Utente:Facquis/Sandbox/Origini del Risorgimento
L'idea di nazione lungo la storia
modificaRicercare i fondamenti dell'identità nazionale italiana, che presso la maggioranza del popolo poteva risultare latente prima della nascita del Regno d'Italia, è stato il compito assunto dagli intellettuali risorgimentali nel clima romantico dell'epoca, nel loro tentativo di costruire e diffondere i miti e le narrazioni relative a un'idea di nazione collegabile a un effettivo spirito del popolo.
Divenne perciò essenziale un richiamo alla memoria storica del passato, soprattutto all'epoca medievale, nel quale gli storiografi romantici intravedevano l'inizio di un cammino verso la riconquista dell'unità politica, perduta dopo la fine dell'Impero romano. Per questo si servirono anche di un'intensa connotazione storica da cui «è nato il culto nazionale dei grandi uomini (per esempio, Dante, Petrarca, Machiavelli, Parini ecc.), che all'epoca si considerava appartenessero 'naturalmente' al susseguirsi delle generazioni che connotavano la 'stirpe italica'»;[1]
Epoca romana
modificaLa storiografia risorgimentale italiana trasse dunque origine idealmente da diverse tradizioni storiche, a cominciare dall'epoca romana, in cui la nozione di "Italia" si evolse fino a designare la penisola nella sua totalità, dalla punta calabra, allora Bruzio, fino alle Alpi; dai tempi di Diocleziano in poi essa incluse anche le isole.
L'Italia fu il luogo di nascita e il primo campo di espansione del potere romano e fu integrata nello stato secondo modalità variabili; il sistema amministrativo dell'Italia rimase distinto da quello delle province fino all'epoca di Diocleziano. Le province erano infatti territori governati da magistrati delegati dal potere centrale,[2] mentre l'annessione e poi l'amministrazione dell'Italia si articolò attraverso la fondazione di colonie romane e latine, con la stipula di trattati di alleanza e confische del territorio. L'Italia romana era un territorio vasto e contrassegnato da una notevole varietà etnica e sociale, che, pur conservando dei forti particolarismi locali, subì sin dalla fine della repubblica romana un processo di unificazione sotto un unico regime giuridico.
Il concetto di stato-nazione è senz'altro anacronistico se applicato al mondo antico, tuttavia la memoria storica dell'Italia romana venne particolarmente evocata nel periodo di formazione della nazione italiana moderna.
Età medievale
modificaCon la caduta dell'Impero romano d'Occidente, l'unità territoriale della penisola non venne meno né col regno degli Ostrogoti, né con l'invasione longobarda e la conseguente spartizione della penisola.[3]
I Longobardi inizialmente tesero a rimanere separati dalle popolazioni soggette sia sotto il profilo politico che militare, ma col tempo finirono sempre più per fondersi con la componente latina e tentarono, sull'esempio romano e ostrogoto, di riunificare la penisola per dare una base nazionale al loro regno.[4] Tale tentativo fallì per l'intervento dei Franchi richiamati da papa Adriano I, secondo un modello destinato a ripetersi nei secoli a venire, che vede il papa cercare il più possibile di impedire la nascita di una potenza nemica sul suolo italico in grado di compromettere la sua autonomia.[5]
Prima della conquista franca infatti, il Regnum Langobardorum si identificava con la massima parte dell'Italia peninsulare e continentale e gli stessi re longobardi, dal VII secolo, non si consideravano più solo re dei longobardi, ma dei due popoli (longobardi e italici di lingua latina) posti sotto la propria sovranità nei territori non bizantini e dell'Italia tutta (rex totius Italiae[6]). I vincitori si erano pertanto gradualmente romanizzati, abbracciando la cultura dei vinti grazie anche all'accettazione del latino come unica lingua scritta dello Stato e come strumento di comunicazione privilegiato a livello giuridico e amministrativo.[7]
A partire dalla seconda metà dell'VIII secolo, i Franchi rivendicarono il titolo imperiale con Carlo Magno. Un secolo e mezzo più tardi, dopo l'estinzione della dinastia carolingia, fu un nuovo sovrano germanico, Ottone I di Sassonia, a rivendicare l'autorità imperiale. Sin dall'epoca carolingia, il controllo del Regno d'Italia rimase un fattore chiave per la conquista della corona imperiale, pertanto il titolo rimase a lungo conteso e alla lunga all'aristocrazia italica sfuggì il controllo della corona, ma essa riuscì comunque a consolidare il proprio potere attraverso processi di potenziamento dinastico e signorile. La storiografia nazionalistica dipinse Berengario del Friuli (850-924), retoricamente rappresentato come «un campione e un assertore dell'unità d'Italia»[8], e Arduino d'Ivrea (955-1015), sovrani del Regno d'Italia entrambi appartenenti alla dinastia anscarica, come antesignani dei patrioti risorgimentali.[9]
Nei primi secoli dopo il Mille, lo stesso desiderio di autonomia e libertà portò a un notevole sviluppo delle Repubbliche marinare (Amalfi, Genova, Pisa e Venezia) e poi dei liberi Comuni di popolo, favorendo quella rinascita dell'economia e insieme delle arti che approderà al Rinascimento e che fu anticipata dal risveglio religioso che si ebbe nel Duecento con le figure di Gioacchino da Fiore e Francesco d'Assisi.[10]
Se durante l'alto Medioevo il sentimento nazionale italiano si mantenne ancora piuttosto in ombra, partecipando alla contesa tra le due potenze di allora, il Papato e l'Impero, con i quali si schierarono rispettivamente guelfi e ghibellini, esso cominciò così lentamente a emergere, alimentandosi soprattutto del ricordo dell'antica grandezza di Roma, e trovando nell'identità religiosa rappresentata dalla Chiesa, idealmente erede delle istituzioni romane, un senso di comune appartenenza.[11]
La vittoria nella battaglia di Legnano ad opera della Lega Lombarda contro l'imperatore Federico Barbarossa (1176) e la rivolta dei Vespri siciliani contro il tentativo del re di Francia di assoggettare la Sicilia (1282) saranno assunte in particolare dalla retorica romantica ottocentesca come simboli del primo risveglio di una coscienza di patria.[12]
La realtà storica mostrava invece come la formazione dei comuni e delle signorie portò al fallimento di una composizione politica unitaria, per il prevalere di interessi locali in un'Italia suddivisa in piccoli stati, spesso in lotta fra di loro. Così fu non progetto politico unitario ma espressione della volontà di una politica espansionistica di assoggettamento l'azione del sovrano svevo-italiano Federico II di Svevia, tesa a favorire l'instaurarsi di signorie ghibelline a lui amiche, sottraendo l'Italia dall'influenza papale e sottomettendola per intero all'impero germanico.[13]
In modo simile la storiografia ottocentesca post-unitaria, che voleva respingere l'accusa degli italiani restii a fare la guerra e chiusi nei loro interessi privati, giudicò ispirata ad uno spirito di riscossa nazionale nell'ambito militare la vittoria nel 1379 del condottiero Alberico da Barbiano nella Battaglia di Marino al comando delle milizie italiane contro mercenari francesi e bretoni al soldo dell'Antipapa Clemente VII. Per questa sua impresa Alberico riceverà da Papa Urbano VI uno stendardo col motto "LI-IT-AB-EXT" ("Italia ab exteris liberata" - L'Italia liberata dagli stranieri). Secondo Gregorovius, dimenticando lo spirito mercenario che animava le imprese del condottiero di ventura Alberico da Barbiano, questa fu «la prima volta [in cui] le armi nazionali vinsero le compagnie di ladroni stranieri; l'Italia si destò alla fine dal suo letargo, sicché da quella giornata di Marino si può dire che cominci l'era di una nuova milizia italiana e di una nuova arte di guerra».[14]
Così scrive Ariodante Fabretti, patriota, storico e senatore del Regno d'Italia nella XVI legislatura che vede nel soldato di ventura quasi una figura profetica dei futuri eroi risorgimentali:
Rinascenze e Rinascimento
modificaDurante le rinascenze culturali del XIII e XIV secolo, che avrebbero condotto al fiorire del Rinascimento, si dimostrò ben vivo il ricordo della passata grandezza dell'Italia come centro del potere e della cultura dell'Impero romano e come centro del mondo, e il Paese fu ispirazione ed oggetto di studio per poeti e letterati, cantando lodi all'Italia antica - già vista come continuum culturale se non nazionale - e deprecandone la contemporanea situazione.
Un sentimento di comune appartenenza nazionale sembrò maturare presso gli intellettuali del tempo mentre il volgare latino locale veniva elevato al rango di lingua letteraria, primo ideale elemento di una coscienza collettiva di popolo. Anche grazie a tali letterati e intellettuali, fra cui emersero le figure universali di Dante, Petrarca e Boccaccio, che ebbero scambi culturali senza tener conto dei confini regionali e locali, la lingua italiana dotta si sviluppò rapidamente, evolvendosi e diffondendosi nei secoli successivi anche nelle più difficili temperie politiche, pur rimanendo per molti secoli lingua veicolare solo per le classi più colte e dominanti, venendo progressivamente e indistintamente adottata come lingua scritta in ogni regione italofona, prescindendo dalla nazionalità dei suoi principi. Dante e Petrarca inoltre introdussero la locuzione Bel paese, come espressione poetica, per indicare l'Italia:
Allo stesso tempo Dante deplorò la condizione politica in cui si trovava l'Italia con la famosa terzina della Divina Commedia:
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello![18]»
Nel 1474 Flavio Biondo manda alle stampe l'opera l'Italia illustrata, un libro di geografia e di storia su quelle che allora erano le diciotto province della penisola. Sul piano politico, invece, a causa della mancanza di uno Stato unitario sul modello di quelli che stavano via via sorgendo nel resto d'Europa, i piccoli stati italiani furono costretti a supplire con l'intelligenza strategica dei suoi capi politici alla superiorità di forze degli stati nazionali europei, arrivando a concordare un'alleanza la Lega Italica. Esemplare fu in proposito il signore di Firenze Cosimo de' Medici (1389-1464), non a caso soprannominato Pater Patriae, ovvero "Padre della Patria",[19] e considerato uno dei principali artefici del Rinascimento fiorentino: la sua politica estera, infatti, mirante al mantenimento di un costante e sottile equilibrio fra i vari stati italiani, sarà profetica nell'individuare nella concordia italiana l'elemento chiave per impedire agli stati stranieri di intervenire nella penisola approfittando delle sue divisioni.[20]
L'importanza della strategia di Cosimo, proseguita dal suo successore Lorenzo il Magnifico (1449-1492) nella sua continua ricerca di un accordo tra gli stati italiani in grado di sopperire alla loro mancanza di unità politica,[21] non venne tuttavia compresa dagli altri prìncipi della penisola, ed essa si concluse con la morte di Lorenzo nel 1492.
Da allora in Italia ebbe inizio un lungo periodo di dominazione straniera, la quale, secondo gli storici risorgimentali, fu quindi dovuta non a sterile arrendevolezza, bensì al ritardo del processo politico di unificazione. Nella propaganda risorgimentale, per via del romanzo omonimo di Massimo d'Azeglio, è anzi rimasto celebre e ricordato come gesto di patriottismo l'episodio della disfida di Barletta (1503), quando tredici cavalieri italiani,[22] alleati degli spagnoli per la conquista del Regno di Napoli, capeggiati dal capitano di ventura Ettore Fieramosca, sconfissero in duello altrettanti cavalieri francesi che li avevano insultati accusandoli di viltà e codardia.[23]
L'interesse per l'unità si spostò intanto dall'ambito culturale a quello dell'analisi politica e, già nel XVI secolo, Machiavelli e Guicciardini[24] dibattevano il problema della perdita dell'indipendenza politica della penisola, divenuta nel frattempo un campo di battaglia fra Francia e Spagna e infine caduta sotto la dominazione di quest'ultima.[25]
Pur con programmi diversi, Machiavelli e Guicciardini, fautori rispettivamente di uno Stato accentrato e di uno federale[26], concordavano sul fatto che la perdita dell'individualità nazionale fosse avvenuta a causa dell'individualismo e della mancanza di senso dello Stato delle varie popolazioni italiane. Ecco quindi il compito del Principe al quale Machiavelli lanciava la sua nota
All'inizio del XVII secolo Cesare Ripa con la sua opera Iconologia, nella voce "Italia con le sue provincie. Et parti de l'isole", rifacendosi ai testi classici diffonde l'immagine classica dell'Italia turrita, con cornucopia e sovrastata da una stella, «come rappresentata nelle Medaglie di Commodo, Tito et Antonino»[28] e conclude la descrizione dell'Italia con la frase «Siede sopra il Globo (come dicemmo) per dimostrare come l'Italia è Signora et Regina di tutto il Mondo, come hanno dimostrato chiaro gli antichi Romani, et hora più che mai il Sommo Pontefice maggiore et superiore a qual si voglia Personaggio.»
Il Settecento e il termine del periodo prerisorgimentale
modificaNel 1713 venne firmato il trattato di Utrecht che introdusse nuovi elementi nel quadro geopolitico italiano: gli austriaci sostituirono gli spagnoli nel possesso del Ducato di Milano, il duca di Casa Savoia venne elevato al titolo di monarca e i suoi domini ingranditi. Un ulteriore assetto venne dato in Italia con il trattato di Aquisgrana (1748) interpretato da molti studiosi del risorgimento, a partire da Carducci[29], come termine del periodo prerisorgimentale italiano e inizio del Risorgimento[30].
Lo sviluppo di una coscienza politica nazionale coincise, soprattutto nella borghesia, con la diffusione delle idee liberali e dell'Illuminismo.
Nel 1765 sul n.2 de Il Caffè, rivista fondata dall'illuminista Pietro Verri, esce La patria degli Italiani, di Gian Rinaldo Carli che si chiude con la frase «Un italiano in Italia non è mai forestiero»[31].
Gaetano Filangieri pubblica nel 1780 l'opera La Scienza della Legislazione, in cui propugna l'abolizione dei residui del feudalesimo e la monarchia costituzionale, il suo libro, che avrà immediatamente un gran successo in Italia in Europa sarà messo all'indice nel 1784. Sempre nel 1780 Gian Francesco Galeani Napione pubblica Osservazioni intorno al progetto di pace tra S[ua]. M[aestà]. e le potenze barbaresche, proponendo una confederazione tra gli stati marittimi italiani guidata dal papato per difendere il commercio marittimo dall'attività dei pirati barbareschi; con l'avvento della rivoluzione francese, con scritti successivi: "Idea di una confederazione delle potenze d'Italia" (1791), "Memoria sulla necessità di una confederazione delle potenze d'Italia" (1794) promuoverà Casa Savoia, in luogo del Papa, come guida di una confederazione di stati italiani[32] in funzione antiespansionistica francese.
Nel 1782 quaranta scienziati italiani fondarono a Verona la Società italiana, ritenendo, come scrisse il suo primo presidente, il matematico Antonio Maria Lorgna, che «lo svantaggio dell'Italia è l'avere ella le sue forze disunite» per cui si doveva «associare le cognizioni e l'opera di tanti illustri Italiani separati» ricorrendo «a un principio motore degli uomini sempre attivo, e talora operante con entusiasmo, l'amor della Patria». Quando questo si fosse realizzato, concludeva Lorgna,: «Cari Signori oltremontani, aspettino un pochino e vedranno l'Italia sotto altro aspetto fra pochi anni. Basta che siamo uniti.»[33]
Età giacobina e napoleonica
modificaQueste idee vennero quindi esaltate dalla Rivoluzione francese ed ebbero un'accelerazione improvvisa con la discesa in Italia di Napoleone Bonaparte nella sua I campagna d'Italia, nel 1796.
Dopo lo scoppio della Rivoluzione francese in Italia si formarono gruppi di giacobini con finalità rivoluzionarie: Filippo Buonarroti tentò senza successo una sollevazione in Toscana che portò al suo arresto e all'espulsione in Francia; a Napoli nel dicembre del 1792 si formò una società patriottica, i cui membri vennero scoperti e tre di loro, Emanuele De Deo, Vincenzo Galiani e Vincenzo Vitaliani, nel 1794 furono processati e impiccati per dare un monito a chi si volesse ribellare[35][36].
Lo stesso anno altri circoli rivoluzionari patriottici furono scoperti con le conseguenti impiccagioni: a Torino di Francesco Junod e Giovanni Chantel, a Biella di Francesco de Stefanis. Nel 1794 a Bologna vi fu il tentativo di rivolta di Luigi Zamboni e Giovanni Battista De Rolandis terminato anch'esso con la morte dei due cospiratori che, secondo i sostenitori dell'ipotesi bolognese, furono gli ideatori del tricolore italiano, che sarebbe stato usato in questa occasione per la prima volta.
Non fu che alla fine del XVIII secolo, con l'arrivo delle truppe napoleoniche nella penisola, che cominciò a diffondersi presso strati sempre più ampi di popolazione un sentimento nazionale italiano[37], fino ad allora percepito soltanto da una ristretta cerchia di intellettuali, aristocratici e borghesi già esposti alle idee dell'Illuminismo, che aveva trovato in Napoli il suo maggior centro di studio accademico. Un'eredità ancora ben presente, a testimonianza dell'influsso "francese", è data dalla origine del tricolore italiano inizialmente adottato nelle piccole ed effimere repubbliche create da Napoleone Bonaparte nell'Italia centro settentrionale e, quindi divenuto bandiera nazionale italiana; risale sempre a Napoleone la coniazione della prima moneta, dopo l'antichità classica, recante la parola "Italia": si tratta del marengo d'oro da 20 franchi coniato nel 1801 dalla Repubblica Subalpina per celebrare la vittoria alla Battaglia di Marengo contro gli austriaci recante la dicitura: L'Italie délivrée à Marengo (L'Italia liberata a Marengo)[38].
Rovesciati i sovrani preesistenti, i francesi, stabilmente insediati in buona parte dell'Italia settentrionale, crearono repubbliche su modello francese (le cosiddette repubbliche sorelle), rivoluzionando la vita del tempo e portando idee nuove, ma facendone anche ricadere il costo sulle popolazioni locali, deludendo così le speranze dei patrioti giacobini italiani, sino a generare episodi di rivolta come le cosiddette "Pasque veronesi".[39]
Melchiorre Gioia nel 1796 vinse il concorso bandito dalla Società di Pubblica Istruzione di Milano sul tema "Quale dei governi liberi meglio convenga alla felicità d'Italia", con una dissertazione in cui sostenne la tesi di un'Italia libera, repubblicana, retta da istituzioni democratiche, indivisibile per i suoi vincoli geografici, linguistici, storici e culturali[40][41].
Durante il tramonto dell'era napoleonica, questi nuovi sentimenti nazionalistici vennero diffusi, per guadagnarsi l'appoggio delle popolazioni anche dagli stati che si fronteggiavano militarmente sul suolo italiano. Da Gradisca l'11 ottobre 1813 Eugenio di Beauharnais invitando gli italiani all'unione e al combattimento contro le forze austriache affermava: «[...] ITALIA! ITALIA! Questo sacro nome, che produsse nell'antichità cotanti prodigj, sia oggidì il nostro grido di unione! ... Il prode che combatte pei suoi focolari, per la sua famiglia, per la sua gloria e per l'indipendenza del suo paese è sempre invincibile...»; a questo proclama rispondeva il 10 dicembre 1813 Nugent, comandante delle forze austro britanniche, da Ravenna rivolgendo a sua volta un proclama agli italiani prometteva «... Avrete TUTTI a divenire una nazione indipendente...»[42]
Lord Bentinck, comandante dell'esercito britannico in Italia, dopo essere sbarcato a Livorno, il 14 marzo 1814, a sua volta lanciava un appello agli italiani, facendo un parallelo con la Spagna appena resasi indipendente, che si concludeva: "... Congiunte allora le forze nostre faran sì che l'Italia ciò divenga ch'ella già fu né suoi migliori tempi, e ciò che al presente è ancora la Spagna.".[43]. Lo stesso Bentinck precedentemente nel 1812 aveva creato la Italian Levy, (Leva Italiana) ossia una forza militare composta da tre reggimenti formati da italiani[44], non inscritti a ruolo nell'esercito inglese, posti sotto il comando di Vittorio Amedeo Sallier della Torre, con l'intento di creare un nucleo di armata di liberazione indipendente, l'armata venne disciolta nel dicembre 1815[45].
In questo periodo un più forte richiamo per una presa di coscienza politica nazionale si trova nel proclama di Rimini che rimase però del tutto disatteso[46]. Il 30 marzo 1815, durante la guerra austro-napoletana, Gioacchino Murat rivolse un appello a tutti gli italiani (« [...] Italiani, non state più in forse, siate Italiani...») affinché si unissero per correre in aiuto del Regno di Napoli, unico garante della loro indipendenza nazionale contro l'occupante straniero:
Sempre allo scopo di attirare le simpatie delle classi colte italiane alla propria causa, il governo austriaco arrivò nel gennaio 1816 a favorire l'uscita a Milano di una rivista intitolata Biblioteca Italiana, che sortì l'effetto opposto e indusse come reazione la nascita de Il Conciliatore.
Negli ultimi anni del periodo napoleonico Ugo Foscolo inizia a comporre lo scritto Dell'indipendenza del regno d'Italia, che uscirà postumo col titolo di "Della servitù dell'Italia", si tratta di una raccolta di discorsi, tra questi Discorso agli italiani di ogni setta, rivolti agli italiani invitati a considerare la condizione del paese, in preda a divisioni settarie, e a meditare sulla sua indipendenza[48]. Nel settembre 1818 il poeta Giacomo Leopardi comporrà la lirica All'Italia, a contenuto patriottico, che confrontava il presente stato dell'Italia con l'antica gloria.
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- ^ C. Nicolet, L'inventario del mondo, Roma 1989, pp. 229-231.
- ^ Andrea Giardina, L'Italia romana: storie di un'identità incompiuta, Laterza, 1997.
- ^ «né mai più fu ritentata per undici secoli la grande impresa (dicon essi) del costituire l'unità italiana.» (Giuseppe Brunengo, I primi Papi-Re e l'ultimo dei re longobardi, Coi tipi della Civiltà Cattolica, 1864, p.260
- ^ Montanelli, Da Carlo Magno all'anno Mille. Storia d'Italia, BUR, 1994.
- ^ Agilulfo nel 604 definì se stesso, in una corona votiva, Gratia Dei rex totius Italiae ("Per grazia di Dio re di tutta Italia") quindi non più soltanto rex Langobardorum, "Re dei Longobardi".
- ^ Jörg Jarnut, Storia dei Longobardi, pp. 48-50.
- ^ Indro Montanelli, Roberto Gervaso, Storia d'Italia, vol. 6, Da Carlomagno all'anno 1000, Fabbri editori, 1994, p. 139
- ^ Umberto Eco, Il Medioevo. Barbari, cristiani, musulmani, Encyclomedia Publishers, 2010
- ^ Konrad Burdach, Riforma, Rinascimento, Umanesimo, trad. a cura di D. Cantimori, Firenze, Sansoni, 1986.
- ^ Origini dello Stato. Processi di formazione statale in Italia fra medioevo ed età moderna, a cura di G. Chittolini, A. Molho e P. Schiera, Bologna, Il Mulino, 1994.
- ^ Le garzantine, Atlante storico.., pp. 150 e 151.
- ^ Raffaello Morghen, L'unità monarchica nell'Italia meridionale in Nuove questioni di storia medioevale, Milano, Marzorati, 1977 (in Giampaolo Perugi, Pagine di storiografia, Zanichelli editore, 2000, p. 216)
- ^ Ferdinand Gregorovius, Storia di Roma nel medioevo, Vol. VI, Venezia, 1875, p. 592
- ^ Ariodante Fabretti, Biografie dei capitani venturieri dell'Umbria, A. Fumi, 1843, p. 109
- ^ Dante Alighieri, Inferno, Canto XXXIII, verso 80.
- ^ Petrarca, Canzoniere, CXLVI, versi 13-14.
- ^ Dante Alighieri, Purgatorio, Canto VI, verso 76-78.
- ^ «Capì che il destino dell'Italia era condizionato dall'equilibrio fra le quattro grandi potenze che vi si erano formate: Milano, Venezia, Firenze e Napoli. [...] Lo chiamarono "Padre della Patria", certamente alludendo a una patria fiorentina. Ma Cosimo lo fu di tutta l'Italia. Forse egli carezzò un sogno di unità nazionale. Ma capì ch'era irrealizzabile, e quindi si contentò dell'unico traguardo che un uomo di Stato italiano, a quei tempi, poteva proporsi: un Direttorio dei "quattro grandi", solidali nel proposito di mantenere la Penisola al riparo da intrusioni straniere» (Montanelli & Gervaso, Storia d'Italia, vol. 12, La civiltà del Rinascimento, pp. 11-12, Fabbri editori, 1994).
- ^ Le garzantine, Atlante storico.., pp. 223 e 225.
- ^ «Questa fu la politica dei Medici sino alla fine del Quattrocento. Ad essa l'Italia è debitrice di quei decenni di relativa pace e di meravigliosa prosperità che consentirono il miracolo del Rinascimento» (Montanelli, op. cit., p. 12.).
- ^ Si trattava di «professionisti della guerra che non si facevano certo nessuno scrupolo a passare da una parte all'altra secondo le convenienze e circostanze, come farà uno dei tredici di Barletta», ma nei confronti dei quali il capitano spagnolo non perse l'occasione, offertagli dalla provocazione francese, di «far leva sull'amor proprio degli italiani» (Giuliano Procacci, La disfida di Barletta. Tra storia e romanzo, Bruno Mondadori editore, 2001, pp. 47-48).
- ^ Il grande risalto che all'epoca venne dato all'episodio, secondo lo storico Giuliano Procacci (op.cit., p. 45), era dovuto al desiderio di perpetuare un'immagine epica della classe feudale della cavalleria ormai superata come strumento di guerra
- ^ F. Guicciardini, Storia d'Italia, libro I, ed. Ricciardi, Milano-Napoli, 1953
- ^ G. Candeloro, Storia dell'Italia moderna, vol. I, Milano, Feltrinelli, 1956
- ^ «E se bene l'Italia divisa in molti domini abbia in vari tempi patito molte calamità che forse in un dominio solo non avrebbe patito [...] nondimeno in tutti questi tempi ha avuto al riscontro tante città floride [...] che io reputo che una monarchia gli sarebbe stata più infelice che felice» (in F. Guicciardini, op.cit.)
- ^ Niccolò Machiavelli, Opere scelte, Volume 1, Parte 1, Editori riuniti, 1969
- ^ Cesare Ripa, Iconologia, 1603
- ^ Vedi Carducci, Del Risorgimento italiano, premessa alle Letture del Risorgimento (1895)
- ^ Salvatorelli, Pensiero e azione del risorgimento, 1963, pp. 34-35
- ^ lemma CARLI, Gian Rinaldo in Enciclopedia Italiana - Treccani.it, su treccani.it. URL consultato il 16 dicembre 2014 (archiviato il 16 dicembre 2014).
- ^ Gian Francesco Galeani Napione | Torino Scienza, su www.torinoscienza.it. URL consultato il 7 gennaio 2025.
- ^ Estratto dal primo numero delle Memorie accademiche della Società Le origini dell'Accademia Archiviato il 24 agosto 2011 in Internet Archive.
- ^ La pagina proviene da un libro della libreria di Benedetto Croce che la commenta a pp. 653-654 del suo saggio I Teatri di Napoli secoli XV - XVIII (1891): Il titolo è modificato da "Il corsaro di Marsiglia" a "Il corsaro" in quanto ricordava la Francia repubblicana e una delle sue città più repubblicane, Italia è un'altra parola proibita sostituita con Napoli, "son d'Italia al servizio di Mr. Dumont" diventa "son Barlettano al servizio del signor Dumont", "la parola Libertà è anche diligentemente allontanata" ... "figurarsi se lasciavano tiranno! Corretto: crudele"
- ^ Attilio Simioni, Le Origini del Risorgimento politico nell'Italia Meridionale. ristampa anastatica dell'edizione 1925-29, con indice dei Nomi e dei Luoghi, a cura di Ileana Del Bagno, Napoli, 1995
- ^ Quando i tiranni Borbone uccidevano i giovani che amavano la Repubblica, su nuovomonitorenapoletano.it. URL consultato il 10 novembre 2015 (archiviato il 3 marzo 2016).
- ^ Gilles Pécout, Il lungo Risorgimento: la nascita dell'Italia contemporanea (1770-1922), Pearson Paravia Bruno Mondadori, 1999, p. 7 e sgg.
- ^ Vedi la premessa in Pierluigi Baima Bollone, Esoterismo e personaggi dell'Unità d'Italia. Da Napoleone a Vittorio Emanuele III, Priuli e Verlucca editore
- ^ F. M. Agnoli, Le Pasque veronesi: quando Verona insorse contro Napoleone, Rimini, Il Cerchio, 1998.
- ^ Fonte: Francesca Sofia, Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in Bibliografia.
- ^ Melchiorre Gioja - Sul problema Quale dei Governi liberi meglio convenga alla felicità dell’Italia - Dissertazione, su classicitaliani.it. URL consultato il 28 agosto 2018 (archiviato il 22 agosto 2018).
- ^ Vedi: Lodovico Antonio Muratori, Giuseppe Catalano, Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750, compilati da Lodovico Antonio Muratori e continuati sino all'anno 1827, Tomo trigesimonono Volumi 39-40, Firenze, Leonardo Marchini tip., 1827.
- ^ Vedi: Filippo Antonio Gualterio, Gli ultimi rivolgimenti italiani: Documenti - memorie storiche con documenti inediti , F. Le Monnier, 1851.
- ^ (EN) René Chartrand, Émigré & Foreign Troops in British Service, Volume 2, Osprey Publishing, 2000, pp. 20-23
- ^ Virgilio Ilari, Piero Crociani L'armata italiana di Lord Bentik
- ^ Proclama di Rimini Archiviato il 1º febbraio 2009 in Internet Archive.
- ^ Proclama di Rimini, op. cit., ibidem
- ^ Discorsi “Della servitù dell'Italia”, su internetculturale.it. URL consultato il 5 settembre 2015 (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2015).