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Minya Diez-Dührkoop, nata Julie Wilhelmine Dührkoop (Amburgo, 21 giugno 1873 – Amburgo, 17 novembre 1929), è stata una fotografa tedesca.
Biografia
modificaFiglia del fotografo Rudolf Dührkoop e di Maria Louise Caroline Matzen, ebbe una sorella maggiore di un anno, Hanna Maria Theresia. Le notizie della sorella e della madre sono estremamente scarse[1]. Della madre sono note le date di nascita e di morte (1845-1934) mentre della sorella sarebbero (1872-1911), coniugata e divorziata Appel, ma non avrebbe avuto figli. Entrambe nate e decedute ad Amburgo. Secondo la fonte Mynia ebbe anche un fratello di nome Peter Carl Ludwig, nato nel novembre 1877, il quale però sarebbe vissuto soltanto 8 mesi[2].
La sua carriera fotografica fu legata a quella del padre fin dal 1887, quando lui decise di aprire un proprio atelier e la ragazza quattordicenne gli fece da assistente, formandosi come fotografa indipendente. Com'è noto lo studio si occupava principalmente di ritrattistica secondo la moda pittorialista del tempo, anche se non mancava di ritrarre eventi cittadini, ed era divenuto famoso per la qualità e per la sua clientela alto borghese, aristocratica e per i numerosi artisti che posarono per il padre. Mynia sposò il fotografo Luis Diez Vazquez di Malaga ma non sono note le vicende professionali della coppia. Il matrimonio ebbe termine con il divorzio nel 1901 e la ragazza mantenne il cognome Diez abbinandolo a Dührkoop[3].
Nello stesso anno del divorzio accompagnò il padre a Londra e nel 1904 all'Esposizione internazionale della Luisiana, dove il fotografo Helmar Lerski (1871–1956) trovò ispirazione nelle foto dei Dührkoop. Furono tra i primi a sperimentare la innovativa introduzione al colore dei fratelli Lumière fin da quando apparve sul mercato nel 1907: l'Autocromia. L'anno successivo vennero ammessi entrambi alla Linked Ring dove incontrarono Alvin Langdon Coburn e Emil Otto Hoppé, con i quali rimasero in contatto professionale. Nel 1911, nel corso di un secondo viaggio in America vennero invitati alla Casa Bianca dal presidente William Howard Taft. Anche George Eastman, proprietario della Kodak, si fece ritrarre da Mynia[2].
I loghi utilizzati, impressi sul margine dei cartoncini delle foto o sul retro delle carte de visite, non consentono di stabilire con assoluta certezza, in questi primi anni del XX secolo, quali siano state scattate dal padre e quali dalla figlia. La situazione si chiarirà a partire dal 1906 quando il padre aprì la filiale di Berlino mentre associò la figlia che gestì la sede di Amburgo. I Dührkoop furono molto attenti alle relazioni sociali con gli ambienti artistici, in particolare Mynia fu anche una collezionista di opere d'arte e mantenne i contatti con scrittori quali Richard Dehmel e sua moglie, la poetessa Ida[1], artisti visivi come Max Pechstein, Franz Radziwill, Karl Schmidt-Rottluff[3].
Nel 1909 eseguì un lavoro nella regione dei Vierlände, una zona costituita da ex isole del fiume Elba, dove scattò fotografie delle mogli di contadini che espose in una mostra internazionale a Dresda, poi incluse nel volume "Hamburg. Land und Leute der Niederelbe" (Amburgo. Terra e gente del Basso Elba) nel 1912[2].
Nello studio di Diez-Dührkoop passarono artisti, aristocratici, politici, ma si dedicò anche alla danza. Alcuni personaggi, quale esempio del suo album: la ballerina Clotilde von Derp (1892–1974), Mary Wigman, Emil Nolde, Max Liebermann, Vladimir Horowitz, Erika Mann, gli attori Werner Fuetterer (1907–1991) e Grete Mosheim (1905–1985). Divenne membro dal 1910 del gruppo di artisti di avanguardia Die Brücke. In seguito alla morte del padre nel 1918, Diez-Dührkoop fece la spola tra i suoi studi di Amburgo e Berlino. L'anno successivo fu accolta nella GDL - Gesellschaft Deutscher Lichbildner (Società professionale dei fotografi tedeschi) che poi diventerà la Deutsche Fotografische Akademie[2].
In collaborazione con il fotochimico Gustav Koppmann (1870–1948), che ne fu l'inventore, Diéz-Dührkoop introdusse ad Amburgo nel 1924 l'innovativo processo fotografico Jos-Pe che facilitò la produzione di fotografie a colori su carta. I ritratti di personaggi di spicco realizzati da Diez-Dührkoop, in bianconero e a colori furono pubblicati sulla stampa, frontespizi di libri e in volumi fotografici. Tra il 1919 e il 1931 furono pubblicate almeno 70 cartoline con ritratti di attori e attrici e foto dal vero[2].
I Dührkoop ebbero come assistenti e/o dipendenti nel corso della loro carriera Anny Breer (1891–1969), Franz Fiedler, Max Halberstadt (1882–1940), la fotografa svizzera Mia Hesse-Bernoulli (1868–1963, Ergy Landau. Lo studio di Berlino è ancora attivo ed è gestito dai successori della famiglia Dührkoop/Appel[2].
La tecnica
modificaDiez-Dührkoop ereditò dal padre sia le competenze tecniche di ripresa che quelle raffinate della stampa in camera oscura tipiche del pittorialismo, dove padroneggiava la stampa al carbone, la gomma bicromata e l'oleotipia. Evitando pose statiche nei ritratti o nelle figure riuscì a dar loro un senso di vitalità. La sua opera fotografica raggiunse l'apice del pittorialismo classico. Pur evitando il ritocco del negativo, ella ottenne un effetto pittorico attraverso un'intensa elaborazione manuale della stampa in camera oscura, l'uso del soft focus e le tecniche di stampa di cui era specializzata.
Dalla metà degli anni Venti, Diez-Dührkoop sviluppò gradualmente la sua fotografia verso un'estetica fotografica più attenta alle nuova estetica moderna, come dimostrano alcuni dei suoi ritratti di star del cinema tedesco per l'editore di cartoline Ross. Ne sono altresì un esempio le fotografie della coppia di artisti, attori e ballerini Lavinia Schulz e Walter Holdt (1899-1924) nei loro costumi espressionisti di danza in maschera[2].
Note
modifica- ^ a b (EN) Odette M. Appel-Heyne, Rudolf Dührkoop. Commercial Pictorialist, in Università di Boston, 1972, tesi di laurea, edizioni Università del Nuovo Messico, 1981, p. 9.
- ^ a b c d e f g (DE) Klaas Dierks, Diéz-Dührkoop, Julie Minya, in Deutsche Biographie, 1º luglio 2025. URL consultato il 16 ottobre 2025.
- ^ a b (DE) Gabriele Betancourt Nuñez, Die Fotografinnen im Hamburg der zwanziger Jahre, in Dirk Hempel, Friederike Weimar (a cura di), Himmel auf Zeit. Die Kultur der 1920er Jahre in Hamburg, Wachholtz, Neumünster, 2010, p. 291.
Voci correlate
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Collegamenti esterni
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