Leone Fortis: differenze tra le versioni

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|GiornoMeseNascita = 5 ottobre
|AnnoNascita = 1827
|NoteNascita = <ref name="Monsagrati">{{cita|Monsagrati}}.</ref>
|NoteNascita = <ref>G. Monsagrati, ''Dizionario Biografico degli Italiani'' (Bibliografia). M. Menghini nella voce della ''Enciclopedia Italiana'' (Bibliografia) e 'L'Unificazione'' (Bibliografia) indicano erroneamente il 1924. I genitori Davide ed Elena Wollemborg si erano sposati nel 1826.</ref>
|LuogoMorte = Roma
|GiornoMeseMorte = 7 gennaio
|AnnoMorte = 18961898
|NoteMorte = <ref name="Monsagrati"/><ref>{{cita news|autore=Raffaello Barbiera|wkautore=Raffaello Barbiera|titolo=Leone Fortis|rivista=[[L'Illustrazione Italiana]]|data=16 gennaio 1898|pp=39 e 42}}</ref>
|NoteMorte = <ref> Così le voci nella ''Enciclopedia Italiana'' e ''L'Unificazione'' (solo anno). G. Monsagrati nel ''Dizionario Biografico degli Italiani'' indica il 7 gennaio '''1898'''.</ref>
|Epoca = 1800
|Attività = giornalista
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|AttivitàAltre = e patriota
|Nazionalità = italiano
|Immagine = Leone Fortis by Vespasiano Bignami (before 1929) - Archivio Storico Ricordi ICON010810.jpg
|Immagine = LeoneFortis.jpg
|Didascalia = Leone Fortis ritratto da [[Vespasiano Bignami]]
}}
 
== Biografia ==
[[File:LeoneFortis.jpg|thumb|upright|Leone Fortis]]
Era figlio di Davide Forti, medico ebreo nato a Reggio Emilia e di Elena Wollemborg, austriaca che, rimasta vedova, si trasferì a Padova. Leone studiava medicina. La casa era frequentata da letterati della nuova generazione: [[Francesco Dell'Ongaro]], [[Aleardo Aleardi]], [[Arnaldo Fusinato]] e [[Giovanni Prati]]. Cambiato il suo cognome in "Fortis", Leone pubblicò nel 1846 una novella in versi sciolti, ''Luigia'', dedicata a Luigia Coletti, sua futura sposa. Nel 1847, con A. Romano, scrisse il dramma in versi ''La duchessa di Praslin'' - ispirato a un fatto di cronaca parigino - con allusioni patriottiche. Arrestato durante una manifestazione studentesca, fu condotto a Trieste. A marzo 1848, alla notizia delle [[Cinque giornate di Milano]] Leone tornò a Padova e si arruolò come volontario, combattendo a Monte Osio (Verona). Poi andò a Milano, dove diresse "Il Vero Operaio", giornale moderato che contrastava il quotidiano radicale "L'Operaio"; quindi a Firenze, dove fu redattore de "L'Alba", quotidiano democratico presto soppresso da [[Francesco Domenico Guerrazzi]]. L'ultima tappa fu Roma, dove, come addetto allo stato maggiore del generale P. Roselli, Leone Fortis vide la caduta della [[Repubblica romana]].
 
===La passione per il teatro===
Il padre, Davide Forti, medico di [[religione ebraica]], era nato a Reggio Emilia. La madre, Elena Wollemborg, era di origine austriaca. Rimasta vedova, si era trasferita a [[Padova]]. La casa era frequentata da letterati di nuova generazione: [[Francesco Dall'Ongaro|Francesco Dell'Ongaro]], [[Aleardo Aleardi]], [[Arnaldo Fusinato]] e [[Giovanni Prati]]. Leone studiò medicina come il padre.
Leone Fortis tornò a Padova. Non trovando sbocchi alla sua passione per il giornalismo, scrisse il dramma in cinque atti ''Camoens'', con vaghe allusioni patriottiche, che fu rappresentato a Milano, poi a Torino dalla Compagnia reale sarda. A Torino, Fortis divenne "poeta" della Compagnia reale, con obbligo di tre lavori ogni anno. Nel 1852 si trasferì a Genova, sostenendosi con le appendici teatrali per il "Corriere mercantile". Per la celebre [[Fanny Sadowska]] scrisse ''Cuore ed arte'', andato in scena al teatro Re di Milano, a dicembre 1852: «un magnifico pasticcio», secondo Croce; ma restò in cartellone e fu rimaneggiato nel 1854, col titolo ''Industria e speculazione''. Fortis, tornato in Lombardia nel 1854, grazie all'amnistia, scrisse tre libretti d'opera: ''L'Adriana'', 1857, musica di T. Benvenuti; ''L'uscocco'', 1858, musica di F. Petrocini; ''Il duca di Scilla'', 1859, musica di [[Errico Petrella]]. Nel 1857 divenne direttore artistico del [[teatro alla Scala]] di Milano.
 
Era figlio di Davide Forti, medico ebreo nato a Reggio Emilia e di Elena Wollemborg, austriaca che, rimasta vedova, si trasferì a Padova. Leone studiava medicina. La casa era frequentata da letterati della nuova generazione: [[Francesco Dell'Ongaro]], [[Aleardo Aleardi]], [[Arnaldo Fusinato]] e [[Giovanni Prati]]. Cambiato il suo cognome in "Fortis", Leone pubblicò nel [[1846]] pubblicò una [[novella]] in versi sciolti, ''Luigia'', dedicata a Luigia Coletti, la sua futura sposa. Nel 1847, con A.Alfredo Romano, scrisse il dramma in versi ''La duchessa di Praslin'' - ispirato a un fatto di cronaca parigino - con allusioni patriottiche. Arrestato durante una manifestazione studentesca, fu condotto a Trieste. ANel marzo 1848, alla notizia delle [[Cinque giornate di Milano]] Leone Fortis tornò a Padova e si arruolò come volontario, combattendo a Monte Osio ([[Verona]]). Poi andò a [[Milano]], dove diresse "Il Vero Operaio", giornale moderato che contrastava il quotidiano radicale "L'Operaio"; quindi si spostò a [[Firenze]], dove fu redattore de "L'Alba", quotidiano democratico, presto soppresso da [[Francesco Domenico Guerrazzi]]. Durante la direzione de "L'Alba" lui e il resto della redazione entrarono in contatto col patriota e giornalista polesano [[Alberto Mario]], col quale rimase sempre amico.<ref>{{cita|White|pp. 408-410}}.</ref> L'ultima tappa fu [[Roma,]] dove, come addetto allo statoStato maggiore del generale P. Roselli, Leone Fortis vide la caduta della [[Repubblica Romana (1849)|Repubblica romana]] ([[1849]]).
 
=== La passione per il teatro ===
Leone Fortis tornò a Padova. Non trovando sbocchi alla sua passione per il [[giornalismo]], scrisse il dramma in cinque atti ''Camoens'', con vaghe allusioni patriottiche, che fu rappresentato a Milano, e poi a [[Torino]], dalla Compagnia reale sarda. A Torino, Fortis divenne "poeta" della Compagnia reale, con l'obbligo di tre lavori ogni anno. Nel 1852 si trasferì a [[Genova]], sostenendosi con le appendici[[recensione|recensioni]] teatrali per il "[[Corriere mercantileMercantile]]". Per la celebre attrice [[Fanny SadowskaSadowski]] scrisse ''Cuore ed arte'', andato in scena al [[teatro Re]] di Milano, anel dicembre 1852: {{sf|«un magnifico pasticcio», secondo [[Benedetto Croce]]}}; ma restò in cartellone e fu rimaneggiato nel 1854, col titolo ''Industria e speculazione''. Fortis, tornato in Lombardia nel 1854, grazie all'amnistia, scrisse tre [[libretto|libretti d'opera]]: ''L'Adriana'', 1857, musica di T. Benvenuti; ''L'uscocco'', 1858, musica di F. Petrocini; ''Il duca di Scilla'', 1859, musica di [[Errico Petrella]]. Nel 1857 divenne direttore artistico del [[teatro alla Scala]] di Milano.
 
=== A Venezia ===
ANel novembre 1856 nacque a Venezia un settimanale dal nome curioso: "Quel che si vede e quel che non si vede",; diFortis cui Fortisne fu collaboratore e poi direttore. Foglio elegante, ironico, ricco di disegni bozzettistici originali, nella [[Testata giornalistica|testata]] aveva il diavolo zoppo che minacciava con la sua stampella. Vi pubblicarono poesie [[Arnaldo Fusinato]] e [[Ippolito Nievo]]. Ma in mezzo ai versi e alla cronaca letteraria, c'era qualche soffio inneggiante alla libertà e, il 4 gennaio 1857, il foglio fu chiuso, tanto più che si aspettava a Venezia la visita dell'imperatore [[Francesco Giuseppe]] e dell'imperatrice Sissi.
===A Milano e a Trieste===
Due mesi più tardi a Milano usciva "[[Il Pungolo]]", [[settimanale]] che arrivò al 4 aprile 1858, sostituito dal gemello "Il Panorama". Nella testata Leone Fortis, ideatore e direttore del foglio, si rappresentava sotto forma del diavolo zoppo "Asmodeo" - uno dei suoi [[pseudonimo|pseudonimi]] - che punzecchiava col forcone un gruppo di malcapitati. Il settimanale si impose per i toni ironici e anticonformisti e per il profilo dei collaboratori: il critico musicale [[Filippo Filippi]], il duo [[Paulo Fambri]]-[[Vittorio Salmini]] (scrivevano per il teatro a quattro mani), [[Ippolito Nievo]] che vi pubblicò novelle, inoltre Arnaldo Fusinato e [[Cletto Arrighi]]. Tra i disegnatori e [[vignetta|vignettisti]] c'era [[Salvatore Mazza]], noto anche come pittore animalista e di genere. Usciva, a [[Natale]], un "Almanacco del Pungolo", redatto dagli stessi collaboratori e illustrato dagli stessi vignettisti: conteneva le prime prove della [[Scapigliatura]] milanese.
 
Due mesi più tardi, a Milano, usciva "Il Pungolo", settimanale che arrivò al 4 aprile 1858, sostituito dal gemello "Il Panorama". Nella testata Leone Fortis, ideatore e direttore del foglio, si rappresentava sotto forma del diavolo zoppo "Asmodeo" - uno dei suoi pseudonimi - che punzecchiava col forcone un gruppo di malcapitati. Il settimanale si impose per i toni ironici e anticonformisti e per il profilo dei collaboratori: il critico musicale [[Filippo Filippi]], la ditta [[Paulo Fambri]]-[[Vittorio Salmini]] (scrivevano per il teatro a quattro mani), [[Ippolito Nievo]] che vi pubblicò novelle, inoltre Arnaldo Fusinato e [[Cletto Arrighi]]. Usciva, a Natale, un "Almanacco del Pungolo", redatto dagli stessi collaboratori: conteneva le prime prove della [[Scapigliatura]] milanese. Non puntuale e non generoso nei pagamenti, Leone Fortis aveva fama di spendaccione. Scriveva Nievo ad Arnaldo Fusinato, dopo aver appreso che qualche collaboratore era stato pagato: «A lungo andare ci stanchiamo d'essere creduti minchioni e io per me rinunzio al Papato di collaboratore del "Pungolo", ma non voglio più fare il grullo».<ref>Ippolito Nievo, ''Epistolario'', a cura di Marcella Gorra, 1980, p. 458.</ref> Era un continuo prendersi in giro con il settimanale avversarioconcorrente, "[[L'Uomo di Pietra]]", di [[Antonio Ghislanzoni]], su cui scrivevano, ma cambiando pseudonimo, gli stessi collaboratori. Alla fine del 1858, espulso da Milano e con noie con la [[censura]], Leone Fortis, fondòtornato a Trieste, assunse la direzione del settimanale "[[La Ciarla]]", che, trasformato in rivista illustrata umoristico-letteraria, visse stentatamente per sette numeri. Invano la madre si recava a [[Vienna]], a supplicare l'imperatrice Sissi di aver clemenza per quel figlio un po' discolo. A fine aprile 1859 Leone Fortis fuggì a Torino, travestito da pescatore, e tornò a Milano dopo lal'annessione liberazioneal [[Regno di Sardegna]], per lanciare un nuovo quotidiano.
 
=== ''Il Pungolo'', (quotidiano) ===
Il giornale "Il Pungolo" divenne per eccellenza il giornale dei milanesi: costo contenuto, vendita[[romanzo d'appendice]] nella parte bassa della [[prima pagina]], com'era d'uso all'epoca, venduto attraverso gli strilloni, usciva il pomeriggio, ma a ora incerta, a seconda degli umori di Leone Fortis e dell'arrivo a [[Como]] del vapore postale che portava la corrispondenza da [[Lecco]]. ComparveIl primo numero uscì il 20 giugno [[1859]], dopo la [[battaglia di Magenta]] e prima della [[battaglia di Solferino]], ovvero nel pieno della [[Seconda guerra d'indipendenza italiana]]. Il ''Pungolo'', che pubblicava racconti di giovani, come [[Arrigo Boito]], [[Emilio Praga]] e [[Igino Ugo Tarchetti]], si impose sulla "[[La Perseveranza|Perseveranza]]", giudicataanche foglioper il troppoprezzo vicinomolto alpiù governocontenuto. Il 9 dicembre 1859, alla vigilia delle prime elezioni amministrative, Fortis pubblicò l'elenco delle persone che a marzo 1853 si erano felicitate con [[Francesco Giuseppe I d'Austria|Francesco Giuseppe d'Austria]] per essere sfuggito a un attentato. Nel [[1860]] accolse corrispondenze di [[Alessandro Dumas padre]] dalla Sicilia.: Pubblicavail inromanziere Appendicefrancese raccontiseguì diin giovani,prima comepersona la [[Arrigospedizione Boitodei Mille]], [[Emilio Praga]],di [[Igino Ugo TarchettiGaribaldi]].
 
A [[Ingresso di Garibaldi a Napoli|Napoli appena liberata]] (settembre [[1860]]), Fortis inaugurò un foglio dallo stesso titolo, affidato al cognato J. Comin. Poiché Comin non pagava i collaboratori, quando Fortis venne a Napoli, tutti andarono a riceverlo al porto. Egli offrì un lauto pranzo, poi si fece accompagnare alla partenza del [[nave a vapore|vapore]]. "Il Pungolo" milanese si spostò progressivamente su posizioni ministeriali, perché Fortis, indebitato, ricorreva ad aiuti degli uomini della Destra, che erano al governo. Il giornale entrò in concorrenza con le nuove testate, "[[Il Secolo (quotidiano)|Il Secolo]]" (1866) e il "[[Corriere della Sera]]" (1876). Era"Il Pungolo" era affetto da un conservatorismo che, dalla politica, era arrivato alla critica letteraria e artistica. Il giornale fu venduto, poi ricomprato, infine si estinse, il 10 settembre [[1892]].
 
=== Altre testate ===
Nel 1866 Leone Fortis lanciò a Padova "La Nuova Venezia"; a Roma, a ottobre 1870, "La Nuova Roma", (che nel 1872 assorbivafu laassorbita dalla "Gazzetta di Roma") e nel 1873 "[[Il Popolo romano]]": fogli non così contrari al governo, e forse garantiti da fondi segreti del Ministero dell'Interno. Nel 1893 Fortis fu coinvolto nell'[[Scandalo della Banca Romana|inchiesta sulla Banca romana]]. L'editore [[Emilio Treves]] lo chiamò adper aprire susull'«[[L'Illustrazione "Italiana|Illustrazione italiana"]]» una rubrica di cronache culturalidi ecultura die costume. Da quel momento Fortis si firmò "Doctor Veritas".
[[File:Depretis Illustrazione Italiana 1885.jpeg|thumb|Depretis sulla copertina dell'Illustrazione Italiana (1885).]]
=== ''Conversazioni della domenica'' ===
A ottobre 1873 iniziarono le ''Conversazioni'' di Leone Fortis, che furono poi raccolte in cinque volumi, pubblicati dal 1877 e il 1890. Uscivano ogni settimana, su "Illustrazione italiana", poi susul "Pungolo della domenica", quindi su "Le Conversazioni della domenica". Leone Fortis colloquiava con una lettrice immaginaria, facendo la rassegna critica della vita sociale: teatro, poesia, musica, letteratura. Attaccato alla tradizione romantica, rifiutava mode straniere e contestava ogni sperimentalismo. Apprezzava Prati e il drammaturgo [[Paolo Ferrari (commediografo)|Paolo Ferrari]], tollerava Aleardi, Fusinato in poesia, [[Pietro Cossa]] e [[Giuseppe Giacosa]] in drammaturgia, apprezzava [[Edmondo De Amicis]]; ma esecrava il verismo di [[Giovanni Verga]] e di [[Luigi Capuana]] e soprattutto [[Gabriele D'Annunzio]], esempio di vita sessuale disordinata, e riduceva [[Giosuè Carducci]] a un imitatore dei classici latini. Si scagliò contro [[Olindo Guerrini]] e i versi del suo ''[[Postuma]]'', sostenendo che erano eccessivamente scollacciati. Alle critiche di Fortis, Guerrini rispose con ''[[Nova polemica]]'', in particolare nel lungo ''Prologo''.
Contro il verismo in letteratura, il positivismo in filosofia e il socialismo in politica, Fortis rievocava sempre il Risorgimento di Cavour: la Destra e il Re erano per lui lo scudo alla visione socialista della Sinistra di [[Agostino Depretis]] prima, poi di [[Francesco Crispi]] poi. Col passare del tempo le cronache di Fortis, non adeguandosi al mutare della scena politica, smisero di influenzare l'opinione pubblica.
 
=== Ultimi anni ===
Nel 1893 si trasferì a Roma, come condirettore della "[[Gazzetta ufficialeUfficiale del Regno d'Italia]]". L'anno dopo rivalutava in parte, in un articolo, [[Francesco Crispi]], per essersi convertito alla monarchia e per aver positivamente operato in campo internazionale. Dopo il 1890 pubblicò sulla "Rivista delle tradizioni popolari italiane" e su "La Vita italiana", riviste dirette da [[Angelo De Gubernatis]], e su "Natura ed arte". Morì cieco. Il suo immane archivio è andato perduto.
Tra le opere di Leone Fortis, i ''Drammi'', in 2 voll.volumi, Milano, 1888 e ''Ferrari: ricordi e note'', Milano, 1889.
 
=== Curiosità ===
{{sf|Si racconta che qualcuno, per fare un complimento a [[Cesare Cantù]], gli abbia detto: «Nessuno, in questo scorcio di secolo, ha scritto tanto quanto lei!» «Non è esatto - avrebbe risposto Cesare Cantù - chi ha scritto di più di tutti noi è stato Leone Fortis. Ai bei tempi era capace di scrivere da solo l'intero numero di un giornale e con tale chiarezza da farsi comprendere da tutti.»}}
 
===A Venezia===
A novembre 1856 nacque a Venezia un settimanale dal nome curioso: "Quel che si vede e quel che non si vede", di cui Fortis fu collaboratore e poi direttore. Foglio elegante, ironico, ricco di disegni originali, nella testata aveva il diavolo zoppo che minacciava con la sua stampella. Vi pubblicarono poesie [[Arnaldo Fusinato]] e [[Ippolito Nievo]]. Ma in mezzo ai versi e alla cronaca letteraria, c'era qualche soffio inneggiante alla libertà e, il 4 gennaio 1857, il foglio fu chiuso, tanto più che si aspettava a Venezia la visita dell'imperatore [[Francesco Giuseppe]] e dell'imperatrice Sissi.
===A Milano e a Trieste===
Due mesi più tardi, a Milano, usciva "Il Pungolo", settimanale che arrivò al 4 aprile 1858, sostituito dal gemello "Il Panorama". Nella testata Leone Fortis, ideatore e direttore del foglio, si rappresentava sotto forma del diavolo zoppo "Asmodeo" - uno dei suoi pseudonimi - che punzecchiava col forcone un gruppo di malcapitati. Il settimanale si impose per i toni ironici e anticonformisti e per il profilo dei collaboratori: il critico musicale [[Filippo Filippi]], la ditta [[Paulo Fambri]]-[[Vittorio Salmini]] (scrivevano per il teatro a quattro mani), [[Ippolito Nievo]] che vi pubblicò novelle, inoltre Arnaldo Fusinato e [[Cletto Arrighi]]. Usciva, a Natale, un "Almanacco del Pungolo", redatto dagli stessi collaboratori: conteneva le prime prove della [[Scapigliatura]] milanese. Non puntuale e non generoso nei pagamenti, Leone Fortis aveva fama di spendaccione. Scriveva Nievo ad Arnaldo Fusinato, dopo aver appreso che qualche collaboratore era stato pagato: «A lungo andare ci stanchiamo d'essere creduti minchioni e io per me rinunzio al Papato di collaboratore del "Pungolo", ma non voglio più fare il grullo».<ref>Ippolito Nievo, ''Epistolario'', a cura di Marcella Gorra, 1980, p. 458.</ref> Era un continuo prendersi in giro con il settimanale avversario, "L'Uomo di Pietra", di [[Antonio Ghislanzoni]], su cui scrivevano, ma cambiando pseudonimo, gli stessi collaboratori. Alla fine del 1858, espulso da Milano e con noie con la censura, Fortis fondò a Trieste la "Ciarla", che visse stentatamente per sette numeri. Invano la madre si recava a Vienna, a supplicare l'imperatrice Sissi di aver clemenza per quel figlio un po' discolo. A fine aprile 1859 Leone Fortis fuggì a Torino, travestito da pescatore, e tornò a Milano dopo la liberazione, per lanciare un nuovo quotidiano.
===''Il Pungolo'', quotidiano===
Il giornale "Il Pungolo" divenne per eccellenza il giornale dei milanesi: costo contenuto, vendita attraverso strilloni, usciva il pomeriggio, ma a ora incerta, a seconda degli umori di Leone Fortis e dell'arrivo a Como del vapore postale che portava la corrispondenza da Lecco. Comparve il 20 giugno 1859 e si impose sulla "Perseveranza", giudicata foglio troppo vicino al governo. Il 9 dicembre 1859, alla vigilia delle amministrative, pubblicò l'elenco delle persone che a marzo 1853 si erano felicitate con Francesco Giuseppe per essere sfuggito a un attentato. Nel 1860 accolse corrispondenze di [[Alessandro Dumas padre]] dalla Sicilia. Pubblicava in Appendice racconti di giovani, come [[Arrigo Boito]], [[Emilio Praga]], [[Igino Ugo Tarchetti]].
A Napoli appena liberata, Fortis inaugurà un foglio dallo stesso titolo, affidato al cognato J. Comin. Poiché Comin non pagava i collaboratori, quando Fortis venne a Napoli, tutti andarono a riceverlo. Egli offrì un lauto pranzo, poi si fece accompaganre alla partenza del vapore.
"Il Pungolo" milanese si spostò su posizioni ministeriali, perché Fortis, indebitato, ricorreva ad aiuti degli uomini della Destra, che erano al governo. Il giornale entrò in concorrenza con le nuove testate "Il Secolo" e il "Corriere della Sera". Era affetto da un conservatorismo che, dalla politica era arrivato alla critica letteraria e artistica. Il giornale fu venduto, poi ricomprato, infine si estinse il 10 settembre 1892.
===Altre testate===
Nel 1866 Leone Fortis lanciò a Padova "La Nuova Venezia"; a Roma, a ottobre 1870, "La Nuova Roma", che nel 1872 assorbiva la "Gazzetta di Roma" e nel 1873 "Il Popolo romano": fogli non così contrari al governo, e forse garantiti da fondi segreti del Ministero dell'Interno. Nel 1893 Fortis fu coinvolto nell'inchiesta sulla Banca romana. L'editore [[Emilio Treves]] lo chiamò ad aprire su "Illustrazione italiana" una rubrica di cronache culturali e di costume. Da quel momento Fortis si firmò "Doctor Veritas".
===''Conversazioni della domenica''===
A ottobre 1873 iniziarono le ''Conversazioni'' di Leone Fortis, che furono poi raccolte in cinque volumi, pubblicati dal 1877 e il 1890. Uscivano ogni settimana, su "Illustrazione italiana", poi su "Pungolo della domenica", quindi su "Le Conversazioni della domenica". Leone Fortis colloquiava con una lettrice immaginaria, facendo la rassegna critica della vita sociale: teatro, poesia, musica, letteratura. Attaccato alla tradizione romantica, rifiutava mode straniere e contestava ogni sperimentalismo. Apprezzava Prati e il drammaturgo [[Paolo Ferrari]], tollerava Aleardi, Fusinato in poesia, [[Pietro Cossa]] e [[Giuseppe Giacosa]] in drammaturgia, apprezzava [[Edmondo De Amicis]]; ma esecrava il verismo di [[Giovanni Verga]] e di [[Luigi Capuana]] e soprattutto [[Gabriele D'Annunzio]], esempio di vita sessuale disordinata, e riduceva [[Giosuè Carducci]] a imitatore dei classici latini. Si scagliò contro [[Olindo Guerrini]] e i versi del suo ''[[Postuma]]'', sostenendo che erano eccessivamente scollacciati. Alle critiche di Fortis, Guerrini rispose con ''[[Nova polemica]]'', in particolare nel lungo ''Prologo''.
Contro il verismo in letteratura, il positivismo in filosofia e il socialismo in politica, Fortis rievocava sempre il Risorgimento di Cavour: la Destra e il Re erano per lui lo scudo alla visione socialista della Sinistra di [[Agostino Depretis]] prima, poi di [[Francesco Crispi]]. Col passare del tempo le cronache di Fortis, non adeguandosi al mutare della scena politica, smisero di influenzare l'opinione pubblica.
===Ultimi anni===
Nel 1893 si trasferì a Roma, come condirettore della "Gazzetta ufficiale del Regno d'Italia". L'anno dopo rivalutava in parte, in un articolo, Francesco Crispi, per essersi convertito alla monarchia e aver positivamente operato in campo internazionale. Dopo il 1890 pubblicò sulla "Rivista delle tradizioni popolari italiane" e su "La Vita italiana", riviste dirette da [[Angelo De Gubernatis]], e su "Natura ed arte". Morì cieco. Il suo immane archivio è andato perduto.
Tra le opere di Leone Fortis, i ''Drammi'', in 2 voll., Milano, 1888 e ''Ferrari: ricordi e note'', Milano, 1889.
== Note ==
<references/>
==Bibliografia==
* Mario Menghini, «[http://www.treccani.it/enciclopedia/leone-fortis_(Enciclopedia-Italiana)/ FORTIS, Leone]» la voce nella ''Enciclopedia Italiana'', Volume 15, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1932.
* Benedetto Croce, ''La letteratura della nuova Italia'', V, Bari, 1957.
* G. Mazzoni, ''L'Ottocento'', Milano, 1973.
* Giuseppe Monsagrati, «[http://www.treccani.it/enciclopedia/leone-fortis_(Dizionario-Biografico)/ FORTIS, Leone]» in ''Dizionario Biografico degli Italiani'', Volume 49, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1997.
* AA. VV., «[http://www.treccani.it/enciclopedia/leone-fortis_(L'Unificazione)/ FORTIS, Leone]» in ''L'Unificazione'', Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2011.
 
== Bibliografia ==
{{Portale|Biografie}}
* {{cita libro|autore-capitolo=Jessie White|capitolo=Della vita di Alberto Mario|curatore=P. L. Bagatin|titolo=Tra Risorgimento e nuova Italia, Alberto Mario, un repubblicano federalista|città=Firenze|editore=Centro Editoriale Toscano|anno=2000|pp=408-410|cid=White}}
* {{Enciclopedia italiana|cid=Menghini}}
* {{cita libro|autore=Benedetto Croce, ''|titolo=La letteratura della nuova Italia'', |volume=V, |città=Bari, |anno=1957.}}
* {{cita libro|autore=G. Mazzoni, ''|titolo=L'Ottocento'', |città=Milano, |anno=1973.}}
* {{DBI|cid=Monsagrati}}
* {{Treccani|leone-fortis_(L'Unificazione)|Fortis, Leone}}
 
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