Servitù della gleba: differenze tra le versioni
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I servizi a cui i servi della gleba erano obbligati, contrariamente a quanto accadeva nella [[schiavitù]], non avevano un carattere generico, ma erano precisamente definiti. A differenza degli schiavi, giuridicamente i servi della gleba non erano "[[bene (diritto)|cose]]" ma persone, con qualche diritto: [[proprietà privata]] (limitata ai beni mobili), possibilità di sposarsi e di avere figli ai quali lasciare un'[[eredità]]. Il [[feudatario]] non aveva potestà sulla vita del servo della gleba, che però poteva essere venduto insieme alla terra, su cui aveva l'obbligo di restare. Intaccare questo principio fu una delle forme per sgretolare la servitù della gleba.<ref>Nel 1289, il comune di [[Firenze]] vietò la vendita dei servi [http://www.storia.unive.it/_RM/didattica/fonti/cammarosano/sez2/cap10.htm RM Fonti - Le campagne nell'età comunale - II, 10] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20080307024437/http://www.storia.unive.it/_RM/didattica/fonti/cammarosano/sez2/cap10.htm |data=7 marzo 2008}}</ref> Perciò non poteva neanche esserne cacciato. Dai doveri rurali, in molte zone d'Europa, ci si poteva sottrarre anche col trasferimento in città, come avvenne in Italia con la formazione dei liberi comuni (lasciare la campagna era illegale, ma i liberi comuni proteggevano i propri cittadini da ritorsioni del signore feudale): in [[Germania]] c'era il detto ''Stadtluft macht frei'', ossia "l'aria della città rende liberi".<ref>Negli statuti della città di [[Parma]], la libertà era subordinata alla permanenza in città per 10 anni.</ref>
== Note ==
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