Tempio di Afrodite (Ancona)
Il Tempio di Afrodite fu il principale edificio di culto della colonia greca di Ankón, l'attuale Ancona; in epoca romana fu detto "Tempio di Venere"[1]. Sorgeva sulla sommità del Colle Guasco, nello stesso luogo occupato oggi dal Duomo di Ancona, di origine medievale; infatti questo ha il transetto che segue il perimetro del tempio e nei suoi sotterranei ne conserva le strutture superstiti.
Tempio di Afrodite Tempio di Venere | |
---|---|
![]() | |
Civiltà | greca e poi romana |
Utilizzo | edificio sacro |
Stile | dorico |
Epoca | IV secolo a.C. - II secolo a.C. |
Localizzazione | |
Stato | ![]() |
Comune | Ancona |
Dimensioni | |
Superficie | 608 m² |
Larghezza | 19 m |
Lunghezza | 32 m |
Scavi | |
Data scoperta | 1932 |
Date scavi | 1948 |
Amministrazione | |
Patrimonio | Centro storico di Ancona |
Ente | Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio - prov. di Ancona e Pesaro-Urbino |
Visitabile | Su prenotazione |
Mappa di localizzazione | |
![]() | |
Grazie a due autori dell'antichità classica che ne parlano nelle loro opere, ossia Catullo e Giovenale, la sua esistenza era nota anche prima dei ritrovamenti archeologici, risalenti al 1932.
Il tempio in Catullo e Giovenale
modifica«La prodigiosa mole di un rombo adriatico capitò davanti al tempio di Venere, che la dorica Ancona innalza, e riempì le reti...»
«Ora, o divina creatura del ceruleo mare, tu che abiti il sacro Idalio e l’esposta Urio, che dimori ad Ancona e a Cnido ricca di canneti, [tu che abiti] ad Amatunte, a Golgi e a Durazzo, taverna dell’Adriatico ...»
Secondo la tradizione storiografica, che è basata sulle citazioni riportate sopra, i dori siracusani, fondatori della colonia greca di Ankón (l'attuale Ancona), eressero nell'acropoli della nuova città un tempio dedicato ad Afrodite, nel luogo in cui nel Medioevo sorse il Duomo. Il tempio è identificato con quello rappresentato nella scena 58 della Colonna Traiana[2][3].
In particolare, il carme 36 di Catullo, da cui è riportato il brano sopra, ci presenta, quasi come in un inno cletico, i luoghi che fin dall’età arcaica furono sedi del culto di Afrodite, diffusosi lungo le antiche rotte di navigazione dall'oriente verso l'occidente. Sono così citate dal poeta le città di Cnido, in Asia Minore, di Idalio, Golgi ed Amatunte, nell'isola di Cipro, ed infine di Urio, Ancona e Durazzo, sulle coste adriatiche[4]. Ancona rientra dunque tra le città mediterranee più note nell'antichità per il culto di Afrodite. È interessante notare che, nella versione originale del carme di Catullo, il termine Ancona è un accusativo con desinenza greca; in latino, e specialmente in poesia, il nome della città è sentito come un termine greco e ciò ne influenza la declinazione[5]. Il passo di Giovenale, invece, ci informa sulla localizzazione del tempio, dominante sul mare: in questo senso si deve intendere l'espressione "che la dorica Ancona innalza".
I resti archeologici
modificaL'antico edificio, del quale furono rinvenute le fondazioni sotto al Duomo, aveva una pianta corrispondente a quella della crociera e del braccio sinistro del transetto della chiesa attuale, come mostrato nella mappa, in cui la zona colorata in giallo corrisponde all'area occupata dal tempio.
Tali fondazioni sono costituite da blocchi di arenaria sovrapposti; quelle perimetrali compongono un rettangolo di metri 19 X 32, hanno una larghezza di metri 2,50 e sono conservate per un'altezza massima di circa due metri. Parallele ed interne a questo rettangolo, e con pianta a Π (pi greco), sono rimaste tracce della fondazione della cella.
Non tutti i blocchi di arenaria delle fondazioni si sono ritrovati; dove essi mancano, sono comunque rimaste le trincee ove erano allocati, cosa che permette di ricostruire tutto il sistema fondante del tempio e di formulare ipotesi ricostruttive del suo aspetto originario. Importante, a tal proposito, è la presenza di trincee di collegamento tra le fondazioni esterne e quelle interne, che permette di risalire al numero delle colonne di ogni lato.
Secondo le ipotesi comunemente accettate, l'edificio sacro era un periptero esastilo con l'ingresso rivolto verso sud-est, ossia verso la città e la strada di accesso all'acropoli[3].
Le ipotesi ricostruttive del Tempio di Afrodite
modifica1) Tempio dorico esastilo periptero del IV secolo a.C.
modificaIn base ad alcune caratteristiche rilevabili dalle fondazioni rimaste, alcuni studiosi pensano che quello di Ancona sia stato un tempio dorico del IV secolo a.C., ossia dell'epoca della fondazione greca della città. Sarebbe stato un tempio periptero senza opistodomo, con dieci colonne sui lati lunghi, sei sui lati minori (esastilo) e due colonne in antis, ossia davanti alla cella. Come normale nei templi dorici, anche il tempio anconitano avrebbe avuto una gradinata (crepidine) tutto intorno al perimetro.
Tali caratteristiche permettono di inserire l'edificio anconitano nel gruppo dei templi simili al Tempio di Asclepio ad Epidauro, costruito nel 380 a.C. circa, ossia negli stessi anni dell'arrivo dei Siracusani ad Ancona. L'ingresso era verso sud-est, ossia verso la via d'accesso all'acropoli.
L'ipotesi è basata sulla misurazione delle distanze tra le colonne del tempio, deducibile dall'esame delle fondazioni: la distanza tra le colonne angolari e quelle accanto era inferiore rispetto alle distanze tra le altre colonne; questa caratteristica rimanda inequivocabilmente all'ordine dorico, come soluzione classica del conflitto angolare.
A sostegno dell'ipotesi che il tempio anconitano sia stato un tempio dorico, inoltre, si ricorda che nel IV secolo a.C. furono costruiti nel Mediterraneo orientale, meta del commercio anconitano dell'epoca, diversi templi greci dorici esastili, del modello del Tempio di Asclepio ad Epidauro e simili a quello di Ancona, ossia senza opistodomo e con numero ridotto di colonne sul lato lungo: dieci/undici al posto delle dodici previste dagli standard più comuni. Il tempio anconitano troverebbe così confronti coevi[6].
2) Tempio corinzio esastilo periptero del II secolo a.C.
modificaSecondo altri, invece, il tempio sarebbe stato sempre un periptero esastilo e con dieci colonne sui lati lunghi, ma di ordine corinzio e su podio con scalinata frontale, tipologia tipica dell'architettura romana e non greca; risalirebbe al II secolo a.C., e dunque ad un'epoca in cui la città già sentiva l'influsso romano.
L'ipotesi è basata sul ritrovamento di marchi di cava con due lettere latine ("F" e "V") e sulla presenza al Museo Diocesano di un capitello corinzio (e non dorico) che sarebbe appartenuto al tempio, in quanto scolpito nella stessa pietra delle fondazioni rimaste.
Inoltre, l'autore di questa ipotesi critica quella esposta nel paragrafo precedente, ossia quella del tempio dorico. Tale ricostruzione è ritenuta errata, in quanto prevede necessariamente una crepidine tutto intorno al tempio, ritenuta invece impossibile per la presenza nelle immediate vicinanze del perimetro del tempio di un tratto di lastricato e di un blocco di roccia madre sporgente di cinque centimetri rispetto al piano di calpestio. In quest'ipotesi, non si dà però giustificazione dell'accorciamento della distanza tra le colonne d'angolo, rilevabile nelle fondazioni, che nell'ipotesi esposta sopra è un elemento fondamentale per identificare l'ordine dorico del tempio. Altra critica all'ipotesi "tempio dorico" precedentemente esposta è che i confronti presentati dagli studiosi che la sostengono sono tutti relativi a templi greci del Mediterraneo orientale, ma non della Sicilia, dove templi simili coevi sono assenti, pur essendo il luogo da cui provenivano i fondatori di Ancona[7].
3) Due fasi costruttive
modificaC'è anche chi pensa che le due ipotesi non si escludano necessariamente a vicenda: il tempio, nel corso di due secoli, potrebbe anche essere stato ricostruito o profondamente ristrutturato, e dunque avrebbe avuto una fase in ordine dorico risalente all'epoca di fondazione di Ankón e dunque al IV secolo a.C. e una seconda fase in ordine corinzio del II secolo a.C. cioè nel periodo in cui la regione circostante era soggetta ad una prima romanizzazione.
La ricostruzione, o profonda ristrutturazione, sarebbe comprovata da un'epigrafe riutilizzata nella basilica paleocristiana che fu costruita sui resti del tempio pagano. In tale documento, di età augustea, si cita un rifacimento totale di un edificio, non specificato a causa della frammentarietà dell'iscrizione riportata. È però conservato il titolo di colui a cui si deve l'intervento: si tratta di un "praefectus Egypti". Sarebbe stato poi il tempio restaurato o ricostruito quello ad essere raffigurato nella Colonna Traiana e quello testimoniato dai marchi di cava di cui al paragrafo precedente[8].
Identificazione con il tempio della scena 58 della Colonna Traiana
modificaCome detto sopra, tutti gli studiosi odierni identificano il tempio anconitano con quello presente sulla collina della scena 58 della Colonna Traiana[2][9].
Nel bassorilievo traianeo, però, esso è rappresentato tetrastilo (cioè con quattro colonne sul fronte) e di stile ionico; ciò contrasta con tutte le ipotesi ricostruttive. Gli studiosi, però, concordemente pensano che i particolari raffigurati non siano da prendere alla lettera, in quanto nei rilievi della Colonna gli edifici sono sempre fortemente schematizzati, sia per esigenze di spazio, sia perché l'arte romana punta più alla chiarezza del messaggio che alle proporzioni e alla rappresentazione realisticamente fedele, che viene piegata alle esigenze comunicative.
Per l'osservatore della scena, in questo caso, era importante riconoscere la città attraverso i suoi simboli, e la presenza di un tempio sulla cima di una collina, di uno alla sua base (il tempio di Diomede), di un arco di proporzioni singolarmente slanciate su un molo (l'Arco di Traiano) ed infine di strutture portuali, era sufficiente per il riconoscimento della città di Ancona[10].
Singolare è il fatto che gli elementi utilizzati per permettere all'osservtore l'identificazione della città di Ancona non si sono mai modificati, come mostrano le opere d'arte di tutti i secoli successivi; naturalmente, il Duomo è stato utilizzato al posto del Tempio di Afrodite, dato esso sorge esattamente sul luogo dell'antico edificio classico.
La scoperta
modificaNel 1932, alcuni saggi eseguiti nei pressi dell'abside sinistra del duomo permisero di scoprire i resti di una muratura costituita da grandi blocchi di arenaria in filari pseudoisodomi; subito alcuni studiosi ipotizzarono che tale struttura appartenesse ad un edificio templare, forse quello dedicato a Venere citato da Catullo e Giovenale. Che l'edificio cristiano fosse stato costruito sopra al tempio di Venere/Afrodite era già stato ipotizzato dalla storiografia, pur in mancanza di testimonianze archeologiche[11].
Nel 1948, in occasione dei lavori di restauro del duomo, danneggiato dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, superando numerose difficoltà fu eseguito uno scavo completo di tutto il sottosuolo, ed in effetti furono rinvenuti resti di un tempio pagano, coincidente con il transetto della chiesa.
Il tempio fu subito identificato con quello citato da Catullo e Giovenale e rappresentato nella scena 58 della Colonna Traiana[2].
Alla scoperta seguì presto il primo studio dettagliato volto a comprendere la tipologia dell'edificio sacro. Tale studio ipotizzava per l'antico edificio la struttura di un tempio italico sine postico (cioè senza colonnato posteriore) del III - II secolo a.C. e con un ingresso rivolto a nord-ovest, ossia verso il mare aperto[12]. Tale ipotesi è oggi considerata superata da tutti gli studiosi, a causa di notevoli incongruenze con le fondazioni. Per comprendere il motivo della formulazione dell'ipotesi del "peripetro sine postico", è necessario rievocare il clima culturale dell'archeologia italiana della fine degli anni quaranta del Novecento. Si era in un'epoca in cui gli archeologi italiani finalmente riconoscevano all'arte romana una dignità precedentemente oscurata dal mito di quella greca. La tipologia del tempio "periptero sine postico" era in quegli anni assurta a simbolo della romanità e ciò influenzava un'interpretazione a senso unico delle strutture templari di aspetto originario dubbio. Così era accaduto anche per il tempio anconitano[3].
Nel piazzale del Duomo, sconvolto dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, furono notate colonne di arenaria scanalate, allora interpretate come colonne del tempio greco[13].
Dea della buona navigazione o dea genitrice
modificaSecondo un'ipotesi che ha dominato la storiografia sino a tutto il Novecento[14], seguita anche da alcuni studiosi moderni[15], Afrodite/Venere aveva nel tempio anconitano l'epiclesi o epiteto di "euplea" (Εὔπλοια, Éuploia), ossia di "dea della buona navigazione", protettrice dei naviganti.
L'ipotesi è basata soprattutto sul passo di Catullo (36, 11-15), in un contesto in cui Venere appare una divinità prettamente marina e il tempio di Ancona è associato a quello di Cnido (Afrodite cnidia era chiamata dagli stessi Cnidi "euplea")[17]. Parimenti, l'associazione con il tempio di Afrodite a Idalio, sull'isola di Cipro, è significativo in merito, dato che anche in quest'isola si ipotizza che fosse diffuso il culto della dea della buona navigazione[18]. Infine si può notare che gli altri templi citati da Catullo, insieme a quello di Ancona, sorgevano tutti in città vicine al mare o poste direttamente sulla costa; nel caso di Cnido e di Idalio, poi, i templi sorgevano su promontori, come quello anconitano, in modo che i naviganti potessero vederli da lontano. L'idea di una divinità legata alla navigazione è rafforzata dalla posizione dominante sul mare dell'edificio sacro anconitano. Secondo gli studiosi più recenti, inoltre, l'epiclesi di "euplea" è probabile anche per la compresenza, nella moneta greca di Ankón, del profilo di Afrodite e di due stelle, identificate con i Dioscuri[19], protettori dei naviganti[20].
Secondo altri studi, basati sull'analisi dell'immagine del tempio che compare nella scena 58 della Colonna Traiana[2], identificato con quello di Ancona, Venere aveva invece nel nostro caso l'attributo di Venus genetrix, ossia di "Venere genitrice". Infatti, nella scena della colonna raffigurante Ancona, la statua della divinità, che solitamente era collocata nella cella, è esposta davanti al tempio e corrisponde alla tipologia della Afrodite "Louvre-Napoli", rappresentazione, appunto, di Venere genitrice[7]. Si deve però tener presente quanto già ricordato sopra, ossia che l'arte romana punta più alla chiarezza del messaggio che alla rappresentazione realisticamente fedele, che viene piegata alle esigenze comunicative.
Note
modifica- ^ "Venere" è il nome romano della dea Afrodite.
- ^ a b c d Sono diversi i criteri di numerazione adottati per descrivere le scene della Colonna Traiana. La numerazione qui usata è quella di Salomon Reinach. La stessa scena, secondo i criteri di altri autori, è la nº 79 (C. Cichorius, Die Reliefs der Trajanssäule, Berlino 1896-1900) oppure la nº 139 (S. Settis, A. La Regina, G. Agosti, V. Farinella, La Colonna Traiana, Torino 1988).
- ^ a b c Tra la vasta letteratura in proposito, si veda:
- Alessandra Coppola, I due templi greci di Ancona, in Esperia 3, 1993, pagine 189-191 ISBN 9788870628098;
- Lidiano Bacchielli, Le origini greche di Ancona: fonti e documentazione archeologica, in C. Centanni, L. Pieragostini, La cattedrale di San Ciriaco ad Ancona. Rilievo metrico a grande scala, interpretazione strutturale e cronologia della fabbrica, Ancona, 1996 (pagine 49–55).
- Lidiano Bacchielli, Domus Veneris quam dorica sustinet Ancona, in Archeologia Classica volume XXXVII, 1985 (pagine 106-137) - l'estratto dell'articolo è stato nel pubblicato dall'Erma di Bretschneider nel 1985;
- Nicola Bonacasa, Lorenzo Braccesi, E. De Miro, La Sicilia dei due Dionisî - atti della Settimana di studio, Agrigento, 24-28 febbraio 1999, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2002 (pagina 120). Il testo è consultabile su Google libri a questa pagina
- Lorenzo Braccesi, Hellenikòs kolpos, supplemento a Grecità adriatica, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2001, pagina 82. ISBN 9788882651534.
- ^ Afrodite (PDF), su adriaskolpos.comune.rimini.it. URL consultato il 10 giugno 2018 (archiviato dall'url originale il 10 febbraio 2018).
- ^ Il termine greco Ἀγκών è infatti della terza declinazione e del gruppo dei nomi con tema in nasale; pertanto all'accusativo fa Ἀγκῶνα.
- ^ Lo studioso che per primo ha formulato l'ipotesi del tempio dorico è stato l'archeologo Lidiano Bacchielli, nell'articolo Domus Veneris quam dorica sustinet Ancona, in Archeologia Classica volume XXXVII, 1985 (pagine 106-137) - l'estratto dell'articolo è stato nel pubblicato dall'Erma di Bretschneider nel 1985; lo stesso Lidiano Bacchielli ha poi ripreso l'argomento, con nuove considerazioni, in Le origini greche di Ancona: fonti e documentazione archeologica, in C. Centanni, L. Pieragostini, La cattedrale di San Ciriaco ad Ancona. Rilievo metrico a grande scala, interpretazione strutturale e cronologia della fabbrica, Ancona, 1996 (pagine 49–55).
- ^ a b Lo studioso che ha proposto per primo l'ipotesi del tempio corinzio è Mario Luni, in San Ciriaco: la cattedrale di Ancona: genesi e sviluppo, Volume 1°, a cura di Maria Luisa Polichetti, F. Motta Editore, 2003 (pagine 49-93).
- ^
- Lidiano Bacchielli, Le origini greche di Ancona: fonti e documentazione archeologica, in C. Centanni, L. Pieragostini, La cattedrale di San Ciriaco ad Ancona. Rilievo metrico a grande scala, interpretazione strutturale e cronologia della fabbrica, Ancona, 1996 (pagine 49–55).
- Stefania Sebastiani, Ancona, forma ed urbanistica, della collana Città antiche d'Italia, L'Erma di Bretschneider, 1996, pagina 33.
- ^
- Fiorella Festa Farina, Tra Damasco e Roma. L'architettura di Apollodoro nella cultura classica - L'Erma di Bretschneider, Roma 2001;
- Settis, p. 397, tavola 139;
- Mario Luni - L'Arco di Traiano e la riscoperta nel Rinascimento, in Studi Miscellanei II vol. a cura del dipartimento di Scienze Storiche ed Archeologiche dell'Università di Roma "La Sapienza" - edit. L'Erma di Bretschneider - 1996 - ISBN 88-7062-917-1;
- sito in cui è riportato il racconto delle guerre daciche fatto da Italo Calvino in base ai rilievi della colonna Archiviato il 30 maggio 2016 in Internet Archive..
- ^ Per le considerazioni sulla rappresentazione del tempio anconitano di stile dorico nella Colonna Traiana, si veda:
- Mario Luni, in San Ciriaco: la cattedrale di Ancona: genesi e sviluppo, Volume 1°, a cura di Maria Luisa Polichetti, F. Motta Editore, 2003 (pagine 82-83)
- Lidiano Bacchielli, nell'articolo Domus Veneris quam dorica sustinet Ancona, in Archeologia Classica volume XXXVII, 1985 (pagine 136)
- ^ Mario Natalucci, Ancon dorica, in Ancona attraverso i secoli volume I Dalle origini alla fine del Quattrocento, Unione arti grafiche, 1960 (pagina 42, nota 1). Secondo Natalucci, gli autori antichi che sostenevano che il Duomo fosse stato edificato sopra al tempio pagano erano il Saracini e il Peruzzi.
- ^ Lo studioso che per primo ha esposto l'ipotesi del tempio periptero sine postico è Giovanni Annibaldi, che diresse i lavori di scavo del tempio e che fu il principale artefice della rinascita della soprintendenza archeologica marchigiana e del Museo Archeologico Nazionale dopo la Seconda Guerra Mondiale. Il testo in cui espone la sua tesi è: Il tempio dell'acropoli di Ancona, in: Manlio Marinelli, L'architettura romanica di Ancona, a cura della Reale Deputazione di Storia Patria per le Marche, 1921 (pagina 150). Il testo è stato ristampato nel 1961 a cura della Camera di commercio Industria e Architettura
- ^ Mario Natalucci, Ancon dorica, in Ancona attraverso i secoli volume I Dalle origini alla fine del Quattrocento, Unione arti grafiche, 1960 (pagina 42, nota 1). L'autore dice espressamente che la scoperta di quelle colonne fu "cosa da pochi notata".
- ^
- Vedi in primis Agostino Peruzzi, Storia d'Ancona dalla sua fondazione all'anno MDXXXII, vol. 1, Pesaro, tipografia Nobili, 1835, p. 18.
- Bibliografia in merito riassunta da Bacchielli 1985, p. 107, ripreso da Cordano 1993, p. 145, in Braccesi 1993.
- ^ Rossignoli 2004, p. 196.
- ^ Copia romana conservata al Louvre.
- ^ Pausania, Descrizione della Grecia, I, 1, 3.
- ^ * Margherita Giuffrida, Afrodite Euploia a Cipro?, in Kωκαλoς. Studi pubblicati dall'Istituto di storia antica dell'Università di Palermo, vol. 42, Roma, Giorgio Bretschneider, 1996, pp. 341-348, ISSN 0392-0887 .
- Lorenzo Calvelli, Cipro e la memoria dell'antico fra Medioevo e Rinascimento: la percezione del passato romano dell'isola nel mondo occidentale, Venezia, Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, 2009, ISBN 978-88-95996-15-8. A p. 15 si legge: « [...] antico culto pagano di Afrodite Euploia, la cui diretta presenza a Cipro è stata recentemente ipotizzata con argomenti persuasivi» (con riferimento al testo precedente)».
- ^ Cfr. Orazio, Odi, I, 3, 2: «sic fratres Helenae, lucida sidera», "e i fratelli di Elena, astri splendenti".
- ^
- Tra gli autori ottocenteschi che sostengono che il tempio di Ancona sia stato dedicato a Venere euplea, oltre al già citato Peruzzi, si annoverano i seguenti:
- Carisio Ciavarini, Sommario della storia di Ancona raccontata al popolo anconitano, Ancona, 1867, p. 26.
- Cesare Gariboldi, La chiesa di Ancona, in Ancona descritta nella storia e nei monumenti, Ancona, pei tipi di Gustavo Cherubini, 1870, p. 74.
- Tra gli studiosi moderni che sostengono l'epiclesi di "Euplea" per l'Afrodite venerata nel tempio di Ancona:
- Domenico Musti, Il contesto cultuale e storico della Fortuna di Fano, in Lorenzo Braccesi e Mario Luni (a cura di), I Greci in Adriatico, 1 (Hesperìa. Studi sulla grecità d'Occidente, 15), Roma, L'Erma di Bretschneider, 2002, p. 38, ISBN 88-8265-162-2.
- Benedetta Rossignoli, L'Adriatico greco e culti minori, Roma, L'Erma di Bretschneider, 2004. Consultabile su Google Libri a questa pagina.
- Tra gli autori ottocenteschi che sostengono che il tempio di Ancona sia stato dedicato a Venere euplea, oltre al già citato Peruzzi, si annoverano i seguenti:
Bibliografia
modifica- Nereo Alfieri, Topografia storica d'Ancona antica, in Atti e memorie Regia Deputazione di storia patria per le Marche, ser. V, vol. 2-3, Ancona, R. Deputazione di storia patria per le Marche, 1938, pp. 151-236.
- Ankon dorica - i Greci in Occidente, Ancona, 1996. Catalogo della mostra omonima tenutasi al Museo nazionale delle Marche nel 1996.
- Lidiano Bacchielli, Domus Veneris quam Dorica sustinet Ancon, in Archeologia Classica, volume XXXVII, Roma, Istituto di archeologia, 1985, pp. 106-137. L'estratto dell'articolo è stato pubblicato dall'Erma di Bretschneider nel 1985.
- Lidiano Bacchielli, Le origini greche di Ancona, fonti e documentazione archeologica, in La cattedrale di San Ciriaco ad Ancona - rilievo metrico a grande scala..., Ancona, Accademia marchigiana di scienze lettere ed arti, 1996.
- Lorenzo Braccesi, Grecità adriatica: un capitolo della colonizzazione greca in Occidente, 2ª ed., Bologna, Pàtron, 1977.
- Lorenzo Braccesi (a cura di), Hesperìa. Studi sulla grecità di Occidente, vol. 3, Roma, L'Erma di Bretschneider, 1993, ISBN 88-7062-809-4. Relativamente al seguente contributo:
- Alessandra Coppola, I due templi greci di Ancona (per l'iconografia della Colonna Traiana), in pp. 189-192.
- Lorenzo Braccesi, Hellenikòs kolpos: supplemento a «Grecità adriatica», con la collaborazione di Benedetta Rossignoli, Roma, L'Erma di Bretschneider, 2001, ISBN 88-8265-153-3.
- Maurizio Landolfi, Dalle origini alla città del tardo impero, in Ankon, volume l. Una civiltà fra Oriente ed Europa, Ancona, Adriatica Editrice, 1992.
- Maurizio Landolfi, voce Ancona, in Enciclopedia dell'arte antica, Roma, Treccani, 1994.
- Mario Luni, Ancon-Ancona e la domus Veneris sul colle di San Ciriaco, in Maria Luisa Polichetti (a cura di), San Ciriaco: la cattedrale di Ancona: genesi e sviluppo, vol. 1, Milano, Federico Motta Editore, 2003, pp. 49-93, ISBN 978-88-7179-353-5.
- Mario Luni, I porti di Ankon e Numana, in Lorenzo Braccesi e Mario Luni (a cura di), I Greci in Adriatico, 2 (Hesperìa. Studi sulla grecità d'Occidente, 18), Roma, L'Erma di Bretschneider, 2004, pp. 11-56, ISBN 88-8265-266-1.
- Mario Natalucci, Ancon Dorica, in Ancona attraverso i secoli, volume I - Dalle origini alla fine del Quattrocento, Città di Castello, Unione arti grafiche, 1960.
- Piceni popolo d'Europa, Roma, De Luca, 1999, ISBN 978-88-8016-355-8. Relativamente ai seguenti contributo:
- Alessandra Coppola, Ancona e la presenza greca nel Piceno.
- Benedetta Rossignoli, L'Adriatico greco: culti e miti minori, Roma, L'Erma di Bretschneider, 2004, ISBN 88-8265-277-7.
- Sergio Sconocchia, Mario Luni, Fabio Colivicchi, Francesco Prontera, Roberto Rossi, Monica Salvini, Mario Veltri, Mario Pagano, Oscar Mei, Nicoletta Frapiccini, Gaia Pignocchi, Ancona greca e romana e il suo porto: contributi di studio, a cura di Flavia Emanuelli e Gianfranco Iacobone, Ancona, Italic (Accademia Marchigiana di Scienze, lettere ed arti), 2015, ISBN 978-88-6974-003-9.
- Stefania Sebastiani, Ancona: forma e urbanistica, Roma, L'Erma di Bretschneider, 1996, ISBN 978-88-7062-950-7.
Voci correlate
modificaAltri progetti
modifica- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su tempio di Afrodite