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<noinclude>__NOTOC__{{Torna a|1234}}{{ListaBio|bio=7|data=15 mag 2019|progetto=biografie}}</noinclude>
{{Bio
{{Lista persone per anno
|Nome = Søren Aabye
|titolo=Nati nel 1234
|Cognome = Kierkegaard
|voci=7
|PreData= {{IPA|ˌsœːɐn ˈkʰiɐ̯g̊əˌg̊ɒːˀ}} {{Link audio|DA-Søren Kierkegaard.ogg|Ascolta}}
|testo=
|Sesso = M
|LuogoNascita = Copenaghen
|GiornoMeseNascita = 5 maggio
|AnnoNascita = 1813
|LuogoMorte = Copenaghen
|GiornoMeseMorte = 11 novembre
|AnnoMorte = 1855
|PreAttività = fu un
|Attività = filosofo
|Attività2 = teologo
|Epoca = 1800
|Nazionalità = danese
|PostNazionalità =, considerato da alcuni studiosi il padre dell'[[esistenzialismo]]
|Immagine=Kierkegaard.jpg
}}
{{quote|Non c'è nulla che spaventi di più l'uomo che prendere coscienza dell'immensità di cosa è capace di fare e diventare.|Søren Kierkegaard}}
[[File:Kierkegaard sig.png|thumb|300px|[[Firma]] di Kierkegaard]]
== Biografia ==
{{quote|Ci sono uomini il cui destino deve essere sacrificato per gli altri, in un modo o nell'altro, per esprimere un'idea, ed io con la mia croce particolare fui uno di questi.|Søren Kierkegaard}}
[[File:Regine olsen.jpg|200px|thumb|right|Regina Olsen, la donna della sua vita]]
Nato dal ricco commerciante Michael Pedersen ([[1756]]-[[1838]]) e dalla sua seconda moglie<ref>La prima moglie, Kristine Røyen, morì nel 1796, senza figli.</ref> Ane Sørensdatter Lund ([[1768]]-[[1834]]), Kierkegaard visse la quasi totalità della sua esistenza a [[Copenaghen]], dove nacque e morì. La sua filosofia prese corpo da un doppio rifiuto, ossia il rifiuto della filosofia [[hegel]]iana<ref>cfr. S. Kierkegaard, ''Diario'' cit., voce "Hegel G.W.F.", vol. 12, p. 203, voce "Storia", ivi, p. 207; Id., ''Postilla conclusiva non scientifica'', cit., vol. I, pp. 323-81, qui il filosofo danese elabora la sua critica alla storia universale di Hegel, in rapporto al "diventare soggettivo". Inoltre, cfr. N. Thulstrup, ''Die historische Methode in der Kierkegaard Forschung durch ein Beispiel beleuchtet'', in "Orbis Litterarum", 1955, pp. 280-96; J. Bogen, ''Remarks on the Kierkegaard-Hegel controversy'', in "Synthes", 1961, pp. 372-89.</ref> ("dove Hegel finisce, lì press'a poco comincia il Cristianesimo; l'errore è semplicemente che Hegel pensa di avere a questo punto liquidato il Cristianesimo: anzi di essere andato molto più in là!"<ref name="Fabro">Søren Kierkegaard, ''Diario'', a cura di [[Cornelio Fabro]], [[Biblioteca Universale Rizzoli|BUR]], Milano 2007, p. 220.</ref>) e l'allontanamento dal vuoto formalismo della Chiesa danese<ref>cfr. ''L'ora. Atti di Accusa al cristianesimo del regno di Danimarca'', a cura di A. Banfi, Milano-Roma 1931, 2ª ed. 1951, 3ª ed. 1977.</ref>.
Fu l'ultimo di sette fratelli, cinque dei quali morirono quando lui non era ancora ventenne<ref>I suoi fratelli erano Maren Kristine ([[1797]]-[[1822]]), Nicoline Christine ([[1799]]-[[1832]]), Petrea Severine ([[1801]]-[[1834]]), Peter Christian ([[1805]]-[[1888]]), Søren Michael ([[1807]]-[[1819]]) e Niels Andreas ([[1809]]-[[1833]]). Nicoline e Petrea sposarono due fratelli, Joan Christian e Henrick Ferdinand Lund, con i quali ebbero rispettivamente 4 figli ciascuna (purtroppo tutti presto orfani di madre). Niels, un anno prima di morire, emigrò negli USA. Peter Christian, l'unico che sopravvisse il fratello filosofo, si sposò nel [[1841]] ed ebbe un figlio. Al momento della nascita di Søren Aabaye vi erano dunque tre sorelle, di 16, 13 e 11 anni, e tre fratelli di 7, 5 e 4 anni. cfr. Joakim Garff, ''Søren Kierkegaard. A Biography'', Princeton U. P., 2005.</ref>. Dagli anziani genitori, soprattutto dal padre, ricevette una rigida educazione [[pietismo|pietista]], improntata sul rigore.
La tragedia dei fratelli (in particolare dell'omonimo Søren, morto a 12 anni di emorragia cerebrale a seguito di un incidente mentre giocava nel cortile della scuola<ref>cfr. Garff, cit., p. 9.</ref>) e l'[[educazione]] ricevuta fecero di Kierkegaard un uomo malinconico<ref>''Diario'', ed. BUR cit., p. 55.</ref> e riflessivo:
{{quote|Fin dall'infanzia sono preda della forza di un'orribile [[malinconia]], la cui profondità trova la sua vera espressione nella corrispondente capacità di nasconderla sotto apparente serenità e voglia di vivere.<ref>Dal ''Diario'', citato in Serena Zoli e Giovanni B. Cassano, ''Liberaci dal male oscuro'', TEA Longanesi, Milano 1993, pp. 479-80.</ref>}}
{{quote|Ferito da una incrinatura originaria [...] ho inteso questo mio tormento come il mio pungolo nella carne.|Con esplicito riferimento alla "spina nella carne" della [[Paolo di Tarso|paolina]] ''[[Seconda lettera ai Corinzi]]'', versetto {{passo biblico|2Cor|12, 7}}<ref>Dal ''Diario'', citato in Mariano Fazio, ''[http://books.google.it/books?&id=wIyBuPn8HWMC&q=%22pungolo+nella+carne%22#v=snippet&q=%22pungolo%20nella%20carne%22&f=false Un sentiero nel bosco. Guida al pensiero di Kierkegaard]'', Roma, Armando Editore, 2000, pp. 11, 20-21.</ref>}}
Egli si sentì presto votato all'[[introspezione]], nonché ai sensi di colpa. "Attraverso i "casi della vita" il suo carattere e il suo pensiero sono stati certamente condizionati ma non determinati"<ref>Salvatore Spera, ''Introduzione a Kierkegaard'', Laterza, Roma-Bari 2005, p. 60, nota n. 109: "Su una linea deterministica si pongono le interpretazioni psicoanalitiche che pretendessero esauriti in termini "scientifici" i significati dell'opera kierkegaardiana", cfr. Marguerite Grimault, ''Le melancolie de Kierkegaard'', Paris 1965.</ref>.
Fu educato dal padre anziano;– che gli inculcò l'ossessione del [[peccato]] – in un'atmosfera di severa religiosità con l'aiuto dei pastori confessori di famiglia J. E. G. Bull (fino al [[1820]]) e Jakob Peter Mysnter (fino alla fine del [[1828]]). Kierkegaard arrivò addirittura a pensarsi soggetto a una maledizione divina, per una imprecisata "grave colpa" commessa in passato da suo padre.
Infatti, la morte prematura della moglie e di cinque dei suoi sette figli aveva convinto il padre di Kierkegaard che egli aveva attirato su di sé una maledizione divina. Maledizione la cui natura è stata solo supposta e mai definita anche dagli stessi studiosi. Forse, la colpa del padre era stata quella di [[bestemmia|aver maledetto Dio]] a undici anni per la sua iniziale povertà di pastorello; o forse tale colpa fu l’aver sedotto la domestica pochi mesi dopo la morte della prima moglie. D'altra parte, egli aveva sposato la ragazza compromessa, che poi sarà la madre di Kierkegaard.
Nonostante la rigida educazione, Kierkegaard sviluppò un preminente senso dell'ironia. Basti pensare alla definizione di ''frizzi e ghiribizzi politici'' del ''romanzetto à clef'' di Henrik Hertz<ref>citato in ''Dalle carte di uno ancora in vita'', a cura di Dario Borso, Morcelliana, Brescia 1999, p. 9.</ref> o a come ironizza sulla ''teoria sulle potenze'' in una lettera spedita da [[Berlino]] al fratello Peter dopo l'ennesima lezione ascoltata da [[Friedrich Schelling]] all'[[Università di Berlino]]: "Caro Pietro! Schelling chiacchera in un modo del tutto insopportabile. Se vuoi avere un'idea, vorrei pregare te, per tuo proprio supplizio, anche se liberamente assunto, di sottoporti al seguente esperimento. Immaginati il filosofare a spizzico del pastore Rothe, la sua completa incompetenza nel campo della scienza, pensa poi all'instancabilità del fu pastore Hornyld nel far sfoggio di erudizione, immaginati tutto questo ben vivo nella tua povera testa, e va' poi all'officina di una galera o nella sentina dei forzati, e potrai avere un'idea della filosofia schellinghiana e della temperatura a cui tocca sentirla. Ora, per inasprire ancora di più il suo metodo, ha avuto l'idea di voler leggere più a lungo del solito, a me invece è venuta l'idea di piantarlo una volta per sempre. Si tratta di sapere quale delle due idee è la migliore. A Berlino io non ho più niente da fare... Io son troppo vecchio per stare a sentire lezioni, ma Schelling è troppo vecchio per tenerle. Tutta la sua teoria sulle potenze rivela la più grande impotenza... Credo che mi sarei completamente rimbecillito, se avessi continuato ad ascoltare Schelling. Tuo fratello, S. K."<ref>In Barfod, ''Eft. Pap'' I, 314; fonte riportata in nota a ''Diario'', ed. BUR cit., p. 206.</ref>. E al suo amico fraterno Emil Boesen: "Schelling chiacchiera senz'alcun ritegno, sia in senso estensivo come intensivo"<ref>N. Thulstrup, ''Breve og Aktstykker'', I, p. 108; fonte riportata nella nota a p. 206 del ''Diario'', ed. BUR cit.</ref>.
Studiò teologia nell'università della sua città natale, con la prospettiva, poi non realizzata, di diventare pastore [[Protestantesimo|protestante]] ed operare in una chiesa di campagna<ref>''Papirer'', IX A 213.</ref>.
Nel [[1821]] entrò alla scuola Borgerdyd, già frequentata da suo fratello Peter, ottimo studente, e dove gli insegnanti quindi si aspettavano molto da lui, poi nel [[1831]] venne ammesso alla facoltà di teologia. Qualche volta l'estate raggiungeva [[Gilleleje]], al nord, il suo "posto preferito", dove gli piaceva rimanere muto, fermo davanti al mare e ascoltare i gabbiani<ref>cfr. Garff, cit., p. 56.</ref>. Nel [[1837]] scrisse una commedia intitolata ''La battaglia tra la vecchia e la nuova saponetta'', parodia contro ortodossia e razionalismo. Poi la morte di Poul Martin Møller, suo insegnante di filosofia, gli lasciò un'impressione forte e decise di adottarne la vocazione a svolgere i problemi filosofici in drammaturgie letterarie, pur sapendo che "la coscienza della mia immortalità appare solamente e interamente a me stesso"<ref>cfr. Garff, cit., p. 95.</ref>. Nel settembre dello stesso anno andò a vivere per proprio conto (al n. 7 di Løvstræde<ref>Altri indirizzi di sue abitazioni, tutte in Copenaghen, sono Kultorvet n. 132 (ora n. 11); Nørregade n. 230a (ora n. 38) e n. 43 (ora n. 35); Rosenborggade n. 156a (ora n. 9); Østerbro n. 108a; e Klædeboderne n. 5-6 (ora Skindergade 38 angolo Dyrkøb n. 5).</ref>. Tornerà ad abitare nella casa paterna al n. 2 di Nytorv più volte, dopo la morte di lui. L'amico Emil Boesen dirà che leggeva molto e che considerava se stesso poco più che semplicemente un ascoltatore<ref>cfr. Garff, cit., p. 120.</ref>.
Nel [[1840]], si fidanzò con la diciottenne Regine Olsen (nata nel [[1822]], anche lei ultima di 7 figli) ma, dopo circa un anno, ruppe il fidanzamento. Forse Kierkegaard era attirato dalla vocazione alla consacrazione religiosa, o forse non voleva ingannare la ragazza, avendo il timore ossessivo che la maledizione divina potesse gravare anche sulla famiglia che avrebbe formato insieme a lei. Regina si disse pronta a tutto pur di sposarlo, ma Kierkegaard fece il possibile per apparirle disgustoso, in modo che cadesse su di lui la colpa della rottura del fidanzamento, che peraltro gli procurò rimpianto per tutta la vita<ref>È stato definito uno degli amori più grandi della storia della letteratura, insieme con [[Piramo e Tisbe]], [[Dante]] e [[Beatrice Portinari|Beatrice]], [[Abelardo ed Eloisa]], [[Petrarca]] e [[Laura de Noves|Laura]], [[Romeo e Giulietta]], [[I dolori del giovane Werther|Werther e Lotte]], ma anche uno dei più misteriosi, costruito su poche testimonianze e solo 31 lettere rimaste.</ref>.
[[File:Kierkegaard portrait.jpg|thumb|left|240px|''Kierkegaard allo scrittoio'' in una rappresentazione del pittore Luplau Janssen]]
Kierkegaard condusse un’esistenza appartata dove la meditazione e lo studio occupava gran parte del suo tempo. Alcuni hanno dedotto che avesse un temperamento scontroso e poco socievole. La giornalista femminista svedese Federica Bremer fu una di questi: ''Il dott. Kierkegaard era malaticcio, irritabile e capace di montare su tutte le furie se il sole non mandava i raggi come diceva lui!''<ref>cfr. Federica Bremer, ''La vita del Nord'', Copenaghen 1949, p. 39.</ref> I fatti comunque dimostrano il contrario. Ad esempio, Il re [[Cristiano VIII di Danimarca]] amava la sua compagnia e si dilettava nel sentirlo parlare<ref>cfr. il ''Diario'', ed. BUR citata, pp. 186-93.</ref>. Kierkegaard, inoltre, si intratteneva quotidianamente con la gente comune che incontrava nelle strade di Copenaghen. Frequentava inoltre alcuni salotti di amici (dove conobbe anche la stessa fidanzata Regine) che lo avevano in grande considerazione. I colleghi studenti del circolo studentesco erano inoltre un'ulteriore e costante frequentazione del filosofo danese e a tal proposito, ricordiamo che fu da questi nominato presidente della loro lega. Kierkegaard viaggiò pochissimo fuori dalla sua Danimarca. Compì solamente alcuni viaggi a [[Berlino]], uno dei quali per presenziare alle lezioni della ''nuova filosofia'' di [[Friedrich Schelling|Schelling]]. Dapprima entusiasta, Kierkegaard si rese conto che quella ''nuova filosofia'' era fine a se stessa, interruppe quindi di frequentare le lezioni e se ne tornò a Copenaghen. Gli appunti puntuali trascritti di quelle lezioni, diventarono un'ampia pubblicazione sul pensiero di Schelling.<ref>cfr. ''Appunti delle lezioni berlinesi di Schelling, sulla 'Filosofia della Rivelazione' (1841-1842)'', Bompiani, Milano 2008.</ref>. I critici giudicano tali scritti l'unica opera importante per conoscere il pensiero di Schelling in quel determinato periodo, non essendo pervenuto nessun altro materiale su quelle lezioni. Gli unici fatti rilevanti della sua vita furono gli attacchi che gli vennero mossi dal giornale satirico ''Il corsaro'', e la polemica contro l’opportunismo e il conformismo religioso che egli condusse, nell'ultimo anno della sua vita, in una serie di articoli pubblicati nel periodico ''Il momento''.
Su ''Il corsaro'', Kierkegaard apparve più volte ritratto in maligne caricature in cui veniva preso in giro. Il filosofo ne rimase amareggiato. Quanto alla polemica che egli condusse contro il conformismo religioso, Kierkegaard accusava la Chiesa danese, e in particolare il vescovo [[luterano]] Jacob Peter Mynster e il suo successore Hans Lassen Martensen, di essere mondani e di aver tradito gli insegnamenti originari di [[Gesù|Cristo]].
Nell'ottobre [[1855]], dopo essere caduto per strada, Kierkegaard fu ricoverato al Friedriks Hospital di Copenaghen, dove visse i suoi ultimi 41 giorni. Vi morì l'11 novembre, all'età di 42 anni, dopo aver rifiutato in punto di morte la benedizione officiata da un pastore luterano. Fu sepolto al cimitero Assistens di [[Nørrebro]]. Da una recente ricerca prodotta sulle carte provenienti dall'ospedale in cui fu ricoverato il filosofo, è stata avanzata l'idea che Kierkegaard soffrisse di paralisi spinale progressiva. Fu sepolto nella tomba di famiglia nella città di Copenaghen<ref>cfr. Shelly O'Hara e Giovanni Stelli, ''Kierkegaard alla portata di tutti'', Armando Editore, Roma 2007, p. 18.</ref>.
== Il pensiero di Kierkegaard ==
{{quote|Dio non esiste, Egli è eterno.|Søren Kierkegaard}}
Kierkegaard contesta [[Hegel]], sostenendo che l'esistenza è sempre del singolo<ref>cfr. [[Jean-Paul Sartre]], ''L'universale singolare'', a cura di F. Fergnani e [[Pier Aldo Rovatti]], Il Saggiatore, Milano 1980, p. 141.</ref>, e non può essere ricondotta ad alcuna unità sistemica sovraindividuale. Rimprovera agli intellettuali la scarsa coerenza tra parola e azione, mentre ammira [[Gesù|Cristo]], [[Socrate]] e [[Blaise Pascal|Pascal]] per la coerenza del loro pensiero e delle loro vite; giustifica [[Ludwig Feuerbach|Feuerbach]] "che è accusato di attaccare il Cristianesimo mentre invece attacca i falsi cristiani"; critica ferocemente "la onesta ipocrisia" di [[Schopenhauer]], "il fallimento sul cristianesimo" di [[Schleiermacher]], le "chiacchere" di [[Friedrich Schelling|Schelling]], "l'ambiguità della filosofia" di [[Baruch Spinoza|Spinoza]] e "gli attacchi sottomano fatti al cristianesimo" da [[Gotthold Ephraim Lessing|Lessing]]<ref>''Diario'' ed. BUR cit., pp. 178-238.</ref>.
Ridicolizza e ironizza sulla categoria dei teologi del suo tempo azzardando anche una previsione sulla fine che faranno: "Avremo una folla di uomini che farà delle [[scienze naturali]] la sua religione. Le scienze naturali mostrano ora che tutto un complesso di concetti che si trovano nella Sacra Scrittura, riguardanti i fenomeni naturali, sono insostenibili: ergo, la Sacra Scrittura non è la parola di Dio; ergo, non è la Rivelazione. Qui la scienza teologica viene a trovarsi in imbarazzo. Perché le scienze naturali hanno forse ragione in ciò che dicono: ma la scienza teologica desidera tanto anch'essa essere scienza, ma allora anche qui perderà la partita. Se la cosa non fosse così seria, sarebbe molto comico pensare la penosa situazione della scienza teologica: però se lo merita perché è la nemesi della sua fregola di volersi spacciare per scienza"<ref>''Diario'', ed. BUR cit., pp. 196-97.</ref>.
"Una cultura mondana renderà i teologi pavidi, così ch'essi non osino altro che di darsi l'apparenza di avere anche una patina di scienza ecc. - avranno paura a questo riguardo di stare a tu per tu con l'uomo nero, del tutto come accadde l'altra volta con il "sistema" [...] Ciò di cui ci sarebbe bisogno [...] coraggio personale, per osare di temere Dio più degli uomini"<ref>''Diario'', ed. BUR cit., pp. 198-99.</ref>.
Secondo Kierkegaard la dimensione esistenziale dell'uomo è segnata dall'[[angoscia]], dalla [[disperazione]] e dal fallimento o [[scacco esistenziale]]. La disperazione nasce da un rapporto serio dell'uomo con sé stesso, mentre l'angoscia nasce da un rapporto serio dell'uomo con il mondo, e consiste nel senso di inadeguatezza che nasce dall'impossibilità dell'uomo di essere autosufficiente senza Dio.
Kierkegaard pone perciò un primo elemento, quello dell'[[individualità]], che caratterizza tutte le forme di esistenzialismo, e un secondo, quello del rapporto con Dio, che è tipico di tutte le forme religiose di esistenzialismo.
== Kierkegaard padre dell'esistenzialismo ? ==
Molti filosofi contestano l'etichetta affibbiata a Kierkegaard definito "padre dell'esistenzialismo" facendo rilevare che "nei suoi scritti egli non abbia mai usato questo termine. L'esistenzialismo è una corrente filosofica del [[XX secolo]] la cui idea fondamentale può essere così sintetizzata: per gli Esistenzialisti l'esistenza precede l'essenza; l'uomo, in quanto singolo, in quanto individuo (esistenza) crea e inventa le idee e i valori universali, come il bene, Dio, l'umanità e così via (essenza); queste idee e valori non hanno pertanto un fondamento indipendente dal singolo individuo, ma sono relativi e soggettivi. L'uomo non ha così alcuna "natura" o essenza: diventa ciò che è come conseguenza delle sue scelte e può diventare qualsiasi cosa. Non esistono regole morali, oggettive, fondate su qualche assoluto come Dio: è l'individuo che crea del tutto liberamente la sua etica ed è responsabile delle sue libere scelte e delle sue azioni. L'individuo non può, del resto, fare a meno di compiere scelte, perché anche non scegliere, nella concreta situazione dell'esistenza, è in realtà una scelta. La verità quindi è sempre soggettiva e relativa al singolo individuo; le astrazioni concettuali non possono mai né afferrare né comunicare la realtà dell'esistenza individuale. Non esiste un ordine razionale dell'universo, che è privo di significato e assurdo. Gli Esistenzialisti sottolineano, infine, gli aspetti negativi dell'esistenza umana, la sua nullità essenziale, che si manifesta nel dolore e soprattutto nella morte."
"Molti di questi temi si trovano senz'altro nell'opera di Kierkegaard. Tuttavia il pensiero del filosofo danese presenta anche decisive differenze rispetto alla filosofia degli Esistenzialisti. Nel ''Diario'' egli sottolinea spesso che il compito della sua attività di scrittore è "servire la causa del Cristianesimo", la "categoria" per indicare la mia attività è "rendere gli uomini attenti a ciò che è il Cristianesimo". Gli Esistenzialisti del XX secolo sono invece, per la maggior parte, atei o agnostici e scarsamente interessati al problema della religione che è al centro della riflessione kierkegaardiana. Da questa diversità di impostazione conseguono importanti differenze anche sui singoli problemi: per Kierkegaard, per esempio, l'individuo è responsabile delle sue libere scelte fondamentalmente davanti a Dio, mentre per l'esistenzialista ateo o agnostico l'individuo si rapporta e risponde solo a se stesso" <ref>Shelley O'Hara e Giovanni Stelli, ''Kierkegaard alla portata di tutti'', Armando Editore, Roma 2007, paragrafo ''Padre dell'esistenzialismo?'', pp. 23-24.</ref>.
Il filosofo francese [[Paul Ricoeur]] d'altronde sulla questione è molto critico: "Cominciamo con il primo dubbio: Kierkegaard padre dell'esistenzialismo? Con la prospettiva di qualche decennio, questa classificazione non è più che un trompe-l'oeil, forse il modo più abile per addomesticarlo catalogandolo in un genere comune. Siamo oggi meglio preparati per riconoscere che questa famiglia di filosofi non esiste; nel contempo, siamo pronti a rendere, da questo lato a Kierkegaard la sua libertà [...] questi due casi estremi [Heidegger e Sartre] sono il segno di quanto sia poco chiarificante, ora più che vent'anni fa, prendere l'esistenzialismo come chiave per una interpretazione penetrante di Kierkegaard. Questo primo dubbio è incoraggiato dalla nostra lettura del ''Concetto dell'angoscia'' e della ''Malattia mortale''; abbiamo trovato un pensatore che traspone una esperienza viva in una dialettica affilata, che immagina astrattamente degli stadi dell'esistenza, più che costruiti che vissuti, e li elabora per mezzo di una dialettica spezzata: finito-infinito, possibile-attuale, incosciente-cosciente"<ref>Paul Ricouer, ''Kierkegaard et le mal '', [[Éditions du Seuil]], Paris 1963; trad. ''Kierkegaard, la filosofia e l'eccezione'', Morcelliana, Brescia 1995.</ref>.
L'analisi del filosofo Paul Ricoeur: ''il modo più abile per addomesticarlo [Kierkegaard] catalogandolo in un genere comune'', sembra ricalchi "profeticamente" lo stesso giudizio espresso da Kierkegaard su ciò che sarebbe accaduto della sua filosofia dopo la sua morte. Nel suo ''Diario'' infatti scrive: "Alla mia morte ci sarà parecchio da fare per i docenti. Le infami canaglie! Eppure ciò non servirà a nulla, anche se sarò stampato e ristampato, letto e riletto. I docenti mi convertiranno in un articolo di lucro; mi faranno oggetto del "docere", forse con l'aggiunta: p. es. la sua proprietà è che non si può "docere"<ref name="Fabro"/>.
=== L'esistenza e il Singolo ===
{{quote|In ogni campo e per ogni oggetto sono sempre le minoranze, i pochi, i rarissimi, i Singoli quelli che sanno: la Folla è ignorante.|Søren Kierkegaard, ''Diario''}}
«''Io stupido hegeliano!''». Con questa breve affermazione, tratta dalle carte del ''Diario'', Kierkegaard si rimprovera l'iniziale adesione alla [[pensiero di Hegel|filosofia hegeliana]]. Il pensiero di Kierkegaard si porrà poi in netto contrasto con quello di [[Georg Wilhelm Friedrich Hegel|Hegel]].<ref>''Timore e Tremore'' di Soren Kierkegaard a cura di [[Cornelio Fabro]], BUR, Milano 2009, p. 15.</ref>
Il filosofo tedesco, infatti, riconduceva ogni tipo di [[fenomeno]], ideale e reale nell'ambito della [[dialettica]] interna e storica dello Spirito Assoluto, nella sua infinita autorealizzazione. Kierkegaard si oppose a questa concezione.
Il perno della sua opposizione è il concetto di [[esistenza]]. La speculazione di [[Georg Wilhelm Friedrich Hegel|Hegel]] non considera affatto l'esistenza, bensì l'[[essenza (filosofia)|essenza]] delle cose, nel particolare la loro essenza razionale. L'esistenza è, per [[Georg Wilhelm Friedrich Hegel|Hegel]], un accessorio dell'essenza mentre per Kierkegaard l'esistenza (dal [[lingua latina|latino]] ''ex-sistere'', 'stare fuori') significa stare fuori dal concetto, dall'essenza universale.
L'esistenza non può essere posta in atto insieme all'essenza dal pensiero, bensì deve essere un dato indipendente dall'attività speculativa.
Occuparsi delle essenze vuol dire occuparsi dell'[[universale]], ma Kierkegaard, una volta appurato che essenza ed esistenza differiscono, sposta la sua attenzione dall'universale astratto (riguardante soltanto le entità logiche) all'individuale: il Singolo, l'individuo concreto.
Kierkegaard capovolge completamente il significato che [[Georg Wilhelm Friedrich Hegel|Hegel]] attribuiva al termine "concreto". Concreta non è più la totalità, ma l'individuo. L'astrattezza sarà attributo dell'universalità.
[[File:Kierkegaard schema.jpg|center|850px]]
L'esistenza, quindi, spetta proprio all'individuo. Come già sosteneva [[Aristotele]], essa non compete alle essenze universali (per esempio al concetto di "[[umanità]]") perché sono soltanto delle entità logiche pensate ma non esistenti. L’esistenza per [[Aristotele]] compete solo all’individuo nella sua specifica concretezza, cioè a Pietro, Paolo ecc., sostanze prime che indicano le specie ultime.
Il singolo uomo esistente si distingue dai generi (per [[Aristotele]], "sostanze seconde") a cui appartiene perché, pur godendo degli attributi generali della sua specie (per l'uomo, l'umanità), possiede anche aspetti particolari e irripetibili che lo caratterizzano individualmente, e che non si possono dedurre logicamente dalla sua essenza universale.
Questo discorso vale tanto per l'individuo umano quanto per il singolo [[animale]] o [[vegetale]].
Tuttavia, Kierkegaard sottolinea due differenze che sussistono fra l’esistenza di un uomo e quella di qualsiasi altro essere vivente:
* In primo luogo, mentre nel mondo vegetale e animale è più importante la specie dell’individuo che esiste concretamente, nel mondo umano la situazione è inversa. Infatti, l’uomo singolo non può essere sacrificato alla specie, dato che ogni essere umano è una creatura forgiata a immagine e somiglianza di [[Dio]].
* In secondo luogo, ciò che contraddistingue l’esistenza dell’uomo singolo rispetto agli altri esseri viventi è la possibilità di scegliere e la libertà di decidere. Il comportamento dei singoli animali è condizionato necessariamente dall’istinto. Invece i singoli uomini, nel corso della loro vita, si trovano sempre davanti a più possibilità di fronte alle quali sono totalmente liberi di decidere.
La libertà di scelta però è anche responsabilità individuale di fronte al bene e al male. E, da questo punto di vista, la possibilità genera nell’uomo il caratteristico sentimento dell’[[angoscia]].
Kierkegaard, dunque, stabilisce il primato della parte sul tutto, dell’io empirico, che era considerato da [[Georg Wilhelm Friedrich Hegel|Hegel]] una tappa particolare, e in sé incompiuta, nel procedere dell'Assoluto, e contrappone alle tesi hegeliane la concezione dell'uomo propria del [[Cristianesimo]]. Nella religione cristiana si assegna un valore infinito proprio al "piccolo io" con il proposito di renderlo beato in eterno.
Kierkegaard rimprovera a [[Georg Wilhelm Friedrich Hegel|Hegel]] di aver dimenticato di essere un uomo singolo. Ironizza poi sul professore hegeliano che si affanna a spiegare tutta la realtà, riducendola a un sistema logico, ma non si ricorda neppure come si chiama perché ha dimenticato di esser un individuo.
Il filosofo danese non comprende nemmeno il perché gli hegeliani introducano la contraddizione nel loro sistema per poi superarla in una superiore unità sintetica che racchiude tutte le parti e le armonizza. La contraddizione non è quindi assolutamente reale ma è astratta cioè una separazione arbitraria di ciò che tanto è unito. Sarebbe stato sufficiente negare fin dall'inizio l'opposizione affermando che la realtà è stabile e indivisa. L'[[esistenza]] non ha nulla a che vedere con l'universale, quindi l'opposizione c'è solo sul piano astratto del pensiero non nella realtà, il movimento di superamento delle opposizioni quindi è fittizio e non ha riscontro nella realtà - anche se per gli hegeliani l'opposizione che conduce alla sintesi è insita nella struttura della realtà.
=== Possibilità, angoscia e disperazione ===
Secondo il filosofo di [[Copenaghen]] porsi dal punto di vista dell'Assoluto è impossibile poiché l'uomo, in quanto singolo non può uscire dalla sua soggettività.
Che l'uomo reale sia un singolo non impedisce, secondo Kierkegaard, che la soggettività possa assumere un valore assoluto. Nella sua tesi di laurea ''Sul concetto di ironia in costante riferimento a Socrate'' ([[1841]]) egli mostra come il "saper di non sapere" permetta a una soggettività finita, negando ogni determinazione specifica, di aprirsi verso una soggettività infinita, cioè un principio indeterminato dell'esistenza, di cui (pur non conoscendolo) bisogna ammettere la possibilità. Negando la necessità si apre però l'orizzonte infinito della possibilità.
[[File:Kierkegaard olavius.jpg|right|thumb|alt=A sketch, featuring brown and white oils depicting a man sitting at a cafe table, writing on a piece of paper. A waitress is serving the man with a cup.|Kierkegaard al caffè, schizzo ad olio di Christian Olavius, 1843]]
Se Hegel si era posto dal punto di vista dell'Assoluto per comprendere la necessità dell'essere, Kierkegaard rinunciando a universalità e oggettività non va oltre la sfera della possibilità.
Le diverse determinazioni che può prendere la vita umana non sono altro che possibilità che l'uomo si trova di fronte e tra le quali deve scegliere.
Questa totale apertura verso il possibile, la condizione di incertezza e travaglio di fronte alla scelta tra le possibilità, dà vita all'[[angoscia]]. Essa è quella "vertigine" connaturata all'uomo che deriva dalla libertà, dalla possibilità assoluta.<ref>Trattata nell'opera ''Il concetto dell'angoscia'' del [[1844]].</ref>
Subentra l'angoscia quando si scopre che tutto è possibile. Ma quando tutto è possibile è come se nulla fosse possibile. C'è sempre la possibilità dell'errore, del nulla, la possibilità di agire con esiti imponderabili.
L'angoscia, a differenza della paura, che si riferisce sempre a qualcosa di determinato e cessa quando cessa il pericolo, non si riferisce a nulla di preciso e accompagna costantemente l’esistenza dell’uomo. Kierkegaard vive e scrive sotto il segno di questa incertezza: di fronte ad ogni alternativa, Kierkegaard si è sentito paralizzato per le infinite possibilità che gli si prospettavano. A suo giudizio, l’angoscia non è un sentimento che possa essere o non essere presente nell’uomo: l’angoscia è essenzialmente connessa all’esistenza umana, in quanto quest’ultima è divenire verso l’ignoto. L'angoscia è dunque letta come fondamento stesso della condizione umana, primigenio e ineliminabile.
La scoperta della possibilità, e quindi dell'angoscia, è stata risvegliata per la prima volta in [[Adamo]] dal divieto di Dio. Prima di ricevere da Dio il divieto di mangiare dell'albero del bene e del male, Adamo era innocente: non aveva, cioè, la coscienza delle possibilità che gli si aprivano davanti. Quando riceve da Dio il divieto, acquista la coscienza di "poter" sapere la differenza fra il bene e il male. Diventa consapevole della possibilità della libertà. E l'esperienza di questa possibilità è l'angoscia. L'angoscia è a fondamento del [[peccato originale]]: l'angoscia, il sentimento delle possibilità che gli si aprono davanti, mettono Adamo nella possibilità di peccare, di infrangere il decreto divino.
Se l'angoscia subentra nel rapporto tra l'io e il mondo esterno dalla consapevolezza che tutto può essere e quindi dall'ignoranza di ciò che accadrà, la disperazione invece subentra nel rapporto tra l'io con sé stesso.
La disperazione è dovuta al fatto che la possibilità dell'io, che scelga o meno di volere se stesso ossia se decida o meno di accettarsi per ciò che è, conduce sempre ad un fallimento:
* Se l'io sceglie di volere se stesso, cioè sceglie di realizzarsi, viene messo di fronte alla sua limitatezza e all'impossibilità di compiere quanto ha deciso.
* Se l'io sceglie di non volere se stesso e quindi di esser altro da sé, si scontra nuovamente con un'altra impossibilità.
Ne consegue, in entrambi i casi il fallimento e quindi la conseguente disperazione, definita da Kierkegaard «malattia mortale» nell'omonima opera del [[1849]]. Mortale non perché conduce alla morte, ma perché essa fa sperimentare all'uomo la sua incapacità di vivere, la sua non vita, la sua morte spirituale. La disperazione è il sentimento che accompagna la persuasione di una sconfitta inevitabile e irreparabile.
=== Il paradosso della fede ===
L'unico esito positivo che angoscia e disperazione possono avere è la [[fede]]. L'impossibilità dell'io, che porta alla disperazione, e la possibilità del nulla, che porta all'angoscia, hanno come unica soluzione l'aggrapparsi dell'uomo all'unica possibilità infinitamente positiva, cioè Dio. Così l'uomo pur rimanendo fedele al proprio compito di essere se stesso riconosce la sua insufficienza ma non la vive come un peso ma come l'effetto di dipendenza da Dio.
Il credente viene rassicurato dal fatto che il possibile non è compito suo ma è nelle mani di Dio. Il passaggio alla fede non è un progresso graduale, ma un salto senza mediazioni nell'irrazionale - poiché la fede esula dalle spiegazioni razionali - che l'uomo nella sua esistenza decide di compiere abbandonandosi così in un rapporto in cui è solo con Dio.
Accedendo alla fede il credente decide di abbandonare ogni comprensione razionale accettando anche l'"assurdo". Questo è il "paradosso della fede", la quale è vera proprio perché supera la comprensibilità umana.
Quindi nemmeno la fede può assicurare certezza e riposo, poiché è assurdità.
Per la ragione, infatti, è qualcosa di paradossale e scandaloso la fede in un Uomo che è insieme Dio, in un individuo storico che è insieme [[Storia|metastorico]]. Impensabile, razionalmente, è anche l'intimo rapporto fra Dio e l'uomo. Infatti Dio è [[trascendenza]], «infinita differenza qualitativa»,<ref>«Infinita abissale differenza quantitativa»: ''Diario'', op. cit., vol. 5, p. 138.</ref> e ciò implica una distanza incolmabile fra Lui e l'uomo, distanza che sembra escludere qualsiasi familiarità.
L'irruzione dell'uomo, essere finito e temporale, nell'elemento dell'[[eternità]] e dell'[[Infinito (filosofia)|infinito]] è la fede, mentre l'irruzione dell'eternità nel tempo è l'"attimo" in cui Dio si rivela all'uomo, in cui l'infinito si manifesta al finito.
Nel pensiero di Kierkegaard, che rappresenta la rivincita della [[religione]] contro la [[filosofia]], della fede contro la [[ragione]], sembra di riascoltare l’affermazione del teologo africano [[Tertulliano]] del [[II secolo]] d.C., al quale è attribuita la frase ''[[credo quia absurdum]]'' ("Credo perché è assurdo"). Secondo questo paradosso, scaturito da un [[fideismo]] antintellettualistico, i [[dogma|dogmi]] della religione vanno difesi con convinzione tanto maggiore, quanto minore è la loro compatibilità con la ragione umana.
Poiché la fede è irrazionale, Kierkegaard critica la concezione hegeliana o quella propria anche della chiesa luterana moderna, che cercano di conciliare ragione e fede. Secondo Kierkegaard, la teologia scientifica pretende infatti di spiegare l'inesplicabile. Inoltre, Kierkegaard criticò la chiesa danese che insisteva sull'osservanza delle regole esteriori. A suo giudizio, la vera religione è quella fondata sul rapporto diretto e interiore fra uomo e Dio.
La paradossalità della fede, la rinuncia all'uso dell'analisi razionale, qualificano la filosofia di Kierkegaard come irrazionalista, e ad essa guarderanno con interesse diverse tendenze del pensiero del [[Novecento]], come, per esempio, l’[[Esistenzialismo]]. Questo movimento filosofico si affermerà in [[Europa]], e precisamente prima in [[Francia]] e in [[Germania]] e poi anche negli altri paesi, nel periodo compreso fra le due guerre mondiali e negli anni immediatamente successivi al secondo [[dopoguerra]], e si fonderà sull’analisi dell’esistenza umana (appunto già affrontata da Kierkegaard). L'opposizione principale tra l'idealismo e l'esistenzialismo è che mentre il primo pone l'essenza prima dell'esistenza, il secondo pone l'esistenza per prima, e l'essenza dopo. Nascerà un vero e proprio scontro che vedrà in [[Italia]], per esempio, vincitori due idealisti molto diversi: [[Giovanni Gentile]] e [[Benedetto Croce]].
Dunque, al termine della sua analisi, Kierkegaard è arrivato alla conclusione che le caratteristiche fondamentali dell’esistenza umana sono tre: l’angoscia, che domina il rapporto fra l’uomo e il [[mondo]]; la disperazione, che domina il rapporto dell’uomo con sé stesso, e il paradosso, che domina il rapporto dell’uomo con Dio.
=== Le tre modalità esistenziali ===
[[File:Kierkegaard Tomb.JPG|200px|right|right|border|thumb|La lapide del filosofo nel cimitero centrale di Copenaghen]]
Il padre di Kierkegaard fu un lettore di [[Christian Wolff]],<ref>{{en}} Joakim Garff, ''[http://books.google.it/books?id=7ZOahuonc3UC Soren Kierkegaard. A Biography]'', tradotto da Bruce H. Kirmmse. Princeton, Princeton University Press, 2004. [http://books.google.it/books?id=7ZOahuonc3UC&pg=PA13&dq=%22Michael+Kierkegaard%22%22For+long+periods+he+was+engaged+in+the+study+of+the+German+philosopher+Christian+Wolff%22#v=onepage&q=%22Michael%20Kierkegaard%22%22For%20long%20periods%20he%20was%20engaged%20in%20the%20study%20of%20the%20German%20philosopher%20Christian%20Wolff%22&f=false P. 13]. ISBN 0-691-09165-X; ISBN 978-06-910-9165-5.</ref><ref>{{en}} Gary Dorrien, [http://books.google.it/books?id=B8JJYOysH9EC ''Kantian Reason and Hegelian Spirit. The Idealistic Logic of Modern Theology''], Hoboken (New Jersey), John Wiley & Sons, 5ª ed.: 2012. [http://books.google.it/books?id=B8JJYOysH9EC&pg=PA262&dq=%22Michael+Pedersen+Kierkegaard+was+intellectually+gifted,+an+earnest+reader+of+rationalist+philosophy,+especially+Christian+Wolff%22#v=onepage&q=%22Michael%20Pedersen%20Kierkegaard%20was%20intellectually%20gifted%2C%20an%20earnest%20reader%20of%20rationalist%20philosophy%2C%20especially%20Christian%20Wolff%22&f=false P. 262]. ISBN 0-706-7331-1; ISBN 978-04-706-7331-7.</ref> il maestro di [[Immanuel Kant|Kant]] che introdusse la distinzione fra le tre [[metafisiche speciali]], e pure Kierkegaard ne restò influenzato,<ref>{{en}} Craig Cambell (21 dicembre 2011), ''[http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:FeKju8Z1_G0J:kierkegaardschallenge.wordpress.com/2011/12/+%22He%20was%20influenced%20by%22%22Christian%20Wolff%22 Kierkegaard's Challenge. A short introduction to his challenge]'', ''[[WordPress.com]]''. <small>Url consultato il 9 settembre 2012.</small></ref> forse al punto da riciclarne la struttura e il contenuto tripartiti per formulare le proprie "tre modalità esistenziali".
Secondo Kierkegaard si può esistere in tre diversi modi che si escludono fra loro. Come già nel testo del [[1845]] ''Stadi sul cammino della vita'', le possibili tappe sono però meglio definite come «sfere di vita» chiuse, autonome e reciprocamente impermeabili, immobili polarità intellettuali ed emotive la cui dialettica non è temporale e progressiva come quella di Hegel, ma statica e spaziale, fatta di situazioni che non evolvono: si può vivere tutta l'esistenza in una sola dimensione, si può progredire ma anche regredire. Nell'opera ''[[Aut-Aut (Kierkegaard)|Aut-Aut]]'' del [[1843]], egli presenta l'alternativa fra le prime due sfere, quella estetica e quella etica. Nell'opera ''[[Timore e tremore]]'', sempre del [[1843]], emerge la terza sfera, quella religiosa. Il filosofo non si riconoscerà nelle prime due, ma si giudicherà pure inetto alla terza per via d'una sua "[[teologia sperimentale]]" che gli si dimostrerà fallimentare.
Secondo Kierkegaard, il passaggio da una forma di vita all'altra non avviene per necessità dialettica come in Hegel. Per Hegel, dialetticamente e necessariamente, cioè in modo inevitabile, l'uomo si costituisce prima come essere etico nello Stato; poi, sempre per necessità dialettica, si costituisce come essere estetico, religioso, e infine filosofico. Invece, secondo Kierkegaard, questo passaggio avviene per libera scelta. Inoltre, per [[Hegel]] la dialettica fa sì che nel terzo momento i primi due siano conservati (anche se superati). Invece, per Kierkegaard, attività estetica, etica e religiosa si presentano al singolo come possibilità tra le quali egli deve scegliere, cosicché, scegliendo l'una, è costretto a rifiutare le altre. Fra di esse c’è un abisso e un salto. La [[dialettica]] di Kierkegaard fra le forme alternative di vita è "qualitativa" e non "quantitativa" come quella di Hegel: non ammette sintesi, cioè conciliazione e armonia fra gli opposti, ma solo passaggio brusco da un opposto all'altro, e i due opposti si escludono a vicenda senza conciliarsi. Per esempio, tra la vita religiosa e le altre forme di esistenza non c’è mediazione: non è possibile essere cristiani "fino a un certo punto". O lo si è interamente o non lo si è. La dialettica quantitativa hegeliana si può riassumere nella formula "et-et", mentre la dialettica qualitativa kierkegaardiana nella formula "aut-aut", che sta a indicare la scelta esclusiva di uno degli opposti.
==== La vita estetica ====
{{vedi anche|Aut-Aut (Kierkegaard)#Aut (Enten){{!}}Aut-Aut: Aut (Enten)}}
Lo stadio estetico è quello in cui l'uomo manifesta indifferenza nei confronti dei princìpi e dei valori morali. L'esteta non crede nelle leggi etiche tradizionali. Ritiene invece fondamentali e primari i valori della bellezza e del piacere e a essi subordina tutti gli altri valori (anche e soprattutto quelli morali). L’esteta è teso solo al soddisfacimento di sempre nuovi desideri e considera il mondo come uno spettacolo da godere. Si lascia vivere momento per momento. Si abbandona al presente fuggendo legami con il passato, rinunciando al ricordo, e con il futuro, non avendo speranza. Vive nell’istante, cioè vive per cogliere tutto ciò che vi è d’interessante nella vita, trascurando tutto ciò che è banale, ripetitivo e meschino. Il suo motto è la massima del poeta latino [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]]: ''[[carpe diem]]'' (cioè "cogli l’oggi", vivi alla giornata e credi nel domani il meno possibile).
Il tipo dell'esteta è per Kierkegaard il "[[Seduzione|seduttore]]", rappresentato dal personaggio di [[Don Giovanni]], il leggendario cavaliere spagnolo prototipo del libertino, immortalato nell'[[Don Giovanni (opera)|omonima opera]] di [[Wolfgang Amadeus Mozart|Mozart]]. Don Giovanni non si lega a nessuna donna particolare perché vuole poter non scegliere: il seduttore è sciolto da ogni impegno o legame e vive nell'attimo, cercando unicamente la novità del piacere. Don Giovanni seduce migliaia di donne senza riuscire ad amarne davvero nessuna. Don Giovanni è la figura che incarna la sensualità, l’erotico. Non a caso, questo personaggio è immortalato dalla musica. La musica, infatti, è la più sensuale delle arti, perché si rivolge direttamente ai sensi, senza passare attraverso il concetto, la parola.
Ma Kierkegaard esprime un giudizio negativo sull'esteta. Infatti, chi non sceglie e si dedica solo al piacere cade ben presto nella [[noia]], cioè nell’indifferenza nei confronti di tutto, perché, non impegnandosi mai, non vuole profondamente e sentitamente nulla. Infatti, la noia è uno stato esistenziale che sorge quando una persona è affettivamente o progettualmente demotivata. Inoltre l’esteta, se si ferma, cioè se smette di ricercare il piacere e riflette lucidamente su se stesso, è assalito dalla disperazione. Poiché ha scelto di non scegliere, poiché non ha accettato di fare delle scelte, non si è impegnato in un programma di vita, egli non è nessuno. È nulla. Ha rinunciato a costruirsi un'identità, una personalità definita. Avverte così, con disperazione, il vuoto della propria esistenza, senza senso e senza centro. La disperazione è il terrore del vuoto, del non essere altro che niente.
==== La vita etica ====
{{vedi anche|Aut-Aut (Kierkegaard)#Aut (Eller){{!}}Aut-Aut: Aut (Eller)}}
[[File:Kierkegaard Enten-Eller.jpg|thumb|O - O. o Questo, o Quello. L'opera principale di Kierkegaard, composta di cinque tomi e a cui si fa riferimento come ''Aut Aut''. Scritta con lo pseudonimo Victor Eremita]]
Consapevole della disperazione connessa alla vita estetica, l'uomo può decidere di cambiare tipo di esistenza, optando per la vita etica.
Nello stadio etico, l'uomo vive conformemente a ideali morali e cerca di assumersi delle responsabilità. Sceglie fra il bene e il male e accetta i compiti seri della famiglia, del lavoro, dell'impegno nella società, dell'amor di patria e affronta serenamente i sacrifici necessari per restare fedele a tali compiti.
Kierkegaard, nell’illustrare questo tipo di vita, ha presente il momento dell’eticità descritto da Hegel, cioè il momento in cui lo spirito oggettivo si incarna nelle istituzioni della famiglia, della società civile e dello Stato.
La figura del "[[marito]]", cioè dell’uomo che ha scelto una sola donna e ha accettato i doveri del matrimonio, è per Kierkegaard l'[[emblema]] dello stadio etico, ed è contrapposta a quello del [[Seduzione|seduttore]]. L'uomo etico è incarnato, nell'opera ''Aut-aut'' dal Consigliere di Stato Guglielmo. Il consigliere Guglielmo, che ha scelto la vita etica, è un marito fedele, un professionista onesto e laborioso e un funzionario esemplare. Mentre il seduttore vive sempre nell'istante, ma perde se stesso, il marito, che ha fatto delle scelte etiche e programma in base a esse il suo futuro, sembra edificarsi una personalità. Appare pacificato e tranquillo, non vive per l'istante bensì nella ''continuità'' del tempo in cui egli non fa che riaffermare, riconfermare la sua "scelta" iniziale.
Tale "ripetizione" della scelta effettuata è indice dell'abbandono dell'eccezionalità e dell'entrata dell'"universalità del dovere", in cui il dovere non è imposto bensì scelto dall'uomo etico come propria condizione.
Anche la vita etica appare, però, limitata. Infatti, l’eticità è spesso caratterizzata dal convenzionalismo e dal [[conformismo]]. Nell'adesione a una legge generale, l'uomo che vive eticamente non riesce a valorizzare appieno la sua autentica individualità, rischia di perdersi nell'anonimato, di non trovare davvero se stesso più intima e profonda personalità. Chi sceglie la vita etica e si assume delle responsabilità sociali, chi diventa, per esempio, giudice o militare, o uomo politico, fa solo ciò che fa la gente; fa solo ciò che "si" fa; pensa solo ciò che "si" pensa.
L'uomo etico se sceglie se stesso fino in fondo raggiunge la propria origine, [[Dio]], di fronte alla sua infinitezza non può che provare inadeguatezza morale e senso di colpa.
Secondo Kierkegaard, il passaggio dallo stadio etico allo stadio religioso può essere predisposto dal [[Pentimento (sentimento)|pentimento]], cioè dalla presa di coscienza di questa insufficienza.
L'etica pura, che ci propone degli ideali assoluti difficili da realizzare, ci dice che dobbiamo essere sempre insoddisfatti di noi stessi, che non c'è niente nella nostra vita che sia interamente buono. Ma il pentimento può paralizzare e lasciare scoraggiati. Si può superare questa paralisi spirituale con l’esperienza religiosa, cioè accettando per fede che, malgrado le nostre debolezze, Dio è comunque in grado di cancellare i nostri peccati e di redimerci. Così il pentimento ci prepara per il salto nello stadio religioso.
==== La vita religiosa ====
{{vedi anche|Timore e tremore}}
{{quote|Io sono e sono stato uno scrittore religioso, tutta la mia attività letteraria si rapporta al cristianesimo, al problema di ''diventare cristiani''.|Søren Kierkegaard, ''Sulla mia attività di scrittore''}}
{{quote|La categoria della mia attività di scrittore è di rendere attenti alla realtà cristiana e io sono soltanto una certa specie di poeta e pensatore.|Søren Kierkegaard, ''Papirer''<ref>''Papirer'' 1851, X6 B 145, p. 216.</ref>}}
Kierkegaard descrive lo stadio religioso nell'opera ''Timore e tremore'' la quale, fin dal titolo, preannuncia l'atteggiamento dell'uomo davanti alla divinità.
L'uomo realizza veramente sé stesso come singolarità, come individuo, solo nella sfera religiosa. Innanzi tutto, quando l'uomo si pone di fronte a [[Dio]], deve abbandonare le finzioni, i mascheramenti e le illusioni. Si mostra a Dio e a se stesso nella sua vera individualità, nella sua autenticità di [[peccato]]re. L’esperienza religiosa prova l’esistenza di un’interiorità nascosta nell’uomo, cioè di una dimensione interiore profonda e individuale, in cui avviene il rapporto personale con Dio. Inoltre, l'uomo che si pone solo davanti a Dio ha la possibilità di affermarsi come singolo, perché Dio può prescrivergli un comandamento singolare che sfida e offende le leggi dell'etica.
[[File:Kierkegaard 20090502-DSCF1495.jpg|right|border|thumb|250px|Monumento a Kierkegaard in Copenaghen]]
Nella vita etica, per Kierkegaard, l'uomo conosce cos'è buono e giusto e cosa non lo è; nella sfera della religione invece non può più appigliarsi a questi valori. Egli è solo, completamente solo davanti a Dio.
L'uomo religioso, "il cavaliere della fede" per eccellenza è incarnato da [[Abramo]].
[[Abramo]], il padre dei credenti, primo [[patriarca (ebraismo)|patriarca]] del popolo ebraico, vive fino a settanta anni nel rispetto della legge morale. Solo allora viene premiato da Dio col miracolo di ricevere un figlio, [[Isacco]], da Sara, la moglie ormai anziana, e vede dunque appagato il desiderio tanto vivamente sentito di avere una discendenza legittima.
Ma [[Dio]], per mettere alla prova la sua fede, gli ordina di sacrificare a lui questo figlio, il suo unico figlio. [[Abramo]] non esita a intraprendere il sacrificio e decide di fare eccezione alla legge morale che prescrive di non uccidere. Sennonché, all’ultimo momento, interviene l’Angelo del Signore e ferma la sua mano che sta per immolare [[Isacco]].
Abramo quindi calpesta i valori dell'etica comune del tempo, comportandosi da credente e non da buon padre perché l'unica giustificazione per il suo gesto sarebbe stata ascrivibile alla volontà divina.
Abramo è pronto ad ubbidire, non invoca contro il cielo per il comando di Dio apparentemente crudele. Dio gli ha permesso di avere quel figlio miracolosamente da sua moglie sterile, Dio può chiedergli qualsiasi cosa, anche di sopprimerlo in Suo sacrificio. Abramo ha fede anzi è ''l'eroe della fede''. Proprio in questo consiste l'ubbidienza, ubbidire subito e incondizionatamente, all'ultimo momento. Abramo non riflette, ubbidisce. Se Dio comanda, vuol dire che quel comando è giusto! Abramo non valicò con le riflessioni i limiti della fede. Le riflessioni hanno solo l'effetto di far trasgredire i limiti, dice Kierkegaard. Ma Abramo, ''il Padre della Fede, rimase nella Fede lungi dai limiti, da quei confini in cui la fede svanisce nella riflessione''<ref>''Timore e tremore'' di Soren Kierkegaard a cura di [[Cornelio Fabro]], BUR, Milano 2009, pp. 11-12.</ref>.
Fuori dall'etica compare il "rischio" perché nessuno può esser certo di non sbagliare.
Isolato da tutto e tutti egli è un'eccezione assoluta, le regole etiche non lo aiuteranno a capire. La fede consiste proprio nel "paradosso" per cui esiste un'interiorità incommensurabile con l'esteriorità. Il credente, il singolo, che per l'etica è subordinato alle leggi universali, si troverà in condizione di superiorità rispetto all'universale grazie al rapporto individuale che intrattiene con l'Assoluto. La fede è vera non oggettivamente - giacché si fonda su rapporto soggettivo con Dio -, non razionalmente, essa è vera in quanto va al di là della comprensibilità umana.
Nel momento in cui entriamo in rapporto con [[Dio]], con il fine supremo e ultimo della nostra vita, tutto il resto, anche la conformità alle regole etiche, deve eclissarsi: nella religione ci dobbiamo abbandonare completamente a Dio ed avere fede in Lui al di sopra di tutto, come fece [[Abramo]], anche contro i dettami dell'etica. Non c'è dunque continuità fra la vita etica e quella religiosa. Tra esse, anzi, c'è un abisso ancora più profondo che tra l'estetica e l'etica. La vita religiosa è esistenza vissuta al di fuori e al di sopra dell'etica, in conformità con la fede.
Kierkegaard distingue il gesto di [[Abramo]] (l’eroe religioso) da quello di [[Agamennone]] (l’eroe tragico). [[Agamennone]] è il comandante supremo dei [[Greci]] nella guerra contro [[Troia (Asia Minore)|Troia]], che accetta il sacrificio della figlia per placare la dea Artèmide (la Diana dei romani). La vicenda di Agamennone è la seguente: la flotta greca deve trasportare gli Achei a Troia per punire la città del rapimento di Elena (moglie di [[Menelao]], fratello di [[Agamennone]]), effettuato da [[Paride]] (figlio di [[Priamo]], re di [[Troia]]). Ma la flotta rinvia la partenza di giorno in giorno per la mancanza di venti favorevoli. L’indovino [[Calcante]] attribuisce questo fatto alla collera di [[Artemide]], dovuta a un’offesa che Agamennone ha fatto alla dea. Calcante rivela che [[Artemide]] si placherà solo se [[Agamennone]] le sacrificherà la figlia [[Ifigenia (mitologia)|Ifigenia]]. E così, per permettere la partenza degli [[Achei]], Ifigenia viene immolata sull’altare della dea.
Secondo Kierkegaard, quella di [[Agamennone]] non è, come quella di Abramo, una scelta religiosa, perché rimane entro i confini della morale. Infatti, come capo degli [[Achei]], [[Agamennone]] ha il dovere morale di salvare il suo popolo: nella sua scelta fra la responsabilità di capo e quella di padre, si scontrano due princìpi morali, ed egli ubbidisce a quello che è superiore all'altro. Abramo, al contrario, è andato oltre i confini dell'etica, del bene e del male. La sua è stata una scelta esclusivamente di fede.
Comunque, secondo Kierkegaard, nella fase religiosa ci lasciamo dietro l'[[etica]], ma senza abolirla. Infatti Kierkegaard precisa che l’[[etica]] viene ben presto ripristinata dal comando singolare di [[Dio]]. [[Dio]], infatti, ci fa compiere, per obbedienza di [[fede]], gli stessi atti che ci sono imposti, sul piano subordinato dell'[[etica]], dalla nostra ragione. Ma, nella sfera religiosa, il caso del comando eccezionale, scandaloso, è sempre possibile.
== L'angoscia e la disperazione ==
{{quote|L'angoscia è la vertigine della libertà.|Søren Kierkegaard, ''Il concetto dell'angoscia''}}
[[File:Sicknessmanuscript.jpg|thumb|right|220px|Manoscritto autografo de ''La malattia mortale'']]
Kierkegaard si è dapprima fermato a delineare gli stadi fondamentali della vita, presentandoli come alternative che si escludono a vicenda. Successivamente è stato condotto ad approfondire il tema centrale della sua filosofia, cioè l'esistenza come possibilità. Questo argomento è svolto nelle opere ''Il concetto dell'angoscia'' ([[1844]]) e ''La malattia mortale'' ([[1849]]).
La vita dell'uomo è fondata sulla scelta, sulla decisione tra possibilità diverse. Le possibilità caratterizzano l'esistenza della persona umana. La vita dell’animale è determinata dalle caratteristiche della specie a cui appartiene, corre sui binari della necessità, non si ciba di ciò che vuole ma di ciò che trova. Invece, la vita dell’uomo non è già prefissata, non è guidata dall’istinto, ma è segnata dalla possibilità di scegliere, cioè nel ''libero arbitrio''. Nell’esistenza umana nulla è necessario: tutto è possibile, a differenza di quanto sostiene Hegel.
Kierkegaard ha però messo in luce gli aspetti negativi e distruttivi della possibilità. Scegliere una possibilità non significa garantirsi il successo per ciò che essa prospetta. Infatti una possibilità può sempre venir meno o non realizzarsi. E neppure la sua realizzazione è sicura e definitiva, perché nuove possibilità avverse possono sopraggiungere. Inoltre l'uomo vive immerso in un mare di possibilità minacciose: non c'è vita che si sottragga alla possibilità della morte; né stato di benessere che sia sicuro da ogni rischio; non c'è virtù o buona volontà che non sia soggetta alla possibilità del peccato. L'infinità e l'indeterminatezza delle possibilità future, in cui ogni possibilità favorevole è annientata dall'infinito numero delle possibilità sfavorevoli, fanno sentire all'uomo la sua impotenza. La possibilità distrugge ogni aspettativa e ogni capacità umana. Si rivela così l'angoscia, cioè il sentimento della possibilità. L'angoscia è il sentimento che si palesa dall'incertezza e dall'instabilità del futuro.
== Verità significa agire, non conoscere ==
{{quote|Ciò che veramente mi manca è di capire chiaramente me stesso, ''quello che devo fare'', non quello che devo conoscere. [...] Trovare una verità che è verità per me, trovare l'idea per la quale devo vivere e morire [...] A cosa mi servirebbe dimostrare l'importanza del cristianesimo, poter chiarire molti singoli fenomeni, se esso non avesse per me un significato più profondo? [...] Che cosa è la verità se non vivere per un'idea?<ref>''Papirer'' I A 75, del 1º agosto 1835, durante un soggiorno a Gilleleje.</ref>|Søren Kierkegaard}}
Kierkegaard critica qui la fede cristiana ridotta solo a una forma (imperfetta) del sapere e del conoscere, giudicando il contenuto della Rivelazione cristiana che è così riconducibile a concetti nebulosi. Riformula quindi i rapporti fra fede e ragione, fra ragione e rivelazione, fra scienza e fede, tra pensiero ed esistenza, constatando la situazione culturale del suo tempo pregna di astrattezza insensibile alle sfumature cangianti della vita. Il filosofo cristiano contrappone quindi la ricerca della verità soggettiva ed ''edificante'' alla insufficienza del pensiero oggettivo caro ad Hegel e alla destra hegeliana. Ritiene Hegel e i suoi seguaci falsi testimoni della verità. La verità non appartiene a coloro che più sanno e più conoscono bensì a coloro che ''scelgono di agire'', anche se tale impegno e tale scelta comporta rinunce e sacrifici. Quindi una fede da ''vivere'' piuttosto che una ''ideale'' senza ''opere''<ref>Salvatore Spera, ''Introduzione a Kierkegaard'', Laterza, Roma-Bari 2005 pp. 5-6.</ref>.
== Il cristiano e il mondo ==
{{quote|Per un vero cristiano è impossibile "diventare" qualcosa di grande nel mondo.<ref>''Diario'', a cura di [[Cornelio Fabro]], ed. BUR, p. 158.</ref>|Søren Kierkegaard}}
Kierkegaard accurato studioso delle [[Sacre Scritture]] dichiara che "l'amicizia del mondo" quindi il proporsi di "divenire" grandi, riconosciuti, importanti "nel mondo" è in netto contrasto con l'essere vero cristiano. Anche in questo caso si pone un vero e proprio "aut-aut", "una scelta" fra una cosa o l'altra: adoperarsi per divenire una cosa o impegnarsi in qualcosa del tutto diversa. Infatti scrive: "Altro è "essere" principe, conte, milionario ecc. e altro è "diventare" qualcosa di grande. La prima cosa si può conciliare con l'essere cristiano. Ma quando non si è qualcosa di grande per nascita, ma si è cristiani, è impossibile diventare qualcosa di grande nel mondo. Per "diventarlo" bisogna immergersi nel mondo, cosa che per il fatto di essere cristiani, non è lecito"<ref>''Diario'', ed. BUR, p. 158.</ref>. Per comprendere compiutamente il pensiero di Kierkegaard sul cosiddetto ''mondo'', basti pensare al giudizio che il filosofo esprime sulla stessa [[Chiesa luterana]]. Secondo Kierkegaard, infatti, la Chiesa luterana che non operava nel Cristianesimo era da considerarsi "chiesa trionfante" (amica del "mondo" e "nel mondo") in netto contrasto con quello che invece avrebbe dovuto essere la chiesa del vero cristianesimo ovvero "chiesa militante" ("contro il mondo"). A suo avviso infatti chi segue davvero Cristo a volte deve operare scelte impopolari e non comode perché "Cristo è la via; lo ha detto egli stesso ([http://www.laparola.net/wiki.php?riferimento=Gv14&formato_rif=vp| Gio. 14, 6]), non può perciò non essere vero. E questa via è stretta: lo ha detto egli stesso. E anche se egli non l'avesse detto, sarebbe stato vero egualmente. Si ha qui un esempio di quello che comporta il «predicare» nel senso più alto. Perché anche se Cristo non avesse mai detto: «Angusta è la porta e stretta è la via che conduce alla vita» ([http://www.laparola.net/wiki.php?riferimento=Mt7&formato_rif=vp| Mt. 7, 14]), tu guarda a lui e vedrai subito che la «via è stretta»"<ref>''Opere'', a cura di Cornelio Fabro, Sansoni, Firenze 1972. Scritti Edificanti - Per l'esame di se stessi raccomandato ai contemporanei, p. 924.</ref>.
== Singolarità degli scritti di Kierkegaard ==
Sulla singolarità degli scritti di Kierkegaard, [[Cornelio Fabro]], il pioniere tra gli studiosi italiani di opere kierkegaardiane, afferma: "Chiunque si risolve ad avvicinare direttamente i testi originali della produzione kierkegaardiana avverte subito che si tratta di una attività letteraria di un tipo singolare che non trova riscontro in nessuna letteratura. Si tratta di un giro di pensiero che elude gli schemi di qualsiasi scuola filosofica e teologica [...] qui non si tratta né di un semplice giro di pensiero che si svolge come un Tutto ([[Baruch Spinoza|Spinoza]], [[Hegel]]), né di un'intuizione che si dilata da se stessa in sistema ([[Johann Gottlieb Fichte|Fichte]], [[Friedrich Schelling|Schelling]]) e neppure di una vita che si fa riflessione di pensiero ([[Blaise Pascal|Pascal]]) o di un pensiero che scandaglia gli abissi della vita ([[Agostino d'Ippona|Agostino]])<ref>Introduzione a S. Kierkegaard, ''Opere'', Sansoni, Firenze 1972, p. XI.</ref>. Ad avviso dello studioso, il problema per quanto arduo e complesso, "rimarrebbe un compito accessibile all'acribia critica di uno studio perseverante ed oggettivo. C'è, certamente, anche in Kierkegaard, la complessità dell'opera del genio che molte interpretazioni - anche fra le più note e correnti, specialmente fra noi e in genere dovunque non si accede direttamente al testo originale - non hanno ancora potuto o voluto decifrare". In tutti i casi, ci sono due principali difficoltà nel decifrare il suo pensiero: la lingua (che è fra le più complesse e disarmanti, anche per gli stessi lettori danesi), a causa "degli incisi, delle innovazioni stilistiche e sintattiche, delle allusioni sacre e profane" di cui il testo è pieno; la seconda - più interiore - difficoltà è la molteplicità di piani e orizzonti in cui si presenta la sua produzione scritta, composta da testi pseudonimi, scritti edificanti, e dalla sterminata selva delle «Carte» di cui solo nel [[1970]] fu ultimata la pubblicazione. Dentro ciascuna di queste immense produzioni la difficoltà aumenta se si pensa ai vari pseudonimi usati: Johannes Climacus, Anti-Climacus, Victor Eremita, Virgilius Haufniensis, Nicolaus Notabene, Costantin Constantius, Frater Taciturnus, Hilarius Bogbinder (cioè "il rilegatore") ecc. "Ma quasi non bastasse tutto questo, bisogna riconoscere che dentro ciascuna di queste immense produzioni le difficoltà crescono quando si passa da pseudonimo a pseudonimo e perfino nel passaggio delle parti di una stessa opera: per esempio, fra le «Carte» A e B di ''Aut-Aut'', fra le diverse sezioni degli ''Stadi'' o i complessi capitoli del ''Concetto dell'angoscia''. [...] Gli stessi ''Discorsi edificanti'' che si propongono di offrire la «comunicazione diretta» si sprofondono d'improvviso nei recessi più inaccessibili dello spirito in una tensione di allucinante dialettica e contemplazione del sacro che consola e punge a un tempo"<ref>ivi, p. XII.</ref>.
== Comunicazione indiretta e diretta ==
{{quote|La categoria della mia attività di scrittore è di rendere attenti alla realtà cristiana e io sono soltanto una certa specie di poeta e pensatore.|Søren Kierkegaard}}
Secondo [[Cornelio Fabro]], la "selva" degli scritti di Kierkegaard può essere classificata in tre grandi sezioni:
# Le opere in cui usa pseudonomi (comunicazione indiretta)
# Le opere in cui si identifica con il proprio nome (comunicazione diretta) ovvero i ''Discorsi edificanti''
# Lo sterminato numero di Carte (''Papirer'') tra cui troviamo anche il ''Diario''.
Nell'indice della raccolta di ''Opere'', edita da Sansoni nel [[1972]], lo studioso riporta questa classificazione:
*Comunicazione indiretta - a firma di pseudonimi
** Parte Prima. Ciclo estetico-etico (Victor Eremita e Johannes de Silentio)
***1) ''Aut-Aut'' (dalle carte di A)
***2)''Timore e tremore''
** Parte Seconda. L'intermezzo filosofico (Virgilius Haufniensis e il dittico di Johannes Climacus)
***1) ''Il concetto dell'angoscia''
***2) ''Briciole di filosofia''
***3) ''Postilla conclusiva non scientifica alle «Briciole di filosofia»''
** Parte terza. Il dittico del cristianesimo (Anti-Climacus)
***1) ''La malattia mortale''
***2) ''Esercizio del cristianesimo''
*Comunicazione diretta - a firma di Søren Kierkegaard
** Parte quarta. La comunicazione diretta degli scritti edificanti
***1) ''Vangelo delle sofferenze''
***2) ''Per l'esame di se stessi raccomdato ai contemporanei''
***3) ''L'immutabilità di Dio''
Le opere pseudonime più importanti appartenenti alla cosiddetta "comunicazione indiretta" sono: ''Enten-Eller'' di Victor Eremita ([[1843]]); ''Timore e tremore'' di Johannes de Silentio ([[1843]]); ''La ripresa'' (tradotta anche come ''La ripetizione'') di Costantin Costantius ([[1843]]); ''Il concetto dell'angoscia'' di Virgilius Haufniensis ([[1844]]); ''Prefazioni'' di Nicolaus Notabene ([[1844]]); ''Le briciole di filosofia'' di Johannes Climacus ([[1844]]); ''Stadi sul cammino della vita'' di Hilarius Bogbinder, Willia Afham, l'Assessossre, Frater Taciturnus ([[1845]]); ''Postilla conclusiva non scientifica alle «Briciole di filosofia»'' di Johannes Climacus ([[1846]]); ''La malattia mortale'' di Anti-Climacus ([[1848]]); ''Esercizio di Cristianesimo'' di Anti-Climacus ([[1850]]). Esse sono intese come opere di testimoni e di martiri, poiché il Cristianesimo non ha bisogno di "professori", ma di "confessori". La comunicazione della verità che salva non è essenzialmente comunicazione di sapere, ma comunicazione di potere, incitamento, stimolo affinché ci si muova all'appropriazione della verità per proprio conto, da singolo<ref>''Scritti sulla comunicazione'', Logos, Roma 1979, p. 11-12.</ref>. Le opere firmate e pubblicate con il proprio nome sono le diverse raccolte di ''Discorsi edificanti''.
Le copiose ''Carte'' rappresentano invece la terza sezione degli innumerevoli scritti kierkegaardiani con il ''Diario'' come loro prima selezione.
Kierkegaard stesso spiega la ragione dei suoi scritti pseudonimi della cosiddetta ''comunicazione indiretta'': "La mia pseudonimia o polinomia non ha una ragione casuale nella mia persona [...], ma una ragione essenziale nella stessa produzione, la quale a motivo dello stile della battuta, della varietà psicologica delle differenze individuali, esigeva dal punto di vista poetico la spregiudicatezza nel bene e nel male, nella contrizione e nella dissipazione, nella disperazione e nell'arroganza, nella sofferenza e nella esultanza ecc.: indifferenza che non è limitata idealmente se non dalla coerenza psicologica, che nessuna persona in carne ed ossa potrebbe o vorrebbe permettersi nella limitazione morale della realtà. Pertanto ciò che è scritto è mio ma soltanto in quanto io metto in bocca della personalità poetica reale dell'autore la sua concezione della vita, quale si può ascoltare nelle battute di risposta, perché il mio rapporto all'opera è ancora più esteriore di quello di un poeta che crea dei personaggi eppure è lui stesso l'autore nella prefazione. Io sono infatti impersonalmente o personalmente in terza persona un suggeritore che ha prodotto poeticamente degli autori, le cui ''Prefazioni'' sono ancora una loro produzione, come lo sono anche i loro nomi. Perciò non c'è nei libri pseudonimi neppure una sola parola sul mio conto: io non ho di loro nessuna opinione se non come terza persona [...]"<ref>''Postilla'', pp. 776-77.</ref>.
[[Cornelio Fabro]], nella sua ''Introduzione a Kierkegaard'', commenta e chiarisce: "La ragione degli pseudonimi è nel fatto che essi intendono esporre situazioni ideali, che il vero Autore Soren Kierkegaard non poteva assumere per suo conto e pensò quindi di appioppare a personaggi fittizi che la sua scaltra fantasia creava a getto continuo"<ref>''Introduzione'' a S. Kierkegaard, ''Il problema della fede'', La Scuola Editrice, Brescia 1978, p. XV.</ref>.
La confessione o la cosiddetta ''comunicazione diretta'' in cui l'Autore si identifica con il suo proprio nome, copre invece con i ''Discorsi edificanti'' quasi la metà della produzione pubblicata dal filosofo danese<ref>Kierkegaard, ''Opere'', a cura di Cornelio Fabro, Sansoni, Firenze 1972, p. 828.</ref>.
Kierkegaard stesso spiega nei ''Papirer'' qual è lo scopo di questi scritti: "La categoria della mia attività di scrittore è di ''rendere attenti alla realtà cristiana'' e io sono soltanto una certa specie di poeta e pensatore"<ref>ivi.</ref>. A questo filone appartengono importanti scritti quali ''Il Vangelo delle sofferenze'', ''Per l'esame di noi stessi'' e ''L'Immutabilità di Dio''.
== ''Kierkegaard Renaissance'' ==
{{quote|Alla mia morte [...] i docenti mi convertiranno in un articolo di lucro; mi faranno oggetto del "docere", forse con l'aggiunta: p. es. la sua particolarità è "che non si può docere".|Søren Kierkegaard}}
Per ''Kierkegaard Renaissance'' si intende la rinascita degli studi kierkegaardiani. Ignorato e a volte contestato nella Danimarca luterana, scomodo e con attenzione relativa solo nei paesi scandinavi, all'inizio del [[XX secolo]] e dopo la [[prima guerra mondiale]] in un Europa in cui nascevano le dittature che portarono alle crudeltà irrazionali della [[seconda guerra mondiale]], ecco il pensiero di Kierkegaard rinascere sullo sfondo d'uno scenario completamente diverso da quello in cui è nata la filosofia razionalistico-dialettica dell’idealismo. Il momento della fortuna di Kierkegaard giunge infatti dopo il [[1918]], in una fase in cui l’Europa sembra non proporre altro che distruzione e irrazionalismo. Questo infatti è il tempo in cui Kierkegaard riceve da parte di studiosi e filosofi un'attenzione particolare, secondo alcuni viziata dalla volontà di catalogare e associare il filosofo cristiano a uno schema "riconoscibile".
[[Cornelio Fabro]], infatti, critica la cosiddetta ''Kierkegaard Renassance'' e rileva: "Estraneo al suo tempo, Kierkegaard rimane ancora più estraneo al nostro che pullula di lassismo morale e religioso e di mediocrità speculativa, mentre si compiace di facili etichette cambiando ideologia a ogni stagione: tutto il chiasso che si è fatto attorno a lui, specialmente in quest'ultimo cinquantennio da quando la Kierkegaard-Renaissance tedesca con [[Karl Barth|Barth]], [[Jaspers]] e [[Martin Heidegger|Heidegger]] l'ha buttato sul mercato mondiale delle idee piegandolo allo storicismo moderno, non ha fatto che offuscare quell'Idea per la quale egli ha lottato e si è sacrificato: l'onestà ("Redelinghed") della ricerca, l'aspirazione all'assoluto ("det Ubetingede") come compito e scopo unico dell'esistenza dell'uomo, l'accettazione dell'Uomo-Dio come modello ("Forbillede") unico del cristiano. Su questo ideale purissimo non sono passati soltanto i carri armati del neokantinismo, del positivismo e dell'idealismo i quali hanno tagliato alla radice la libertà che autentica la dignità della persona, ma ora scorazzono dovunque il marxismo, la fenomenologia, lo strutturalismo e perfino - a scorno e sacrilegio - il cosiddetto esistenzialismo ateo che hanno fatto la terra bruciata dello spirito suonando i tamburi - come nel ''Riccardo III'' di [[Shakespeare]] - della scienza, della sociologia, della psicoanalisi, delle filosofie analitiche [...] ossia di tutte quelle bagattelle che Kierkegaard aveva già diffidate come foriere di confusione e di tenebre nel mondo dello spirito"<ref>Cornelio Fabro, ''Introduzione'' in ''Opere'', cit. p. XIV.</ref>. Kierkegaard stesso aveva lucidamente previsto la "mercificazione" e la "distorsione" del proprio pensiero dopo la morte. Nel suo ''Diario'' infatti scriveva: "Alla mia morte ci sarà parecchio da fare per i docenti. Le infami canaglie! Eppure ciò non servirà a nulla, anche se sarò stampato e ristampato, letto e riletto. I docenti mi convertiranno in un articolo di lucro; mi faranno oggetto del "docere", forse con l'aggiunta: p. es. la sua proprietà è che non si può "docere"<ref>cfr. ''Diario'', a cura di [[Cornelio Fabro]], ed. BUR citata, p. 72.</ref>.
== Opere ==
* ''Diario'' (''Papirer'', [[1834]]-[[1855]]), tr. [[Cornelio Fabro]] (Rizzoli, Milano 1995 tr. antologica ISBN 978-88-17-17330-8; ed. Morcelliana, Brescia 1980-83 tr. integrale in 12 volumi)
* ''Dalle carte di uno ancora in vita'' (''Af en endnu Levendes Papirer'', [[1839]]), tr. Dario Borso (Morcelliana, Brescia 1999 ISBN 88-372-1752-8
* ''Sul concetto di ironia in costante riferimento a Socrate'' (''Om Begrebet Ironi med stadigt Hensym til Socrates '', [[1841]]), tr. Dario Borso ([[Guerini e Associati]], Milano 1991; Rizzoli, Milano 1995 ISBN 978-88-17-17020-8).
* ''Johannes Climacus o De Omnibus Dubitandum Est'' (''Johannes Climacus Enten De Omnibus Dubitandum Est'', [[1843]]), tr. Simonella Davini (Ets, Pisa 1995 ISBN 978-88-7741-846-3)
* ''[[Aut-Aut (Kierkegaard)|Enten-Eller]]'' [Victor Eremita], [[1843]]), tr. Alessandro Cortese (Adelphi, Milano 1976-89, 5 volumi, tr. integrale. Tomo primo: ISBN 978-88-459-0193-5; tomo secondo: ISBN 88-459-0329-X; tomo terzo: ISBN 88-459-0364-8; tomo quarto: ISBN 88-459-0465-2; tomo quinto: ISBN 978-88-459-0664-0). Edizioni parziali:
** ''Aut aut'', tr. Kristen Montanari Guldbrandsen e [[Remo Cantoni]] (Mondadori, Milano 1956 ISBN 978-88-04-47787-7)
** ''Don Giovanni'', tr. K.M.Guldbrandsen e [[Remo Cantoni]] (Mondadori, Milano 1976 ISBN 88-04-43383-3); altra ed. tr. Gianni Garrera (Rizzoli, Milano 2006 ISBN 88-17-01222-X)
** ''Diario del seduttore'' (''Forfoererens Dagbog''), tr. [[Attilio Veraldi]] (Rizzoli, Milano 1983, ISBN 978-88-17-00614-9)
** ''Il matrimonio'', tr. Gaia Vittoria (Modern Publishing - Milano 2009 ISBN 978-88-493-0545-6)
* ''Discorsi edificanti'' (''Opbyggelige Taler'', [[1843]]), tr. Dario Borso (Piemme, Milano 1998 ISBN 88-384-3179-5); altra ed. tr. Alessandro Cortese (Marietti, Genova 2000)
* ''[[Timore e tremore]]'' (''Frygt og Baeven'' [Johannes de Silentio], [[1843]]), tr. [[Franco Fortini]] e K.M.Guldbrandsen (Edizioni di Comunità, Milano 1948); altra ed. tr. [[Cornelio Fabro]] (Rizzoli, Milano 1972 ISBN 978-88-17-16562-4)
* ''La ripetizione'' (''Gjentagelsen'' [Constantin Constantius], [[1843]]), tr. Dario Borso (Rizzoli, Milano 1996 ISBN 978-88-17-17095-6) (altrove tr. anche come ''La ripresa'')
* ''Briciole di filosofia'' (''Philosophiske Smuler eller En Smule Philosophie'' [Johannes Climacus], [[1844]]), tr. [[Cornelio Fabro]] (Zanichelli, Milano 1962); altra ed. tr. Salvatore Spera (Quiriniana, Brescia 1987 ISBN 88-399-0669-X)
* ''Prefazioni'' (''Forord'' [Nicolaus Notabene], [[1844]]), tr. Dario Borso ([[Guerini e Associati]] 1990 ISBN 88-7802-150-4; Rizzoli, Milano 1995 ISBN 88-17-17075-5)
* ''II concetto dell'angoscia'' (''Om Begrebet Angest'' [Virgilius Haufniensis], [[1844]]), tr. [[Michele Federico Sciacca]] (Bocca Editore, Milano 1941); tr. [[Cornelio Fabro]] (Sansoni,Milano 1966); tr. Bruno Segre (Opportunity 1995 ISBN 88-8111-130-6; ed. SE, Milano 2007 ISBN 978-88-7710-717-6)
* ''Accanto a una tomba'' (''Ved en Grav'' terzo discorso dei ''Tre Taler ved taenkte Leiligheder'', [[1845]]), tr. Roberto Garavanta, Il melangolo Editore, Genova 1999 ISBN 88-7018-376-9)
* ''Stadi sul cammino della vita'' (''Stadier paa Livets vei'' [Hilarius Bogbinder - William Afham - l'Assessore - Frater Taciturnus], [[1845]]), tr. Ludovica Koch (Rizzoli, Milano 1993 ISBN 88-17-17338-X); ed. parziale:
** ''In vino veritas'', tr. Icilio Vecchiotti (Laterza. Bari 1983, ISBN 978-88-420-6438-1)
* ''Postilla conclusiva non scientifica alle briciole filosofiche'' (''Afsluttende uvidenskabelig Efterskrift til de philosophiske Smuler'' [Johannes Climacus], [[1846]]), tr. [[Cornelio Fabro]] (Piemme, Milano 1995)
* ''Una recensione letteraria'' (''En literair Anmeldelse'', [[1846]]), tr. Dario Borso ([[Guerini e Associati]], Milano 1995 ISBN 88-7802-567-4)
* ''Atti dell'amore'' (''Kjerlighedens Gjerninger'', [[1847]]), tr. [[Cornelio Fabro]] (Rusconi, Milano 1983, n. ed. Bompiani, Milano 2007). ''Gli atti dell'amore'' , tr.[[Umberto Regina]] (Morcelliana, Brescia 2009 ISBN 978-88-372-2318-2)
* ''Discorsi cristiani'' (''Christelige Taler'', [[1848]]), tr. parziale Dino T. Donadoni (Borla Editore, Roma 1963 ISBN 978-88-263-0024-5)
* ''L'attrice'' (''Krisen og en Krise i en Skuespillerindes Liv'' [Inter et inter], [[1848]]), tr. Alessandro Cortese (Edizioni Antilia, Treviso 1997 ISBN 88-87073-07-4; altra ed. Marietti, Genova 2002)
* ''Il giglio nel campo e l'uccello nel cielo. Discorsi 1849-1851'' (''Lilen paa Marken og Fuglen under Himlen. Tre gudelige Taler'', [[1849]]), tr. Ettore Rocca (Donzelli Editore, Roma 2011 ISBN 978-88-6036-636-8)
* ''La malattia mortale'' (''Sygdommen til döden'' [Anti-Climacus], [[1849]]), tr. Meta Corssen (Mondadori, Milano 1990 ISBN 978-88-04-44780-1; altra ed. Newton Compton, Milano 2004; altra ed. SE - Milano 2008 ISBN 978-88-7710-750-3)
* ''Esercizio di Cristianesimo'' (''Indøvelse i Christendom'' [Anti-Climacus], [[1850]]), tr. Salvatore Spera (Piemme, Milano 2000 ISBN 88-384-4635-0)
* ''L'istante'' (''Øieblikket'', [[1855]]), tr. Alberto Gallas e Helene Fontana Dyhr (Marietti, Genova 2001 ISBN 88-211-6119-6) (altrove tr. anche come ''L'ora'')
* ''Pensieri che feriscono alle spalle e altri discorsi edificanti'' (la prima parte del libro fa riferimento a capitoli di ''Discorsi Cristiani'' [[1848]]; la seconda a ''Tre discorsi per la comunione del venerdi'' [[1849]], ''Due discorsi per la comunione del venerdi'' [[1847]], ''Un discorso edificante'' [[1850]]), traduzione di [[Cornelio Fabro]], ed. SE, Milano, 2010 ISBN 978-88-7710-843-2)
=== Altri scritti tradotti in italiano ===
* ''Appunti delle lezioni berlinesi di [[Friedrich Schelling|Schelling]] sulla «Filosofia della Rivelazione» 1841-1842'', tr. Ingrid Basso (Bompiani 2008 ISBN 978-88-452-6060-5)
* ''Scritti sulla comunicazione'', tr. Cornelio Fabro, Roma: Logos, 1979-82 (2 volumi)
* ''Per provare se stesso'', tr. Knud Ferlov e Maria Laura Sulpizi (Ponte alle grazie 1993 ISBN 88-7928-086-4)
* ''Sulla mia attività di scrittore'', a cura di Andrea Scaramuccia (ETS 2006 ISBN 88-467-1663-9)
* ''Lettere sul fidanzamento'', tr. Gianni Garrera (Morcelliana 2009 ISBN 978-88-372-2308-3)
=== Opere in danese ===
* ''Papirer'' [Carte]: I-XVI, 25 tomi, a cura di Niels Thulstrup, Gyldendalske Boghandel, Nordisk Forlag, Copenaghen 1968-1970. I primi 11 volumi (in 20 tomi) riproducono la precedente edizione dei ''Papirer'', a cura di [[Peter Andreas Heiberg]], Victor Kuhr ed Einer Torsting, 1909-49; i volumi 12 e 13 contengono le ''Carte'' contenenti appunti, citazioni di letture, sunti e annotazioni di lezioni seguite all'[[Università di Copenaghen]] e all'[[Università di Berlino]]. I volumi sono divisi in 3 sezioni: A) Diario, B) Abbozzi e progetti di libri e prefazioni C) Appunti, estratti e annotazioni varie. I volumi da 14 a 16, a cura di [[Niels Jørgen Cappelørn]] contengono l'Index.
* ''Skrifter'' [Scritti], a cura di Niels Jørgen Cappelørn, Joakim Garff, Jette Knudsen, Johnny Kondrup, Alastair McKinnon e Finn Hauberg Mortensen, Copenaghen, 1997 e seguenti, 55 volumi previsti<ref>cfr. [http://sks.dk il sito].</ref>.
* ''Breve og notater fra Berlin'' [Lettere e note da Berlino], a cura di Jens Staubrand, København 2012 ISBN 978-87-92510-07-5
== Note ==
{{references|2}}
== Bibliografia ==
* [[Theodor Wiesengrund Adorno]], ''Kierkegaard. La costruzione dell’estetico'' (1933), Longanesi, Milano 1962; Guanda, Parma 1993 ISBN 88-7746-646-4
* [[Franco Lombardi]], ''Kierkegaard'', La Nuova Italia Editrice, Firenze 1937 (2a edizione)
* {{fr}} [[Jean Wahl]], ''Études Kierkegaardiennes'' (1938), Vrin, Paris 1949, n. ed. 2006
* [[Luigi Pareyson]], ''Studi sull’esistenzialismo'', Sansoni, Firenze 1943
* {{de}} [[Max Bense]], ''Hegel und Kierkegaard'', Köln 1948
* [[Felice Battaglia]], ''Kierkegaard fra il singolo e Dio'', in ''Il problema morale nell'esistenzialismo'', Ed. Zuffi, Bologna 1949 (II ed.)
* [[Hans Urs von Balthasar]], ''Il cristiano e l'angoscia'', Edizione Paoline, Alba 1951, 1957. Ristampa: Jaca Book, Milano 1987
* {{fr}} [[Lev Isaakovič Šestov]], ''Kierkegaard et la philosohie existentielle'' (1948), Vrin, Paris 1972
* [[Remo Cantoni]], ''La coscienza inquieta'', Mondadori, Milano 1949; 2a edizione: Il Saggiatore, Milano 1976
* [[Cornelio Fabro]], ''Tra Kierkegaard e Marx. Per una definizione dell'esistenza'', Ed. Valecchi, Firenze 1952; II ed.: Logos Editrice, Roma 1978
* {{da}}{{en}}{{fr}} «Kierkegaardiana», S. Kierkegaard Selskabet, 1955 e seguenti
* [[Cornelio Fabro]] (a cura di), ''Studi kierkegaardiani'', Morcelliana, Brescia 1957
* [[Enzo Paci]], ''Relazioni e Significati vol II, Kierkegaard e Thomas Mann'', Lampugnani Nigri, Milano 1965-1966
* Edda Ducci, ''La maieutica kierkegaardiana'', SEI, Torino, 1967
* Tito Perlini, ''Che cosa ha veramente detto Kierkegaard'', Astrolabio-Ubaldini, Roma, 1968
* [[Giuseppe Masi]], ''Disperazione e speranza. Saggio sulle categorie Kierkegaardiane'', Gregoriana Libreria Editrice, Padova 1971
* [[Cornelio Fabro]] (a cura di), ''Kierkegaard Opere'', Sansoni Editore, Firenze 1972
* Franca Castagnino, ''Gli studi Italiani su Kierkegaard 1906-1966'', Ateneo Editore, Roma 1972
* [[György Lukács]], ''Quando la forma si infrange sugli scogli dell’esistenza (Kierkegaard e Regina Olsen)'', in ''L'anima e le forme'', Sugar, Milano 1972
* Mario Gigante, ''Religiosità di Kierkegaard'', Morano Editore, Napoli 1972
* Giovanni Velocci, ''Filosofia e fede in Kierkegaard'', Città Nuova, Roma 1976
* Salvatore Spera, ''Il giovane Kierkegaard'' (titolato anche: ''Il pensiero del giovane Kierkegaard''), Cedam, Padova 1977
* Salvatore Spera, ''Kierkegaard politico'', Istituto di studi filosofici editore, Roma 1978
* {{da}}{{en}} «Bibliotheca Kierkegaardiana», I-XIV, Reitzel, København 1978-88
* [[Cornelio Fabro]], Antologia delle opere, ''Søren Kierkegaard, Il problema della fede'', Editrice La Scuola, Brescia 1978
* Lorenzo Lunardi, ''La dialettica in Kierkegaard'', Liviana Editrice, Padova 1982
* [[Karl Löwith]], ''Il salto nella fede di Kierkegaard'' (1956), in ''Storia e fede'', Laterza, Bari-Roma 1985
* [[Furio Jesi]], ''Kierkegaard'' (1972), Bollati Boringhieri, Torino 2001 ISBN 88-339-1331-7
* Salvatore Spera, ''Introduzione a Kierkergaard'' (1983), Editori Laterza, Bari 2005 ISBN 88-420-2307-8
* Aurelio Rizzacasa, ''Kierkegaard storia ed esistenza'', Edizioni Studium, Roma 1984 ISBN 88-382-3506-6
* Simonella Savini, ''Arte e critica nell'estetica di Kierkegaard'', Aesthetica Preprint, Palermo 1984 ISNN 0393-8522
* Alessandro Cortese, ''Kierkegaard oggi'', Ed. Vita e Pensiero, Milano 1986
* Giuseppe Maria Pizzuti, ''Tra Kierkegaard e Barth : l'ombra di Nietzsche. La 'crisi' come odissea dello spirito'', Edizioni Osanna, Venosa 1986
* [[Virgilio Melchiorre]], ''Saggi su Kierkegaard'', Marietti, Genova 1987 ISBN 88-211-8626-1
* Franco Fregnani, ''Soren Kierkegaard: le idee, i personaggi, gli pseudonimi'', CUSL Editore, Milano 1987
* Gaetano Mollo, ''Al di là dell'angoscia : l'educazione etica-religiosa in Soren Kierkegaard'', Edizioni Porziuncola, Assisi 1988
* [[Pietro Prini]],'' Storia dell'esistenzialismo da Kierkegaard ad oggi''. Edizioni Studium, Roma 1989 ISBN 978-88-382-3584-9
* Leonardo Amoroso, ''Maschere Kierkegaardiane'', Rosenberg & Sellier, Torino 1990 ISBN 978-88-7011-408-9
* [[Enzo Paci]], ''Kierkegaard e Thomas Mann'', Bompiani, Milano 1991
* Isabella Adinolfi Bettiolo, ''Poeta o testimone? Il problema della comunicazione del cristianesimo in Søren Abye Kierkegaard'', Marietti, Genova 1991
* Anna Giannatiempo Quinzio, ''L’estetico in Kierkegaard'', Liguori, Napoli 1992
* Giuseppe Modica, ''Fede libertà peccato. Figure ed esiti della prova in Kierkegaard'', Palumbo Editore, Palermo 1992
* Roberto Perini, ''Soggetto e storicità. Il problema della soggettività finita tra Hegel e Kierkegaard'', Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1995
* Giuseppe Mario Pizzuti, ''Invito al pensiero di Kierkegaard'', Mursia Editore, Milano 1995 ISBN 88-425-1914-6
* [[Paul Ricoeur]], ''Kierkegaard la filosofia e l'eccezione'', Editrice Morcelliana, Brescia 1995 ISBN 88-372-1576-2
* Simonella Davini, ''Il circolo del salto. Kierkegaaard e la ripetizione'', ETS, Pisa 1996
* [[Bruno Forte]], ''Fare teologia dopo Kierkegaard'', Editrice Morcelliana, Brescia 1997
* {{en}} Jonathan Rée e Jane Chamberlain (a cura di), ''Kierkegaard: a Critical Reader'', Blackwell, Malden 1998
* [[Luigi Pareyson]], ''Kierkegaard e Pascal'', a cura di [[Sergio Givone]], Mursia Editore, Milano 1998
* Massimo Iritano, ''Disperazione e fede in Søren Kierkegaard. Una «lotta di confine»'', Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1999
* Michele Nicoletti e Giorgio Penzo (a cura di), ''Introduzione a Kierkegaard. Filosofia e teologia del paradosso'', Morcelliana, Brescia 1999 (atti del convegno tenuto a Trento il 4-6 dicembre 1996)
* Mariano Fazio, ''Un sentiero nel bosco. Guida al pensiero di Kierkegaard'', Armando editore, Roma 2000 ISBN 88-8358-024-9
* «NotaBene». Quaderni di Studi Kierkegaardiani, Città Nuova, Roma 2003; poi Il nuovo melangolo, Genova 2000 e seguenti
* Giorgio Penzo, ''Kierkegaard. La verità eterna che nasce nel tempo'', EMP, Padova 2000
* Isabella Adinolfi Bettiolo, ''Il cerchio spezzato. Linee di antropologia in Pascal e Kierkegaard,'' Piemme Edizioni, Citta Nuova, Roma 2000
* Isabella Adinolfi Bettiolo, ''Leggere oggi Kierkegaard'', Quaderni di studi kierkegaardiani, I. Città Nuova, Roma 2000 ISBN 978-88-311-0185-1
* Eliseo Castoro, ''Esistenza in preghiera. Sulle orme di Kierkegaard'', Piemme Edizioni, Milano 2001
* Isabella Adinolfi Bettiolo, ''Il religioso in Kierkegaard'', Morcelliana, Brescia 2002
* Filippo Costa, ''Ermeneutica ed esistenza. Saggio su Kierkegaard'', ETS Edizioni, Roma 2003
* Alberto Siclari, ''L'itinerario di un cristiano nella cristianità. La testimonianza di Kierkagaard'', Franco Angeli Editore, Milano 2004 ISBN 978-88-464-5774-5
* Ettore Rocca, ''Tra estetica e teologia. Studi Kierkegaardiani''. Edizioni ETS, Pisa 2004 ISBN 978-88-467-1040-6
* [[Dario Antiseri]], ''Come leggere Kierkegaard'', Bompiani, Milano 2005 ISBN 88-452-4136-X
* Piero Di Giovanni, ''Idealismo e anti-idealismo nella filosofia italiana del Novecento'', pp. 240, 241, 246, 460. Franco Angeli Editore, Milano 2005 ISBN 88-464-6429-X
* {{fr}} France Farago, ''Comprendre Kierkegaard'', Colin, Paris 2005
* Marilena Maragliulo, ''Eros in musica. Kierkegaard e il Don Giovanni di Mozart'', M & B Publishing, Milano 2005 ISBN 978-88-7451-067-2
* {{fr}} Vincent Delecroix, ''Singulière philosophie. Essai sur Kierkegaard'', Kiron - Le Félin, Paeis 2006
* Eliseo Castoro, ''Infanzia nello spirito. Teresa di Lisieux-Kierkegaard. Cristiani e geni della modernità'', Il Pozzo di Giacobbe Editore, Trapani 2007 ISBN 978-88-6124-016-2
* Ingrid Basso, ''Kierkegaard uditore di Schelling'', Mimesis, Milano 2007 ISBN 978-88-8483-658-8
* Shelley O'Hara e Giovanni Stelli, ''Kierkegaard alla portata di tutti'', Armando Editore, Roma 2007 ISBN 978-88-6081-151-6
* Marco Vozza, ''A debita distanza. Kierkegaard, Kafka, Kleist e le loro fidanzate'', Edizioni Diabasis, Reggio Emilia 2007 ISBN 978-88-8103-454-3
* Luca Saraceno, ''La vertigine della libertà. L'angoscia in Soren Kierkegaard'', Giunti Editore, Milano 2007
* Giulia Longo, ''Kierkegaard, Nietzsche: eternità dell'istante, istantaneità dell'eterno'', Mimesis Edizioni, Milano 2007 ISBN 88-8483-507-0
* {{da}} Jens Staubrand, ''Søren Kierkegaards Sygdom og Død'', København 2009 ISBN 978-87-92510-04-4
* {{en}} Jens Staubrand, ''Kierkegaard. International Bibliography Music Works and Plays'', København 2009 ISBN 978-87-92510-05-1
* {{da}} Jens Staubrand, ''Kierkegaard. Den første Kærlighed og andre tekster om drama'', København 2010. ISBN 978-87-92510-00-6
* Yves Depelsenaire, ''Un'analisi con Dio. L'appuntamento di Lacan con Kierkegaard'', Roma 2009
* [[Sergio Givone]], ''Sergio Givone incontra Kierkegaard'', Le interviste immaginarie (Edizione speciale CorSera Milano) Bompiani, Milano 2010 ISSN 1825-78870
* Antonella Fimiani, ''Sentieri del desiderio. Femminile e alterità in Søren Kierkegaard'', Rubbettino, Soveria Mannelli 2010; ISBN 978-88-498-2785-9
* Diego Giordano, ''Verità e paradosso in Søren Kierkegaard. Una lettura analitica'', Orthotes Editrice, Napoli 2011 ISBN 978-88-905619-1-7
* Roberto Garaventa e Diego Giordano (a cura di), ''Il discepolo di seconda mano. Saggi su Søren Kierkegaard'', Orthotes Editrice, Napoli 2011 ISBN 978-88-905619-6-2
* Dario Sacchi, ''Le ragioni di Abramo. Kierkegaard e la paradossalità del logos'', Franco Angeli Editore, Milano 2011 ISBN 978-88-568-4179-4
=== DVD su Kierkegaard ===
* ''Schelling e Kierkegaard'', Il Cammino della Filosofia di [[Hans-Georg Gadamer]], Le radici della filosofia contemporanea. La Rai per la cultura. Ideata da [[Gerardo Marotta]]; Interviste a cura di Renato Parascandalo; Consulenza scientifica di Giancarlo Burghi; Regia di Vittorio Rizzo; Direzione scientifica a cura dell'[[Istituto Italiano per gli Studi Filosofici]]. DVD 2 - Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche (durata 50 ") - RAI TRADE.
=== Studiosi italiani di Kierkegaard ===
{{Div col}}
*[[Abaqa]], sovrano mongolo († [[1282]])
* [[Nicola Abbagnano]]
*[[Al-Nawawi]] († [[1278]])
* [[Isabella Adinolfi Bettiolo]]
*[[Beatrice di Provenza]], sovrana († [[1267]])
* [[Dario Antiseri]]
*[[Matilde II di Borbone]] († [[1262]])
* [[Dario Borso]]
*[[Cristina di Norvegia]], nobile norvegese († [[1262]])
* [[Remo Cantoni]]
*[[Manuele di Castiglia]] († [[1283]])
* [[Alessandro Cortese]]
*[[18 settembre]] - [[Corrado Miliani]], religioso italiano († [[1289]])
* [[Simonella Davini]]
{{Div col end}}}}<noinclude>
* [[Edda Ducci]]
{{Portale|biografie}}
* [[Cornelio Fabro]]
[[Categoria:Liste di nati per anno| 3234]]
* [[Mariano Fazio]]
[[Categoria:Nati nel 1234| ]]
* [[Bruno Forte]]
</noinclude>
* [[Roberto Garaventa]]
* [[Anna Giannatiempo Quinzio]]
* [[Massimo Iritano]]
* [[Furio Jesi]]
* [[Ludovica Koch]]
* [[Franco Lombardi]]
* [[Virgilio Melchiorre]]
* [[Michele Nicoletti]]
* [[Enzo Paci]]
* [[Luigi Pareyson]]
* [[Giorgio Penzo]]
* [[Umberto Regina]]
* [[Ettore Rocca]]
* [[Salvatore Spera]]
{{Div col end}}
== Voci correlate ==
* [[Søren Kierkegaard e Friedrich Nietzsche]]
* [[Comunicazione filosofica (Kierkegaard)]]
* [[Esistenzialismo]]
* [[Esistenza]]
* [[Angoscia]]
* [[Fede]]
== Altri progetti ==
{{Interprogetto|q|commons=Category:Søren Kierkegaard|s=en:Author:Søren Kierkegaard|s_preposizione=in [[lingua inglese]] di}}
== Collegamenti esterni ==
* [http://www.sisk.it Società Italiana per gli Studi Kierkegaardiani]
* [http://www.orthotes.com/sisk/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=31&Itemid=71 NotaBene. Quaderni di Studi Kierkegaardiani]
* [http://www.emsf.rai.it/interviste/interviste.asp?d=511 Cornelio Fabro: Fede e sapere nel pensiero di Kierkegaard]
* [http://www.sorenkierkegaard.org Commento di Anthony Storm]
* [http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=3214 Kierkegaard a Berlino ad ascoltare Schelling]
* [http://www.mimesisedizioni.it/Itinerari-filosofici/Kierkegaard-uditore-di-Schelling.html Kierkegaard e Schelling]
* [http://en.wikisource.org/wiki/Author:Walter_Lowrie Walter Lowrie, primo traduttore delle opere di Kierkegaard in lingua inglese]
{{Søren Kierkegaard}}
{{Romanticismo}}
{{Portale|biografie|cristianesimo|filosofia}}
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[[Categoria:Filosofi cristiani|Kierkegaard, Søren]]
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