Vittorio Cini: differenze tra le versioni

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[[Ministri delle poste del Regno d'Italia|Ministro delle comunicazioni]] nel febbraio 1943 (ultimo [[Governo Mussolini|gabinetto Mussolini]]), lasciò la carica dopo sei mesi per profonde divergenze con il [[Benito Mussolini|capo del governo]]. Dopo l'[[Armistizio di Cassibile|armistizio dell'8 settembre]] venne catturato dai tedeschi e internato a [[Campo di concentramento di Dachau|Dachau]],<ref>{{Cita web|url=http://www.marinaretti-venezia.it/pagine/pagine%20storia/Vittorio%20Cini.htm|titolo=La storia del conte Vittorio Cini|sito=www.marinaretti-venezia.it|accesso=2023-10-23}}</ref> da dove il figlio [[Giorgio Cini (imprenditore)|Giorgio]] (che aveva ricavato del denaro vendendo tutti i gioielli della madre, l'attrice [[Lyda Borelli]]) riuscì a farlo evadere, corrompendo i guardiani delle [[Schutzstaffel|SS]]. Si ritrovò con Volpi in [[Svizzera]] e nel loro esilio strinsero amicizia con personaggi della futura [[Democrazia Cristiana]].
 
Nel 1949 [[Giorgio Cini (imprenditore)|Giorgio Cini]], suo unico figlio maschio, morì in un incidente di volo e, per alcuni anni, Vittorio Cini si ritirò completamente dagli affari e dalla politica, dedicando la sua vita a opere di [[filantropia]]. Domandò e ricevette in concessione dallo Stato un'intera [[isola]], quella di [[San Giorgio Maggiore (isola)|San Giorgio]], davanti alla riva di [[piazza San Marco]]. Dopo aver finanziato gli importanti lavori di restauro necessari, istituì la [[Fondazione Giorgio Cini]], centro d'[[arte]] e di [[cultura]], sede di istituti di preparazione professionale e di addestramento dei giovani alla vita sul mare. In seguito alla profonda crisi spirituale per la morte del figlio, si allontanò dalla [[Massoneria]] ferrarese, da lui a lungo frequentata, per avvicinarsi all'[[Compagnia di Gesù|ordine dei Gesuiti]].<ref>Antonio Giangrande, ''Bologna e l'Emilia Romagna: Quello che non si osa dire'', p. 419.</ref>
 
Nel 1953, alla morte del presidente della società, [[Achille Gaggia]], stretto e fedele collaboratore di Volpi e del "gruppo veneziano", assunse la presidenza della società elettrica, nazionalizzata nella sua branca idroelettrica formalmente nel dicembre 1962 e concretamente nel giugno 1963, e che mantenne fino all'incorporamento della Sade (Finanziaria/Gruppo) nella [[Montecatini (azienda)|Montecatini]], decisa nell'agosto 1964 e avvenuta nel 1966.
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== Cini e l'arte ==
=== La Galleria a Palazzo Cini (Venezia) ===
IstituitaLa [[Galleria di palazzo Cini|Galleria a Palazzo Cini]] istituita a Venezia nel 1984, raccoglie parte della collezione d’arte antica appartenuta a Vittorio Cini: il primo piano testimonia il suo colto collezionismo mentre il secondo ospita esposizioni ed eventi culturali. Il museo è frutto del dono di Yana Cini Alliata di Montereale: questa donò nel 1981 alla ''Fondazione'' una parte delle raccolte del padre e alcune sale del palazzo Grimani, acquistato da Cini insieme all'attiguo palazzo Foscari tra 1919 e 1920. Nelle varie donazioni, vi sono dipinti toscani che partono dal XIII sino al XVI secolo, sculture, oggetti d’arte (tra i quali, di rilievo, vi è il nucleo di rami smaltati rinascimentali, il gruppo di avori gotici e il servizio di porcellane ''Cozzi'', allestito nel salotto neorococò progettato da [[Tomaso Buzzi]]). Nel 1989, si aggiunse la straordinaria raccolta di dipinti ferraresi del Rinascimento, grazie al dono di Ylda Cini Guglielmi di Vulci, ai quali gli eredi nel 2015 aggiunsero alla Galleria un ulteriore gruppo di opere d’arte e di arredi, provenienti dalla collezione originaria di Vittorio Cini.<ref>{{Cita web|url=https://www.palazzocini.it/#|autore=|titolo=Palazzo Cini|accesso=28 dicembre 2022}}</ref>
 
=== ''Casa Cini'' (Ferrara) ===
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=== Donazioni ===
Inoltre, a Ferrara Vittorio Cini donò il [[palazzo di Renata di Francia]] all’[[Universitàal degliGesuiti, Studida dicui Ferrara|in seguito fu acquistato dall'Università ferrarese]]di Ferrara.<ref name="casacini.altervista.org"/>
 
=== ''Bottega Cini'' (Venezia) ===