Frammentazione della Democrazia Cristiana

soggetti politici democristiani dopo lo scioglimento della Democristiana Cristiana
Voce principale: Democrazia Cristiana.

Nell'ottobre 1942 con la fondazione della Democrazia Cristiana (DC) fu realizzata la fusione fra il disciolto Partito Popolare Italiano di Alcide De Gasperi e il Movimento Guelfo d'Azione di Piero Malvestiti. Si realizzava così l'unità politica dei cattolici italiani che caratterizzerà la politica italiana dal 1944 al 1993. In tale periodo la DC sarà sempre il primo partito d'Italia, sostenuto da Vaticano e USA in chiave anticomunista, in ossequio ai patti della Conferenza di Yalta del 1945.

Malgrado il mondo cattolico prevedesse al suo interno una larga diversità di sensibilità, finché è esistita la DC, si è sempre parlato, sostanzialmente, di unità politica dei cattolici italiani, in quanto il panorama politico repubblicano offriva solo alternative laiche o neofasciste. L'unità venne meno nel corso degli anni Novanta, quando all'esterno il crollo dell'URSS e all'interno l'emergere della Lega Nord e le inchieste giudiziarie di Mani pulite stimolarono una progressiva disaffezione dell'elettorato verso la DC.

Fra il 1991 e il 1995 la DC si dimostra inadeguata a rinnovarsi conservando la propria unità davanti alle sfide poste dalla cosiddetta seconda Repubblica. Ne conseguono una serie di scissioni che porteranno alla diaspora politica dei cattolici italiani.

I primi cambiamenti del panorama politico italiano (1991-1992)

Il 24 gennaio 1991 Leoluca Orlando trasformò la sua corrente, il Movimento per la Democrazia - La Rete collocato nella sinistra democristiana, in un partito politico con cui parteciperà alle elezioni regionali siciliane nel giugno dello stesso anno, ed alle eleziono politiche dell'anno successivo. Fu la prima scissione di una corrente dal partito dalla fondazione della Democrazia Cristiana.

Nello stesso periodo, facendo seguito a quanto annunciato nel novembre 1989, il Partito Comunista Italiano, tradizionale antagonista della DC sin dalla nascita della Repubblica italiana, si sciolse il 3 febbraio 1991, trasformandosi in Partito Democratico della Sinistra e abbandonando di conseguenza il suo riferimento al comunismo. Viene meno per molti elettori moderati la necessità di votare DC in funzione anticomunista.

Il mondo politico e l'opinione pubblica furono inoltre scossi nel marzo 1992 dall'uccisione ad opera della mafia di Salvo Lima[1], leader siciliano della corrente politica di Giulio Andreotti, un omicidio che lasciava sospettare collusioni fra DC e mafia[2].

Il 5 aprile 1992 le elezioni politiche videro per la prima volta la DC scendere sotto la soglia del 30% dei voti, a cui contribuì una forte emorragia di voti a favore dei partiti autonomisti nelle tradizionali "regioni bianche" dell'Italia settentrionale. Il fatto poi che l'insieme del quadripartito che sosteneva il governo Andreotti VII fosse sotto il 49%, dimostrò che con la DC entrava definitivamente in crisi un intero sistema politico.

La DC di Martinazzoli (1992-1994)

La DC uscita dalle elezioni politiche del 1992 ha sostanzialmente il problema di rinnovarsi preservando la sua unità. A sostenere ciò in quei mesi è anche un gesuita teologo e politologo del calibro di padre Bartolomeo Sorge, che il 20 giugno 1992 intervistato da Panorama avverte che «se dovesse fallire l'ennesimo tentativo di rinnovamento della DC, dalla tradizione cattolico-democratica gemmerà spontaneamente, come partito rinnovato, il vero Partito popolare di Sturzo». A quel punto «la vecchia Dc, ulteriormente ridimensionata, potrebbe trasformarsi nel polo conservatore della politica italiana». Per evitare scissioni dalla DC «dovrebbero verificarsi tre condizioni: chiaro cambiamento di classe dirigente, riforma interna del partito e un programma politico forte»[3].

Dimessosi Forlani[4], il 12 ottobre 1992 il Consiglio Nazionale della DC elesse per acclamazione nuovo segretario del partito Mino Martinazzoli[5], che si orientò da subito per un rinnovo profondo della struttura partito che doveva dirigere. Quindici giorni dopo Rosa Russo Jervolino divenne presidente del Consiglio Nazionale in sostituzione di Ciriaco De Mita[6].

Il 2 dicembre successivo Franco Marini presentò un piano "per il rilancio organizzativo del partito all'insegna del rinnovamento" che prevedeva anche l'azzeramento del tesseramento. Lo scopo dichiarato era quello di costruire un nuovo partito che sapesse attirare sulla base di un programma e di un'idea, e non per il cosiddetto "spauracchio del comunismo" o perché partito di potere[7][8].

Vista la pesante sconfitta (dal 36 al 24% di voti) alle elezioni amministrative del 13 e 14 dicembre, la Direzione Nazionale DC affrettò il passo nel cammino del rinnovamento e su Il Popolo del 31 dicembre venne pubblicato il Manifesto di adesione alla DC[9][10].

Alla fine del gennaio 1993 Martinazzoli propose come meta una «Camaldoli 2», con riferimento al Codice di Camaldoli del 1943-1945 che tracciava idee e principi ai quali la DC più o meno si attenne nei decessi successivi.

Il 26 marzo venne approvato il Codice deontologico del democristiano[11], ma tre giorni dopo Mario Segni lasciò la Dc per scetticismo sulla reale efficacia dell'operato di Martinazzoli[12][13].

Il 18 aprile un referendum, appoggiato anche dalla DC, abrogò la legge elettorale proporzionale. Fu chiaro che si andava verso una Seconda Repubblica e la DC cercava di adeguarsi al meglio al nuovo clima politico.

Il 23 giugno al Giornale Radio 2, Martinazzoli azzardò l'idea di un nuovo partito da chiamare Centro Popolare[14]. Il partito reagì male[15] e il 25 giugno alla riunione della Direzione Nazionale del partito Martinazzoli smentì di voler sciogliere la DC e si dimise da segretario. Le sue dimissioni furono respinte all'unanimità e la Direzione Nazionale accordò nuovamente la fiducia sul progetto di rinnovamento della DC[16].

Il 10 luglio il segretario regionale del Veneto, Rosy Bindi, giocò d'anticipo e insieme a tutta la DC veneta chiese da Abano Terme «una nuova formazione politica, democratica e popolare»[17][18].

Circa due settimane dopo, a Roma si tenne l'Assemblea programmatica costituente (23-26 luglio), nella quale Martinazzoli lanciò l'idea di aprire la «terza fase storica della tradizione cattolico-democratica» con «un partito nazionale di programma, fondato sul valore cristiano della solidarietà» da chiamare «Partito Popolare». Ad ascoltarlo erano presenti 500 persone divise a metà tra membri della DC e personalità del cattolicesimo e non solo[19][20][21][22][23].

L'Assemblea concluse i suoi lavori approvando un documento politico che dava un pieno mandato di fiducia a Martinazzoli di costruire un Partito Popolare sulle ceneri della DC: «L'Assemblea decide di dar vita al nuovo soggetto politico di ispirazione cristiana e popolare, destinato ad aprire la terza fase della presenza dei cattolici democratici nella storia d'Italia. E dà mandato al segretario politico di adottare ogni iniziativa a tal fine necessaria, conferendogli i poteri per la gestione straordinaria e per la tempestiva preparazione e convocazione del Congresso del nuovo partito».

Unico a votare contro fu l'economista Ermanno Gorrieri[24], il quale l'11 settembre successivo lascerà la DC per fondare il Movimento dei Cristiano Sociali[25] con Pierre Carniti, Paola Gaiotti, Luciano Guerzoni, Gianni Mattioli, Laura Rozza, Luigi Viviani e altri sindacalisti ed ex-aclisti[26]. La DC perdeva così con una scissione la sua estrema sinistra, anche se la cosa non crea grandi traumi nel corpo del partito.

Un mese dopo l'Assemblea programmatica, Martinazzoli fissò il mese di gennaio 1994 come data di fondazione del PP[27].

Intanto continuava l'emorragia di voti: le elezioni amministrative del 21 e 22 novembre videro la DC attestarsi all'11,2% nei comuni sopra i 15mila abitanti. La DC entrava in fibrillazione e il 24 Clemente Mastella chiese un congresso nazionale immediato nel quale si sarebbe candidato alla segreteria[28]. Per Martinazzoli il congresso restava convocato per il 18 gennaio successivo, 75° anniversario della nascita del PPI di Luigi Sturzo[29].

Fu l'inizio di un mese intenso dove la convivenza delle varie componenti DC divenne sempre più difficile. Al centro del dibattito vi era la questione della linea politica che avrebbe dovuto tenere il futuro partito. Il 2 dicembre il capogruppo alla Camera dei Deputati Gerardo Bianco chiese di andare verso «il filone liberal-democratico e del socialismo riformista»[30]. Il 16 dicembre Pier Ferdinando Casini e altri 75 centristi circa chiesero a Martinazzoli di «verificare la possibilità di creare un grande rassemblement popolare e moderato, che sia coerente con il nostro patrimonio di valori ideali e programmatici e che veda assieme cattolici e laici, compenetrando la dottrina sociale della Chiesa e la cultura liberal democratica»[31]. Intanto il 13 dicembre Rocco Buttiglione si era candidato alla guida del PPI[32].

Il 30 dicembre Casini e Mastella presentarono il loro progetto volto a ottenere un PPI nettamente contrapposto alla coalizione del PDS e per questo alleato della Lega Nord, del Patto Segni, dell'ancora non nata Forza Italia di Silvio Berlusconi ed eventualmente anche del nuovo MSI-Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini[33][34].

Ma la corrente centrista di Casini e Mastella durò poco: nonostante la Lettera ai vescovi italiani sulle responsabilità dei cattolici nell'ora presente scritta il 6 gennaio 1994 (ma divulgata il 10) da papa Papa Giovanni Paolo II[35][36][37], il 13 avvenne la spaccatura del partito. Quel giorno, infatti, Casini e Mastella rendono noti i propri coordinatori regionali alternativi a quelli nominati da Martinazzoli[38]. Falliscono così gli ultimi tentativi di ricucire condotti da Ciriaco De Mita e a Francesco Cossiga[39]. Il contrasto interno al partito venne così spiegato da Buttiglione su Il Popolo: «Il problema di fondo sta nella scelta strategica del nuovo partito, cioè nell'essere alternativo al PDS. I centristi da questo traggono però quasi automaticamente una conseguenza sbagliata, quella di un'alleanza con Lega, Berlusconi e MSI».

Tra Ppi e Ccd (1994)

La mattina del 18 gennaio 1994 nasce il Centro Cristiano Democratico (CCD) di Casini e Mastella, il quale da subito avvia colloqui con Berlusconi[40] che proprio quello stesso giorno fonda il Movimento Politico Forza Italia.

Nel pomeriggio nasce invece il Partito Popolare Italiano (PPI) all'Istituto Sturzo[41].

Il giorno dopo i parlamentari DC aderiscono in massa al nuovo PPI, tranne 22 deputati che si dichiarano del CCD[42]. L'Osservatore Romano auspica ancora «la ricomposizione e l'unità».

Con queste premesse, il 22 si tiene, presso il palazzo dei Congressi di Roma, l'Assemblea Costituente del nuovo Partito Popolare Italiano[43].

Il 29 gennaio il Consiglio Nazionale della DC scioglie il partito[44] e il 31 sarà riconosciuto al CCD il 15% del patrimonio DC[45]. È del PPI «la prevalente utilizzazione dello scudo crociato».

Tutto ciò avviene alla vigilia delle elezioni politiche del 1994, indette per il 27 e 28 marzo. Coerentemente con quanto dichiarato in precedenza, Martinazzoli rifiuta l'idea di un'alleanza elettorale con Berlusconi, Bossi e Fini (17 febbraio) e lancia invece (25 febbraio) un polo centrista, il Patto per l'Italia, con Giuliano Amato, Giorgio La Malfa e Mario Segni, quest'ultimo candidato alla Presidenza del Consiglio.

Le elezioni saranno un flop (11,1% per il PPI) e il 30 marzo Martinazzoli dà le dimissioni[46]. Il 29 luglio il I Congresso Nazionale del PPI elegge segretario nazionale Rocco Buttiglione col 55% dei voti. Contraria la sinistra del partito (Martinazzoli compreso) che contrappose Giovanni Bianchi prima, e Nicola Mancino poi[47]. Bianchi diverrà comunque presidente del Consiglio Nazionale[48].

L'uscita del CDU dal PPI (1995)

Fallito il polo centrista e caduto il Governo Berlusconi I (21 dicembre 1994), resta irrisolta la collocazione del PPI nel nuovo bipolarismo italiano. Il CCD invece conferma la piena adesione al Polo delle Libertà di Berlusconi.

Buttiglione comincia a forzare per traghettare il PPI verso il polo berlusconiano. Il 27 gennaio 1995 è presente al congresso di scioglimento del Movimento Sociale Italiano e di fondazione di Alleanza Nazionale[49]. Buona parte del PPI insorge, vedendo tradite le radici antifasciste della cultura democristiana[50], ma il 30 Buttiglione rilancia suggerendo che il PPI «potrebbe valutare il ragionevole rischio di allearsi con Alleanza Nazionale fin dalle prossime elezioni regionali»[51].

Il 2 febbraio sono invece i capigruppo popolari di Camera e Senato, Beniamino Andreatta e Nicola Mancino, col presidente Bianchi a forzare in senso opposto formalizzando la candidatura del popolare Romano Prodi alla guida di uno schieramento di centrosinistra[52]. L'iniziativa viene però accolta male dalla dirigenza del PPI che deferisce i tre al Collegio dei Probiviri, i "giudici" interni del PPI[53].

In vista delle amministrative del 23 aprile 1995, Buttiglione firma l'8 marzo un accordo elettorale col Polo[54]. L'accordo però viene clamorosamente bocciato tre giorni dopo dal Consiglio Nazionale del partito con 102 voti contro 99. Su quel voto Buttiglione aveva posto la questione di fiducia, ma rifiuta comunque di dimettersi perché a suo dire il voto del Cn è irregolare, in quanto il presidente Bianchi non aveva ammesso al voto tre consiglieri sospesi dal partito perché indagati dalla magistratura[55].

Buttiglione appronta dunque un ricorso presso i probiviri che il 14 marzo viene accolto con 5 voti a favore, tre contro e un astenuto[56]. Due giorni dopo però il Cn, presente al 53%, elegge all'unanimità nuovo segretario Gerardo Bianco[57]. Buttiglione risponde sospendendo i 114 consiglieri che hanno partecipato all'elezione di Bianco[58]. Da questo momento in poi esistono due PPI, l'uno di Bianco e l'altro di Buttiglione, ognuno legittimato da un organo diverso di partito (il Cn per il primo, i Collegio dei Probiviri per il secondo).

A questo punto anche il Vaticano cessa di auspicare un'unità politica delle forze cattoliche e capisce che in Italia si è chiusa un'era. Il 27 marzo a Loreto il card. Camillo Ruini, al tempo presidente della Conferenza Episcopale Italiana, dichiara: «Eventi recentissimi e dolorosi hanno condotto ad un’ulteriore e più grave frattura nella rappresentanza politica che fa riferimento all’ispirazione cristiana. È andato così ancora più avanti e sembra praticamente giunto a compimento quel processo che, nell’arco di alcuni anni, ha visto declinare l’impegno unitario organizzato dei cattolici italiani in ambito politico»[59].

Alle elezioni amministrative il PPI di Bianco è costretto a presentarsi con un nuovo simbolo (un gonfalone con scritto popolari)[60][61], mentre Buttiglione si presenta in lista unica con Forza Italia come Polo Popolare[62].

Il 3 giugno il Tribunale civile di Roma, riconosce la legittimità e regolarità di riunioni e delibere del Consiglio Nazionale e annulla le espulsioni e sospensioni decretate da Buttiglione[63].

Tra il 23 e il 24 giugno viene scritta la parola fine del contenzioso aperto da Buttiglione. A Cannes, dove è in corso una riunione del Partito Popolare Europeo di Wilfred Martens, grazie a quest'ultimo i democristiani si accordano per lasciare il PPI e il quotidiano Il Popolo a Bianco, mentre Buttiglione potrà ricominciare con un nuovo partito che possa usare lo storico scudo crociato Dc e il settimanale La Discussione, in cambio i buttiglioniani non potranno usare espressioni come "popolare" e affini. Entrambi, infine, potranno entrare nell'Internazionale democristiana[64].

Tra il 29 giugno e il 1º luglio il II congresso del PPI (al quale si presentano 512 delegati su 862, il 59% circa dei delegati del congresso precedente), revoca all'unanimità Buttiglione dalla carica di segretario per sostituirlo con Bianco[65]. Viene anche approvato il nuovo simbolo del gonfalone crociato e gli accordi di Cannes, seppur con qualche protesta[66].

Il 23 luglio 1995 Buttiglione fonda così i Cristiani Democratici Uniti (CDU)[67].

Note

  1. ^ Folli Stefano, Cossiga: c'è dietro il mercato delle preferenze in Corriere della Sera, 14 marzo 1992
  2. ^ Cfr. Paul Ginsborg, Storia d’Italia 1943-1996. Famiglia, società, Stato, Einaudi, Torino 1998.
  3. ^ 'INEVITABILE LA SCISSIONE NELLA DC'
  4. ^ Mantova, il trionfo della Lega. bufera democristiana. Forlani e De Mita lasciano
  5. ^ Consiglio Nazionale della DC: l'elezione di Mino Martinazzoli a Segretario della DC
  6. ^ Consiglio Nazionale della DC OdG: elezione del Presidente del Consiglio Nazionale della DC Rosa Russo Jervolino
  7. ^ DC, si ricomincia da 20 mila lire
  8. ^ LA POLITICA VA IN LAVANDERIA
  9. ^ 'TESSERE AZZERATE, FACCE NUOVE' LA SCOMMESSA DI MARTINAZZOLI
  10. ^ DC, signori delle tessere addio
  11. ^ DECALOGO FERREO PER IL POLITICO DC
  12. ^ Mario Segni lascia la Democrazia Cristiana
  13. ^ governo, venti di crisi. Segni lascia la DC
  14. ^ LA DC FINISCE IN SOFFITTA
  15. ^ lo Scudocrociato si scioglie, anzi no
  16. ^ dal Papa un aiuto a Martinazzoli
  17. ^ "Per una nuova formazione politica, democratica e popolare" Assemblea Costituente della DC Veneta
  18. ^ DC, la Bindi propone il modello veneto
  19. ^ "Per l'Italia una nuova presenza popolare" Assemblea programmatica costituente della DC (23/7/1993)
  20. ^ "Per l'Italia una nuova presenza popolare" Assemblea programmatica costituente della DC (24/7/1993)
  21. ^ "Per l'Italia una nuova presenza popolare" Assemblea programmatica costituente della DC (25/7/1993)
  22. ^ "Per l'Italia una nuova presenza popolare" Assemblea programmatica costituente della DC (26/7/1993)
  23. ^ muore la Dc, vive lo Scudo crociato. L'ASSEMBLEA COSTITUENTE Cinque minuti di battimani al segretario Ma lui avverte: "Mi voglio dimettere al congresso. E stavolta lo faccio sul serio"
  24. ^ riforma subito: primo test per il nuovo centro di Mino
  25. ^ neo movimento di Gorrieri
  26. ^ "In vista delle elezioni politiche c'e' una nuova presenza nello schieramento progressista: I "Cristiano-Sociali". Non sono un partito, ma....." org. dalla Convenzione Nazionale Costituente dei "Crisitiano-Sociali"
  27. ^ ALL'INIZIO DEL PROSSIMO ANNO L'ULTIMO CONGRESSO DELLA DC
  28. ^ DC, tra i tormenti s'avanza Mastella
  29. ^ Martinazzoli chiede rinforzi a Segni
  30. ^ 'IO, PRESIDENTE DELL'ITALIA MODERATA'
  31. ^ ultimatum dei "centristi" a Martinazzoli. subito il nuovo partito, ma chiuso al PDS
  32. ^ 'IO LEADER DC E IL GENIALE BERLUSCONI...'
  33. ^ "Idee guida di un programma politico e di governo per l'Italia moderna" programma dei "neocentristi" della DC
  34. ^ i centristi: contro la Quercia si sta anche con il Carroccio
  35. ^ il richiamo e i silenzi
  36. ^ il Papa: Italia unita e cattolica
  37. ^ il Papa: cattolici accettate la sfida
  38. ^ DC e PSI, tormentato addio al Vecchio
  39. ^ Cossiga e C. per rattoppare le pezze dc
  40. ^ ma i centristi lasciano la vecchia casa
  41. ^ "I principi ispiratori del nuovo Partito Popolare" in occasione del 75° anniversario della fondazione del Partito Popolare Italiano
  42. ^ PPI, primo giorno con la lite sull' eredità
  43. ^ Assemblea costituente del PPI
  44. ^ il PPI ha un problema, si chiama De Mita
  45. ^ ai centristi 15 per cento dell'ex DC
  46. ^ pace con Bossi, sì al governo Berlusconi
  47. ^ I Congresso Nazionale del Partito Popolare Italiano
  48. ^ Buttiglione: cattolici, ma solo col cuore
  49. ^ Applausi a Cossiga e Pds. A Buttiglione tanti fischi
  50. ^ La Bindi: Rocco non doveva andare da An
  51. ^ "Con An", e il Ppi si ribella a Buttiglione
  52. ^ La sfida di Prodi "partendo dal Centro"
  53. ^ Alleanze, Ppi spaccato: processo alla sinistra interna
  54. ^ Buttiglione sceglie il Polo
  55. ^ Popolari, Buttiglione battuto per tre voti
  56. ^ Popolari, Buttiglione torna in gioco
  57. ^ Ppi, due segretari. Ed è subito guerra
  58. ^ Buttiglione espelle metà del partito
  59. ^ Card. Camillo Ruini, Rafforzare le radici morali e spirituali della convivenza riproponendo a tutti il Vangelo della fraternità umana. Prolusione ai lavori della sessione primaverile del Consiglio Episcopale Permanente della Conferenza Episcopale Italiana tenuta a Loreto, del 27-3-1995, n. 5, in L’Osservatore Romano, 27-28/3/1995
  60. ^ Popolari, il giudice crea due partiti
  61. ^ Ppi, la sinistra vuol far decadere Rocco
  62. ^ Regione, corsa all'ultima lista
  63. ^ Buttiglione vince, Bianco non perde
  64. ^ "A Rocco lo Scudo, a Gerardo il nome"
  65. ^ Prodi: la coalizione non è un tram per il voto
  66. ^ ANCHE D'ALEMA IN TRIONFO BIANCO RIELETTO
  67. ^ Buttiglione: addio Ppi, è tempo di Cdu

Bibliografia

  • Massimo Franco, Tutti a casa. Il crepuscolo di mamma DC, A. Mondadori, 1993.
  • Mino Martinazzoli, La terza fase, La Quadra, 1993.
  • Giusto Pala, La Democrazia cristiana e i cattolici. Rinnovamento o crisi di rigetto?, Edizioni dehoniane, 1993.
  • Marco Follini, C'era una volta la DC, il mulino, 1994.
  • Paola Gaiotti de Biase, Il potere logorato. La lunga fine della Dc, cattolici e sinistra, Edizioni associate, 1994.
  • Luigi Granelli, Perché ho difeso la democrazia cristiana. Scritti, dichiarazioni, discorsi e proposte di rinnovamento del partito e della politica dal 5 maggio 1992 al 25 gennaio 1994, La base, 1994.
  • Card. Camillo Ruini, Rafforzare le radici morali e spirituali della convivenza riproponendo a tutti il Vangelo della fraternità umana. Prolusione ai lavori della sessione primaverile del Consiglio Episcopale Permanente della Conferenza Episcopale Italiana tenuta a Loreto, del 27-3-1995, n. 5, in L’Osservatore Romano, 27/28-3-1995
  • Sandro Fontana, Il destino politico dei cattolici. Dall'unita alla diaspora, A. Mondadori, 1995.
  • Enzo Pace, L'unita dei cattolici in Italia. Origini e decadenza di un mito collettivo, Guerini, 1995.
  • Michele Santamaria, Prima repubblica la lunga agonia, Prospettiva, 1995.
  • Guido Formigoni, La Democrazia cristiana e l'alleanza occidentale. 1943-1953, il mulino, 1996.
  • Paul Ginsborg, Storia d’Italia 1943-1996. Famiglia, società, Stato, Einaudi, Torino 1998, ISBN 9788806145965
  • Francesco Malgeri (a cura di), Il tramonto della Democrazia Cristiana. 1989-1993, Editrice mediterranea, 1999.
  • Marco Follini, La Dc, il mulino, 2000.