 21 agosto 2024, con voto quasi unanime della Verchovna Rada: la legge di ratifica contiene però una dichiarazione, ai sensi dell'art. 124 dello Statuto (peraltro in via di abrogazione), con la quale, «per sette anni dall’effettiva entrata in vigore della ratifica, l’Ucraina “non riconoscerà la giurisdizione della Corte penale internazionale” sui crimini di guerra “quando, probabilmente, commessi da suoi cittadini”.»[10] Secondo il sito della Nazioni Unite sui trattati internazionali, la ratifica ha prodotto i suoi effetti giuridici in data 25 ottobre 2024.[11] In precedenza, peraltro, l'Ucraina aveva addirittura ratificato, fin dal 29 gennaio 2007, la «Convenzione sui privilegi e le immunità della Corte penale internazionale», che era diventata quindi esecutiva nei suoi confronti il 28 febbraio dello stesso anno,[12] e aveva accettato ufficialmente per due volte la giurisdizione della Corte ai sensi dell'art. 12, comma 3, dapprima solo per crimini compiuti sul suo territorio dal 21 novembre 2013 al 22 febbraio 2014, poi anche per il periodo successivo, indefinitamente.[13]

  1. ^ Per le discussioni sulla definizione del crimine di aggressione si rimanda alle pagine delle discussioni dell'ASP, della Conferenza per la revisione dello statuto di Roma e all'Inter-sessional Meeting on the Crime of Aggression [1]
  2. ^ Testo tradotto dal sito della Coalizione per la Corte penale internazionale * Coalition for the International Criminal Court, CICC.
  3. ^ (EN) The States Parties to the Rome Statute, su Assembly of States Parties to the Rome Statute, Corte penale internazionale. URL consultato il 30 settembre 2024.
  4. ^ (EN) Ayaz Gul, Taliban withdraw Afghanistan from International Criminal Court, in Voice of America, 24 febbraio 2025. URL consultato il 24 febbraio 2025.
  5. ^ Hungary says it will withdraw from ICC as Israel’s Netanyahu visits, in Al Jazeera, 3 aprile 2025.
  6. ^ Hungary to withdraw from International Criminal Court, in BBC News, 3 aprile 2025.
  7. ^ (EN) Hungary withdraws from International Criminal Court during Netanyahu visit, su bbc.com, 3 aprile 2025. URL consultato il 3 aprile 2025.
  8. ^ Televideo (a cura di), Ungheria, sì Parlamento al ritiro da Cpi. Ministro Esteri Szijjarto: "Ci rifiutiamo di far parte di un'istituzione politicizzata", su RaiNews.it, Rai, 29 aprile 2025. URL consultato il 30 aprile 2025.
  9. ^ Ungheria: il ritiro dalla Cpi vale dopo un anno, su Amnesty International Italia, 4 aprile 2025. URL consultato il 30 aprile 2025.
  10. ^ L’Ucraina ratifica lo Statuto della Corte penale internazionale: positivo, ma c’è una limitazione, su amnesty.it, Amnesty International Italia. URL consultato il 30 agosto 2024.
  11. ^ (EN) Chapter XVIII Penal matters - 10. Rome Statute of the International Criminal Court, su United Nations Treaty Collection, United Nations Office of Legal Affairs. URL consultato il 27 ottobre 2024.
  12. ^ Convenzione sui privilegi e le immunità della Corte penale internazionale (PDF), su fedlex.admin.ch.
  13. ^ (EN) Ukraine - Situation in Ukraine - ICC-01/22, su Sito ufficiale della Corte Penale Internazionale. URL consultato il 28 dicembre 2022.
    «Ukraine is not a State Party to the Rome Statute, but it has twice exercised its prerogatives to accept the Court's jurisdiction over alleged crimes under the Rome Statute occurring on its territory, pursuant to article 12(3) of the Statute. The first declaration lodged by the Government of Ukraine accepted ICC jurisdiction with respect to alleged crimes committed on Ukrainian territory from 21 November 2013 to 22 February 2014. The second declaration extended this time period on an open-ended basis to encompass ongoing alleged crimes committed throughout the territory of Ukraine from 20 February 2014 onwards»

Bibliografia

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  • Rome Statute of the International Criminal Court. Text of the Rome Statute circulated as document A/CONF.183/9 of 17 July 1998 and corrected by process-verbaux of 10 November 1998, 12 July 1999, 30 November 1999, 8 May 2000, 17 January 2001 and 16 January 2002.
  • Claus Kress, Flavia Lattanzi (eds.), The Rome Statute and Domestic Legal Orders Volume I. Fagnano Alto: il Sirente (2000). ISBN 88-87847-01-0
  • Claus Kress, Flavia Lattanzi (eds.), The Rome Statute and Domestic Legal Orders Volume II. Fagnano Alto: il Sirente (2005). ISBN 978-88-87847-03-1

Collegamenti esterni

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