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Leopardo persiano [1]
Stato di conservazione
In pericolo[2]
Classificazione scientifica
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseMammalia
OrdineCarnivora
FamigliaFelidae
GenerePanthera
SpecieP. pardus
SottospecieP. pardus saxicolor
Nomenclatura trinomiale
Panthera pardus saxicolor
Pocock, 1927
Sinonimi

P. p. ciscaucasica (Satunin, 1914)
P. p. dathei Zukowsky, 1959
P. p. sindica Pocock, 1930
P. p. transcaucasica Zukowsky, 1964

Il leopardo persiano (Panthera pardus saxicolor Pocock, 1927 ), detto anche leopardo del Caucaso, è la sottospecie di leopardo originaria di Caucasia, Turkmenistan e Iran settentrionale. È minacciato in tutto il suo areale mediorientale e ne rimangono meno di 871 - 1290 esemplari adulti [2] .

Descrizione

Il leopardo persiano è una delle più grandi sottospecie di leopardo del mondo. Può misurare 75 centimetri d'altezza al garrese e pesare fino a 70 chili.

Distribuzione e habitat

Nel 1914 l'esploratore russo Satunin descrisse per la prima volta il leopardo del Caucaso, P. p. ciscaucasica, a partire da un esemplare proveniente dalla regione del Kuban, nella Caucasia settentrionale [3] . Negli anni '20 lo zoologo britannico Pocock raccolse vari esemplari provenienti da diverse aree della Persia, descrivendoli nel 1927 come leopardi persiani, P. p. saxicolor, sebbene avesse riconosciuto la loro somiglianza con P. p. ciscaucasica [4] . Oggi, questi nomi sono considerati sinonimi [5] .

In Caucasia, regione dove in passato questi animali si incontravano quasi ovunque, a eccezione delle aree steppose, l'areale del leopardo si è notevolmente ridotto. Nell'ex Unione Sovietica, la grave crisi economica che ha seguito i grandi sconvolgimenti politici e sociali del 1992 e la mancanza di un efficace sistema di protezione hanno portato ad un notevole incremento della caccia agli ungulati selvatici, alla persecuzione dei leopardi e alla frammentazione dell'areale di molte specie [6] . Nel 2008, degli 871 - 1290 esemplari adulti di leopardo

  • circa 200 - 300 sopravvivevano in Afghanistan, dove il loro status è scarsamente conosciuto;
  • meno di 10 - 13 sopravvivevano in Armenia;
  • meno di 10 - 13 sopravvivevano in Azerbaigian;
  • meno di 5 sopravvivevano in Georgia;
  • circa 550 - 850 vivevano in Iran, la roccaforte della specie nel Medio Oriente;
  • circa 3 - 4 sopravvivano nel Nagorno-Karabakh;
  • meno di 10 sopravvivevano nella Caucasia settentrionale russa;
  • meno di 5 sopravvivevano in Turchia;
  • circa 78 - 90 vivevano in Turkmenistan [2] .

Nel Caucaso Maggiore i leopardi persiani vivono in prati alpini, foreste di latifoglie e gole accidentate a 600 - 3800 metri di altitudine, mentre nel Caucaso Minore ed in Iran prediligono pendici rocciose, steppe di montagna e rade foreste di ginepro [6] .

In Armenia

In Armenia uomini e leopardi coabitano fin dagli inizi dell'Olocene. Fino alla metà del XX secolo i leopardi erano relativamente comuni sulle montagne del Paese [7] . Oggi, la roccaforte di questi animali sono i terreni impervi e scoscesi della Riserva di Khosrov, situata a sud-est di Yerevan sulle pendici sud-orientali dei Monti del Gegham, dove tra l'ottobre 2000 e il luglio 2002, in un'area di 780 kmq, sono state trovate le impronte di non più di 10 esemplari [8] . Fino a poco tempo fa i leopardi vivevano anche sulla Catena di Meghri, nell'estremo sud dell'Armenia, dove tra l'agosto 2006 e l'aprile 2007 venne immortalato da una trappola fotografica un unico esemplare; i successivi sopralluoghi sul campo alla ricerca di impronte, effettuati su un'area di 296,9 kmq, però, non riscontrarono la presenza di altri leopardi. Le prede presenti in questa zona potrebbero sostenere una popolazione di 4 - 10 leopardi, ma il tasso di bracconaggio e degli influssi esterni causati dall'allevamento del bestiame, dalla raccolta di vegetali e funghi commestibili, dalla deforestazione e dagli incendi causati dall'uomo è così elevato che supera di gran lunga il limite di tolleranza dei leopardi [9] .

In Azerbaigian

I leopardi sono presenti sui Monti Talysh, nell'estremo sud-est, dove il loro areale continua sul lato iraniano della stessa catena montuosa. Nella Riserva Statale di Ilisu, nel nord-est, sopravvivono solo pochissimi esemplari [10] .

Nonostante avvistamenti occasionali, non era certo se i leopardi vivessero ancora in Azerbaigian o se vi si fossero estinti alla fine degli anni '90, fino a che, nel marzo 2007, un esemplare non rimase immortalato da una trappola fotografica nella Riserva Statale di Girkan/Parco Nazionale di Hirkan.

In Georgia

Durante gli ultimi 60 anni vi sono stati alcuni avvistamenti di leopardi attorno all'area di Tbilisi e nella Provincia di Shida Kartli, a nord-ovest della capitale. I leopardi vivono soprattutto nelle fitte foreste, ma nel 2004 alcuni esemplari sono stati avvistati nelle zone aperte di pianura della regione sud-orientale di Kakheti [11].

In Iran

I leopardi vivono soprattutto sulle catene montuose dell'Elburz e dello Zagros. Queste catene ricoprono una vasta area che, dai confini con Turchia, Azerbaigian e Armenia, si estende fino al litorale del Caspio e al Turkmenistan e, con i Monti Elburz, fino alle regioni occidentali dell'Afghanistan. Lungo i Monti Zagros, l'areale del leopardo raggiunge il sud dell'Iran, nelle vicinanze del Golfo Persico. L'areale del leopardo persiano ricopre una vasta area dell'Iran, ma le popolazioni di questo animale sono sparse, frammentate e minacciate. Gli insediamenti e le attività umane costituiscono i maggiori fattori di rischio per la sopravvivenza della sottospecie. In Iran le prede principali del leopardo persiano sono la capra del belzoar (Capra aegagrus) e l'urial (Ovis orientalis). Occasionalmente, i leopardi catturano anche cinghiali (Sus scrofa), cervi nobili (Cervus elaphus maral) e animali domestici, come cammelli, capre, pecore o cani. Le principali minacce alla sopravvivenza del leopardo persiano in Iran sono la perdita dell'habitat a causa dell'incremento della popolazione umana, gli avvelenamenti e il bracconaggio. Il leopardo persiano è una The Persian Leopard is a flag-ship species and its presence is a sign of the health of the entire ecosystem. The Persian Leopard is an apex predator in most of Iran's provinces. The leopard's chances for survival outside the protected areas of the Department of the Environment appear very slim.


In Iran l'areale principale di questa specie si sovrappone strettamente a quello dello stambecco dal bezoar. Quindi, si trova in tutte le catene montuose dell'Alborz e dello Zagros, così come sulle più piccole catene dell'altopiano iranico. La popolazione di leopardo sta diminuendo, a causa della distruzione dell'habitat, della perdita delle prede naturali e della frammentazione delle popolazioni, ma in questi luoghi vive ancora la maggior parte degli esemplari di leopardo persiano. In Iran alcuni scienziati (Kiabi et al 2002) hanno stimato una popolazione di 550-850 individui.

In passato erano presenti numerose popolazioni nel Khorasan settentrionale e nelle province di Golestan, Mazandaran, Gilan, Fars, Ardabil, Kurdistan, Lorestan, Azarbaijan occidentale, Chaharmahal e Bakhtiari, Kohgiluyeh e Boyer-Ahmad ed Esfahan. Solitamente non si inoltrano all'interno del deserto delle regioni centrali. Oltre agli stambecchi dal bezoar, pecore selvatiche, cinghiali, cervi (sia cervi rossi maral che caprioli) e animali domestici costituiscono la dieta dei leopardi in Iran.

Alimentazione/Caccia

La dieta di un leopardo varia a seconda del luogo dove vive. La dieta del leopardo persiano va da piccoli mammiferi e uccelli ad animali più grandi, come cervi, antilopi, stambecchi dal bezoar e, occasionalmente, cinghiali. Quest'animale si avvicina silenziosamente alla sua preda per poi saltarle addosso e finirla con un morso alla gola.

Biologia

Il leopardo persiano ha un periodo di gestazione che va dai 90 ai 105 giorni. Le femmine raggiungono la maturità sessuale a circa due anni e mezzo di età. Le cucciolate comprendono solitamente di 2-4 piccoli.

Minacce

Questa specie è classificata come minacciata e il suo commercio è vietato dalle leggi internazionali. Il leopardo persiano è minacciato a causa delle persecuzioni subite, della distruzione dell'habitat e del bracconaggio. È anche uno degli animali dell'Asia occidentale che ha sofferto di più a causa delle guerre che hanno devastato le catene montuose in cui vive.

Note

  1. ^ (EN) D.E. Wilson e D.M. Reeder, Panjabi/Prove, in Mammal Species of the World. A Taxonomic and Geographic Reference, 3ª ed., Johns Hopkins University Press, 2005, ISBN 0-8018-8221-4.
  2. ^ a b c (EN) Nowell, K., Breitenmoser-Wursten, C., Breitenmoser, U. (Cat Red List Authority) & Hoffmann, M. (Global Mammal Assessment Team) 2008, Panjabi/Prove, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  3. ^ Satunin, K.A. (1914) Key of the Mammals of the Russian Empire. Vol. 1: Chiroptera, Insectivora and Carnivora. Tiflis: Tiflis : Tipografīi︠a︡ Kant︠s︡eli︠a︡rīi nami︠e︡stnika E.I.V. na Kavkazi︠e︡ (in Russian)
  4. ^ Pocock, R.I. Description of two subspecies of leopards. Annals and magazine of Natural History, Series 9, no. 20: 213–214
  5. ^ Khorozyan, I. G., Gennady, F., Baryshnikov, G. F., Abramov, A. V. (2006) Taxonomic status of the leopard, Panthera pardus (Carnivora, Felidae) in the Caucasus and adjacent areas. Russian Journal of Theriology 5(1): 41–52. pdf
  6. ^ a b Breitenmoser, Ch. and U. (eds.) Status of the leopard in the Caucasus. Cat News Special Issue N° 2, May 2007 summaries online
  7. ^ Khorozyan, I. (2003) The Persian leopard in Armenia: research and conservation. Proceedings of Regional Scientific Conference “Wildlife Research and Conservation in South Caucasus”, 7–8 October 2003, Yerevan, Armenia: 161-163
  8. ^ Khorozyan, I., Malkhasyan, A. (2002) Ecology of the leopard (Panthera pardus) in Khosrov Reserve, Armenia: implications for conservation. Scientific Reports of the Zoological Society “La Torbiera” 6: 1–41
  9. ^ Khorozyan, I., Malkhazyan, A. G., Abramov, A. (2008) "Presence – absence surveys of prey and their use in predicting leopard (Panthera pardus) densities: a case study from Armenia." Integrative Zoology 2008, 3: 322-332
  10. ^ WWF (2007) Strategy for the Conservation of the Leopard in the Caucasus Ecoregion. Strategic Planning Workshop on Leopard Conservation in the Caucasus. Tbilisi, Georgia, 30 May – 1 June 2007 pdf
  11. ^ Antelava, Natalia. Lone leopard spotted in Georgia. BBC News. 2004. 1 July, 2007. http://news.bbc.co.uk/2/hi/science/nature/3746491.stm


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Sciacallo egiziano [1]
 
Classificazione scientifica
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseMammalia
OrdineCarnivora
FamigliaCanidae
GenereCanis
SpecieC. aureus
SottospecieC. a. lupaster
Nomenclatura trinomiale
Canis aureus lupaster
Hemprich ed Ehrenberg, 1833
Sinonimi

C. a. sacer Hemprich ed Ehrenberg, 1833

Lo sciacallo egiziano (Canis aureus lupaster Hemprich ed Ehrenberg, 1833), noto anche come sciacallo lupo, è una sottospecie di sciacallo dorato originario di Egitto e delle regioni nordafricane circostanti, ma nel post Pleistocene il suo areale comprendeva anche la Palestina [2] .

Tassonomia

 
An "Arabian wolf jackal", as photographed in Roosevelt in Africa, 1910

In passato, la questione se C. a. lupaster fosse un grosso sciacallo o un piccolo lupo è stata oggetto di numerosi dibattiti. Il primo a parlare di lupi in Egitto fu Aristotele, che li descrisse come animali più piccoli della razza greca. Georg Ebers scrisse che il lupo era uno degli animali sacri dell'Egitto, sottolineando che appartenesse ad una «varietà più piccola» di quella europea e facendo notare che il nome Lykopolis, la città dell'Antico Egitto dedicata ad Anubi, significa «città del lupo» [3] . Alcuni autori non considerano questa una prova attendibile dell'esistenza di lupi in Egitto, dato che tale nome venne conferito dai Greci e non dai fondatori egiziani [4] . Hemprich ed Ehrenberg, dopo aver notato varie somiglianze con gli sciacalli nordafricani ed i lupi, dettero alla specie il nome scientifico di Canis lupaster. Anche Thomas Henry Huxley, notando similitudini tra i crani del lupaster e dei lupi indiani, classificò questa specie come un lupo. Tuttavia, Ernst Schwarz, nel 1926, ritenne che il lupaster . Ferguson (1981) rejected this classification, and argued in favour of lupaster being a species of wolf, based on cranial measurements.[3] A comparative genetic analysis undertaken by the University of Leeds on Egyptian and Israeli jackals, as well as on wolves from Saudi Arabia and Oman, revealed that the classification of lupaster as a jackal could be valid, as there was a sequence divergence of only 4.8% between Egyptian and Israeli jackals.[5]

Description

It is a large subspecies standing some 41 cm (16 in) in shoulder-height, with a total length of about 127 cm (50 in),[6] thus exceeding the European jackal in size.[7] The skull is almost indistinguishable in size from that of the Indian Wolf, though the teeth of the Egyptian jackal are not as large.[8] The body is stoutly built, with proportionately short ears. The pelt is yellowish grey on the upper parts, and is mingled with black, which tends to collect in streaks and spots. The muzzle, the backs of the ears, and the outer surfaces of both pairs of limbs are reddish yellow, the margins of the mouth arc white, and the terminal half of the tail is darker than the back, with a black tip.[6] They do not form packs, instead being mostly found either singly or in pairs.[9]

Role in Egyptian culture

 
Life sized Anubis statue from the Tomb of Tutankhamun (Cairo Museum)

The Ancient Egyptian god of embalming, Anubis, was portrayed as a jackal-headed man, or as a jackal wearing ribbons and holding a flagellum. Anubis was always shown as a jackal or dog coloured black, the color of regeneration, death, and the night. It was also the color that the body turned during mummification. The reason for Anubis' animal model being canine is based on what the ancient Egyptians themselves observed of the creature - dogs and jackals often haunted the edges of the desert, especially near the cemeteries where the dead were buried. In fact, it is thought that the Egyptians began the practice of making elaborate graves and tombs to protect the dead from desecration by jackals. Duamutef, one of the Four Sons of Horus and a protection god of the Canopic jars, was also portrayed as having jackal-like features.

Author Michael Rice argues that the Egyptian jackal may have played a large part in the creation of Ancient Egyptian hunting hounds, pointing out how one specific breed (the Pharaoh hound), has vocalisations similar to golden jackals, including the latter species' ability to almost mimic the calls of their human masters. Among other similarities, Pharaoh hounds tend to give ritual "noddings and groanings" to people they encounter for the first time, and tend to be monogamous, and only choose to mate with members of the same breed.[4]

Descrizione

Solitamente presenta un manto grigio-beige molto sfumato o giallo sporco ed una corporatura molto esile. Si incontra molto raramente solo in aree localizzate. Pesa 10-15 kg. I naturalisti del passato, confusi dall'aspetto simile a quello del lupo arabo, ritennero che fosse imparentato con esso.[senza fonte] Attualmente non esistono leggi protettive riguardanti questo animale e le ultime stime dicono che rimangano ancora solamente 30-50 sciacalli egiziani.[senza fonte]


Ricerche e studi genetici

 
Sciacallo dorato siriano - parente stretto dello sciacallo egiziano

C. a. lupaster sembra essere la sottospecie di C. aureus di maggiori dimensioni (Ferguson, 1981). Lo sciacallo egiziano venne originariamente descritto come C. lupaster ed è più grosso, più pesante ed ha zampe più lunghe del C. aureus comune (Ferguson, 1981). Basandosi sulla forma del cranio, della mandibola e dei denti, Ferguson sostenne che questo taxon doveva essere considerato come una piccola specie di lupo del deserto. Ciò è alla base dell'errata classificazione dello sciacallo egiziano come una forma di lupo.

Soprattutto le caratteristiche del cranio e dei denti ne confermano l'appartenenza allo sciacallo dorato, nonostante la mandibola allungata e dal fondo piatto.

Una divergenza nella sequenza del 4,8% tra gli sciacalli egiziani e israeliani suggerisce che la designazione Canis aureus lupaster per gli sciacalli egiziani non è molto equilibrata. Inoltre, è stata riscontrata una certa ibridizzazione nelle popolazioni egiziane, la quale indica degli eventi di introgressione con altri sciacalli e cani inselvatichiti, o tra sciacalli e lupi grigi.

In uno studio è stata investigata la struttura genetica delle popolazioni di sciacallo dorato egiziano, la quale è stata confrontata con quella degli esemplari che vivono in Israele e con quella dei lupi dell'Arabia Saudita e dell'Oman. Le analisi tramite l'uso del citocromo b nell'mtDNA confermano che nelle popolazioni di sciacallo egiziano e di Israele non vi è alcuna variabilità genetica, ma solo dei differenti aplotipi, che indicano forse due indipendenti eventi di evoluzione a collo di bottiglia (Masters Courses in Biodiversity & Conservation, progetti egiziani).

Il lupo egiziano (Wilson & Reeder, 2005), sulla base delle ricerche del DNA, viene ora classificato come una sottospecie di sciacallo dorato e non di lupo grigio[1]. Lo sbaglio era stato causato dal caratteristico profilo da lupo grigio, con zampe lunghe ed orecchie più grandi di quelle degli altri sciacalli [2].


Mitologia

 
Raffigurazione del Dio Anubi con le sembianze dello sciacallo

Lo sciacallo dorato egiziano potrebbe essere l'animale che nella mitologia egiziana ha dato gli attributi al dio Anubi.

Anubi veniva rappresentato come un uomo con la testa di uno sciacallo dorato. Il dio-sciacallo era una delle divinità più importanti.

Lo sciacallo dorato egiziano di Anubi era di colore nero, con lunghe orecchie e muso appuntito.

Note

  1. ^ (EN) D.E. Wilson e D.M. Reeder, Panjabi/Prove, in Mammal Species of the World. A Taxonomic and Geographic Reference, 3ª ed., Johns Hopkins University Press, 2005, ISBN 0-8018-8221-4.
  2. ^ The Domestication and Exploitation of Plants and Animals by Peter Ucko, G. Dimbleby, published by Aldine Transaction, 2007, ISBN 0202361691
  3. ^ a b Ferguson, W.W. 1981. The systematic of Canis aureus lupaster (Carnivora : Canidae) and the occurrence of Canis lupus in North Africa, Egypt and Sinai, Mammalia 4: 459-465.
  4. ^ a b Swifter than the arrow: the golden hunting hounds of ancient Egypt by Michael Rice, published by I.B.Tauris, 2006, ISBN 1845111168
  5. ^ The distribution and abundance of golden jackels in Egypt, Faculty of Biological Sciences, University of Leeds
  6. ^ a b The game animals of Africa (1908) by Richard Lydekker, published by London, R. Ward, limited
  7. ^ Conservation Action Plan for the golden jackal (Canis aureus) in Greece (PDF), su lcie.org, WWF Greece. URL consultato il 31 luglio 2007.
  8. ^ The great and small game of India, Burma, and Tibet, (1907) by Richard Lydekker, published by London, R. Ward, limited
  9. ^ Volume 3 of The Manners and Customs of the Ancient Egyptians: Including Their Private Life, Government, Laws, Arts, Manufacturers, Religion, Agriculture, and Early History : Derived from a Comparison of the Paintings, Sculptures, and Monuments Still Existing, with the Accounts of Ancient authors by Sir John Gardner Wilkinson, published by John Murray, 1847

Bibliografia

  • Wilson, D. E., and Reeder, D. M. (eds) Mammal Species of the World, 3rd edition, Johns Hopkins University Press. ISBN 0-801-88221-4.
  • Field Guide to the Mammals of Egypt, A (Hoath, Richard, 2003), American University in Cairo Press, ISBN 977 424 809 0

Altri progetti

Collegamenti esterni

  • The Wild Canines of Egypt (Mark Hunter) the Feature Story.
  • Uniwersity of Leeds.Faculty of Biological sciences. Masters Courses in Biodiversity & Conservation. The distribution and abundance of golden jackels in Egypt. Abstract