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Il diritto canonico della Chiesa cattolica (in latino ius canonicum) è l’insieme di norme giuridiche di diritto positivo o naturale, regolamenti e documenti dottrinali formulati da una legittima autorità ecclesiastica al fine di regolare l'attività della Chiesa cattolica e dei suoi fedeli nonché le sue relazioni con la società esterna. Non va confuso con il diritto ecclesiastico, che è il diritto con cui gli stati regolano i loro rapporti con i credenti e con le varie confessioni religiose, mentre con il termine più ampio di "diritto canonico" si intende il diritto che regola qualsiasi Chiesa cristiana.
Il suo nucleo originario è costituito dalla legge di Dio, ovvero Antico e Nuovo Testamento, che funge da substrato per la produzione giuridica umana iniziata ai tempi delle prime comunità cristiane allo scopo di regolarne la vita e per difendere la dottrina dalle eresie. Nella storia del cristianesimo in età antica i grandi concili ecumenici (Nicea I, Costantinopoli I, Efeso I e Calcedonia) furono tra i momenti più importanti per lo sviluppo del diritto canonico, ma fu in epoca medievale che iniziò l'"età aurea" grazie al Decretum del monaco e giurista Graziano, in cui per la prima volta si tentava di riordinare la materia risolvendo le contraddizioni. L'opera di Graziano ispirò altre raccolte successive, spesso commissionate dagli stessi pontefici, fino a una prima definitiva fissazione operata con la promulgazione del Corpus Iuris Canonici nel 1580. Sulla scia delle codificazioni ottocentesche, nel 1917 anche la Chiesa cattolica si dotò di una propria «legge organicamente strutturata» con l'adozione di un proprio codice: il Codice Piano Benedettino. A seguito delle innovazioni conseguenti al Concilio Vaticano II, tenutosi dal 1962 al 1965, si sentì l'esigenza di rivedere il Codice, impresa portata a termine nel 1983 con l'adozione del Codice di diritto canonico (dedicato a disciplinare la Chiesa latina, a cui seguì sette anni più tardi il Codice dei canoni delle Chiese orientali (dedicato alle Chiese cattoliche di rito orientale) e, nel 1988, la Pastor Bonus per la Curia romana.
Il diritto canonico è un sistema giuridico autonomo e universale, che opera senza limiti territoriali e si adatta alle esigenze storiche, pur mantenendo immutabili i suoi principi divini. Il dibattito sulla sua natura (pubblica, privata o universale) si lega alla sua finalità soprannaturale. La Chiesa, istituzione con carattere divino e umano, ha prerogative di indipendenza e sovranità, giustificando la propria legislazione come necessaria per perseguire la missione affidatale da Cristo. Esso si fonda su norme divine (immutabili e universali) e umane (create dalle autorità ecclesiastiche), integrate in un unico ordinamento. La relazione tra diritto divino e umano è armoniosa, con il primo come fondamento. Inoltre, il diritto canonico bilancia rigorosità ed economia per garantire flessibilità e perseguire la salvezza dell’anima. Tra i più importanti principi su cui il diritto canonico si basa, quello dell'equità (aequitas canonica) risulta fondamentale per adeguare le norme ai casi particolari, attenuando così la rigidità del diritto positivo per perseguire fini superiori, come la salvezza dell'anima. Strumenti come dispensa, dissimulatio, tollerantia ed epicheia garantiscono flessibilità nell'applicazione delle norme senza compromettere giustizia ed uguaglianza. Questi istituti permettono una giustizia temperata da prudenza e misericordia, adattandosi alle esigenze spirituali dei fedeli.